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(Blood & Studdert, 1988). Il welfare è sostanzialmente assicurato da cinque fattori (Fraser, 1998): 1-

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BENESSERE, STRESS E CORTISOLO

Benessere o Welfare

Il benessere o welfare è un equilibrio tra esperienze positive (premi, soddisfazioni) e negative (stress o stati emotivi spiacevoli). Sia il piacere che lo stress, stati momentanei in relazione ad un’interazione diretta tra fisiologia interna e stimoli esterni, sono correlati allo stato emozionale generale del cavallo, che deriva anche dalla storia dell’animale. L’equilibrio può spostarsi da positivo a negativo: quando è positivo significa che il soggetto si adatta all’ambiente ed esprime al meglio la sua capacità di affrontare nuove situazioni, quando è negativo il soggetto non riesce ad adattarsi alla situazione in cui si trova e, se questa persiste, può indurlo ad uno stato di stress cronico.

La definizione di welfare animale, secondo l’Associazione Mondiale di Veterinaria, fornita nel Baillere’s Comprehensive Veterinary Dictionary di Blood e Studdert (1988) è questa: “Mantenere appropriati livelli di stabulazione, alimentazione e cure generali, prevenzione e trattamento delle patologie e assicurare libertà da molestie, dolore e disagio non necessario” (Blood & Studdert, 1988). Il welfare è sostanzialmente assicurato da cinque fattori (Fraser, 1998):

1- Fare un uso etico dell’animale, coerente con i principi utilitaristici ed umanitari; 2- Garantire un equilibrio nell’allevamento dell’animale, tra l’ideale teorico e la pratica

fondamentale;

3- Prevenire e controllare lo stato di sofferenza per un continuo “Well-being” (benessere fisico e psicologico);

4- Fornire cure individuali in modi specifici;

5- Assicurare servizi veterinari, preventivi e clinici, quando necessari.

Attualmente per benessere non viene considerata soltanto quella condizione di salvaguardia e tutela delle necessità biologiche, come la fame e la sete o l’assenza di malattie, ma è quella condizione in cui vengono rispettati i cinque punti sopraelencati, ed in cui viene raggiunta l’omeostasi motivazionale ed emozionale dell’individuo, nel rispetto delle caratteristiche specie-specifiche, tipologiche-costituzionali ed attitudinali. L’ambiente che favorisce la

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manifestazione delle potenzialità cognitive dell’animale, consente al soggetto di vivere in armonia, altrimenti ne risentono negativamente anche le sue capacità di apprendimento. Un ambiente favorevole all’espressione della natura del cavallo, determina un arricchimento sensoriale che consente di mantenere un elevato livello operante in riferimento alle risposte comportamentali, e, quindi, anche una tonicità reattiva. L’ambiente ideale è quello che permette al cavallo di avere contatti fisici e visivi con i suoi conspecifici, e quindi un’interazione sociale, che gli consenta una certa libertà di movimento e di attività di pascolo. Assecondare le capacità cognitive del cavallo e sfruttarle fin da quando è puledro, consente uno sviluppo emotivo equilibrato che rivela i suoi vantaggi al momento dell’addestramento ed in ogni futuro rapporto con l’uomo (Panzera, 2005).

L’ambiente e, quindi, anche il tipo di locazione è perciò un fattore da tenere in considerazione per il benessere del cavallo, soprattutto in un fase particolarmente stressante come il periodo di doma. In uno studio (Rivera et al., 2002) è stata valutata l’influenza del tipo di locazione, in stalla singolarmente o al prato in branco, sullo sviluppo comportamentale e la capacità di apprendimento di due gruppi di puledri. Il risultato è stato che la vita in branco sembrerebbe rendere meno traumatico il momento della doma, infatti, gli animali tenuti in stalla non possono manifestare il loro normale comportamento sociale e, condizioni ambientali meno stimolanti, possono condizionare negativamente lo sviluppo comportamentale e la capacità di apprendimento. L’ambiente, infatti, condiziona la capacità di risposta ai cambiamenti, il comportamento, la normale fisiologia ed il benessere del cavallo. Essendo la doma un evento notevolmente stressante per il puledro, anche il tipo di gestione può influire sul suo comportamento e sulla sua capacità di apprendimento, in particolare, in questo caso è risultato che la vita in branco al pascolo può rendere meno traumatico il momento della doma.

Anche il maneggiamento dei cavalli, dopo il periodo di svezzamento, può influenzare il benessere del soggetto, in particolare per ottenere una corretta relazione con l’uomo. Infatti, in uno studio (Sondergaard et al., 2003) sono stati creati due gruppi di puledri, in cui soltanto un gruppo veniva maneggiato tre volte a settimana per dieci minuti. Valutando alcuni aspetti comportamentali, all’età di 6, 9, 12, 18, 21, 24 mesi, era effettuato un test d’approccio con l’uomo in ambiente familiare e l’arena test. I cavalli maneggiati, nel test d’incontro con

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reazioni al nuovo ambiente. Lo studio indica che il contatto frequente con l’uomo può influenzare positivamente il rapporto con questo e rendere meno traumatico l’affrontare una nuova situazione, di conseguenza ha un effetto positivo sul benessere del soggetto.

Segnali di malessere

Il benessere di un animale può esser valutato considerando segnali oggettivi che indicano il suo stato fisico e psichico. Sono indici di benessere, ad esempio, una bassa incidenza di malattie e ferite, un’ampia varietà di comportamenti normali, come un buon appetito e una normale reattività, delle buone prestazioni. Sono segnali di scarso benessere, invece, tutto ciò che provoca sofferenza, come cambiamenti della posizione del corpo per alleviare un dolore fisico, riduzione delle prestazioni, stereotipie, modificazioni del carattere (eccessivo nervosismo), atti comportamentali e fisiologici, che indicano un notevole sforzo, spesso rimarcati da irrequietezza da parte del cavallo per reagire alla depressione. Questi segnali, se permangono, possono diventare causa di stress cronico.

Le malattie, le ferite, gli atteggiamenti timorosi, alcuni segnali di comportamento e fisiologici, che indicano una mancata reattività del cavallo, sono fattori che esprimono un disagio per il soggetto, che non riesce ad adattarsi adeguatamente alla situazione in cui si trova, sono quindi segnali di un problema che sta evolvendo.

Le cicatrici e altre deformità a seguito di ferite o malattie, disturbi del comportamento che persistono anche dopo la rimozione della causa, estrema irrequietezza, eccitazione o apatia, sono invece espressione di mancato benessere in passato (Wiepkema e Koolhaas, 1993). I problemi riproduttivi, le ulcere gastriche, l’aumento dell’incidenza di malattie, la diminuzione del peso corporeo, la manifestazione di stereotipie, sono segnali di scarso benessere cronico. Le stereotipie, comportamenti ripetitivi, costanti e senza un’apparente funzione, vengono acquisite dopo un certo tempo che il cavallo si trova in una situazione di malessere, ed una volta assunte sono difficili da eliminare. Le stereotipie nascono per far fronte ad una situazione spiacevole e spesso permangono anche in seguito alla risoluzione delle cause che le hanno provocate. Impedire il manifestarsi dell’atteggiamento stereotipato ormai acquisito, può danneggiare ulteriormente il benessere del soggetto, perché la stereotipia

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genera un rilascio di endorfine e, se viene impedita, questo piacere viene a mancare (Mills & Nankervis, 1998).

Metodi di valutazione dello stress

Tutte le forme di vita impongono qualche stress all’organismo e la libertà completa dallo stress ormai non esiste più (Selye, 1974). Lo stress è stato definito in diversi modi: un tentativo da parte degli animali di mantenersi in uno stato di equilibrio con il loro ambiente (Perry, 1975); una risposta aspecifica degli animali al tentativo di resistere o adattarsi ad un insieme di influenze avverse per mantenere l’omeostasi (Selye, 1952); un effetto ambientale su un individuo che mette a dura prova il suo meccanismo di controllo e riduce la sua salute (Broom, 1988). Bayly et al. (1996) ritengono che lo stress può essere considerato come la somma di tutti i fenomeni biologici scaturiti da influenze esterne ed avverse. Lo stress sembra originarsi negli animali quando viene richiesto loro un eccessivo adattamento dal punto di vista psicologico e comportamentale per affrontare situazioni avverse presenti nel loro ambiente (Fraser et al., 1975).

Il cortisolo viene spesso usato come indice di valutazione dello stress, ma questo ormone non è un indice universale di scarso benessere, poiché può indicare dolore in certe circostanze e piacere in altre. I glicocorticoidi, infatti, vengono rilasciati anche durante il corteggiamento e l’accoppiamento. Nello stress di breve durata, i corticosteroidi garantiscono la mobilizzazione dell’energia e provocano una determinata reazione comportamentale, mentre stress prolungati possono essere dannosi perché causano immunosoppresione e atrofia della surrenale. L’aumento del cortisolo ematico in momenti di scarso benessere, ne ha determinato la sua considerazione come ormone dello stress, invece dobbiamo distinguere questa situazione dalle altre eventualità sopramenzionate. In risposta ad un problema immediato si verificano altri segnali fisiologici, oltre all’aumento del cortisolo, come la scarica di adrenalina, con conseguente aumento della frequenza cardiaca e respiratoria e reazioni di spavento.

Gli stress fisici ed emotivi implicano un adattamento comportamentale. L’adattamento viene regolato attraverso il sistema neuro-endocrino: l’ormone CRH nell’ipotalamo, insieme ai neuroni catecolaminergici del Locus Ceruleus, sono i coordinatori centrali del sistema di

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Durante lo stress il CRH stimola la secrezione di ACTH e di cortisolo. I glicocorticoidi, l’epinefrina e la norepinefrina possono regolare l’adattamento periferico attraverso:

- risposta di fuga o lotta (fight or flight);

- inibizione delle funzioni di crescita, di riproduzione e della tiroide; - risposte metaboliche;

- stasi gastrica e aumento della motilità intestinale; - risposta immunitaria.

Nel tentativo di misurare e comparare le risposte allo stress, dobbiamo considerare che i fattori stressanti possono provocare diverse risposte endocrine ed esistono differenze di varia grandezza allo stesso stress acuto. Come indice di stress acuto può essere usata la misurazione della frequenza cardiaca, che aumenta in seguito al rilascio di catecolamine.

Il cortisolo aumenta in situazioni stressanti, come l’isolamento nel cavallo e nella pecora, il trasporto nei bovini, il sovraffollamento nei maiali. Nello stress cronico la normale correlazione tra livelli di ACTH e cortisolo può venir persa. Molte delle conoscenze acquisite finora sono state apprese da studi sull’uomo o sugli animali da laboratorio, il cavallo potrebbe avere un andamento diverso. Le risposte allo stress nel cavallo sono state misurate al livello più basso della cascata delle reazioni da questo provocate. Dal punto di vista della risposta immunitaria, effetti dello stress, sono: aumento del numero dei neutrofili e ridotta fagocitosi neutrofilica, riduzione del numero delle cellule natural killer, dei linfociti e del loro indice proliferativo, cambiamenti dell’attività macrofagica, diminuzione del rapporto neutrofili/linfociti. Questi rilievi si riferiscono allo stress di adattamento neonatale. Tuttavia non è necessario fare queste misurazioni accurate per valutare lo stress di un cavallo (Leadon, 1998).

Un metodo di valutazione di stress cronico è la misurazione della risposta delle surrenali al test dell’ACTH, una scarsa produzione di cortisolo viene interpretata come un esaurimento della surrenale e quindi indica che l’animale è stressato cronicamente (Houpt, 1991).

La concentrazione del cortisolo ematico segue un ritmo circadiano, può essere modificata da stress cronici, ma anche da stress acuti, come il prelievo ematico, che ne provoca un aumento. Per questo motivo, negli ultimi anni, a causa del crescente interesse per il benessere animale,

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sono state messe a punto tecniche di misurazione del cortisolo che evitano lo stress del prelievo ematico, come la misurazione della concentrazione di suoi metaboliti nella saliva, nel latte, nelle urine e nelle feci. Nei primi tre casi l’animale deve essere comunque avvicinato per effettuare il prelievo, il dosaggio nel latte può essere fatto solo in femmine in lattazione, mentre la raccolta delle feci non presenta queste problematiche (Mostl & Palme, 2002) . Il monitoraggio delle funzioni fisiologiche si sta evolvendo sia negli animali selvatici che domestici, attraverso l’uso di tecniche non invasive. Il dosaggio degli steroidi fecali presenta numerosi vantaggi rispetto alla misurazione del cortisolo nel sangue, nelle urine o nella saliva, poiché il cavallo non viene disturbato, non deve essere catturato né contenuto, tutti fattori che, insieme al prelievo, possono aumentare lo stress, inoltre è un metodo di facile campionatura (Simontacchi et al., 2003).

Da esperimenti di infusione in vena di cortisolo radioattivo nei ponies, è stato riscontrato che il 41% della radioattività viene ritrovata nelle feci con un picco a 24 ore dall’infusione, per cui, tale dosaggio potrebbe essere potenzialmente utilizzato per il monitoraggio dell’attività corticosurrenalica del cavallo. Quest’analisi, insieme ad altri indici comportamentali, può evidenziare eventuali differenze sullo stato di benessere dei cavalli (Sighieri et al., 2005). Le feci contengono molti metaboliti di glicocorticoidi e solo una piccola parte dell’ormone nativo, poiché il cortisolo viene rapidamente e quasi completamente metabolizzato prima dell’escrezione. Probabilmente questo rapido metabolismo serve a ridurre gli effetti catabolici dei glicocorticoidi e la loro influenza sui recettori dei mineralcorticoidi. Di conseguenza anticorpi del cortisolo ad elevata specificità possono presentare una relativamente piccola affinità per i metaboliti fecali del cortisolo in molte specie (Wasser et al., 2000) .

Per quanto riguarda il nostro studio, i campioni sono stati esaminati preso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Vienna, con metodo EIA, come spiegato meglio nella parte sperimentale.

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Esercizio e cortisolo

L’esposizione ad un evento eccitante (rumori dell’ippodromo) attiva sia il sistema simpatico che la surrenale, mentre esperienze emotive sconosciute (un rumore nuovo) determinano una forte produzione d’adrenalina soltanto da parte del surrene. In seguito ad un’analisi della correlazione tra sistema simpatico e asse ipofisi-surrene, è stato dimostrato (Mattina et al., 1980) che il livello ormonale iniziale influenza la successiva attivazione del sistema esposto a situazioni stressanti. Esiste una relazione reciproca tra la parte ormonale ed i mediatori del simpatico, che viene espressa con un’unica attivazione durante l’allenamento, e l’attività dell’uno regola quello dell’altro. Oltre alla correlazione tra il sistema simpatico e l’asse ipofisi-surrene, è stata dimostrata anche quella tra insulina e catecolamine, in seguito ad esposizioni fisiche ed emotive, con diminuzione della concentrazione di insulina ematica in seguito ad attivazione del simpatico e stimolazione del surrene.

In seguito ad un evento stressante come una corsa all’ippodromo, nei purosangue si osserva un aumento più marcato dell’adrenalina (6-7 volte il livello basale), rispetto al cortisolo (25% in più del basale). Si riscontra anche un aumento del glucosio ematico e del volume cellulare, dovuto all’aumento delle catecolamine. Il temperamento nervoso determina un ematocrito più elevato, soprattutto nelle femmine (Martinez et al., 1988).

Il super allenamento induce una riduzione dell’incremento del cortisolo plasmatico in seguito ad un esercizio standard, ma non determina modificazioni nella concentrazione di cortisolo a riposo. L’esercizio prolungato di elevata intensità è associato ad un aumento delle beta-endorfine plasmatiche, tuttavia non sono visibili effetti del super allenamento sulla concentrazione di beta-endorfine. La risposta del cortisolo plasmatico all’esercizio può essere considerato un marker di stress in cavalli sottoposti ad allenamento intenso (Golland et al., 1999).

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