Capitolo 6 – Metodi non distruttivi
6.1 INTRODUZIONE
Il prevenire con largo anticipo un evento, quale è la rottura di un componente, è l’obiettivo primario che si prefigge la tecnologia degli esami non distruttivi, assumendo in questo modo un ruolo di fondamentale importanza sia per prevenire danni economici derivanti da eventuali incidenti, sia per garantire un elevato grado di sicurezza per chi ne fa uso.
I controlli non distruttivi (CND) sono un insieme di prove fisiche concepite allo scopo di indagare sull’eventuale presenza di difetti in un pezzo senza doverlo distruggere tutto o in parte, rendendolo inutilizzabile.
Nei paragrafi successivi si presenteranno brevemente alcuni fra i principali controlli non distruttivi, descrivendo più in dettaglio i quelli che hanno interessato l’attività sperimentale svolta al fine di migliorare la procedura operativa della conduzione di prove sul banco ingranaggi presso il CRTM.
6.2 CENNI SUI CONTROLLI NON DISTRUTTIVI
6.2.1Controlli con liquidi penetranti
Il controllo non distruttivo con Liquidi Penetranti è uno dei più tradizionali metodi per evidenziare discontinuità superficiali, quali cricche, sovrapposizioni, piegature, e mancate fusioni, su qualsiasi materiale non microscopicamente poroso. Risulta quindi essenziale, per l’utilizzo di questo metodo di analisi, che le discontinuità da evidenziare oltre ad essere di tipo superficiale, siano “aperte in superficie”.
La penetrazione del liquido all’interno di una discontinuità avviene per capillarità e non per gravità e dipende essenzialmente da:
Configurazione della cavità Tensione Superficiale Potere Bagnante
Angolo di contatto del liquido
La tensione superficiale dipende prevalentemente dalle forze di “coesione” tra le molecole del liquido; quando questo viene a contatto con una superficie solida, tali forze competono con quelle di “adesione” tra le molecole del liquido e quelle del solido.
L’equilibrio che si instaura determina l’angolo di contatto “È” (Figura 6.1), e di conseguenza, la buona o scarsa bagnabilità del solido da parte del liquido.
6.2.2
Controlli radiografici e gammagrafici
Le tecniche radiografiche e gammagrafiche permettono di evidenziare un gran numero di discontinuità presenti in manufatti industriali, getti o saldature, quali ad esempio porosità, inclusioni, soffiature, cricche, etc.
I raggi X o γ, dopo aver attraversato il materiale, raggiungono la lastra fotografica, lasciando un impronta differente (in termini di densità di annerimento) nelle varie zone a seconda delle caratteristiche geometriche e strutturali del materiale attraversato (Figura 6.2).
In particolare, se si hanno discontinuità costituite da materiale avente densità maggiore di quello in esame (es. inclusioni), comporteranno un'attenuazione maggiore della radiazione, e quindi una traccia chiara sulla pellicola; se si hanno invece aperture come cricche o soffiature, queste si opporranno meno, rispetto al materiale base, al passaggio della radiazione e quindi forniranno delle impronte più scure.
Figura 6.2 - Schema di funzionamento delle tecniche radiografiche e gammagrafiche.
6.2.3
Controlli magnetoscopici
Gli esami magnetoscopici sfruttano il paramagnetismo di alcuni metalli (capacità di non opporsi al passaggio del campo magnetico), o meglio ancora il ferromagnetismo (capacità di concentrarlo) per evidenziare le anomalie delle linee di flusso del campo magnetico nei pressi di un difetto superficiale. Per questo tipo di controllo, i difetti possono essere definiti:
Le linee di flusso del campo magnetico attraversano un metallo in modo uniforme; se il metallo presenta di una discontinuità (microcricca, cavità o inclusione), le linee si addenseranno o si disperderanno, creando un'anomalia del campo magnetico ai bordi del difetto. A questo punto utilizzando un rivelatore magnetico (polveri secche o sospensione liquida), la fuga di flusso magnetico attira le particelle magnetiche in corrispondenza dell’anomalia creando un accumulo delle particelle stesse (polveri a umido per cricche sottili superficiali, polveri a secco per difetti sub-superficiali).
L’apparecchiatura necessaria si compone del generatore del campo magnetico, che potrà essere continuo od alternato a seconda delle esigenze e del sistema di rivelazione. Se la corrente magnetizzante è continua, è favorita la ricerca di difetti superficiali, mentre se si utilizza corrente alternata, possono essere rilevati i difetti sub-superficiali.
6.2.4
Controlli con correnti indotte
L’esame non distruttivo con correnti indotte consiste fondamentalmente nell'indurre dei campi magnetici alternati, creati attraverso apposite bobine (o sonde), nel materiale in esame. Tali campi generano nella zona interessata delle correnti indotte (correnti di Foucault) le quali saranno deviate da eventuali discontinuità presenti all’interno del componente interessato al controllo.
Nel controllo mediante correnti indotte si distinguono fondamentalmente due tipi di tecniche che dipendono dalla metodologia utilizzata per generare le correnti parassite nel materiale in esame:
− Tecnica a bobina passante (Figura 6.3). − Tecnica a testina (pick-up) (Figura 6.4).
Figura 6.3 - Prodotti semilavorati, come filo, barre e tubi sono controllati attraverso bobine circolari.
Figura 6.4 - La superficie del materiale viene controllata attraverso sonde puntiformi.
6.3 CONTROLLI VISIVI
Gli Esami Visivi (Esami Ottici) assumono particolare importanza nel settore dei Controlli non Distruttivi in quanto, pur disponendo di sofisticate apparecchiature ottiche per l’ispezione ed elettroniche per l’elaborazione delle immagini, l’interpretazione e la valutazione dei risultati viene effettuata oggettivamente dall’operatore in base a degli standard di accettabilità specifici della particolare difettologia del componente in esame. Quindi la competenza tecnica del personale addetto ai lavori e l’esperienza pratica maturata negli anni, assumano un ruolo essenziale per assicurare la sensibilità e l’affidabilità richieste da questo tipo di controlli, tuttavia è opportuno rendere la stima quanto meno soggettiva è possibile.
Nel campo dei Controlli non Distruttivi gli Esami Visivi vengono generalmente utilizzati per rilevare specifiche caratteristiche superficiali e/o dimensionali di componenti di macchine.
Essi vengono generalmente suddivisi in:
ESAMI VISIVI DIRETTI: possono essere utilizzati quando sia possibile accedere con gli occhi ad una distanza della superficie in esame non maggiore di circa 60 cm con una angolazione non inferiore a 30°. Vengono generalmente utilizzati specchi per migliorare la visuale e lenti per ingrandire le immagini.
ESAMI VISIVI REMOTIZZATI: vengono generalmente utilizzati quando non sia possibile accedere direttamente all’oggetto od alla superficie in esame. Allo scopo vengono utilizzate apparecchiature più o meno sofisticate, quali ad es. specchi, telescopi, endoscopi, fibre ottiche, telecamere, etc. In ogni caso, qualunque sia il mezzo utilizzato, gli strumenti debbono avere una risoluzione almeno equivalente a quella dell’occhio umano.
Per quanto concerne gli “Esami Visivi Remotizzati”, le attrezzature maggiormente utilizzate in numerosi campi applicativi risultano essere i boroscopi (Figura 6.5), gli endoscopi, i fibroscopi e le microtelecamere che vengono scelti di volta in volta a seconda delle caratteristiche geometriche, dimensionali e strutturali della superficie in esame.
L'utilizzo di telecamere collegate ad unità di elaborazione elettronica delle immagini presenta notevoli vantaggi, quali ad esempio la possibilità di ingrandimento delle zone di particolare interesse già caratterizzata da una buona definizione, registrare quanto ispezionato, utilizzare particolari algoritmi per diminuire l'effetto delle false indicazioni o del “rumore di fondo” nella interpretazione e valutazione dei risultati, etc.
E’ chiaro che sia l’ottica del dispositivo che la risoluzione di questo in termini di numero di pixel risultano di notevole importanza, in particolare devono permettere la perfetta visualizzazione del difetto che si vuole osservare.
6.3.1
Acquisizione automatica immagini dentature
In questa tesi ci si è posti come obiettivo la realizzazione di un sistema che consentisse sia una valutazione quantitativa del danneggiamento superficiale ad un dato istante della vita del provino, sia la valutazione del suo avanzamento. A tale scopo è stato previsto l’utilizzo di una telecamera digitale che consente di trasferire direttamente le informazioni al PC.
Per automatizzare l’acquisizione delle immagini e garantire la ripetitibilità del posizionamento del fianco dente da esaminare rispetto al cono visivo della telecamera è stata disegnata e realizzata una apposita attrezzatura che consente il posizionamento relativo tra ruota e telecamera.
L’attrezzatura, rappresentata sinteticamente in Figura 6.6, permette il montaggio della dentatura da analizzare sfruttando lo stesso alberino del banco sul quale è montata durante le prove di caratterizzazione, permettendo quindi un notevole risparmio di tempo e rendendo particolarmente semplici le operazioni di montaggio e smontaggio.
Figura 6.6 – Complessivo attrezzatura acquisizione immagini.
È infatti costituita da un supporto nel quale sono alloggiati cuscinetti identici a quelli presenti sul banco, da un motore passo-passo che permette la rotazione dell’albero recante la dentatura da esaminare e quindi di inquadrare denti successivi della ruota, da un laser per ottenere il corretto posizionamento, da una serie di guide che permettono il posizionamento e l’orientamento della telecamera digitale (Figura 6.7), della sorgente di luce, e di eventuali altri strumenti di diagnostica che, con semplici modifiche, è possibile posizionare su questa incastellatura.
Il moto di rotazione viene trasmesso attraverso un giunto flessibile e attraverso un sottile albero che si serra all’interno dell’alberino portaruota.
Figura 6.7 – Fissaggio telecamera.
Per automatizzare il processo di acquisizione delle immagini è stato realizzato un pannello frontale implementato nell’ambiente di programmazione grafica LabView®. Questo pannello
di controllo permette di azionare il motore passo-passo che porta in rotazione il provino in modo da inquadrare il settore desiderato, di ingrandire elettronicamente una particolare area e infine di acquisire immagini di più denti consecutivi tutte con la stessa inquadratura ottimale determinata in precedenza. In questo modo viene garantita la ripetitibilità delle osservazioni.
Osservando il pannello frontale (Figura 6.8), questo può essere pensato suddiviso tre parti, ognuna secondo la particolare funzione che svolge:
I. La parte in alto a sinistra è legata al controllo della telecamera e permette la visualizzazione della finestra, con relativa scala in pixel, che in tempo reale è inquadrata. È possibile ingrandire una particolare zona dell’immagine immettendo le coordinate del punto centrale del rettangolo di zoom e l’intensità dello zoom stesso, e premendo il tasto ZOOM; premendo invece il pulsante SCATTA FOTO viene memorizzata l’immagine inquadrata nel rettangolo di zoom.
II. La parte in basso è legata al controllo del motore passo-passo. È possibile pilotare il motore impostando il numero di passi e la direzione di rotazione. È anche possibile passare automaticamente al dente successivo rispetto a quello inquadrato oppure passare ad un dente qualsiasi inserendo il dente di partenza e quello desiderato, che
sarà raggiunto con il numero minore di passi grazie ad un controllo true/false (vedi manuale d’uso, Appendice B).
Figura 6.8 – Pannello frontale del sistema acquisizione immagini.
III. La parte in alto a destra permette l’inserimento dei dati relativi al provino (numero di denti della ruota, sigla della ruota, fianco da fotografa). I valori immessi vengono utilizzati per l’automazione di alcune procedure (ad esempio quella che permette di passare automaticamente ad un dato dente) e per la generazione del nome del file con cui verranno salvate le immagini acquisite. È infine possibile acquisire automaticamente le immagini di più denti consecutivi immettendo il numero di denti che si desidera fotografare. Infine il pulsante STOP permette di arrestare in qualsiasi momento il motore e l’acquisizione in modo da soddisfare i requisiti di sicurezza. È stata inoltre scritta una procedura di montaggio/smontaggio del provino e un manuale di funzionamento del sistema di movimentazione e acquisizione immagini (Appendice B).
Un esempio delle immagini acquisite, e disponibile in archivio, è mostrato nelle Figure 6.9, 6.10.
Figura 6.9 – Esempio di immagini acquisite in modalità automatica: ciascuna coppia di foto corrisponde alla situazione iniziale (0 cicli) e dopo 107 cicli (fine prova).
6.3.2
Immagini con macchina fotografica digitale e telecamera professionale
Vista la bassa risoluzione della telecamera CCD montata sull’attrezzatura, per realizzare le foto dei denti si sono utilizzate anche una macchina fotografica digitale Fujifilm (FinePix 6900 Zoom) ed una telecamera professionale con obiettivo macro, ambedue disponili presso il CRTM.Si è ottenuto un notevole miglioramento della qualità e della risoluzione delle immagini, in termini di numero di pixel, cosa che a sua volta migliora le possibilità di elaborazione dell’immagine utilizzando le funzioni di Digital Image Processing a disposizione nei diversi ambienti di programmazione, quali Matchad® e Matlab®. Tutte le foto realizzate durante
l’attività sperimentale sono state catalogate in riferimento alla prova, alla fase della ruota, al numero del dente fotografato ed al numero di cicli effettuati.
Si riportano di seguito alcune delle foto effettuate, le più significative e quelle relative alla rottura verificatasi dopo circa tre milioni di cicli.
Figura 6.12 - Foto dente 40 fianco destro (attivo) FASE 8047, prima e dopo 107 cicli di lavoro
Figura 6.13 - Foto denti 2 e 40 fianco destro (attivo) FASE 8047, dopo 107 cicli di lavoro
Nelle foto presentate (Figura 6.12 e Figura 6.13) risultano evidenti la superficie di lavoro, un lieve disallineamento assiale degli alberi porta-ruote e due solchi che si formano già nei primi cicli di rodaggio e che sono posizionati in corrispondenza del contatto dei punti di inizio spoglia di testa dei denti ingrananti. Quest’ultima affermazione è stata verificata con l’utilizzo dell’attrezzatura descritta nel paragrafo 6.4 e nota la forma del profilo del dente.
Figura 6.14 - Rottura di un singolo dente dopo circa 3 milioni di cicli, materiale Pyrowear 53.
Le foto qui sopra riportate sono quelle relative alla rottura del dente numero 1 avvenuta dopo meno di 3 milioni di cicli sulla ruota Fase 8048. Dalle immagini acquisite dalle attrezzature qui descritte la rottura sembra che si sia innescata nella zona di fondo dente soggetta a carichi di compressione, in corrispondenza dell’incisione creata con la stampigliatura del numero “1”. Non è ancora disponibile una completa spiegazione su tale rottura.
6.4 RILIEVI RUGOSIMETRICI
6.4.1
Scopo e modalità di esecuzione dei test rugosimetrici
Lo scopo dell’esecuzione di rilievi rugosimetrici può essere riassunto in:Monitorare l’andamento dei principali parametri statistici che descrivono la rugosità superficiale durante l’esercizio;
Valutare le trasformazioni quantitative (Ra) e qualitative (momenti spettrali e
centrali) della rugosità;
Valutare se ed in quale momento della vita operativa compaiono fenomeni di danneggiamento superficiale, dove questi sono eventualmente localizzati sul fianco del dente e la loro entità.
L’attrezzatura a disposizione è: Rugosimetro Hommel T8000 Dati di impostazione: Tipo di tastatore: T100; Campo di misurazione: 80 mm; Corsa di scansione: 3 mm; Velocità di scansione: 0.15 mm/s.
6.4.2
Posizionamento del dente rispetto ai rilevamenti rugosimetrici
Per il corretto posizionamento del dente rispetto al tastatore si è utilizzata l’attrezzatura già descritta al paragrafo 6.4.1 (Figura 6.7), montata sulla slitta in dotazione al rugosimetro, (Figura 6.15), inoltre si è fissato il laser, là dove prima era montata la telecamera (Figura 6.8).
L’attrezzatura completa è costituita da i seguenti componenti: Rugosimetro;
Attrezzatura per fissaggio e rotazione albero; Laser ottico;
Sistema di posizionamento laser; Telecamera mobile.
Figura 6.15 – Pannello frontale del sistema acquisizione immagini.
Questo sistema è stato studiato per avere una ripetibilità della posizione della superficie da rilevare rispetto al tastatore del rugosimetro.
2. posizionamento del laser sulla testa del dente (asse dente) dopo spostamento dello stesso parallelamente all’asse della ruota (Figura 6.17), e verifica del corretto posizionamento da parte dell’operatore diretta o con telecamera;
3. rotazione del dente con motorino passo-passo e registrazione dei passi effettuati fino alla posizione di rilevamento rugosimetrico;
4. calcolo dell’angolo tra asse dente e basamento (Tabella 6.1).
Figura 6.16 – Posizionamento del laser per determinare l’asse della ruota.
A far ruotare l’albero vi è un motorino elettrico passo-passo, che permette le rotazioni angolari, riportate in Tabella 6.2, a seconda del numero di passi impostati sulla scheda di azionamento.
NUMERO PASSI ROTAZIONE ANGOLARE
400 0.9° 500 0.72° 800 0.45° 1000 0.36° 1600 0.225° 2000 0.18° 3200 0.1125° 4000 0.09° Tabella 6.2
Sono state effettuate diverse prove per la ricerca del posizionamento più corretto variando l’angolo tra l’asse del dente ed il tastatore secondo la Tabella 6.1.
Numero
prova N. Passi totali Formula Angolo
1 1761 180°-(1761· 0.09°) 21.51° 2 1762 180°-(1762· 0.09°) 21.42° 3 1764 180°-(1764· 0.09°) 21.24° 4 1768 180°-(1768· 0.09°) 20.88° 5 1772 180°-(1772· 0.09°) 20.52° 6 1776 180°-(1776· 0.09°) 20.16° 7 1780 180°-(1780· 0.09°) 19.8°
180°-ϑ
I profili rugosimetrici ottenuti sono rappresentati nelle Figure 6.18-6.20, dove le tre linee P (nera), R (rossa) e W (blu), corrispondo rispettivamente al profilo misurato (texture = R+W), alla rugosità (roughness) e all’ondulazione (waviness). Acquisito il profilo P del dente, note la posizione dell’asse del dente stesso rispetto al tastatore e l’equazione del profilo di evolvente corretto, è stato possibile riportare sullo stesso profilo, l’andamento delle pressioni agenti durante l’ingranamento (tale argomento non sarà approfondito in questo lavoro).
Ra=0.383 µm Rq=0.490 µm Rt=3.209 µm Rz=2.263 µm Rp=1.102 µm Rdq=0.0662 Rsk=-0.6059 Figura 6.18 – Prova 1. Ra=0.387 µm Rq=0.493 µm Rt=3.134 µm Rz=2.257 µm Rp=1.060 µm Rdq=0.0666 Rsk=-0.6216 Figura 6.19 – Prova 2.
Ra=0.393 µm Rq=0.506 µm Rt=3.665 µm Rz=2.353 µm Rp=1.400 µm Rdq=0.0715 Rsk=-0.6604 Figura 6.20 – Prova 7.
Per semplificare e facilitare il primo posizionamento del dente della ruota rispetto al tastatore del rugosimetro è stato realizzato un pannello frontale implementato nell’ambiente di programmazione grafica LabView® (Figura 6.18).
Il dente può essere posizionato inserendo o l’angolo che l’asse dello stesso deve avere rispetto al tastatore, o il numero di passi, noto già da prove precedenti.
E’ possibile, anche, verificare il primo posizionamento del dente rispetto al laser ottico (spot del laser al centro della testa del dente), dalla finestra del pannello frontale, in alto a destra, ottenuta con una telecamera CCD mobile (vedi manuale d’uso, Appendice C).
6.4.3
Risultati
Utilizzando l’attrezzatura descritta nei paragrafi 6.7 e 6.8.1 - 6.8.2 è stato possibile studiare l’evoluzione dello stato delle superfici dei denti degli ingranaggi in prova, durante il rodaggio prima e l’esercizio poi, al fine di ottenere informazioni sulle condizioni di contatto e su eventuali fenomeni di usura superficiale (scuffing, pitting, micropitting etc.). Sono state, quindi, effettuate diverse misurazioni della rugosità superficiale in differenti istanti della storia di carico delle ruote in prova.
Figura 6.19 – Posizione sul fianco del dente dell’area misurata.
Per la prima coppia di ruote analizzata, fase 8053 e 8054, la misurazione dopo ognuno degli step di carico (vedi Tabella 6.4) è stata effettuata su porzioni di 3mm×3mm, con 21 scansioni, del fianco attivo del dente, che comprendessero la mezzeria del dente ma spostate verso una delle estremità in modo da poter osservare eventuali asimmetrie nell’evoluzione della superficie (Figura 6.19). Le misure sono state effettuate sui denti 0, 20, 40 e 60 di tutte e due le ruote, gli stessi sui quali si effettuano normalmente le repliche, in modo da permetterne un confronto.
STEP VELOCITA’[rpm] COPPIA [Nm] TEMPO [min] 0 0 0 0 1 1500 80 23 2 9000 80 4 3 9000 80 56 4 9000 500 4 5 9000 500 360 6 9000 500 360 Tabella 6.4
Il tempo riportato in Tabella 6.4 rappresenta quanti minuti le ruote hanno girato nelle relative condizioni prima di essere analizzate.
Alcuni risultati delle misurazioni effettuate sono riportate nelle Figure seguenti con relativa curva di Abbot.
STEP 0 – Fase 8053 Dente 0
STEP 2 – Fase 8053 Dente 0
STEP 4 – Fase 8053 Dente 0
STEP 5 – Fase 8053 Dente 0
STEP 0 – Fase 8054 Dente 0
STEP 1 – Fase 8054 Dente 0
STEP 2 – Fase 8054 Dente 0
STEP 4 – Fase 8054 Dente 0
STEP 5 – Fase 8054 Dente 0
STEP 6 – Fase 8054 Dente 0
La possibilità di effettuare rilevamenti rugosimetrici infittendo le scansioni fino ad una precisione massima di , su un’area di 3mm×3mm, permette di ottenere una buona visione di quale è lo stato reale delle superfici scansite, nei diversi step di carico.
m µ ⋅ 5 . 2
E’ attualmente in studio la confrontabilità dei dati ottenuti dal rugosimetro con le foto realizzate al microscopio binoculare.