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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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Academic year: 2021

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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Il processo di adeguamento generato dall’ingresso dagli International Accoun-ting Standards appare ormai avviato, presentandosi oltremodo articolato per le imprese chiamate a districarsi in un coacervo di norme e problematiche giuridi-che, contabili ed organizzative alquanto variegato.

La mole dei documenti che compone la disciplina Ias ha spiazzato non poco i responsabili aziendali che hanno dovuto giocoforza cimentarsi nell’interpretazione di principi spesso difformi rispetto alla pregressa prassi domestica. Forse questa è stata una delle preminenti cause a condizionare le aziende a focalizzare il percorso di adeguamento quasi esclusivamente in un’ottica contabile.

A sfavore di un ragionato percorso di assestamento vanno anche annoverati i tempi ristretti offerti al processo di metabolizzazione delle nuove metriche, il ri-tardo nella definizione del quadro giuridico di riferimento e l’incertezza stessa sui contenuti definitivi dei documenti contabili.

Da non sottovalutare, in effetti, il fatto che l’intera disciplina internazionale ri-sulta caratterizzata da elevata flessibilità, qualità questa capace di garantire ai principi in esame una continua coerenza rispetto all’evolversi dei contesti operati-vi aziendali. Se tale impostazione arriva a rappresentare, soprattutto con il trascor-rere del tempo, un punto di forza della nuova impostazione, al momento della transizione ciò si traduce in una continua trasformazione dei contenuti giuridici, laddove il percorso di cambiamento, già di per sé, determina ansia e timori circa le specifiche capacità di adeguamento.

Di fatto, i principali promotori dello sviluppo di principi contabili internazio-nali sono state quelle aziende che già da tempo manifestavano il proprio interesse verso la predisposizione di un linguaggio contabile comune ed universalmente ri-conosciuto. Questa platea è pressoché rappresentata da quelle imprese a vocazione internazionale che operano su mercati differenti da quello domestico e che hanno deciso di quotarsi contemporaneamente sulle relative piazze finanziarie.

Per questa specifica tipologia di società, l’intervento di un corpus contabile uniforme, di comune interpretazione ed applicazione mondiale, e perciò general-mente accettato per la diffusione dei documenti di sintesi nei diversi mercati,

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rap-presenta un sicuro vantaggio, quantomeno in termini economici, poiché risultano in tal modo ridotti i costi per la predisposizione di differenti binari contabili, tanti quanti sono i mercati di quotazione che obbligano all’adozione di difformi metri-che computistimetri-che.

L’utilizzo degli Ias ha però sostanzialmente finito per trascinare nel percorso di metamorfosi amministrativa anche società non ineluttabilmente interessate ad operare su mercati finanziari diversi da quelli nazionali. Laddove, infatti, è stato stabilito che dal 1° gennaio 2005 tutte le società quotate nei mercati regolamentati dell’Unione Europea sono tenute a redigere i loro conti consolidati secondo i prin-cipi contabili internazionali Ias, risultano coinvolte sì aziende quotate, ma non ne-cessariamente su mercati distinti da quello di riferimento.

Questa maggiore diffusione della nuova impostazione consente, in effetti, di assecondare il raggiungimento di un ulteriore obiettivo Ias, soddisfacendo con-temporaneamente un’altra esigenza, molto sentita a livello comunitario, ossia quella di garantire la comparabilità dei report civilistici di un ampio numero di imprese ed insieme di favorire la competitività aziendale mediante la predisposi-zione di una comunicapredisposi-zione sociale di alto profilo.

Infatti, l’esistenza nel contesto economico di società che diffondono prospetti di bilancio redatti sulla base di regole contabili di elevata qualità stimola, o alme-no dovrebbe incoraggiare le altre società, solo facoltizzate all’utilizzo degli stan-dards internazionali, ad adeguarsi ad una prassi riconosciuta come capace di ga-rantire una comunicazione finanziaria trasparente e perciò apprezzata dal pubbli-co.

Ad ogni modo, gli Ias/Ifrs hanno finito per interessare un target piuttosto va-sto di imprese - circa 7000 come stimato dalla Commissione Europea - richieden-do allo stesso tempo il sostenimento di rilevanti costi e significativi cambiamenti di ordine operativo, organizzativo e culturale, atteso il notevole impatto pluridi-sciplinare che l’introduzione di questi principi ha comportato e determina in pro-spettiva.

Presumibilmente i destinatari della riforma contabile non sono riusciti fin da subito a confrontarsi con l’intera gamma di riflessi che da questa sarebbero potuti scaturire, non quantificando correttamente i costi derivanti dai cambiamenti ri-chiesti.

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In particolare, nel contesto domestico, il passaggio dalle pregresse prassi con-tabili agli Ias è risultato un compito tutt’altro che facile, in considerazione del fat-to che la maggior parte degli atfat-tori coinvolti, tra i quali imprese, ma anche legisla-tori, organi di controllo e organismi contabili, devono ancora riuscire ad assorbire completamente la portata di un cambiamento tanto significativo.

I principi internazionali, inoltre, hanno vissuto e continuano a vivere grandi trasformazioni, distanziandosi sempre di più dalla prassi professionale italiana.

A tutti gli effetti, perciò, almeno con riferimento al contesto aziendale dome-stico, l’applicazione dei principi contabili internazionali ha rappresentato una vera e propria rivoluzione; ciò a causa delle numerose differenze rispetto alla nostra di-sciplina pregressa. Differenze comunque tali da sollecitare fin da subito l’attenzione e l’impegno degli operatori economici, atteso che non si tratta di una mera riconversione di valori, ma di una vera e propria rivisitazione delle strutture organizzative per adattarle a produrre nuovi flussi informativi.

Basti pensare, spostando l’analisi dalle disposizioni giuridiche alla redazione del bilancio, al diverso approccio seguito dalle norme internazionali che concepi-scono questo documento in ottica dinamica, evolutiva, quale strumento volto a fornire all’investitore una visione prevalentemente prospettica degli accadimenti aziendali, a differenza delle norme interne, principalmente improntate alla tutela dei creditori e per questo mosse da una prospettiva più conservativa e prudenziale. Interpretando il risultato di periodo quale indicatore delle performances azien-dali future, gli attuali principi contabili danno enfasi a presupposti diversi di reda-zione, quali la competenza, qui privilegiata rispetto alla prudenza, principio che contraddistingueva la prassi contabile italiana, nonché il rafforzamento della pre-valenza della sostanza sulla forma tramite il quale si esalta il contenuto dell’operazione rappresentata, piuttosto che i suoi caratteri meramente negoziali.

Tutto ciò ha un’influenza indiscutibile sulla stessa configurazione dei docu-menti obbligatori di bilancio, ampliati per numero e contenuti e resi sempre più affini ai report riclassificati utilizzati a fini gestionali.

Già dall’indagine sui cambiamenti prevalentemente formali apportati dall’ingresso degli standards Ias sul bilancio d’impresa, si può rilevare e sottoli-neare l’importanza di un’attenta analisi di tutti i mutamenti sollecitati, nonché dei risvolti che da essi scaturiscono, non solo a livello contabile.

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Di fatto pare opportuno puntualizzare, in prima approssimazione, come una metamorfosi nei contenuti dei documenti civilistici possa avere conseguenze di-rette ed indidi-rette sui processi interni, tra i quali quello di controllo in particolare.

Nello specifico, essendo il bilancio il documento maggiormente rappresentati-vo delle dinamiche economiche e finanziarie d’azienda, non è possibile negare l’enorme valore che esso possiede anche in campo decisionale interno, in relazio-ne alle caratteristiche di completezza, sistematicità, sinteticità e semplicità di ac-cesso alle informazioni contenute, soprattutto una volta eliminati quei vincoli che, nelle forma o nella sostanza, ne ostacolavano in passato il pieno e compiuto utiliz-zo ai fini dell’analisi gestionale.

Le metriche internazionali, infatti, sono riuscite a rimuovere alcune delle limi-tazioni in parola, basti pensare alle pregresse anomalie di riclassificazione supera-te con la previsione di schemi di bilancio che supera-tendono ad avvicinarsi, se non a coincidere, con i report utilizzati a fini interni; nonché all’obbligatorietà del ren-diconto finanziario che favorisce l’avvicinamento dei documenti utili a fini ge-stionali con quelli redatti per l’esterno; da considerare, infine, la maggiore enfasi attribuita alle risorse intangibili, classe di valori cui è legato un preciso vantaggio competitivo, frutto di una specifica impostazione strategica, e alle quali gli Ias hanno teso a garantire la giusta evidenziazione in bilancio.

Sulla base della trasformazioni apportate dai nuovi principi contabili, il bilan-cio, che la nostra dottrina indicava come un documento privo di valenza gestiona-le, tende oggi sempre più ad assicurare un’equivalenza di giudizi tra destinatari interni ed esterni, suggerendo il proprio ruolo di strumento di sintesi utile al pro-cesso di controllo aziendale.

Questo in quanto è per il suo tramite che l’ambiente rinnova il proprio interes-se verso l’impresa. Invero, esinteres-sendo il bilancio il più immediato strumento attra-verso il quale il mondo esterno percepisce ed interpreta la realtà imprenditoriale, questo è di fatto l’elemento fondamentale sulla base del quale i vari stakeholders fondano i propri giudizi di investimento.

Perciò, se mediante le nuove regole contabili e la più elevata trasparenza da esse scaturente i destinatari esterni risultano maggiormente guidati nel percorso interpretativo dei risultati aziendali, il management, nel condurre l’operatività

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a-ziendale, sarà chiamato ad un più attento controllo di quei processi ed attività da cui i dati di bilancio scaturiscono.

In più, l’esistenza o la messa a regime di efficaci processi di controllo azienda-le serve anche a fornire un maggior grado di sicurezza circa l’attendibilità delazienda-le informazioni trasmesse al mercato. Infatti, solo la presenza di rigorosi sistemi di controllo può rappresentare una ragionevole tutela di conformità dei bilanci ai principi internazionali e quindi una corretta redazione degli stessi.

Dotarsi di un processo di controllo sistematico ed articolato sulle molteplici attività aziendali e sulle informazioni da esse scaturenti rende possibile apprezzare l’attitudine segnaletica del bilancio a rappresentare le dinamiche economiche, fi-nanziarie e patrimoniali dell’impresa, divenendo garante di un documento che non è solo un mezzo per impressionare gli interlocutori esterni, ma anche uno stru-mento utile a fini interni per valutare quantitativamente e qualitativamente la ca-pacità di perseguire e rappresentare la strategia d’impresa.

Segnatamente, poi, una volta sradicate le trascorse convenzioni contabili e pur qualora si manifesti una sincronia tra vecchi e nuovi precetti, la maggiore visibili-tà esterna dei processi e delle filosofie gestionali, ottenuta con gli Ias, comporta necessariamente una maggiore responsabilizzazione del management nel dare una rigorosa attuazione all’ampio sistema di controllo aziendale.

L’azienda, messa in luce, deve dimostrare di possedere e di saper adeguata-mente utilizzare gli attrezzi fondamentali per una gestione di successo.

Così, i meccanismi organizzativi di controllo risultano influenzati non soltanto a causa della maggiore disclosure derivante dal processo di implementazione de-gli Ias, bensì in maniera ancor più diretta, saggiando profondamente le stesse mo-dalità e articolazione del processo in parola, per la connessa esigenza di dotare la società di una struttura in grado di produrre, e sottolineiamo convenientemente, tutte le informazioni utili e necessarie a soddisfarne le richieste.

Gli standards contabili internazionali, infatti, rappresentano un’irripetibile op-portunità per avviare l’analisi ed il ridisegno dei diversi sub-processi, al fine di migliorare la qualità e la tempestività delle informazioni gestionali e dei bilanci.

Di fatto, la più parte delle imprese ha teso a canalizzare nell’immediato i pro-pri sforzi verso l’aspetto contabile collegato all’implementazione degli Ias, che si-curamente è il più evidente, ma altrettanto importante appare sottolineare come

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questa transizione non attiene soltanto all’applicazione di nuove metriche, quanto piuttosto consiste nell’influenzare tutta una serie di scelte strategiche aziendali ed insieme la conduzione dei relativi processi di business.

Non si può prescindere, in effetti, dalla consapevolezza che le convezioni con-tabili di varia origine e natura suggestionano senza dubbio il management durante il proprio percorso decisionale e logico-deduttivo; ciò significa che una modifica degli schemi tradizionali può comportare uno scardinamento della consueta filo-sofia manageriale e, con essa, un ripensamento dei processi decisionali ad essa collegati.

Innovazioni nelle metriche di accounting, a loro volta promotrici di una inar-restabile evoluzione della disclosure aziendale, travolgono quell’insieme di pro-cessi e strumenti attivati per favorire il processo decisionale e guidare così l’impresa verso i propri traguardi.

La difformità di alcuni precetti contabili, in particolare, pone le aziende di fronte ad alcune importanti responsabilità.

Si pensi, ad esempio, all’ingresso del fair value il quale richiede un cambia-mento totale di approccio per le imprese, chiamate per tal via ad arricchire la pro-pria struttura con strumenti informativi capaci di individuare il valore di mercato di tutte le attività sottoposte a tale regime e contestualmente prendere coscienza che i risultati economici risulteranno da ora in avanti influenzati, in positivo o in negativo, dalle fluttuazioni dello stesso.

Da considerare anche i meccanismi di valutazione relativi alle immobilizza-zioni materiali e immateriali, che offrono l’opzione tra costo e valore rivalutato, scelta in grado di influenzare radicalmente gli indicatori di bilancio ed avere im-patti non trascurabili sulla struttura organizzativa. Infatti, la scelta di continuità con il passato – criterio del costo – risulta sì indolore dal punto di vista organizza-tivo, ma non consente di riflettere il reale valore patrimoniale della società; di contro, il costo rivalutato, che permette di determinare plusvalori normalmente i-nespressi in bilancio, richiede la presenza di una struttura in grado di effettuare periodiche valutazioni dei cespiti al valore di mercato, anche attraverso perizie re-datte da esperti.

L’individuazione stessa delle Cash Generating Unit (CGU), utili per la stima dei flussi di cassa di quelle attività immateriali manchevoli di un’autonoma

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confi-gurazione, può produrre importanti sinergie con il controllo di gestione, sia laddo-ve si sfrutti, per la loro conformazione, la struttura organizzativa già esistente, sia nel caso in cui la società, una volta individuate le CGU più confacenti alla sua struttura operativa, opti per una riorganizzazione del sistema di controllo di ge-stione in base alle stesse, consentendo di dare visibilità al business coerentemente con l’articolazione dei processi interni.

Ancora, il segment reporting, introdotto con il documento Ias 14 e probabil-mente uno degli aspetti salienti del corpus contabile internazionale, offrendo una serie di informazioni utili al lettore per meglio comprendere il grado di diversifi-cazione del rischio di un’impresa, arricchisce l’informativa di bilancio tramite l’illustrazione dell’andamento gestionale nei principali segmenti operativi.

Anche qui la filosofia Ias impone che la base per identificare la corretta gerar-chia tra i settori sia costituita dalla struttura organizzativa e dal sistema di rendi-contazione interna, idonea a fornire nel report annuale di sintesi un’informativa coincidente con le caratteristiche gestionali della reportistica utilizzata ai fini in-terni.

Questo diventa così un momento essenziale per valutare l’adeguatezza del proprio sistema di reporting direzionale posto alla base del processo di ristruttura-zione in parola. In sostanza, potrebbe sussistere la necessità di modificare l’articolazione degli schemi implementati introducendone di nuovi o aggregan-do/disaggregando quelli già esistenti, modificandone contenuto e frequenza tem-porale, con complessità tecniche ed operative aggiuntive. In più, l’obbligo di ar-ricchire l’informativa di bilancio con informazioni riferite ai segmenti di attività, togliendo dalla penombra la filosofia di sviluppo aziendale, potrebbe anche avere taluni riflessi su aspetti di carattere strategico, portando il management a condurre un’accurata riflessione sull’identificazione e la numerosità delle proprie ASA e sullo loro stessa articolazione.

Non è possibile trascurare, poi, l’impatto che particolari Ias hanno nei con-fronti di specifiche realtà aziendali quali, in particolare, le imprese creditizie.

Come abbiamo visto accadere per le altre imprese, anche le istituzioni banca-rie non sono apparse esonerate dai risvolti gestionali, oltre che contabili, che la nuova impostazione Ias determina.

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Oltre ai tratti comuni con gli altri organismi aziendali, in questo caso possono essere rilevati alcuni impatti di tipo caratteristico. Si fa qui prevalentemente rife-rimento alle innovazioni scaturenti dalla disciplina dell’iscrizione in bilancio, e successiva valutazione, delle attività finanziarie, contenuta negli Ias 32 e 39 che hanno dato adito a numerosi interventi e critiche soprattutto in merito alla loro ap-plicazione ai bilanci bancari. Ciò in quanto per le organizzazioni in esame l’operatività in strumenti finanziari rappresenta la parte più rappresentativa del core business.

Tra le innovazioni, risulta evidente la maggiore ampiezza e profondità delle informazioni integrative richieste dallo Ias 32 rispetto a quanto prescritto dalla pregressa normativa. L’informativa pretesa, infatti, si amplia fino a determinare un avvicinamento tra rendicontazione contabile e gestionale, passaggio non senza traumi, vista la possibilità di cogliere così, dalla sola lettura della reportistica civi-listica, la reale dinamica d’impresa.

A tal fine, le aree della banca che fino ad oggi fornivano informazioni con fi-nalità prettamente gestionali devono strutturarsi in modo da garantire la sollecitata disclosure, con un coinvolgimento più intenso nelle attività di reperimento ed ela-borazione delle informazioni da fornire in bilancio, palesando consistenti inter-venti anche sui sistemi informativi.

Se da un lato, la conseguente intelligibilità dei bilanci determina un momento critico per il management che deve mostrarsi in grado di saper gestire e rappresen-tare le maggiori informazioni, molte delle quali price-sensitive ed elemento stra-tegico di business, dall’altro lato, questa può tradursi in un interessante vantaggio relazionale per la banca.

Dal momento in cui i bilanci danno adeguata rappresentazione dell’operatività finanziaria promossa dalle aziende non bancarie, rappresentative della clientela corporate della banca, essi rafforzano il loro ruolo di risorsa fondamentale ed at-tendibile nella fase istruttoria dei processi di affidamento.

Impossibile tacere, perciò, quelle che sono le notevoli ripercussioni che l’introduzione degli Ias apporta contestualmente nel rapporto banca-impresa. Lad-dove infatti la banca risulta utilizzatrice del bilancio redatto da altre organizzazio-ni imprenditoriali, ciò incide inevitabilmente su quei processi valutativi di cui l’analisi di bilancio esprime il principale riferimento. In tal guisa, l’introduzione

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di principi contabili capaci di favorire una maggiore trasparenza dei documenti di sintesi dovrebbe determinare una riduzione del costo del capitale delle imprese che utilizzano correttamente le metriche in parola, dovuta anche ad un più com-prensibile e facilitato processo di attribuzione dei rating di controparte.

In particolare, l’esistenza di dati di bilancio maggiormente rappresentativi non tanto delle capacità attuali di creare reddito, ma piuttosto di quelle potenziali e prospettiche, dovrebbe consentire alle società specializzate, od alle funzioni della banca a ciò preposte, di meglio indagare i presupposti che influenzano il merito creditizio delle controparti corporate e di agevolare uno svolgimento appropriato dell’iter di attribuzione del rating che da ciò scaturisce.

Le implicazioni in questo ambito, però, non sono solo positive. E’ necessario piuttosto scongiurare eventuali effetti prociclici, generati dal più stretto legame tra valori a libro e congiuntura di mercato, per mezzo di meccanismi e procedure di rating capaci di normalizzare tali conseguenze.

Di fatto, però, la trasformazione più pesante arriva con la disciplina dettata dallo Ias 39 in merito alla rilevazione ed alla valutazione degli strumenti finanzia-ri, particolarmente difforme rispetto a quella utilizzata nella prassi dei bilanci ban-cari.

Tripartizione del portafoglio titoli, classificazione sulla base del management intent e nuove regole hedge accounting richiedono interventi significativi su tutte le attività inerenti le procedure interessate. Inoltre, l’impossibilità sopravvenuta di cambiare destinazione ai titoli tra le diverse categorie influenza sensibilmente al-cune delle leve utilizzate per la stabilizzazione dei redditi e gli spazi di manovra nelle politiche di bilancio.

Per non parlare poi delle innovazioni afferenti la redazione del rendiconto consolidato, soprattutto in relazione all’ampliamento dell’area di consolidamento, alla quale viene riconosciuta una portata del tutto nuova per accogliere al proprio interno le società che compongono il gruppo a prescindere da tutta quella serie di condizioni che il legislatore nazionale aveva stabilito per limitarne l’inclusione.

Ciò assume un ruolo preminente per le aziende bancarie, data l’importanza dimensionale del fenomeno delle concentrazioni ed aggregazioni in questo parti-colare settore, nonché per le peculiarità operative ed organizzative tipiche dei

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gruppi creditizi, comportando un’ulteriore formidabile sfida alle capacità del management di governare l’accresciuta complessità.

Viene infatti bandita ogni possibilità di esclusione discrezionale dall’area di consolidamento, attraverso l’inserimento forzato all’interno del perimetro di gruppo di tutte quelle società svolgenti attività dissimile. Questa nuova imposta-zione comporta rilevanti riflessi sul consolidato delle imprese creditizie, in quanto finisce per accogliere voci proprie di bilanci non strettamente bancari, con conse-guente necessità di un chiarimento normativo che agevoli il trattamento di queste voci in termini di segnalazioni di vigilanza e di impatti sui requisiti prudenziali.

L’impegno per le imprese creditizie risulta poi più intenso a ragione del con-temporaneo ingresso nella regolamentazione specifica del Nuovo Accordo sul Capitale.

A ben vedere, Ias e Basilea II, per l’affinità dei contenuti e la presenza di al-cune aree di sovrapposizione, impiegano risorse e competenze comuni, aumen-tando la complessità del processo di transizione. Inoltre, giova sottolineare l’ancora irrisolta questione relativa alle divergenze emergenti tra le due normative, il cui processo di calibrazione è tuttora in corso. In generale, comunque, l’interazione necessaria tra Ias e Basilea II complica i processi gestionali di capital management, determinando la necessità di una maggiore accuratezza e puntualità nello svolgimento delle relative attività.

Da ciò derivano tutta una serie di conseguenze che si allargano oltre i consueti risvolti contabili, fino a toccare in maniera diretta aspetti organizzativi e di con-trollo che finiscono per rappresentare temi critici del processo di transizione.

Alla luce di quanto esposto, è possibile dedurre che l’interesse e la rilevanza della metamorfosi Ias non risiedono unicamente nella capacità dell’azienda di at-tivarsi per anticipare le complesse sfide derivanti dalle nuove logiche contabili, ma anche nell’articolare il progetto in un orizzonte più ampio di quello stretta-mente amministrativo-contabile, investendo i livelli relativi all’organizzazione, ai processi interni, ai sistemi informativi.

Da quanto detto si deduce che affinché le risposte delle aziende in generale, e delle banche in particolare, al mutato scenario competitivo sia completa e coerente in tutti i suoi elementi deve necessariamente prodursi un cambiamento significati-vo all’interno dello stesso sistema organizzatisignificati-vo di controllo.

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Il controllo aziendale, in tutte le sue forme, deve farsi carico di tutti questi nuovi sviluppi dando prova di capacità di adeguamento.

Di fatto, il tema dell’impatto degli Ias sui sistemi di controllo aziendali è tutt’altro che chiarito.

Nonostante l’imminente entrata a regime dei principi contabili internazionali, infatti, l’interesse fino ad oggi espresso dalle parti interessate al percorso di cam-biamento è piuttosto al di sotto sia delle aspettative che dei tempi necessari per poter sviluppare piani di lavoro razionali e soprattutto efficienti, rilevando un no-tevole ritardo progettuale rispetto alla due-date.

E’ possibile rilevare, al riguardo, come solo da poco tempo le aziende abbiano iniziato ad esaminare la necessità di affrontare il problema dell’adeguamento in un’ottica rinnovata e non più esclusivamente orientata ad un restatement mera-mente contabile.

Le strategie di approccio e gli investimenti realizzati ed in corso sono ancora lontani dal risultare bastevoli ma, contemporaneamente, ciò che appare chiaro è che la transizione a cui stiamo assistendo rappresenta non solo un costo, bensì un’opportunità in termini di immagine e di presentazione al mercato. La manifesta capacità di adattare al meglio ed in tempi più brevi la propria struttura ed i proces-si interni attraverso lo strumento del bilancio produrrà una leva premiante sul pro-cesso di comunicazione aziendale, proiettando un’immagine di efficienza e volon-tà di disclosure alla comunivolon-tà finanziaria.

Come accennato, infatti, le modalità e la tempistica di transizione agli standard internazionali rappresentano una precisa opportunità strategica con impatto ester-no ed interester-no all’impresa. Ciò in quanto oltre a condizionare i processi comunica-tivi esterni le innovazioni si riflettono anche sui processi interni, sia contabili che organizzativi.

A seguito di quanto emerge, quindi, l’impatto generale degli Ias non può esse-re circoscritto ad un particolaesse-re perimetro aziendale, poiché coinvolge l’organizzazione nella sua complessità, intervenendo non solo sui metodi di calco-lo e presentazione dei dati, ma riproponendo modalità diverse di generazione e di-samina delle informazioni derivanti dai fatti gestionali, elementi da cui il sistema di controllo nel suo complesso trae origine.

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In particolare, il sistema di controllo, per garantire conformità alle mutevoli esigenze, interne ed esterne, dovrà essere dotato di un adeguato livello di flessibi-lità, caratteristica questa che lo rende difforme da azienda ad azienda e all’interno della medesima in momenti diversi, risultando così capace di adeguarsi più facil-mente e celerfacil-mente ai nuovi contesti, fungendo da traino all’organizzazione nel suo complesso.

In definitiva, l’analisi svolta consente di sottolineare come la messa in opera degli Ias/Ifrs non determini come imprescindibile conseguenza la nascita di un nuovo modello di controllo aziendale, bensì richieda un profondo rafforzamento dei sub-sistemi che già attualmente lo compongono, al fine di far collimare gli o-biettivi strategici dell’impresa con quelli di compliance e disclosure imposti dagli standards internazionali.

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