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RETI DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA: PASSATO, PRESENTE E FUTURO

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Academic year: 2021

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Questo è un periodo di anniversari, non solo per il CASPUR ma anche per GARR [1], che ha appena festeggiato i vent’anni della rete italiana dell’università e della ricerca, e per molti altri network professionali dello stesso tipo che hanno mosso i primi passi negli stessi anni. È quindi un buon momento per trarre un bilancio dell’espe-rienza di questo ventennio e interrogarsi sul futuro.

L’affermazione di Internet e il suo utilizzo sempre più capillare rappresentano senz’altro una delle più grandi rivoluzioni tecnologiche, sociali e culturali degli ultimi decenni e non solo: oggi, la rete rappresenta una parte importante della nostra esperienza, non soltanto lavorativa. Dallo shopping all’esperimento scientifico, dalla let-tura di un giornale all’elaborazione dei dati, la rete ha stravolto il modo con cui facevamo le cose 20 anni fa e il mondo dell’università e della ricerca ha giocato un ruolo fondamentale in questo cambiamento epocale, in Italia come altrove.

GARR, come molti suoi omologhi in Europa e nel mondo, è nato come gruppo di esperti che aveva il compito, indispensabile a quei tempi, di rendere interoperabili le diverse e molto sperimentali reti di telecomunicazione che si affacciavano sulla scena italiana. Una si-mile spinta all’unificazione si manifestava, in quel periodo, non solo nel nostro Paese ma anche in molte altre nazioni. Era un tempo in

cui non c’era differenza tra chi usava la rete e chi la progettava o realizzava. Coloro che avevano bisogno di servizi di trasmissione dati non ancora esistenti erano costretti a realizzarli autonomamente, inventando e spe-rimentando nuove soluzioni, non tutte di successo. Fu così che nacque, all’inizio dell’avventura delle reti della ricerca, la necessità di mettere a fattor comune le esperienze di questi primi utenti-tecnici.

Con l’avvento delle reti, è stato possibile superare il concetto di CED (Centro Elaborazione Dati) localizzato, ovvero luogo fisico per l’elaborazione dei dati in cui il ricercatore doveva recarsi, munito di schede perforate o nastri magnetici, per svolgere i propri calcoli e uscirne con i risultati. La storia della rete GARR e quella di centri di supercalcolo come il CASPUR è così legata a doppio filo: da un lato, l’esistenza di interconnessioni di rete ha reso possibile la creazione di infrastrutture di calcolo in sedi diverse da quella dell’università o del centro di ricerca che le adoperava; dall’altro, queste infrastrutture hanno stimolato l’utilizzo della rete e hanno posto nuovi traguardi alla rete della ricerca e alla sua evoluzione futura. Un circolo virtuoso che possiamo vedere all’opera ancora oggi, pur con tutte le novità nel campo dei servizi e delle applicazioni ICT.

Le reti della ricerca, nel corso degli anni, si sono evolute e l’aumento degli utenti ha richiesto una maggiore organizzazione per l’erogazione del servizio. Il primo cambiamento, avvenuto in Europa e nel resto del mondo, anche se con tempi e modi differenti, è stato quello di passare dal volontarismo di persone ed enti a una struttura stabile che potesse occuparsi a tempo pieno di questo servizio emergente. Tuttavia, l’apporto della Gli anniversari sono spesso l’occasione per riflettere sul

proprio passato, presente e futuro. Tentiamo di farlo in questo articolo guardando la storia di Internet e il modo in cui i cambiamenti delle infrastrutture di rete hanno influito sulla nascita, l’evoluzione e le prospettive future delle reti dell’università e della ricerca.

RETI DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA:

PASSATO, PRESENTE E FUTURO

Enzo Valente

[email protected]

GARR

ANNU

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comunità degli utilizzatori non è, in questo modo, terminato, semmai il contrario: fedeli alla loro missione, le reti dell’università e della ricerca hanno saputo, negli anni, coinvolgere sempre nuove comunità di utenti, contribuendo a estendere la cultura della rete ben oltre la big science (si pensi ad esempio ai nuovi territori della medicina, della biologia e del settore culturale e artistico). Inoltre, la peculiarità di questo processo risiede nel fatto che questi nuovi attori non sono entrati in gioco diventando nuovi clienti di una sorta di “uti-lity”, fondamentale ma già data, ma hanno contribuito, con la loro esperienza e il loro apporto creativo, alla sua evoluzione.

Per qualcosa di così elevato contenuto tecnologico come le reti, 20 anni possono sembrare ere geologiche: basti pensare che la capacità dei primi backbone di ricerca arrivava alla vertiginosa cifra di 2 Mbps mentre adesso si ragiona in termini di decine di Giga. In questo periodo, numerose generazioni di rete si sono succedute, in modo da tenere il passo con l’evoluzione sempre più veloce della tecnologia. Nonostante questo, il cambia-mento fondamentale di questi vent’anni non è stato quello relativo a tecnologie e servizi, ma la transizione verso un paradigma radicalmente nuovo, al quale oggi ci riferiamo con il nome di e-Science. In esso, utenti pro-venienti da ambiti disciplinari diversi e sempre più permeabili tra loro accedono all’informazione generando grandi moli di dati e trasformandola in nuova conoscenza attraverso l’uso di reti e infrastrutture digitali sempre più trasparenti e integrate. Nei prossimi vent’anni la continua evoluzione delle discipline scientifiche e la colla-borazione su scala globale faranno crescere la produzione dei dati da immagazzinare, gestire e trasformare: è il cosiddetto “tsunami di dati”, impossibile da gestire senza queste “reti 2.0”, che non sono più soltanto reti, ma comprendono vari livelli ed offrono servizi personalizzati alle diverse comunità che ospitano.

Secondo una ricerca del Center for Digital Research del MIT, la quantità di informazione digitale esistente, di cui una parte importante è di natura scientifica e culturale, sta raddoppiando con ritmo annuale e, nel 2012, su-pererà i 1000 Exabyte. Diretta conseguenza di questo incredibile proliferare dei dati è la crescita vertiginosa sia della domanda di calcolo ad alte prestazioni, sia di spazio per immagazzinare l’informazione. Ma questo non è tutto, perché i dati, non essendo localizzati, si muovono continuamente sulle reti globali: hanno origine in labo-ratorio, in un rilevatore o in una struttura dove si digitalizzano materiali e, successivamente, devono essere tra-sferiti perché siano elaborati presso uno o più centri di calcolo. I risultati ottenuti dovranno poi essere accessibili ai ricercatori coinvolti, in modo da diventare nuova conoscenza e guidare, così, nuove ricerche o correggere i parametri di un esperimento.

Molte delle imprese scientifiche più innovative e ambiziose si basano, oggi, su grandi collaborazioni interdi-sciplinari di scienziati che lavorano in sedi geograficamente distribuite sia in tutta Europa che nel mondo. In un simile contesto, la condivisione dei dati in tempo reale è una questione fondamentale. Ci sono situazioni in cui la tempestività può fare la differenza, come nel caso di rilevazioni costose legate a un certo periodo di tempo o a un evento non ripetibile. Immaginate di osservare, ad esempio, un evento astronomico che non si ripeterà prima di qualche migliaio di anni: data l’unicità del momento, se dovesse verificarsi un errore nella raccolta dei dati, vorreste saperlo subito per correggerlo al più presto. È questa una delle sfide che la rete della ricerca ha dovuto affrontare: collegare in tempo reale i “luoghi”, dove i dati vengono prodotti, ai centri di calcolo e di ela-borazione, dove i dati vengono gestiti e archiviati, implementando così un sistema online di produzione, trasfe-rimento e analisi che permette ai ricercatori di “annullare” virtualmente le distanze e controllare in maniera remota il funzionamento dei laboratori. Per far fronte a questa sfida servono non solo reti sempre più veloci e performanti, ma anche nuovi servizi che permettono di fare end-to-end, virtualizzazione, reti private e così via. Poiché la comunità scientifica non conosce confini nazionali né amministrativi, ecco che l’interdominio, anche a livello internazionale, è il “pane” delle reti della ricerca: lo è sempre stato, fin dai loro primi passi, e ha rap-presentato uno dei fattori che più hanno contribuito all’affermazione del paradigma dell’e-Science. Inoltre la necessità di arrivare a soluzioni condivise e interoperabili ha reso indispensabile l’esistenza di quello che è stato efficacemente definito “il club delle NREN”, cioè il rapporto di collaborazione stabile tra le reti della ricerca na-zionali d’Europa e del resto del mondo. L’importanza di queste reti non è solo a livello operativo, ad esempio nella creazione e governance di organismi internazionali, ma anche e soprattutto un’attitudine, una forma mentis: l’attività continua di ricerca, sviluppo e innovazione che svolgiamo ogni giorno con i colleghi europei e del resto del mondo rappresenta una parte cruciale del nostro lavoro e uno degli aspetti più creativi che le reti

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nazionali della ricerca portano a supporto delle collaborazioni internazionali: con le reti e le infrastrutture digitali integrate, studenti e ricercatori possono collaborare con colleghi di tutto il mondo, confrontarsi attraverso appli-cazioni facili da usare, monitorare siti remoti grazie a reti di sensori e persino controllare da remoto strumenta-zioni che si trovano dall’altra parte del globo. Questo significa mettere in secondo piano la mobilità fisica dei ricercatori e in primo piano quella delle idee: un buon cervello, anche se si trova nel più lontano angolo di mondo, potrà studiare, collaborare e partecipare all’avanzamento della scienza.

Questa rivoluzione, della quale ancora non vediamo dispiegato l’intero potenziale, ha gradualmente trasfor-mato la rete da semplice mezzo di comunicazione a risorsa-cardine, che incide sul modo stesso di fare ricerca e istruzione. Grazie alla sua potenza dirompente, questo nuovo paradigma ha conquistato nuove comunità e ambiti disciplinari, tanto da farle andare stretto il termine e-Science, così oggi si parla di e-Culture, e-Health e via dicendo. Ogni giorno gli utenti inventano nuovi modi creativi di usare gli strumenti a loro disposizione e, molto spesso, scelgono di farlo lavorando a stretto contatto con la rete dell’università e della ricerca. Una delle cose più importanti dell’evoluzione della rete, che ha resistito allo scorrere del tempo, è proprio lo stretto rapporto tra la comunità di utilizzatori e la rete stessa: nonostante l’inevitabile “professionalizzazione” della rete della ri-cerca sono stati e continueranno a essere gli utenti, con i loro problemi e la loro capacità di risolverli, a fare da traino all’evoluzione stessa della rete.

SITOGRAFIA ESSENZIALE

[1] Consortium GARR: www.garr.it.

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