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Tiraboschi: «Electrolux, china pericolosa.L'azienda non si limiti al solo taglio dei salari»

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31/1/2014 Tiraboschi: «Electrolux, china - «Il problema è il costo del lavoro, ma - Il Sole 24 ORE

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St a m pa l'a r t icolo Ch iu di

28 gennaio 2014

Tiraboschi: «Electrolux,

china pericolosa.

L'azienda non si limiti al solo taglio dei salari»

di Cristiana Gamba

«Il problema è il costo del lavoro, ma l'azienda non deve farlo pagare soltanto ai lavoratori. Incidere unicamente sulle retribuzioni non è una scelta lungimirante». Michele Tiraboschi, giuslavorista e direttore del Centro Studi Marco Biagi, commenta il caso Electrolux, e aggiunge. «Se l'azienda chiede sacrifici ai propri dipendenti deve giustificarli con altrettante certezze, con un chiaro piano industriale e di investimenti. Altrimenti comincia una storia senza fine, una china pericolosa alla perenne ricerca del Paese con il costo del lavoro più basso».

La cornice è chiara, il cuneo fiscale va riformato al più presto. Intanto c'è un'azienda che chiede ai propri dipendenti un ritocco verso il basso delle retribuzioni. Pillola amara da digerire, non pensa?

Per evitare la sindrome da avvitamento nel caso Electrolux serve estremo buon senso, è necessario riportare serenità nelle relazioni sindacali. Da una parte lo Stato non può intervenire con misure derogatorie sulle regole vigenti, deve fare provvedimenti strutturali. Dall'altra, nell'attesa di una riforma del cuneo fiscale, l'azienda non deve incidere sull'alto costo del lavoro con misure che ricadono unicamente sui lavoratori.

Concretamente, questo cosa significa?

La proposta della riduzione del salario va tradotta in un contesto di ragionevolezza. Conoscere il piano degli investimenti, sapere che l'azienda ha intenzione di proseguire a investire nello stesso posto per i prossimi anni, chiedere ai dipendenti di condividere il percorso con forme di partecipazione in azienda fa sì che si possano chiedere sacrifici. Curiosamente, proprio quando Maurizio Castro era direttore del personale in Zanussi introdusse un modello di partecipazione dei lavoratori che è diventato parte della letteratura delle relazioni industriali. Forse si potrebbe ripartire da lì.

Il tavolo della trattativa si è trasferito a Roma. Sul territorio i sindacati hanno già proclamato i primi scioperi.

La posizione dei sindacati non può essere intransigente perché se l'azienda sceglie di andarsene si potrebbe delineare anche uno scenario peggiore della riduzione dei salari. Occorre sedersi al tavolo e ragionare con equilibrio. Una buona traccia di partenza a mio avviso è quella fornita dall'Unione degli industriali di Pordenone sulla contrattazione decentrata dove sì si ipotizza una riduzione momentanea dei salari ma accanto si introduce una serie di meccanismi di compensazione che aiutino il lavoratore come, ad esempio, azioni di welfare a livello aziendale.

Electrolux è in Italia dagli anni Ottanta, ma il bubbone sta scoppiando in questi giorni. Che sta succedendo?

L'azienda è giunta nel nostro Paese quando produrre sul territorio era estremamente competitivo. Il costo del lavoro con la svalutazione della lira non costituiva un problema e le relazioni industriali erano ammorbitite da una presenza dello Stato attivo con sovvenzioni pubbliche. Ora lo scenario è completamente mutato, la globalizzazione ha spazzato via le vecchie regole e il gruppo si trova a operare in un mercato molto saturo con molti competitor. Il costo del lavoro torna così alla ribalta, diventando così il vero problema.

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31/1/2014 Tiraboschi: «Electrolux, china - «Il problema è il costo del lavoro, ma - Il Sole 24 ORE

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L'unico problema?

No, non è il solo. Le imprese da noi non vengono o scappano anche per l'eccessiva rigidità delle relazioni sindacali. Anche in Germania le retribuzioni orarie sono alte e così i contributi e i costi non salariali pagati dal datore di lavoro sono consistenti, circa il 22%, ma lì le aziende non scappano perché c'è più buonsenso.

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