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CAPITOLO II STUDIO SPERIMENTALE

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Academic year: 2021

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CAPITOLO II

STUDIO SPERIMENTALE

Particolare interesse, legato alla maggiore incidenza e difficoltà di trattamento, stanno ri-scuotendo le lesioni ossee con grave perdita di sostanza. Tali lesioni, definite in letteratura come difetti di dimensioni critiche o Critical Size Defect (CSD), vengono descritte come “perdita di sostanza ossea di dimensioni tali da non evolvere spontaneamente verso la gua-rigione durante tutta la vita dell’animale” (Schmitz & Hollinger, 1986; Hollinger & Klein-schmidt 1990). Il CSD può essere considerato anche come discontinuità in esito a condi-zioni di fallita osteogenesi riparativa quando il processo di guarigione ossea non riesce a colmare più del 10% della lunghezza della perdita di sostanza ossea totale creatasi (Schmitz & Hollinger, 1986).

Le caratteristiche fondamentali per un impianto osseo ideale dovrebbero essere: osteocon-duttività, osteoinosteocon-duttività, biocompatibilità, biodegradabilità, struttura simile all'osso, faci-lità di impiego e costi relativamente contenuti (Giannoudis et al., 2005).

Osteogenesi, osteoinduzione e osteoconduzione rappresentano i tre elementi essenziali per la rigenerazione ossea insieme alla completa osteointegrazione tra innesto osseo e osso le-sionato.

Attualmente sono presenti in commercio un’ampia gamma di “impianti ossei alternativi” diversi per composizione, meccanismo d'azione e caratteristiche peculiari (Giannoudis et al., 2005).

I continui progressi nel campo della terapia genica e dell'ingegneria tissutale hanno, inoltre, portato alla valutazione di ulteriori famiglie di fattori di crescita, di scaffold biologici, nonché all'incorporazione di cellule staminali mesenchimali per arrivare, infine, allo sviluppo di sostituti tissutali pronti per l'uso.

Una strategia comune nel campo dell’ingegneria tissutale prevede l’uso di scaffolds, ovve-ro di matrici tridimensionali biodegradabili in materiale sintetico o naturale, che forniscono alle cellule una struttura temporanea che può riprodurre le funzioni della matrice extracel-lulare dei tessuti biologici, agire come substrato per l’adesione celextracel-lulare, fornire supporto meccanico e guidare il tessuto durante la rigenerazione (Marler et al., 1998; Kim & Moo-ney, 1998). L’elevata porosità associata all’ampia estensione della superficie che può

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31 rire l’adesione, la migrazione e l’interazione cellulare, nonché il possibile rilascio di fattori bioattivi, sono le caratteristiche evidenziate in scaffolds caratterizzati da una struttura mi-cro/nanofibrosa e li rende estremamente interessanti per le applicazioni nel campo dell’ingegneria tissutale (Chew et al., 2006).

Le tecniche di elettrospinning (sistema per la produzione di nanofibre a base di polimeri sintetici e naturali che consiste nella estrusione di una soluzione di polimero attraverso un ugello o un ago caricato elettrostaticamente) (Puppi et al., 2011a) e wetspinning (tecnica impiegata per la produzione di fibre polimeriche, consiste nel passaggio forzato attraverso un ago sottile immerso in un bagno di coagulazione di una soluzione polimerica viscosa determinando la coagulazione del polimero a formare una fibra solida continua per formare strutture fibrose bi- o tri-dimensionali) (Puppi et al., 2011a) stanno riscuotendo notevole successo nel campo dell’ingegneria tissutale e del rilascio controllato di farmaci grazie alla loro semplicità, al basso costo, alla facilità di caricamento di fattori bioattivi nelle fibre unite alla capacità di produrre strutture fibrose tridimensionali con diversa organizzazione e scala microstrutturale (We & Ramakrishna, 2006; Puppi et al., 2010b).

Il PCL è uno fra i polimeri sintetici maggiormente studiati nel campo della rigenerazione del tessuto osseo grazie alle sue proprietà di biocompatibilità e biodegradabilità (approvato già da tempo dalla FDA per la produzione di suture riassorbibili utilizzate in chirurgia) (Rezwan et al., 2006; Puppi et al., 2010a). È un poliestere alifatico che in condizioni fisio-logiche può essere degradato sia per via enzimatica sia per via idrolitica. Data la sua strut-tura semicristallina, presenta una degradazione molto lenta (circa 2 anni) in quanto l’alto grado di impaccamento delle catene polimeriche limita l’ingresso di fluidi nella struttura molecolare e quindi rallenta la degradazione del materiale (Pitt, 1990). Diversi studi hanno suggerito il suo impiego nel campo dell’ingegneria tissutale e la sua bassa velocità di de-gradazione suggerisce il suo utilizzo per la rigenerazione del tessuto osseo (Hutmacher, 2000; Savarino et al., 2007).

I polimeri a stella sono una classe di materiali sintetici costituiti da una struttura macromo-lecolare ramificata in cui tre o più catene polimeriche lineari sono legate ad una molecola centrale a basso peso molecolare. In genere, in soluzione e allo stato fuso, hanno una strut-tura molecolare compatta e presentano proprietà differenti rispetto ai corrispettivi polimeri lineari con stessa composizione monomerica ed equivalente peso molecolare, come minore viscosità e miglior controllo della concentrazione dei gruppi terminali di catena. Il PCL

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32 con conformazione a stella (*PCL), sviluppato dal gruppo del Prof. Ramani Narayan del Michigan Biotechnology Institute (Balakrishnan et al., 2004; Balakrishnan et al., 2006), costituito da tre catene di PCL lineari attaccate a un atomo di alluminio centrale è stato re-centemente utilizzato in uno studio in vitro (Puppi et al., 2011b; Puppi et al., 2012) e in vi-vo (Dini, 2012) sulla rigenerazione ossea in difetti critici.

Lo studio condotto dal prof. Carlucci e collaboratori nel triennio 2009-2012 (Puppi et al., 2011b; Dini et al., 2010; Dini et al., 2011, Puppi et al., 2011c; Dini et al., 2012) ha eviden-ziato come le guide tridimensionali siano in grado, in vitro, di sostenere e promuovere l’adesione e proliferazione di colture cellulari di pre-osteoblasti murini MC3T3-E1 senza evidenziare effetti citotossici. Le applicazioni in vivo su modello cunicolo hanno visto l’impiego di due tipi di scaffolds in *PCL, in bianco e caricate con fattori promotori della rigenerazione come l’Idrossiapatite (HA) (*PCL-HA), che sono stati impiantati a colmare un difetto osseo critico (circa 20 mm) creato a livello della diafisi radiale in 36 animali. I risultati delle valutazioni radiografiche e istologiche post-espianto condotte a intervalli di osservazione di 4, 8 e 12 settimane, hanno messo in evidenza come entrambi gli scaffolds testati mostrino buone capacità osteoconduttive promuovendo una rigenerazione ossea si-gnificativamente maggiore rispetto a difetti ossei critici non trattati, con neoformazione di tessuto osseo che invade gli scaffolds per alcuni strati in particolare sul versante laterale adeso all’ulna. Lo studio ha messo inoltre in evidenza come il processo rigenerativo non risenta significativamente della funzionalizzazione degli scaffolds con HA consentendo la neoformazione di osso che si rende evidente già a 4 settimane post-impianto e che evolve, col passare del periodo di osservazione, con un graduale rimaneggiamento del tessuto fino alla formazione, in alcuni reperti, di un rudimentale canale midollare.

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SCOPO DEL PROGETTO

In considerazione dei risultati incoraggianti ottenuti dalla precedente sperimentazione con-dotta e dalla necessità di acquisire maggiori informazioni riguardanti la degradazione dello scaffold in situ e di valutare la qualità della rigenerazione ossea in osservazioni per tempi maggiori alle 12 settimane è stata intrapresa una ulteriore fase di studio in vivo.

Il presente lavoro di ricerca si pone, quindi, come obiettivo quello di valutare l’impiego di scaffolds tridimensionali micro/nano strutturati in *PCL nel processo di rigenerazione os-sea su lesioni con grave perdita di sostanza monitorando l’entità e la qualità del processo rigenerativo per un periodo di osservazione di 24 settimane.

In considerazione dell’apporto rigenerativo non significativo mostrato dalle guide funzio-nalizzate con HA, nel presente studio sono stati impiegati esclusivamente scaffolds in *PCL allestiti con tecnica wet-spinning come per il precedente studio.

L’impiego della stessa metodica di conduzione dello studio grazie a valutazioni radiografi-che nelle due proiezioni standard ogni 4 settimane e a valutazione dei preparati istologici ottenuti dall’espianto, ci consentiranno di condurre un’ulteriore analisi del grado di rigene-razione ossea e della qualità del tessuto neoformato, nonché dell’eventuale grado di degra-dazione cui può andare incontro lo scaffold stesso.

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