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CAP. 1 INQUADRAMENTO CULTURALE
1.1 IL NEOLITICO ANTICO DELL’ ITALIA SETTENTRIONALE
1La neolitizzazione dell’Italia settentrionale è un fenomeno molto complesso. La nascita delle prime comunità neolitiche è dovuta all’interazione di svariati fattori quali l’acculturazione delle comunità mesolitiche preesistenti, la colonizzazione di aree precedentemente non insediate, le influenze reciproche tra una cultura e l’altra dell’ Italia settentrionale e le influenze provenienti dall’esterno.
La diffusione delle prime culture neolitiche nell’ area padano-alpina avviene nella prima metà del VI millennio a.C. in cronologia calibrata grazie all’arrivo di comunità a ceramica impressa provenienti dall’ area tirrenica, dall’area medio-adriatica e da quella balcanica.
Dalle coste liguri e tirreniche la neolitizzazione si è in seguito estesa alle aree interne: nell’entroterra medio tirrenico (Toscana e Lazio) fino all’Umbria si verifica la diffusione di gruppi liguri e di gruppi cardiali; in Italia nord occidentale elementi della ceramica impressa si diffondono nel Piemonte meridionale, in Lombardia, fino all’Emilia centrale, dando vita ad aspetti culturali intermedi come “l’aspetto della Pianaccia di Suvero” e “l’aspetto di Alba”. Dall’area medio adriatica si diffonde l’impressa verso la Pianura padana e l’Italia nord orientale prima della nascita dei gruppi neolitici padani. In Friuli la neolitizzazione avviene grazie ad influenze provenienti dalla pianura padana (cultura di Fiorano) e dall’Adriatico orientale (cultura di Danilo) e nel Carso triestino sembra essere dovuta ai contatti con i neolitici della Dalmazia e dell’Istria. All’influenza della cultura di Fiorano, sembra inoltre essere dovuto l’inizio del Neolitico in Trentino, anche se più tardi rispetto alla neolitizzazione dell’area padano-alpina. Fino a poco tempo fa la neolitizzazione dell’ Italia settentrionale era vista soltanto come il risultato dell’ acculturazione dei mesolitici locali attraverso l’ introduzione della produzione ceramica in comunità che culturalmente ed economicamente erano ancora legate alla tradizione precedente.
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Sono state fatte delle ipotesi per cercare di capire l’ entità reale ed il peso delle comunità del Mesolitico recente (Castelnoviano) dell’ Italia del nord.
E’ comunque difficile comprendere il grado di coinvolgimento ed il ruolo svolto dagli ultimi cacciatori nel processo di neolitizzazione perché le testimonianze lasciate sono piuttosto scarse (arco ligure-provenzale) e le datazioni C14 farebbero pensare che i gruppi mesolitici possano essere entrati in contatto con le comunità neolitiche solo per breve tempo. E’ probabile che, in alcune aree dell’ Italia settentrionale, si possano essere verificati l’arrivo e la colonizzazione da parte di gruppi neolitici di territori scarsamente abitati; in altre aree, invece è stata riscontrata l’esistenza di relazioni tra le genti locali e i coloni neolitici con l’acculturazione dei primi.
La Grotta dell’Edera, nel Carso triestino, è uno di quei siti in cui è possibile avere la testimonianza dei rapporti tra gli ultimi cacciatori ed i primi agricoltori: sono stati infatti rinvenuti frammenti ceramici nei livelli del deposito della grotta risalenti al Mesolitico. Anche in Trentino la neolitizzazione ha preso il via con l’acculturazione dei mesolitici locali da parte della neolitica Cultura di Fiorano. In Friuli, invece, è documentata una vera e propria colonizzazione con la comparsa di villaggi caratterizzati da una economia pienamente neolitica.
La prima cultura neolitica a fare la sua comparsa nell’ Italia settentrionale agli inizi del VI millennio a.C. in cronologia calibrata è la Cultura a ceramica impressa ligure. Nel deposito di uno dei principali siti, la Grotta delle Arene Candide, sono documentate le due fasi in cui si articola questa cultura, una più antica datata tra il 5800 a.C. e il 5400 a.C. e una più recente compresa tra il 5400 a.C. e il 5100 a.C. Dalla seconda metà del VI millennio a.C. in cronologia calibrata si diffondono in area padano-alpina i Gruppi del Neolitico Antico Padano che hanno in comune alcuni elementi dell’industria litica ma presentano alcune differenze nelle produzioni ceramiche:
-cultura di Fiorano: diffusa tra 5500 a.C. e 4800 a.C. in Emilia Romagna, in Veneto, nella Toscana settentrionale ha avuto un ruolo molto importante nella neolitizzazione di una parte dell’ Italia settentrionale.
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-gruppo del Vhò: diffuso in Emilia occidentale, nel Piemonte sud orientale ed in Lombardia tra la fine del VI millennio a.C. e gli inizi del V millennio a.C.
-gruppo del Gaban: documentato in Trentino lungo la valle dell’Adige, in Val d’Isarco ed in Val Venosta a cavallo tra il VI ed il V millennio a.C.
-gruppo dell’Isolino: è presente tra il 5200 a.C. e il 4600 a.C in pochi siti del Canton Ticino e della Lombardia occidentale. Risente delle influenze dei gruppi del Gaban e del Vhò e dell’ impressa ligure nella produzione ceramica.
-gruppi friulani: sono diffusi nella pianura friulana tra il 5500 e il 4700 a.C.. Presentano due aspetti che hanno in comune nella produzione ceramica numerosi elementi della cultura di Fiorano; prendono il nome dai due siti principali “aspetto di Fagnigola” e “aspetto di Sammardenchia”.
-gruppo dei Vasi a coppa: documentato nelle grotte del Carso triestino e sloveno tra il 5400 a.C. e il 4800 a.C. è interpretato come una variante locale della Cultura di Danilo diffusa nell’ Adriatico orientale
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1.2 IL NEOLITICO ANTICO DELL’ ITALIA NORD OCCIDENTALE
L’inizio dell’ occupazione neolitica del territorio piemontese risalirebbe alla seconda metà del VI millennio a.C. in cronologia calibrata: la prima cultura attestata è la Cultura della ceramica impressa ligure2, seguita dalla Cultura del Vhò, nel Neolitico Medio da quella dei Vasi a Bocca Quadrata e dalla Cultura di Chassey-Lagozza nel Neolitico Finale (Venturino Gambari 1995a, p.13-26).
I ritrovamenti effettuati, datati al Neolitico Antico, sono pochi e circoscritti al Piemonte sud orientale: siti di Alba, Grotta Le Camere e Grotta dei Saraceni (Venturino Gambari 1983, p.157, Bertone et alii 1980, p.103-104) in provincia di Cuneo. Non è ancora ben chiaro se queste prime testimonianze possano documentare un’occupazione stabile del territorio da parte di piccole comunità agricole oppure solamente una fase di esplorazione dell’entroterra piemontese da parte di gruppi provenienti dalla Liguria. Si pensa (Venturino Gambari 1998a, p.33-59) che la neolitizzazione delle comunità piemontesi sia avvenuta con l'acculturazione dei gruppi mesolitici locali, visibile da alcune caratteristiche dell’industria litica scheggiata nei siti di Alba “Coop.dei Lavoratori”, Agrate Conturbia (NO), Briona (NO), Cavagliano (NO). Pochi sono, però, i siti mesolitici finora documentati: nella maggior parte dei casi essi sono attribuibili solo alla fase antica del Mesolitico (Sauveterriano). Al Castelnoviano, cioè alla fase recente del Mesolitico apparterrebbero invece i materiali di Molino di Tigliole (NO) e di un sito dell'Alpe Veglia (Guerreschi,Giacobini 1998, p.87-99).
Di sicuro si verificarono contatti continui con gruppi liguri, testimoniati dalla presenza in alcuni siti piemontesi come Alba e Brignano Frascata (AL) di forme (vasi tulipaniformi) e decorazioni vascolari (motivi a scaletta, a triangoli campiti), propri dell'
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riconosciuta e definita da L. Bernabò Brea nel 1946. E’ attestata principalmente in Liguria in siti all’aperto e in grotta. (Bagolini 1992,p.260-304)
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area ligure che attesterebbero inoltre l'esistenza di una cultura intermedia detta “Cultura di Alba” (Venturino Gambari et alii 1995, p.107-136).
Si pensa che proprio il sito di Alba, considerata la sua collocazione geografica, sia stato un possibile centro di mediazione tra l'entroterra piemontese e la Liguria e che il fiume Tanaro ed i suoi affluenti abbiano contribuito, in quanto vie di comunicazione, a favorire la neolitizzazione della regione.
Tra la fine del VI e gli inizi del V millennio a.C. in cronologia calibrata si diffonde il Gruppo del Vhò appartenente ai Gruppi del Neolitico Antico Padano
(
Venturino Gambari 1998c, p.231-246).Definito dagli studiosi B. Bagolini e P. Biagi nel 1975, esso è diffuso in particolare nella bassa pianura del Cremonese e del Mantovano, nell’Oltrepò pavese, in Emilia occidentale e nel Piemonte sud orientale ed è caratterizzato (Bagolini 1992, p.260-304) dalla presenza di vasi a fiasco, vasi a piede o a tacco di vario tipo, tazze carenate con ansa a nastro e bugnetta sulla carena, scodelle a calotta, vasi troncoconici biansati; la decorazione comprende cordoni lisci o ornati, bugne e motivi incisi. L’industria litica comprende bulini di Ripabianca, becchi, grattatoi frontali, troncature, geometrici (romboidi e trapezi) ed è presente la tecnica del microbulino
(Bagolini, Pedrotti 1998, p.233-311
).
Anche i siti appartenenti a questa fase si trovano in modo particolare nel Piemonte sud orientale: Alba e Treiso in provincia di Cuneo, Brignano Frascata, Casalnoceto e Momperone ed altri siti nelle Valli del Curone e dello Staffora in provincia di Alessandria; essi rappresentano i siti più occidentali raggiunti dal Gruppo del Vhò (Venturino Gambari 1998b, p.101-122).
1.2.1 DATAZIONI
Non sono state ottenute finora datazioni per i siti piemontesi appartenenti alla Cultura a Ceramica impressa ligure. Le datazioni di questa fase provengono tutte da siti in grotta liguri (Bagolini, Pedrotti 1998, p.233-311) come la Grotta delle Arene Candide
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(SV), la Grotta Pollera (SV), l’Arma dell’Aquila (SV), l’Arma di Nasino (SV) e la Grotta dell’Edera (SV). (ARENE CANDIDE) R 1011 6220±55 B.P. 5241-5163 a.C. LJ 4144 6520±100 B.P. 5530-5350 a.C. UB 2424 6700±145 B.P. 5700-5480 a.C. LJ 4143 6910±110 B.P. 5890-5660 a.C. UB 2423 6980±115 B.P. 5980-5700 a.C.
DATAZIONI FASE A CERAMICA GRAFFITA (POLLERA) MC 758 6000±100 B.P. 5050-4800 a.C. MC 759 605O±100 B.P. 5130-4840 a.C. (ARENE CANDIDE) UB 2421 5855±95 B.P. 4850-4627 a.C. LJ 4138 5970±120 B.P. 5020-4750 a.C. MC 120 6000±120 B.P. 5070-4780 a.C. LJ 4142 6100±100 B.P. 5210-4910 a.C. LJ 4140 6120±100 B.P. 5230-4930 a.C. LJ 4141 6250±100 B.P. 5320-5100 a.C. UB 2420 6205±105 B.P. 5260-5040 a.C. LJ 4239 6270±100 B.P. 5330-5170 a.C. UB 2422 6345±180 B.P. 5470-5130 a.C.
La più antica datazione riferibile al Neolitico Antico piemontese proviene dal sito di Casalnoceto loc. Cascina Cascinetta (AL), riferibile al Gruppo del Vhò: è stata ottenuta da un campione di carbone prelevato nel riempimento di una struttura lì rinvenuta e si colloca in cronologia calibrata a 2 σ tra 5480 a.C. e 5200 a.C.
(Beta71945: 6340 ± 60 B.P.). Essa è la data più antica ottenuta in Italia settentrionale per la Cultura del Vhò (Venturino Gambari 2004, p.25-43). Sono inoltre riferibili a
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questa fase quelle provenienti dal sito di Alba, ottenute da campioni di legno carbonizzato (Venturino Gambari 1995a, p.13-26;Venturino Gambari 1999, p.223) all'interno di riempimenti di strutture di combustione:
-GX 20845: 6030 ± 80 BP, (1σcal. 5042,4929,4831 a.C.- 2σcal. 5203,4929,4729 a.C.)
e GX 20652: 5880 ± 100 BP3 (1σcal. 4898,4775,4618 a.C. - 2σcal. 4951,4775,4504
a.C.) da Corso Langhe loc. Borgo Moretta-Cooperativa dei Lavoratori;
-GX 23166: 6010 ± 270 BP, cal. 4908 a.C. da Corso Europa loc. San Cassiano-Cooperativa L'Oasi;
-GX 24967: 6000 ± 110 B.P., 4905, 4872, 4865 a.C. dal cantiere Le Ginestre
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Queste datazioni concordano con altre datazioni provenienti da siti di altri gruppi del Neolitico Antico Padano, con i livelli a ceramica graffita della grotta Pollera (fase tarda dell’impressa ligure) e con i siti della Cultura del Vhò.(Venturino Gambari 1995b,p.271)
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1.2.2 SCELTE INSEDIATIVE.
Sono attestate due tipologie di abitati durante il Neolitico Antico (fig.1): gli abitati all’aperto perifluviali, lungo il corso del Tanaro, dei suoi affluenti ed di altri corsi d’acqua nel Piemonte meridionale (Alba, Brignano Frascata, Casalnoceto, Treiso) diffusi per tutto il Neolitico Antico, e quelli in grotta (Grotta Le Camere e Grotta dei Saraceni) che risalgono, invece, soltanto alla fase a Ceramica Impressa.
Gli insediamenti all’aperto sono collocati su vecchi terrazzi fluviali con acqua nelle vicinanze, ma non più interessati da ripetute esondazioni. Probabilmente questi luoghi furono scelti per la presenza di suoli adatti all’attività agricola oppure per la loro particolare posizione, essendo essi vicini ai greti dei fiumi e quindi ai depositi di pietre verdi e vicini a vie di comunicazione e scambio tra la pianura padana, la costa ligure-provenzale e le Alpi occidentali (Venturino Gambari 2004, p.25-43). Esisterebbero due categorie di abitati all'aperto: la prima formata da strutture isolate a pianta irregolare, un esempio delle quali è stato rinvenuto a Brignano Frascata ed in altri siti
FIG.1: Principali siti appartenenti al Neolitico Antico a Ceramica impressa (in rosso) e siti del Gruppo del Vhò (in giallo).
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della Val Curone e Staffora, e la seconda costituita da villaggi di capanne come nel sito di Alba. Le strutture scoperte ad Alba e a Brignano Frascata rientrano sia per le dimensioni che per la tipologia (forma a rene o cuore: subcircolare con 2 apici pronunciati) nelle strutture documentate durante il Neolitico Antico dell’Italia settentrionale. Mancano in entrambi i casi elementi che facciano ipotizzare la copertura.
Le ricerche di superficie hanno evidenziato l'esistenza di siti risalenti al Neolitico Antico non solo nella valle del Tanaro, ma anche una concentrazione importante di materiali in Val Curone, nel pianoro di Brignano e nelle altre adiacenti valli dell’alessandrino, al confine con la Lombardia.
E’ da notare il fatto che non siano ancora stati individuati resti attribuibili con sicurezza al Neolitico Antico al di fuori delle province di Cuneo e di Alessandria: nei territori al nord del Po una frequentazione risalente allo stesso periodo è testimoniata dal ritrovamento isolato di anelloni in pietra verde a Torino, Chieri (TO), Arona (AL) e Carisio (VC) (Venturino Gambari 1998b, p.101-122).
E' molto probabile che gli insediamenti del Neolitico Antico piemontese rivestissero un ruolo chiave nei collegamenti e negli scambi tra le Alpi occidentali, la Liguria e la Pianura Padana: essi hanno infatti una collocazione geografica strategica, in quanto si trovano nella parte meridionale del Piemonte e, nella maggior parte dei casi, sono ubicati lungo vie fluviali
(
Venturino Gambari 1998b, p.101-122).Con il passaggio al Neolitico Medio (Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata) si nota un netto aumento demografico della popolazione ed un conseguente aumento dei siti (fig.2), che si diffondono anche nelle aree settentrionali del Piemonte, ed in alcuni casi si verifica anche una certa continuità nella frequentazione di alcuni siti, visibile ad Alba, Casalnoceto e Brignano Frascata. Gli insediamenti sono collocati, come nel periodo precedente, su terrazzi lungo valli fluviali ma anche in zone collinari e pedemontane, perilacustri ed in posizioni elevate (Venturino Gambari 2004, p.25-43).
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FIG.2: Differente distribuzione dei siti piemontesi nel Neolitico Antico (fig.1) e nel Neolitico Medio (fig.2): (da Venturino Gambari 2004)
1 brignano frascata, 2 pozzol groppo, 3 momperone loc. rio carona, 4 casalnoceto loc.cascinetta, 5 villaromagnano, 6 alessandria loc. cascina chiappona, 7 castello di annone, 8 san damiano d’asti, 9 alba, 10 valgrana, 11 aisone, 12 cavour, 13 borgone di susa, 14 chiomonte, 15 santa maria-valle orco, 16 montalto dora, 17 viverone, 18 monfenera, 19 pombia, 20 ghemme, 21 guardamonte di gremiasco, 22 tortona, 23 alessandria loc. cristo, 24 villa del foro, 25 treiso, 26 ormea, 27 novi ligure, 28 rossiglione, 29 ponzone.
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1.2.3 ECONOMIA
Non si hanno dati che riguardano l’economia della regione durante la Cultura della Ceramica Impressa Ligure e la documentazione di tipo economico per la seconda fase del Neolitico Antico piemontese proviene eclusivamente dai siti di Alba, Casalnoceto e Brignano Frascata.
Caratterizzate da un' economia di produzione con agricoltura ed allevamento, le prime comunità Vhò stabilitesi in Piemonte possono essere considerate pienamente neolitiche come documentato nel sito di Alba (Venturino Gambari 1998c, p.231-246). Il ritrovamento di pollini di Triticum, granuli di Leguminosae e di Hordeum testimonia l’esistenza di pratiche agricole in loco ed è inoltre presente la coltivazione di fibre (Linum e granuli di Cannabaceae) per la produzione tessile. Per quanto riguarda l’allevamento, sono stati individuati resti di caprovini, bovini e suini e sono presenti ad Alba forme gracili di Bos e di individui più robusti che indicherebbero, per le loro caratteristiche morfometriche simili al Bos primigenius, una domesticazione iniziale. (Venturino Gambari 1995a, p.13-26;Venturino Gambari 2004, p.25-43)
Nella valle del Curone ed in quelle vicine l'economia è di tipo diverso, collegata ai gruppi del Primo Neolitico padano. Come riscontrato in altri siti dell’Italia settentrionale, a differenza di Alba maggiormente legata all’area ligure, essa può essere definita mista, basata cioè sull' agricoltura e sull’allevamento ma soprattutto sullo sfruttamento delle risorse naturali come caccia agli animali selvatici e raccolta. La fauna selvatica è presente a Casalnoceto con il capriolo e ad Alba con il cervo e a Casalnoceto sono state inoltre identificate numerose tracce di macellazione sui resti faunistici, dovute all’azione di strumenti litici (Venturino Gambari 2004,p.25-43
).
Vari possono essere gli indicatori archeologici che è possibile prendere in considerazione per capire quali attività economiche venivano svolte negli insediamenti: la pratica dell' agricoltura ad esempio può essere documentata dalla presenza di elementi di falcetto (ad Alba e a Brignano) con margini usurati per la mietitura, dalla presenza di macine e macinelli (Brignano) per la frantumazione del grano, di pollini e dalla presenza di impronte di chicchi di grano su frammenti di intonaco (Alba).
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Un' altra attività praticata era il disboscamento, testimoniato non solo dal ritrovamento e dall' uso di numerose accette in pietra levigata ma anche dal ritrovamento di resti lignei carbonizzati e pollini. Dal sito di Alba provengono numerosi dati di questo tipo: la presenza di Populus e di Fraxinus può indicare l’approvvigionamento di legname nella zona ripariale mentre specie come Pinus, Picea e Larix indicano l’approvvigionamento da quote più elevate; le Pomoideae e il Prunus si trovano in genere nelle formazioni di margine e di radura e possono testimoniare interventi di riduzione della foresta ad opera dell’uomo oppure la presenza di recinzioni dei campi. Si ipotizza, infatti, la creazione di radure per il pascolo e l'agricoltura recintati da siepi vive e la raccolta della legna da ardere o da utilizzare nella costruzione delle capanne (Venturino Gambari 1995a, p.13-26;Venturino Gambari 2004, p.25-43).
Grazie al ritrovamento di manufatti rotti in corso di lavorazione, di semilavorati, di ciottoli e di percussori è possibile documentare nella regione la lavorazione della pietra verde per la fabbricazione di strumenti levigati ed ornamenti. La presenza di nuclei e di scarti di débitage segnala la produzione all' interno dei siti anche di strumenti in selce per i quali era utilizzata prevalentemente la selce sudalpina dei Monti Lessini e del Lago di Garda ed in quantità minore anche la selce proveniente dall'Appennino, di qualità inferiore (Venturino Gambari 2004, p.25-43).
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1.2.4 ASPETTI CULTUALI
L' unica attestazione dell’esistenza di una sfera spirituale collegata a culti agricoli oppure al culto della Dea Madre, è data dal ritrovamento, in strutture risalenti alla Cultura del Vhò, nei siti di Alba e di Brignano Frascata, di pochi frammenti di statuine fittili di “iconografia muliebre”, caratteristiche anche dell'area anatolica e balcanica. In tutti quei siti appartenenti al Gruppo del Vhò, compresi quelli appena citati, in cui sono state recuperate statuine in terracotta, esse si trovavano nei riempimenti delle strutture ed erano rotte. Ad Alba è stato rinvenuto il frammento (fig.3) della testa di una statuina: è rappresentata da un espansione a forma di fungo decorata con fasci incisi di zigzag e la braccia sono appena accennate tramite due linguette; la decorazione dovrebbe avere un carattere simbolico e non ornamentale. Da Brignano Frascata provengono, invece, frammenti degli arti inferiori di una statuetta.
Non sono state ancora rinvenute in Piemonte sepolture risalenti al Neolitico Antico, nonostante il ritrovamento di anelloni integri in pietra verde levigata faccia pensare alla presenza di tombe ad inumazione (Venturino Gambari 1992, p.411-416).
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FIG.3:Testa della statuina fittile proveniente da Alba (da Venturino Gambari 1992; Mercando,Venturino Gambari,a cura di, 1998)
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1.3 IL NEOLITICO ANTICO IN VALCURONE.
Nonostante il Piemonte sia stato abitato da gruppi umani sia paleolitici sia mesolitici, le testimonianze rinvenute sono molto poche: questa carenza sarebbe imputabile alle ricerche insufficienti e alla mancanza di scavi sistematici, piuttosto che ad una scarsa, quasi assente frequentazione della regione (Guerreschi, Giacobini 1996, p.17-31). Resti attribuibili ad una frequentazione umana già a partire dal Paleolitico sono presenti in Valcurone e nelle vallate limitrofe, anche se nella quasi totalità dei casi essi sono stati rinvenuti decontestualizzati durante ricerche di superficie o in siti cronologicamente successivi (dal Neolitico fino all’età romana); esisterebbe quindi la possibilità che i reperti paleolitici siano stati raccolti e portati, per svariati motivi, nel luogo in cui sono stati rinvenuti in un epoche diverse da quella della loro produzione.
In alcuni casi al Paleolitico Inferiore e Medio apparterrebbero manufatti provenienti da Villaromagnano loc. Bosco della Tosella (valle Ossona) e da Casalnoceto fraz. Rosano (valle Curone); al Paleolitico Superiore, invece, sono attribuiti i materiali trovati nei siti di Brignano Frascata loc. Frascata e di Dernice loc. Vigana. Ancora oggi non è stata rinvenuta nelle valli dell’alessandrino una documentazione risalente al Mesolitico, presente invece in altre aree del Piemonte (Venturino Gambari, a cura di, 2004).
Le più antiche attestazioni neolitiche nella valle del Curone sono state rinvenute nel corso di scavi e di ricognizioni di superficie nei siti di Casalnoceto loc. Cascina Cascinetta, Brignano Frascata, Pozzol Groppo e Momperone e risalirebbero al Neolitico Antico Padano (Gruppo del Vhò).Come già detto, la più antica datazione riferibile al Neolitico Antico piemontese proviene dal sito di Casalnoceto e si colloca tra 5480-5200 anni a.C. Cal.; è inoltre la data più antica ottenuta anche per la Cultura del Vhò (Venturino Gambari 2004, p.25-43). Nonostante la documentazione relativa gli insediamenti del Neolitico Antico sia scarsa, proveniente nella maggior parte dei casi da raccolte di superficie (tranne a Casalnoceto e a Brignano Frascata dove sono state rinvenute strutture contenenti materiale archeologico), essa è stata interpretata come testimonianza della presenza sul territorio di piccole e stabili comunità,
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distribuite in singole unità abitative4. Anche nell' adiacente valle del torrente Staffora sono state rinvenute a Godiasco e a Cecima, strutture simili a quelle della Valcurone, infossate a pianta irregolare e di varie dimensioni che rientrano nella tipologia delle strutture documentate in Italia settentrionale durante Neolitico Antico (Venturino Gambari 2004, p.25-43).
Un elemento che caratterizza la Valcurone e le altre valli poste ai confini con la Lombardia, è la presenza degli “atelier”, insediamenti in cui avveniva il reperimento e la lavorazione in primo luogo di pietra verde per la produzione di strumenti levigati. Questa particolare tipologia di stanziamento è riconoscibile dalla documentazione archeologica comprendente soprattutto scarti di lavorazione, schegge di decorticazione, abbozzi, percussori e manufatti rotti. La materia prima era recuperata nelle immediate vicinanze dei siti, come accade a Brignano Frascata, tra i detriti lasciati dai torrenti lungo il loro corso. E’ inoltre documentata la lavorazione di selce non locale che proveniva soprattutto dai Monti Lessini o dall’ Appennino sottoforma di blocchetti o nuclei appena lavorati (Venturino Gambari 2004, p.25-43).
Gli insediamenti nella Valcurone hanno un’ ubicazionecaratteristica, strategica: essi sono infatti collocati nelle vicinanze di corsi d'acqua su terrazzi fluviali ed in genere si trovano in prossimità di aree di approvvigionamento delle materie prime o di percorsi naturali di collegamento tra le valli, ancora oggi frequentati (Venturino Gambari 1998b, p.101-122)
4 Queste comunità vivevano di un’economia di sussistenza non del tutto neolitica, basata soprattutto
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1.4 MOMPERONE RIO CARIONA
Uno dei siti rinvenuti recentemente nella valle del Curone, il cui materiale in pietra levigata sarà oggetto di questa tesi, si trova a Momperone in località Rio Carona. L’area del sito è stata interessata da numerose ricerche di superficie effettuate dall’ingegnere A. Nebiacolombo che, nel corso degli anni, hanno portato alla luce manufatti in pietra levigata, in selce e frammenti ceramici concentrati in un’area ben delimitata. Sempre da Nebiacolombo sono state compiute altre ricognizioni in zone diverse nelle immediate vicinanze dell’abitato di Momperone: nei pressi della frazione S. Vittore, in loc. strada Carona e in loc. Cimitero. I reperti rinvenuti sembrano appartenere ad un periodo di tempo molto vasto e sembrano documentare una continuità di vita nelle due aree dal Neolitico Antico all’età romana (Venturino Gambari, a cura di, 2004, p.146-150).
FIG.4.: localizzazione di alcune ricerche di superficie condotte nel territorio di Momperone. (da Venturino Gambari, a cura di, 2004)
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Una vera e propria indagine archeologica è stata eseguita per iniziativa della Soprintendenza Archeologica del Piemonte tra il 2005 ed il 2007 in previsione della realizzazione di un impianto sportivo e golfistico e con l’ obiettivo di definire le caratteristiche dei siti pre-protostorici di Momperone e la loro estensione. I sondaggi, in tutto sette, sono stati effettuati su un terrazzo fluviale tra 255 e 260 m s.l.m., collocato sulla sponda destra del torrente ad est dell’abitato di Momperone, in un’area nella media valle del Curone compresa tra le strade comunali S. Giorgio e Carona ed il rio Carona.
FIG.5: Momperone, panoramica da sud. In primo pianori rio Carona. (da Venturino Gambari, a cura di,2004)
I sondaggi a cui è stato assegnato un numero compreso tra 1e 6 sono stati realizzati in loc. Cimitero per esaminare le aree del terrazzo (limite del terrazzo, parte mediana della dorsale, plateau sommitale) a maggior concentrazione di manufatti archeologici e per analizzare le caratteristiche sedimentologiche e paleopedologiche della stratigrafia; il sondaggio 7 invece ha interessato l’area di Momperone rio Carona.
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Grazie alle analisi geopedologiche è stata riconosciuta una serie di eventi in successione che sono stati raggruppati in 6 periodi:
• I PERIODO: è rappresentato dal terrazzo fluviale tardo-pleistocenico su cui si sviluppa la stratigrafia archeologica (substrato sterile). É caratterizzato da un
plateau eroso, sviluppato sulla formazione delle Marne di Antognola (Miocene -
Eocene), coperto da ghiaie e sabbie pertinenti alla conoide alluvionale del torrente Curone (us 102).
• II PERIODO: durante il periodo Atlantico (circa 5500-2500 a.C.) le ghiaie e le sabbie del substrato vengono pedogenizzate da un suolo forestale.
• III PERIODO: si verifica la diffusione nell’area durante il Neolitico antico (5.400-4.900 a.C.) di insediamenti probabilmente stagionali grazie alle condizioni climatiche favorevoli. Una delle attività più diffuse nei siti indagati era la fabbricazione di manufatti levigati a partire da ciottoli di pietra verde, presenti nei depositi del rio Carona (saggio 7). E’ stata indagata un’ampia area caratterizzata da sedimento argilloso di colore bruno-nerastro, contenente al suo interno carboni e abbondante materiale archeologico (ceramica, industria in selce scheggiata e in pietra verde levigata), interpretabile - anche sulla base delle analisi di micromorfologia in sezione sottile effettuate su campioni tratti da alcuni riempimenti (us 702, 703, 706, 707) - come un deposito colluviale (us 711) derivante dall’erosione naturale di depositi antropici (in particolare focolari e /o scarichi di focolari) originariamente collocati sulla culminazione di un vicino dosso ghiaioso, oggi spianato dalle attività agricole e non più rilevabile. Le figure pedologiche presenti in alcuni riempimenti (us 703) indicano che questi ultimi si sono formati, in assenza di copertura forestale, per effetto del rapido trascinamento verso il basso di particelle limose da parte di acque piovane e di ruscellamento e che, dopo la messa in posto della us 703 l’area non fu colonizzata dalla vegetazione e venne rapidamente ricoperta da depositi di analoga formazione naturale. Tracce dell’originaria frequentazione dell’area erano documentate da residui di strutture relative ad attività di combustione (us 709 - 706) a ridosso della dorsale ghiaiosa
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del paleoalveo del rio Carona, consistenti in piccole e circoscritte aree rubefatte con forti concentrazioni di frustoli carbonizzati.
• IV PERIODO: si sono formati depositi colluviali (us 104 = 113 = 401 = 503 = 607) tra il Neolitico e l’età del Bronzo che si sovrappongono direttamente alle Marne di Antognola. Il drenaggio superficiale rimane esteso e distribuito in modo omogeneo sulla dorsale; solo in una fase successiva si assiste alla formazione di un alveo inciso (us 219 = 318 = 608), forse pertinente alle divagazioni del rio Fornace, che acquisisce gradualmente la funzione di collettore del bacino idrografico superficiale. Questo canale, contenente in alcuni settori un deposito antropico molto ricco di materiali archeologici, era stato in parte indagato da S. Tinè negli anni Ottanta e interpretato come connesso alla realizzazione di strutture di abitazione su tavolato ligneo, di cui avrebbe costituito una sorta di drenaggio. I depositi naturali del canale (us 201 = 217 = 315 = 504 = 603 = 609), di origine colluviale, sono prevalentemente ghiaiosi, a pezzatura eterogenea prevalentemente centimetrica e decimetrica, verosimilmente provenienti dalla conoide del Curone; il conglomerato è ben classato e poco cementato, le ghiaie sono costituite da calcari, arenarie, marne e pietre verdi (serpentiniti) provenienti dall’erosione dei litotipi appartenenti ai Calcari del Monte Antola e ai Conglomerati di Montacuto (Oligocene inferiore), alle Arenarie di Ranzano comprensive della formazione di Monastero (Oligocene inferiore-medio) e alla Formazione di Castagnola.
• V PERIODO: è caratterizzato da una serie di corpi colluviali di limitata estensione, contenenti al loro interno materiali antropici in giacitura secondaria. L’analisi quantitativa ha messo in rilievo un incremento percentuale del materiale dalla base alla sommità dei profili analizzati nell’indagine relativa ai saggi 1, 2, 3 e 6. L’insieme stratigrafico basale si inquadra nella fase iniziale del periodo, contraddistinta da depositi a matrice limosa con una dislocazione areale circoscritta e limitata a lievi depressioni (us 117 , 119, 124, 203, 207, 214, 309, 311, 312, 600)
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L’origine colluviale dei depositi consente di collocare la fase iniziale del V periodo in uno stadio avanzato di resistasia durante il quale si verificarono processi erosivi che coinvolsero depositi antropici relativi ad21
insediamenti del periodo precedente posti sul pianalto che domina l’area di intervento, a est dell’attuale abitato di Momperone, probabilmente in una fase successiva al loro abbandono. Gli elementi raccolti, anche se in giacitura secondaria, presentano caratteri che permettono di riferirli alla fase insediativa della media età del Bronzo (1.600-1.350 a.C.); la massiccia presenza di materiale organico è da attribuirsi all’apporto erosivo che ha rimobilizzato depositi antropici individuabili nel corpo dello strato come elementi relitti.
• VI PERIODO: una lacuna temporale di molti secoli intercorre fra il V e il VI periodo, che è caratterizzato dalla presenza di elementi strutturali riferibili alla fase di romanizzazione, con tracce di canalizzazioni e probabili spietramenti che, presumibilmente anche in epoca romana, avevano una funzione di drenaggio superficiale e di bonifica delle aree interessate da lavorazioni. In posizione marginale e isolato sulla parte sommitale del pianoro è stato individuato un lacerto di pavimentazione in cocciopesto, forse il fondo di una vasca, che presentava evidenti tracce di rimaneggiamento da attribuirsi ai lavori agricoli moderni. (Marica Venturino Gambari - Caterina Ottomano - Raimondo Prosperi - Emilio Riccino; Nebiacolombo 2004, p.15-24)