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Introduzione Nelle prossime edizioni dei libri di storia, le case editrici dovranno aggiungere un nuovo,

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Introduzione

Nelle prossime edizioni dei libri di storia, le case editrici dovranno aggiungere un nuovo, triste capitolo: l’11 marzo del 2011 il Giappone è stato sconvolto dal violento terremoto e successivo tsunami, i quali hanno causato grandi devastazioni e purtroppo decine di migliaia di morti.

Quanto detto basterebbe per capire la portata del disastro, e invece l’opera umana ha fatto sì che gli effetti della sciagura non finissero qui: alla violenza della natura (non controllabile da questo punto di vista) si sono aggiunti i danni gravissimi ad alcuni reattori delle centrali nucleari che si trovano sul suolo nipponico, eventi che hanno tenuto con il fiato sospeso la popolazione mondiale.

Le immagini divulgate dai media sono shockanti, gli effetti di quanto successo devastanti. E’ evidente che la storia non sempre riesce a dare insegnamenti duraturi, o meglio la storia nulla può quando si viene a confrontare con le logiche economiche e politiche di chi è stato eletto per guidare la propria nazione.

Le strategie energetiche mondiali sembrano aver arrestato la corsa alla produzione di massa in centrale e parlano, oggi più che mai, di produzione diffusa sul territorio e di edifici autosufficienti.

Certamente il passo da realizzare verso questo scenario è ancora lontano dall’essere completamente compiuto ed ancora oggi proprio in Italia si affaccia l’anacronistica possibilità di produzione energetica da fonte nucleare; questa scelta è senza dubbio contraria alla ricerca della “democrazia energetica“ a livello nazionale e mondiale.

Sembra addirittura sfacciato che i desideri statali siano rivolti a costruire centrali che sfruttano tali tecnologie collocando in secondo piano alcune problematiche basilari:

la sicurezza delle persone. E’ fin troppo evidente che l’equilibrio vigente all’interno

della struttura che ospita le centrali è decisamente labile, un guasto può provocare dei danni inimmaginabili prima di tutto alle persone e all’ambiente, poi dal punto di vista economico-energetico.

Tanti sono stati i disastri più o meno piccoli, più o meno celebrati dal post II guerra mondiale, ma due delle date più significative sono sicuramente il 28 marzo 1979, quando in Pennsylvania è stato registrato il più grande incidente nucleare in un impianto civile negli USA (perdita di liquido refrigerante e parziale fusione del nucleo nel reattore Three-Mile Island causati da guasti tecnici ed errori umani) e il 26 aprile 1986, il disastro a noi giovani più noto, ovvero l’esplosione del reattore 4 della centrale di Chernobyl (Ucraina) durante delle prove tecniche che si stavano svolgendo proprio su quella unità (anche in questo caso gli errori commessi dagli operatori che stavano eseguendo l’esperimento sono stati clamorosi e le

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conseguenze gravissime). A causa di condizioni meteo particolarmente sfavorevoli la nube radioattiva formatasi contaminò gran parte dell’Europa, tra cui l’Italia. Ancora oggi nelle vicinanze della centrale, i livelli di radioattività sono 20 volte superiori ai limiti fissati dall’Unione Europea, e le malattie che colpiscono la popolazione esposta maggiormente al disastro durante questi anni non hanno fatto riflettere abbastanza chi di dovere.

E’ necessario sottolineare che improvvisi ed inaffidabili stress test (test per verificare la resistenza degli impianti e quindi la loro sicurezza) sono solo azioni estemporanee che nulla dicono sull’emissione radioattiva quotidiana la quale, piuttosto, è ad arte legata ad un fenomeno di amplificazione della radioattività naturale dei siti. Sembra quasi un tentativo di “dare la colpa” alla natura di essere di per sé radioattiva relegando le centrali nucleari ad esclusivi “piccoli amplificatori” (dalle 10 alle 20 volte) di questa attitudine.

Nota: La radioattività naturale è dovuta ad elementi contenuti nella crosta terrestre ed a

sorgenti di origine cosmica. Ogni persona che vive sulla Terra è esposta a un irraggiamento esterno da radiazioni che vengono dallo spazio (radiazioni cosmiche) e da quelle emesse da sostanze radioattive presenti nella crosta terrestre, nell'aria e nell'acqua fin dalle origini del nostro Pianeta. Questi ultimi sono i radionucleidi primordiali che decadendo danno origine ad altri elementi radioattivi.

La media mondiale della dose equivalente di radioattività assorbita da un essere umano e dovuta al fondo naturale è di 2,4 millisievert per anno (mSv/anno); questo valore deve costituire il riferimento per stimare eventuali valutazioni di rischio radioprotezionistico. Tuttavia il livello del fondo naturale di radioattività varia significativamente da luogo a luogo. In Italia ad esempio la dose equivalente media valutata per la popolazione è di 3,4 mSv/anno, ma varia notevolmente da regione a regione. Ci sono aree geografiche dove il fondo naturale è significativamente più alto della media mondiale: tra queste aree si citano Ramsar in Iran, Guarapari in Brasile, Kerala in India, e Yangjiang in Cina (ad esempio a Ramsar vi sono zone dove sono stati registrati picchi di 260 mSv/anno).

le scorie radioattive. Le centrali nucleari producono materiali di scarto radioattivi (le

norme indicano 3 livelli a seconda della provenienza di quelle scorie) e pertanto vanno trattati con cura. Il problema sta nel primo trattamento di esse e poi nel successivo stoccaggio/deposito, ricordando che la pericolosità di un danneggiamento dei “contenitori” può essere devastante.

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la proliferazione. E’ importante riuscire ad isolare e proteggere dalla malavita

organizzata quegli ambienti dove scorrono grosse quantità di denaro; tali associazioni a delinquere possono introdursi nel commercio ad esempio delle scorie radioattive riciclando denaro sporco e soprattutto creando disastri ambientali senza scrupoli.

Fig. 1 Mappa complessiva delle centrali nucleari funzionanti nel mondo a marzo 2011 (Fonte: World

Nuclear Association)

Le motivazioni sopra accennate sono il giusto preambolo per introdurre questa tesi, la quale vuole mettere alla luce che le alternative al nucleare esistono, quindi è doveroso esplorarle e svilupparle.

Il problema dell’approvvigionamento energetico è in realtà molto più vasto; suddividendo per fonte, i grafici sottostanti valutano su scala mondiale quali sono il fabbisogno di energia e l’energia elettrica prodotta.

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Fig. 2 Fabbisogno mondiale di energia / Energia elettrica generata con evoluzione dal 1973 al 2008

(Fonte: International Energy Agency)

Dando una rapida occhiata alla fig. 2 è evidente la forte dipendenza del comparto energetico dalle fonti fossili quali petrolio (oil), carbone (coal) e gas naturale (gas), con percentuali che superano l’80% nel caso del fabbisogno energetico (dove a farla da padrone c’è il petrolio) e il 67% nel caso della produzione di energia elettrica (in questo caso carbone e gas sono i più utilizzati).

Questi valori elevati sono preoccupanti alla luce dei problemi che riguardano le fonti fossili:  inquinamento. L’evoluzione tecnologica ha portato alla realizzazione di componenti

che riescono a limitare le emissioni di gas clima-alteranti in atmosfera (polveri sottili, ceneri, CO2, particolato, ecc), ma certamente hanno un impatto sull’ambiente

decisamente forte se confrontate con fonti di tipo rinnovabile.

I vari paesi hanno deciso di adottare politiche in tal senso; l’Unione Europea si è mostrata sensibile al problema mettendo in campo il progetto divenuto celebre con la nomea di “20-20-20”.

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Il significato di tale acronimo è: 20% di produzione di energia da fonti alternative, 20% di incremento delle efficienze energetiche, 20% di riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti.

limitatezza. Il petrolio, il gas naturale e il carbone non sono “eterni”; ai ritmi di

produzione odierni giungerà il momento in cui le riserve accertate finiranno lasciando scoperto gran parte del fabbisogno sopra citato. Le stime sulla vita utile di tali fonti sono varie e contrastanti, basandosi anche sulle previsioni di scoperta di nuovi giacimenti e sull’andamento del prezzo, il quale influisce sulla quantità di risorsa che è effettivamente anche riserva. Ciò non toglie il fatto che si parla, almeno per il petrolio e per il gas, di alcune decine di anni, praticamente niente se si volge l’attenzione alle generazioni future.

Uno degli obiettivi dell’umanità è il raggiungimento dello “sviluppo sostenibile”, ovvero far in modo che le generazioni presenti e future possano avere l’approvvigionamento di fonti primarie nel vincolo del miglioramento della qualità della vita; il problema dell’esaurimento qui evidenziato non può esser sottovalutato.  volatilità del prezzo. Dal punto di vista economico, tra le varie fonti, il petrolio riveste

carattere di fondamentale importanza, lo si può definire “tracciante” da questo punto di vista. La riprova di questo sta nel fatto che l’unità di misura con la quale si valuta il fabbisogno energetico mondiale è il tep, tonnellate equivalenti di petrolio (in inglese toe, tonne of oil equivalent). Il prezzo del petrolio pertanto influenza tutto il comparto (anche i prezzi delle altre fonti “inseguono”, chi più chi meno, il prezzo del petrolio, addirittura il costo dell’energia elettrica che i cittadini consumano nelle proprie abitazioni ha una componente legata ad esso), e la sua “volatilità” è dettata da alcuni fattori:

o modifica della domanda e dell’offerta (ad esempio l’aumento della richiesta dei paesi a forte sviluppo, come sarà accennato in seguito);

o influenza del sistema di raffinazione (il petrolio non è usato tal quale, bensì sono i suoi derivati quelli utilizzati);

o crisi politiche nelle aree “calde” quali Iraq, Iran, Nigeria, Libia, Venezuela, regioni caspiche (ovvero i maggiori detentori delle riserve mondiali);

o andamento dei cambi e delle borse (le quotazioni del petrolio sono in $/barile, e il cambio €/$ può ammortizzare o amplificare le variazioni di prezzo);

o speculazione finanziaria.

aumento della richiesta energetica. In un periodo di crisi finanziaria/economica come

quello attuale stanno emergendo prepotentemente paesi in via di sviluppo come Cina e India, i quali richiedono un fabbisogno energetico sempre più grande per

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sopperire alla loro crescita, contribuendo in modo decisivo a “svuotare” il serbatoio delle riserve.

Il quadro prospettato rende necessario intervenire cercando valide alternative per sopperire, o meglio alleviare le problematiche di fonti fossili e nucleari.

Ad oggi è impensabile pretendere di sostituire in toto fonti energetiche primarie del tipo sopra citato con fonti rinnovabili; per capire ciò può essere esemplificativo dare un’occhiata alla statistica seguente.

Fig. 3 Andamento dei consumi energetici finali divisi per settori dal 1995 al 2009 (Fonte: Ricerca

Sistema Energetico)

La suddivisione per settori è utile ad evidenziale quanto le fonti fossili risultino dominanti in alcuni comparti (e per tanti anni continueranno ad esserlo).

Pensiamo al settore dei trasporti. Il passaggio dalla fonte primaria all’utilizzazione finale è praticamente diretto, senza la trasformazione in un vettore intermedio (tipicamente elettrico), come i carburanti per l’utilizzo dei veicoli.

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Negli altri 2 ambiti, industria e domestico/servizi, una parte dell’utilizzo delle fonti primarie è diretta (ad esempio riscaldamento, fabbisogno per automobili, ecc), parte invece è convertita in energia elettrica (illuminazione, macchine industriali, elettrodomestici, ecc). La produzione di energia da fonti rinnovabili è in grandissima parte destinata alla trasformazione in energia elettrica, in quanto così facendo:

si supera il problema dell’accumulo. Il sistema elettrico è un sistema “just in time”,

ovvero quello che si produce è totalmente consumato dalle utilizzazioni senza accumuli intermedi;

le reti elettriche possono coprire grandi distanze e trasportare grosse quantità di energia. E’ tipico che i centri di produzione (impianti termoelettrici tradizionali, a

ciclo combinato, turbogas, nucleari, idroelettrico, a biomasse, parchi eolici e fotovoltaici di grande taglia, ecc) siano distanti dai centri di carico, quindi la soluzione economicamente più conveniente è quella di trasformare l’energia potenziale chimica posseduta dalla fonte primaria in energia elettrica da trasportare con reti.  le utilizzazioni sono semplici e facilmente regolabili.

Le fonti rinnovabili possono essere una valida risposta già adesso per quanto riguarda la produzione di energia elettrica (il solare in Italia è ormai prossimo a raggiungere la grid parity, e per l’eolico sarà questione di pochi anni), ma in alcuni settori il fossile non può ancora essere sostituito: ad esempio difficilmente la grande industria potrà essere alimentata da impianti eolici, fotovoltaici, ecc.

Altro aspetto problematico nel realizzare una rete esclusivamente alimentata da fonti alternative riguarderebbe la regolazione; essa risulterebbe impossibile in particolare nella copertura delle punte (ci vorrebbe un gruppo idroelettrico oppure sarebbe necessario un numero di batterie decisamente elevato e quindi irrealizzabile ed antieconomico) o nella copertura della base del diagramma di carico in condizioni particolarmente difficili ma tutt’altro che sporadiche (ad esempio di notte quando manca la radiazione solare e la ventosità è bassa, oppure in estate quando la risorsa eolica è praticamente inutilizzabile). Ad oggi si realizzano piccole infrastrutture in cui si fa la collettazione di diverse produzioni rinnovabili, ma per l’appunto le dimensioni sono contenute ed in più sono presenti gruppi diesel/turbogas per la copertura del carico di punta.

In generale, affinché una rete di trasmissione/distribuzione sia regolata correttamente, è necessario avere la possibilità di alimentarla con fonti “flessibili” in modo da adattare la produzione all’altissima variabilità del carico: in questo campo le fonti fossili sono ancora pressoché insostituibili.

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Esistono casi inoltre in cui il rinnovabile non è ancora competitivo; ad esempio nel campo dei trasporti, l’evoluzione ha portato alla realizzazione di combustibili quali biodiesel, bioetanolo utilizzando le biomasse, ma il loro utilizzo è decisamente limitato. Secondo il World Energy Output del 2010, l’uso dei biocombustibili sarà quadruplicato tra il 2008 e il 2035 coprendo circa l’8% della domanda di carburanti per il trasporto su ruota entro la fine del periodo di previsione (in aumento rispetto all’attuale 3%); inoltre, allo stato odierno, il costo di produzione dei biocombustibili è spesso significativamente più elevato dell’attuale costo d’importazione del petrolio, così da rendere necessari forti incentivi statali per incrementarne la competitività rispetto ai prodotti petroliferi (il vantaggio sta nel fatto che, essendo “bio”, sono detassati quindi resi concorrenti con benzina, gasolio, ecc).

Proprio gli incentivi possono svolgere un ruolo fondamentale per sviluppare il settore; rimanendo sempre nel campo dei trasporti, esistono esemplari di nuova generazione che montano motori ibridi o motori elettrici, ma sono ancora poco diffusi tra la popolazione, solitamente abitudinaria e poco invogliata a cambiare le tradizioni se non largamente incentivata da un punto di vista economico a breve termine. Agevolazioni fiscali, maggior tassazione per le auto tradizionali possono invogliare i cittadini ad essere più “responsabili” dal punto di vista ecologico, spingendoli verso una mobilità elettrica individuale e collettiva. E’ notizia del marzo 2011 l’intenzione del Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama di rivoluzionare il sistema di trasporto pubblico incentrandosi sul tema ecologico; il testo recita che:

“Le priorità per l’amministrazione includono la promozione del trasporto pubblico ed una spesa più mirata ad aiutare le comunità ad esplorare soluzioni innovative come il road

pricing (tariffazione stradale in base alle miglia percorse, ad ora pensata di valore 2

centesimi/miglio) per ridurre la congestione. Il bilancio anticipi iniziative come la modernizzazione delle infrastrutture e un nuovo impegno per l’alta velocità ferroviaria (ovvero la metropolitana di superficie, investendo 5 miliardi di dollari nei treni ad alta velocità che potenzieranno l’attuale sistema ferroviario statale che sarà in grado di collegare tutti i punti, anche i più sperduti, della nazione; ma soprattutto serviranno come alternativa all’auto privata)”.

La strada da percorrere per uno sviluppo sostenibile ed ecologico è ancora lunga, ma è necessario intraprendere il viaggio da adesso puntando all’evoluzione del rinnovabile tanto su grande scala quanto su piccola; l’idea è quella di rendere tutti consapevoli sull’utilizzo di tali fonti e modificare il proprio stile di vita ottenendo un vantaggio economico da non sottovalutare.

Figura

Fig. 1  Mappa complessiva delle centrali nucleari funzionanti nel mondo a marzo 2011 (Fonte: World  Nuclear Association)
Fig. 2  Fabbisogno mondiale di energia / Energia elettrica generata con evoluzione dal 1973 al 2008  (Fonte: International Energy Agency)
Fig. 3  Andamento dei consumi energetici finali divisi per settori dal 1995 al 2009 (Fonte: Ricerca  Sistema Energetico)

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