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L’ENZIMA OSSIDO NITRICO SINTETASI (NOS)
Con il termine “Ossido Nitrico Sintetasi” o “NOS” ci si riferisce ad una famiglia di enzimi responsabili della sintesi di Ossido Nitrico (NO), un gas liberamente diffusibile capace di attraversare facilmente le membrane e di regolare un’ampia varietà di funzioni fisiologiche e fisiopatologiche. La NOS è una flavoproteina costituita da due domini (perciò viene definita “dimerica”) : un dominio ossigenasico all’azoto terminale contenente eme e un dominio reduttasico al carbonio terminale. La NOS, utilizzando l’amminoacido L-arginina e l’ossigeno come substrati, catalizza la formazione di NO e la conversione di arginina a L-citrullina in una reazione che richiede come cofattori NADPH, flavin adenin dinucleotide e tetraidrobiopterina.
La formazione di NO dalla L-arginina è mostrata in Figura 3.
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La reazione di sintesi dell’NO è una reazione Ca++/Calmodulina-dipendente: l’attivazione dell’enzima si verifica in seguito all’ingresso di calcio extracellulare che si lega alla calmodulina e si conclude con la metabolizzazione della L-arginina a L-citrullina. Una volta generato, l’ossido nitrico interagisce con il gruppo eme della guanil ciclasi solubile citoplasmatica. Ciò dà origine ad una trasformazione allosterica che attiva l’enzima con formazione di 3’-5’-guanosin monofosfato ciclico (cGMP) a partire da GTP. La via di segnale del cGMP include l’attivazione di chinasi G treonina/serina (PKG), l’attivazione dei canali del sodio e del potassio, l’attivazione di diverse fosfodiesterasi, le quali possono a loro volta modulare l’azione delle PKG [1].
Figura 4: schema della struttura e della reazione enzimatica della NOS.
Sono state identificate tre isofome della NOS che hanno ruoli fisiologici diversi e diverse localizzazioni tissutali. Queste isoforme sono codificate da geni diversi che differiscono per la loro struttura aminoacidica pur avendo la stessa funzione(producono tutte NO).
Le tre isoforme sono:
1) La NOS neuronale (nNOS, NOS-1 o tipo 1): viene espressa
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2) La NOS inducibile (iNOS, NOS-2 o tipo 2): viene espressa nei macrofagi
e nelle cellule muscolari liscie ed entra in azione quando c’è un’infezione batterica, un’infiammazione, un’attivazione di macrofagi; viene detta “inducibile” in quanto la sua espressione non è costante nelle cellule ma viene indotta quando le condizioni lo richiedano, perciò deve essere libera da condizionamenti ed è infatti l’unica isoforma a non essere calcio-dipendente. la NOS endoteliale (eNOS, NOS-3 o tipo 3): espressa costitutivamente in cellule endoteliali.
3) La NOS endoteliale (eNOS, NOS-3 o tipo 2): espressa costititivamente in
cellule endoteliali.
In aggiunta alla produzione tradizionale in siti citoplasmatici, è stato visto che la sintesi di NO si verifica anche nei mitocondri [2]. Diverse pubblicazioni indicano che esiste una specifica isoforma mitocondriale, la NOS mitocondriale (mt-NOS), espressa costitutivamente. La produzione dell’NO nei mitocondri è dipendente dall’integrità di questo organello e dall’interazione tra il complesso I e II e il complesso dell’ubiquinone. Ci sono molteplici possibili fonti di NO nei mitocondri, quali NO donors come nitroso tioli [3], la conversione di nitrati in NO, e la conversione di nitrati organici in specie reattive dell’NO. La mt-NOS è legata alla membrana interna dei mitocondri e interagisce attraverso il suo dominio PDZ con la citocromo c ossidasi e con il complesso I della catena di trasporto mitocondriale. In condizioni fisiologiche la produzione dell’NO, da parte della mt-NOS, ha importanti implicazioni nel mantenere il metabolismo cellulare, poiché è in grado di modulare il consumo di O2 nei mitocondri,
attraverso il suo legame reversibile con la citocromo c ossidasi. Al contrario, elevate concentrazioni di NO o dei suoi derivati (perossinitrito, nitroso tioli), possono causare l’inibizione irreversibile della catena di trasporto mitocondriale, indurre stress ossidativo/nitro sativo e portare, in ultimo, alla morte cellulare. Comunque la reale esistenza della mt-NOS è ancora da chiarire e il tema è sotto intenso dibattito dalla sua prima descrizione.
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Le NOS costitutive, nNOS e eNOS, producono NO a concentrazioni nanomolari per tempi limitati (minuti).
La NOS inducibile, iNOS, produce NO a concentrazioni micromolari per periodi più prolungati. ISOFORMA AA Ca 2+ DIPENDENZA ESPRESSIONE DISTRIBUZIONE TESSUTI n-NOS
160 Ca2+ dipendente Costitutiva sistema nervoso centrale i-NOS
130 Ca
2+
indipendente Inducibile macrofagi
e-NOS 135 Ca2+ dipendente Costitutiva Cellule endoteliali
Figura 5: Rappresentazione delle isoforme della NOS
Le NOS sono sottoposte ad un controllo inibitorio (feedback negativo) da parte dell’NO stesso, che permette di ridurre la sintesi dell’enzima in presenza di elevate concentrazioni locali di NO. Tale controllo si sviluppa mediante il legame che l’NO è in grado di stabilire con il fattore inibitorio (I-kB) di un importante fattore trascrizionale, il fattore nucleare kB (NF-kB). Il complesso stabilizzato NO/ I-kB/ NF-kB impedisce la traslocazione nel nucleo del NF-kB, con conseguente silenziamento dei geni della NOS.
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L’OSSIDO NITRICO (NO)
L’ossido nitrico, scritto NO· o semplicemente NO, è un gas stabile, altamente diffusibile , composto da un atomo di azoto ed uno di ossigeno.
E’ sicuramente degno di nota il fatto che a questa sostanza sia legato il Premio Nobel (1998) per la Medicina/Fisiologia, attribuito ai ricercatori L. Ignarro, R. Furchgott, F. Murad per il contributo dato alla scoperta dell’NO come mediatore fisiologico prodotto nelle cellule di mammifero.
Fisiologicamente, l’NO, viene prodotto attraverso la trasformazione dell’arginina in citrullina, tramite le NOS. In alternativa, l’NO può essere prodotto per via non enzimatica per disproporzione dei nitriti e loro riduzione, reazione che avviene quando il pH tissutale tende ad abbassarsi (pH acido), come ad esempio in condizioni di ischemia. All’NO sono riconosciute numerose e importantissime funzioni, tra le quali un effetto primario sull’endotelio, un ruolo determinante di mediatore biochimico a livello cerebrale, gastrointestinale, respiratorio, renale, e così via [4].
All’NO, in quanto radicale, è attribuita inoltre un’importante funzione di difesa nei confronti delle infezioni batteriche e, probabilmente, di controllo della crescita dei tumori [4]. A questo proposito occorre aggiungere che, un aumento dello stress ossidativo (ad es. eccessiva produzione di anione superossido) comporta la conversione dell’NO in perossinitrito (ONOO-) , una forma radicalica alla quale è legata la tossicità del mediatore primario.
Espletata la sua funzione, in condizioni fisiologiche, l’NO, viene trasformato in una serie di derivati, quali nitriti e nitrati, che si accumulano, in funzione della quantità del mediatore primario prodotto, nel sangue e in altri fluidi extracellulari per poi essere definitivamente allontanati dall’organismo attraverso le urine. Infatti numerosi studi sperimentali e clinici hanno documentato che i livelli plasmatici e urinari di nitriti/nitrati correlano abbastanza bene con la produzione “endogena” di NO, anche dopo particolari terapie [5].
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Oltre al ruolo fisiologico, ad alte concentrazioni, l’NO svolge un ruolo chiave nell’induzione della morte cellulare (fig.6) . Questa poliedricità nella modulazione dei processi che regolano la vitalità cellulare deriva fondamentalmente dalla sua complessa chimica. L’NO può esistere in diverse forme redox dotate di proprietà distinte e di elevata reattività: NO+ , NO·, NO¯ . Queste specie ricordano inevitabilmente le specie reattive dell’ossigeno (ROS) con tutte le reazioni biochimiche ormai ben conosciute.
Figura 6. Biodisponibilità dell’ossido nitrico e malattie (NOS, ossido nitrico sintetasi, ONOO-, perossinitrito).
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EFFETTI DELL’OSSIDO NITRICO
I principali effetti dell’ossido nitrico sono mediati dall’attivazione della guanil ciclasi solubile e dal successivo aumento della produzione di cGMP, un secondo messaggero molto importante. In aggiunta, l’ossido nitrico, può trasformarsi in molte specie reattive in seguito alla sua interazione con l’ossigeno molecolare e il radicale superossido. Queste molecole altamente instabili reagiscono nelle cellule con proteine, lipidi, acidi nucleici e metalli (Ferro).
1. Effetti vascolari e piastrinici. L’NO, prodotto dalla eNOS a livello endoteliale, è il più importante vasodilatatore endogeno [6;7]. A questo livello, l’NO, è responsabile di due fenomeni: il rilasciamento della muscolatura liscia vascolare e l’inibizione della adesione e della aggregazione piastrinica. Il fatto che l’NO venga prodotto proprio dalle cellule endoteliali è strategico, in quanto esse costituiscono il punto di passaggio tra sangue e muscolatura liscia. Pertanto l’NO gioca un ruolo chiave in due importanti malattie: l’ipertensione, nella quale si ha contrazione dei vasi, e l’ischemia, dovuta all’occlusione dei vasi sanguigni che, a sua volta, può essere causata dalla formazione di piccoli trombi.
L’NO che diffonde dalle cellule endoteliali, stimolate in modo opportuno, induce il rilassamento della muscolatura del vaso sanguigno, attraverso l’attivazione della GCs: una proteina eterodimerica formata da una subunità α e una β, ciascuna con un gruppo eme che è in grado di legarsi all’NO formando un complesso Fe-NO (Figura 7). La formazione di tale complesso induce un cambiamento conformazionale dell’enzima tale da attivarlo e portare all’accumulo di cGMP, che stimola la protein-chinasi G (PKG) ed i canali ionici cGMP-dipendenti, coinvolti nel rilassamento muscolare [8].
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Figura 7: L’ossido nitrico nella regolazione della vasodilatazione
L’altro aspetto protettivo riguarda l’inibizione dell’aggregazione piastrinica: le piastrine aderiscono alle superfici vascolari danneggiate, occludendo ed impedendo così la fuoriuscita di sangue. Le piastrine hanno la possibilità di aggregarsi tra di loro formando un “tappo” (il “tappo piastrinico”), che è essenziale per bloccare la fuoriuscita di sangue, ma diventa un fenomeno pericoloso in presenza di placche aterosclerotiche, che, richiamando piastrine, possono occludere parzialmente o totalmente il vaso. Se il vaso si trova nella scatola cranica si verifica un’ischemia cerebrale; se il vaso porta il sangue al cuore può verificarsi un’ischemia cardiaca, angina, infarto. L’NO previene e regola la capacità delle piastrine di aggregarsi: crea un bilanciamento tra la spinta all’aggregazione e la fluidità delle piastrine. Somministrando farmaci che liberano NO a livello cardiovascolare come la nitroglicerina e l’isosorbide dinitrato (Figura 8) a pazienti aterosclerotici si ottiene così un duplice effetto: si previene l’aggregazione piastrinica e si ottiene la vasodilatazione necessaria per mantenere il normale flusso sanguigno. D’altronde, i famosi nitriti esteri e la stessa nitroglicerina sublinguale (Carvasin ®), ampiamente usati come antianginosi decenni prima della “scoperta” dell’NO, sono, in realtà, dei “donatori” di questo mediatore ed è relativamente recente la messa a punto delle nitro-aspirine, derivati “nitrati”dell’acido acetil salicilico in grado di rilasciare
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NO a livello periferico [9]. Rimanendo nell’ambito della farmacologia cardiovascolare, giova anche sottolineare che il sildenafil (Viagra ®) (Figura 9) ( agisce “prolungando” la durata d’azione dell’NO a livello dei corpi cavernosi del pene, contribuendo in questo modo a migliorare la funzione erettile, variamente compromessa nell’impotenza maschile [9].
Figura 8: Farmaci donatori di NO, Nitroglicerina e isosorbide dinitrato
. Figura 9: Sildenafil
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2. Effetti sul sistema nervoso centrale (SNC). Nel SNC, l’NO, svolge un ruolo preminente come neurotrasmettitore e come modulatore a livello di recettori attivati da ligandi. E’ anche probabilmente coinvolto in processi neurodegenerativi in particolari condizioni. Nel SNC, i probabili bersagli cellulari dell’NO, sono i terminali nervosi presinaptici e postsinaptici. L’NO modifica il rilascio di neurotrasmettitori in numerose aree cerebrali. La prima evidenza che ha portato a includere l’NO nella famiglia dei messaggeri che mediano la trasmissione nervosa nel SNC, deriva dall’osservazione che il glutammato, che agisce attraverso i recettori NMDA, aumenta rapidamente la conversione dell’arginina in citrullina e NO nei tessuti cerebellari. La stessa stimolazione provoca anche un aumento rilevante nella produzione di cGMP. La spiegazione di tale fenomeno deriva dal fatto che la stimolazione dei recettori NMDA favorisce l’entrata del calcio nell’ambiente intracellulare e porta all’aumento della produzione di NO da parte della nNOS, che è un enzima Ca++ -dipendente. Una volta prodotto, l’NO è in grado di diffondere liberamente e di raggiungere tutte le sue molecole bersaglio. Queste sono proteine contenenti eme, ad es. la GCs, o lo stesso NMDA. L’NO è in grado di legarsi, provocando un cambiamento conformazionale con conseguente modificazione della loro attività che si traduce in un’attivazione o in una inattivazione. L’NO nel SNC esercita le sue funzioni di neuro modulatore attraverso due meccanismi:
la promozione della sintesi di cGMP, che è un importante secondo messaggero i cui principali bersagli sono la PKG, le fosfodiesterasi dei nucleotidi ciclici (PDE) e i canali dipendenti dai nucleotidi ciclici (CNGCs).
la S-nitrosilazione dei residui di cisteina proteici. Le proteine principalmente regolate da questa reazione sono alcuni canali ionici, tra cui l’NMDA.
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Figura 10: L’NO nella neuromodulazione
L’NO nel SNC ha un ruolo fondamentale anche come neurotrasmettitore. La neurotrasmissione mediata dall’NO, in analogia con la neurotrasmissione adrenergica e colinergica, è definita “nitrergica”. Come le prime due, quest’ultima media il rilasciamento della muscolatura liscia dei sistemi respiratorio, gastrointestinale e del tratto urogenitale [10,11]. Il modello attualmente accettato per la neurotrasmissione NO-mediata è mostrato in Figura 11.
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Figura 11: L’NO nella neurotrasmissione nitrergica.
Quando il potenziale d’azione raggiunge le terminazioni nervose, l’entrata del Ca++ attraverso i canali al Ca++ voltaggio-dipendenti, porta all’attivazione della nNOS localizzata a livello citoplasmatico. L’NO così prodotto, viene immediatamente rilasciato e non viene depositato nelle vescicole sinaptiche, come invece accade per altri neurotrasmettitori (acetilcolina), a causa della sua elevata diffusibilità attraverso le membrane dei neuroni. Questo modello è stato proposto sulla base di numerosi studi condotti mediante l’utilizzo di inibitori che agiscono a vari livelli. La trasmissione nitrergica può essere inibita ad esempio dalla ω-conotossina (ω-CgTx), un inibitore del canale del Ca++ , e dall’L-NG – monometil-arginina (L-NMNA), un inibitore della nNOS. Esistono poi altre sostanze che sono in grado di sequestrare l’NO e sfavorire la neurotrasmissione nitrergica (emoglobina, idrossichinone, anione superossido…).
Infine, a livello cerebrale, l’NO sembra essere coinvolto in importanti processi, quali l’apprendimento e la memoria.
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3. Effetti nell’infiammazione e nelle infezioni batteriche. L’NO è coinvolto nell’infiammazione sia acuta che cronica. Patologie infiammatorie a carico dell’apparato respiratorio (asma) e dell’apparato gastrointestinale sono caratterizzate da un aumento dei livelli di ossido nitrico e dall’aumentata espressione della iNOS nei macrofagi. Recenti studi hanno mostrato che l’ossido nitrico stimola la sintesi di prostaglandine infiammatorie per l’attivazione dell’isoenzima II della ciclossigenasi (COX-2) [12]. Pertanto, l’inibizione del sistema dell’ossido nitrico, può avere un effetto benefico sulle patologie infiammatorie, incluse quelle articolari. Nelle infezioni batteriche l’eccesso di NO prodotto dai macrofagi viene riversato nei lisosomi e i batteri vengono uccisi per citolisi, in quanto l’NO, combinandosi con O2 , si trasforma in ione perossinitrito, un radicale altamente ossidante e citotossico. La produzione di NO è talmente eccessiva che lo stesso macrofago può morire per questo stress ossidativo (suicidio benefico).
4. Altri effetti dell’NO.
• Modula le secrezioni e la motilità del tratto gastro-intestinale • Modula il tono della muscolatura liscia bronchiale
• Autoregola il flusso ematico a livello renale • Regola l’espressione genica;
• Ruolo proapoptotico ( ad alte concentrazioni) • Ruolo antiapoptotico ( a basse concentrazioni)
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EFFETTI TOSSICI DELL’NO
Gli effetti citotossici dell'ossido nitrico sono paragonabili a quelli indotti da altri agenti ossidanti, in grado di aumentare notevolmente la produzione di radicali liberi (fumo, alcol, farmaci, raggi ultravioletti e radiazioni ionizzanti). L'eccesso di radicali liberi è attualmente considerato uno dei più pericolosi alleati di invecchiamento precoce, malattie degenerative e alcune forme tumorali.
L’effetto più drastico dell’NO è quello di interagire con altre specie reattive, tra cui l’anione superossido, dando vita a numerosi intermedi tossici: le specie reattive dell’ossido nitrico (RNS) ,fra i quali ONOO- (perossinitrito) e il diossido di azoto (.NO2) .
Gli RNS possono, come i ROS, reagire con tutte le biomolecole: DNA, tioli, gli amminoacidi ed i metalli, portando all’ossidazione e alla nitrazione (vedi figura n.12).
Se l’NO è prodotto ad elevate concentrazioni (1-3 µM) , l’NO e i suoi derivati possono avere effetti deleteri su tutte le funzioni cellulari, portando per esempio alla perdita delle funzioni enzimatiche, all’alterazione dell’integrità di membrana e alle mutazioni del DNA [13] .
Figura 12: Effetti tossici degli RNS
La produzione elevata di RNS e quindi lo stress nitrosativo sono stati osservati in numerosi stati patologici. Infatti, i prodotti di ossidazione stabile dell’NO, i nitriti
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ed i nitrati, sono stati riscontrati ad elevate concentrazioni nella fibrosi cistica, nell’AIDS e nelle malattie neurodegenerative.
La capacità dell’NO di produrre apoptosi è stata osservata per la prima volta nei macrofagi [14] e da allora è stato dimostrato che molti altri tipi cellulari possono essere indotti all’apoptosi in seguito ad esposizione a flussi elevati di NO o di ONOO-. Un tessuto particolarmente sensibile all’effetto citotossico dell’NO è proprio il sistema nervoso: infatti, assieme ai ROS, gli RNS sembrano essere i principali responsabili della morte delle cellule nervose nelle malattie neurodegenerative.
In genere, l’induzione all’apoptosi richiede dosi elevate di NO e l’effetto proapoptotico è indipendente dall’accumulo di GMPc. L’induzione all’apoptosi sembra essere mediata soprattutto dai danni arrecati al DNA. Le alterazioni a livello del DNA producono l’accumulo di p53 e la conseguente stimolazione dell’espressione della proteina p21, direttamente coinvolta nell’arresto del ciclo cellulare. Se il danno non può essere riparato dai sistemi cellulari preposti, la cellula è indotta all’apoptosi.
L’effetto citotossico dell’NO può essere mediato anche dall’interazione con il mitocondrio:
1. L’NO può legarsi all’enzima citocromo c ossidasi provocando l’inibizione irreversibile della respirazione mitocondriale.
2. L’NO si lega a livello dei centri ferro-zolfo presenti nei complessi della catena respiratoria e negli enzimi del ciclo di Krebs provocando l’inibizione irreversibile della respirazione mitocondriale
3.Si può avere l’induzione del “mitochondrial permeability transition pore” (PTP) che media il rilascio del contenuto della matrice mitocondriale nel citoplasma.
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L’OSSIDO NITRICO NEI PROCESSI DEGENERATIVI
L’NO può generare morte cellulare in due modi differenti [15; 16]. Il primo modo in cui l’NO è implicato nella morte neuronale è tramite la sua sovrapproduzione. In questa circostanza, la presenza di specie reattive dell’ossigeno è necessaria per la formazione di specie reattive nitrogene. La reazione dell’NO con l’anione superossido (O2 ·¯ ) può produrre lo ione perossinitrito (ONOO¯ ), il quale èestremamente reattivo ed è implicato nel danno alle proteine, ai lipidi e al DNA. Perossinitrati possono formare radicali idrossilici (OH·), i quali rappresentano delle sostanze ossidanti molto aggressive, e nitriti (NO2·), oppure possono anche
reagire con CO2, formando così l’anione carbonato (CO3·¯ ), un altro ossidante.
L’NO può anche reagire con l’ossigeno e produrre NO2·, che a sua volta reagisce
con altre molecole di NO per formare il dinitrogeno triossido (N2O3). L’NO2· è
capace di ossidare o nitrare diverse molecole. Una di queste è la tirosina o residui di tirosina in proteine, per generare la 3-nitrotirosina [15]. Dall’altro lato, l’N2O3
può nitrosilare (o nitrare) ammine e tioli (S-nitrosilazione) come il glutatione, la 3-gliceraldeide fosfato deidrogenasi, e le subunità NR1 e NR2 del recettore NMDA, e altri [17].
Contrariamente a quanto avviene in condizioni fisiologiche, in presenza di condizioni acide come quelle trovate durante l’ipossia, il perossinitrato può formare l’acido perossinitroso (ONOOH), che può reagire in due modi diversi. Uno di questi è formando nitrato (NO3¯ ), che non è un forte ossidante. L’altra via
include la formazione di nitrogeno diossido (NO2 ) e possibilmente OH·, due
potenti molecole ossidanti che possono portare all’ossidazione di acidi grassi e alla nitrazione di amminoacidi [18]. Questi effetti dell’NO sulla respirazione mitocondriale sono implicati nella morte neuronale.
Diversi studi mostrano una up-regolazione di NO e della nNOS osservata nel cervello dopo l’ischemia o in altre condizioni neuropatologiche come il Morbo di Alzheimer [15].
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Le principali malattie neurodegenerative nelle quali l’NO gioca un ruolo centrale sono:
il Morbo di Parkinson; il Morbo di Alzheimer[19].
In questi stati patologici, sono stati osservati lo stress ossidativo, lo stress nitrosativo e la elevata produzione di specie RNS.
Il Morbo di Parkinson (MP) è una patologia che colpisce generalmente dopo i 50 anni di età, caratterizzata da una progressiva degenerazione dei neuroni dopaminergici nigrostriatali, nella regione compatta della sostanza nigra (SN), che produce una severa perdita di dopamina (DA) striatale. Da un punto di vista sintomatologico, il MP, è caratterizzato da disturbi motori (tremore a riposo, rigidità, bradicinesia), e disturbi non motori (scialorrea, disfunzioni vegetative, disturbi del sonno ed instabilità posturale) (vedi Figura 13). La potente neurotossina parkinsoniana 1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina (MPTP) causa lesioni dei neuroni dopaminergici della SN, con un meccanismo che coinvolge un up-take selettivo del metabolita attivo, lo ione 1-metil-4-fenil-piridinio (MPP+ ), mediante un meccanismo di uptake della DA [20]. L’ MPP+ , sequestrato in neuroni monaminergici [21], causa una crisi di energia [22], attraverso l’inibizione del complesso mitocondriale I, portando alla deplezione dell’ATP [23].
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Figura 13: Disturbi non motori del MP
Una diminuzione dell’energia prodotta dal mitocondrio può risultare da una generazione eccessiva di radicali liberi [24], i quali possono essere direttamente collegati ad un’elevata presenza di calcio [25]. Lo stress ossidativo potrebbe essere uno dei principali fattori che porta alla neurodegenerazione dei neuroni DA-ergici in quanto cervelli postmortem di pazienti affetti da MP hanno mostrato aumentati livelli di ferro, diminuiti livelli di GSH (glutatione ridotto), funzioni mitocondriali della SN indebolite, così come ampia diffusione di lipidi, prodotti delle proteine e della ossidazione del DNA. Per quanto riguarda, invece, il diretto coinvolgimento dell’NO in questa patologia, la prova migliore deriva da studi che
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hanno mostrato una significativa up-regolazione della iNOS nel mesencefalo durante la neurodegenerazione dopaminergica MPTP-indotta [26].
Il Morbo di Alzheimer (MA), descritto per la prima volta da Alois Alzheimer nel 1907 [27], è definibile come un processo degenerativo che distrugge progressivamente le cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l’individuo che ne è affetto incapace di svolgere le normali attività quotidiane. Viene catalogata come la principale causa di demenza senile (in quanto insorge generalmente oltre i 60 anni), rappresentando, a seconda della casistica, l’80-85% di tutti i casi di demenza (figura 14).
Figura 14: Principali cause di demenza
La malattia si manifesta inizialmente come demenza caratterizzata da amnesia progressiva e altri deficit cognitivi. Il deficit di memoria è prima circoscritto a sporadici episodi nella vita quotidiana, poi man mano il deficit aumenta e la
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perdita della memoria arriva a colpire anche la memoria episodica retrograda (riguardante ad es. fatti della propria vita) e la memoria semantica (ad es. conoscenze acquisite). Col progredire della malattia, le persone non solo presentano disturbi della memoria, ma risultano deficitarie nelle funzioni strumentali mediate dalla corteccia associativa e possono pertanto presentare afasia (alterazione del linguaggio dovuta a lesione alle aree del cervello deputate alla sua elaborazione) e aprassia (disturbo neuropsicologico del movimento volontario, definito come l’incapacità di compiere gesti coordinati e diretti a un determinato fine), e può condurre ad uno stato completamente vegetativo e morte precoce, pertanto i pazienti necessitano di continua assistenza personale. A livello macroscopico, la malattia è caratterizzata da una diminuizione nel peso e nel volume del cervello, dovuta ad atrofia corticale (Figura 15).
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A livello microscopico e cellulare, sono riscontrabili depauperamento neuronale, placche senili, ammassi neuro fibrillari, angiopatia congofila (amiloidea).
La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, causata principalmente dalla β-amiloide, una proteina che, depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli “neurofibrillari”. Nei soggetti sani la APP (Proteina Progenitrice dell’Amiloide), attraverso una reazione catalizzata dalla α-secretasi, produce un peptide innocuo, chiamato p3. Per motivi non totalmente chiariti (probabilmente di natura genetica), nei soggetti malati, l’enzima che interviene sull’APP, non è l’α-secretasi, ma una sua variante, la secretasi, che porta alla produzione di un peptide di 40-42 amminoacidi: la β-amiloide (Aβ). Tale peptide tende a depositarsi in aggregati extra-cellulari sulla membrana dei neuroni e tali placche neuronali innescano un processo infiammatorio che attiva una risposta immunitaria richiamando macrofagi e neutrofili, i quali produrranno citochine, interleuchine e TNF-α che danneggiano irreversibilmente i neuroni. Ulteriori studi mettono in evidenza che, nei malati di Alzheimer, interviene un ulteriore meccanismo patologico: all’interno dei neuroni una Proteina τ (tau), fosforilata in maniera anomala, si accumula nei cosiddetti “aggregati neurofibrillari”. Particolarmente colpiti da questo processo patologico sono i neuroni colinergici, specialmente quelle delle aree corticali, sottocorticali, e, tra queste ultime, le aree ippocampali. In particolare, l’ippocampo è una struttura encefalica che svolge un ruolo fondamentale nell’apprendimento e nei processi di memorizzazione, perciò la distruzione dei neuroni di queste zone è ritenuta essere la causa principale della perdita di memoria dei malati.
Abbiamo visto che l’NO è coinvolto in una moltitudine di vie di segnale inter- e intra-cellulari che partecipa in considerevoli scenari fisiologici e fisiopatologici, come il controllo della pressione del sangue, la neurotrasmissione, l’apprendimento e la memoria, e come citotossina di difesa [28]. L’NO gioca un ruolo centrale anche nel MA. Dalla scoperta di Vodovotz nel 1996 che la iNOS è localizzata nelle lesioni del MA, altri studi hanno confermato questa osservazione che identifica la proteina iNOS in neuroni, astrociti e microglia che sono correlati con i depositi anomali di Aβ [29, 30, 31, 32, 33]. Mentre la nNOS e la eNOS sono
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espresse costitutivamente nel cervello normale, una diffusa espressione della iNOS nel SNC è considerata patologica. Lo stress ossidativo causato dall’NO nel cervello è stato proposto come meccanismo patogeno nel MA [34, 35], suggerendo che l’NO gioca un ruolo centrale nella cascata di eventi che porta dall’accumulo intracellulare di Aβ alla vulnerabilità all’apoptosi e alla morte cellulare [36]. Mentre è chiaro dai dati in letteratura che l’NO è coinvolto nella patofisiologia del MA [37, 38] in quanto è prodotto da iNOS e eNOS che risultano iperespresse durante la patologia; è stato osservato un cambiamento nell’attività della nNOS che è responsabile dell’NO nei neuroni [37]. Perciò, ridurre lo stress ossidativo potrebbe essere un valore potenziale per limitare l’incidenza e la progressione del MA [39]. Presi insieme, gli studi sul sistema dell’NO, suggeriscono che l’NO contribuisce al mantenimento, all’auto-perpetuazione e progressione del processo neurodegenerativo, e anche che l’alterata espressione delle isoforme della NOS potrebbe essere secondaria alla patologia amiloide.
NO E NEUROPROTEZIONE
Nonostante i suoi potenti effetti dannosi, l’NO ha mostrato attualmente di avere effetti benefici nella biologia neuronale [40]. Due vie metaboliche di segnale che vengono attivate dall’attivazione della NO-guanil ciclasi solubile-cGMP e dalla ulteriore attivazione delle PKG sono la AKT (proteina chinasi B) e il fattore di trascrizione CREB. E’ stato dimostrato che queste vie sono coinvolte nella protezione neuronale mediata da fattori neurotrofici. Anche la S-nitrosilazione è un altro meccanismo tramite il quale l’NO può modulare proteine che potrebbero essere coinvolte in processi neuronali degenerativi. E’ stato osservato che l’NO può nitrosilare le subunità NR1 e NR2 del recettore NMDA [17], bloccando così la eccitotossicità mediata da questi recettori. La S-nitrosilazione è stata anche suggerita come meccanismo tramite il quale l’NO può modulare l’attivazione delle caspasi, bloccando così l’apoptosi. L’NO è stato anche implicato nell’induzione della eme ossigenasi 1 nella microglia dei ratti, negli astrociti e
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nell’ippocampo [41]. L’espressione di questa proteina aumenta il contenuto di biliverdina nelle cellule, la quale può essere ridotta dalla biliverdina reduttasi a bilirubina, un potente composto antiossidante e anti-nitrosativo che si pensa abbia un ruolo nella neuroprotezione NO-indotta.