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Contratto e contenzioso sui compensi professionali. Riflessioni comparative - Judicium

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www.judicium.it

V

INCENZO

V

IGORITI

Contratto e contenzioso sui compensi professionali. Riflessioni comparative

SOMMARIO: I. Introduzione. – II. La pattuizione cliente avvocato in punto di compenso.

– III. Il contenzioso. La devoluzione ad arbitri.

1 – L’incontro è stimolato dalla recente riforma italiana del sistema dei compensi ai professionisti italiani, riforma rivoluzionaria per il ruolo assolutamente preminente at- tribuito all’autonomia privata (di cui si è riscoperta la centralità con il richiamo all’incipit dell’art. 2233, I c., cod. civ.), la conseguente abolizione delle c.d. tariffe, e la sostituzione di queste con i noti parametri, destinati a valere nell’ipotesi di liquidazione dei compensi da parte di un organo giurisdizionale.

È stato quindi naturale volgersi all’esperienza di altri Paesi, e in particolare all’ordinamento americano dove vige da sempre la stessa regola da noi appena introdot- ta, appunto quella che i compensi professionali sono determinati, in via primaria ed as- solutamente preferenziale, dall’accordo fra le parti direttamente interessate, in un quadro di mercato e libertà di concorrenza1.

Di questo si tratta, avvertendo che negli Stati Uniti non si pone “quasi” mai il pro- blema della liquidazione delle spese dovute dal soccombente al vincitore, nell’assunto che ciascuna parte deve provvedere direttamente agli oneri della propria difesa (c.d. A-

Testo dell’intervento svolto nel corso del seminario: “La determinazione dell’oggetto del contratto e i criteri di calcolo del compenso professionale forense” svoltosi a Roma il 18 ottobre 2012 al Diparti- mento di Scienze Giuridiche dell’Università di Roma.

1 La letteratura sulla professione legale negli Stati Uniti è sterminata: per tutti G.C. Hazard – A.

Dondi, Etiche della professione legale, Bologna, Il Mulino, 2005.

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merican rule). Il “quasi” tiene conto delle eccezioni relative a categorie di casi di

particolare valore sociale (ad esempio, danni per infortuni sul lavoro) o comunque meri- tevoli di una disciplina speciale, ma la regola è quella appena esposta. Magari mitigata da un ampliamento della nozione di danno e del relativo risarcimento, che può essere di ampiezza tale da assicurare anche internazionalmente il ristoro delle spese.

Il principio fondamentale è che l’accordo fra il committente e il professionista deve essere “ragionevole”, essendo vietato all’avvocato pretendere e percepire compensi e rimborsi esagerati (art. 1(5) Model Rules of Professional Conduct)2.

La regola ha carattere generale, ma riguarda soprattutto l’ipotesi di clienti non clas- sificabili come utenti abituali del servizio di giustizia, e quindi non usi a rapporti profes- sionali con avvocati. Questo tipo di clientela si trova di solito in posizione di soggezione nei confronti del legale che, nella patologia, può approfittare dell’asimettria informativa per concordare compensi ingiusti: tipico è il caso dell’avvocato che prospetta difficoltà inesistenti o pericoli vari, e che sul momento non chiede esborsi immediati al cliente, in tal modo quasi sempre riuscendo a stipulare accordi vantaggiosi.

La facoltà del cliente di controllare la congruità della proposta, interpellando altri professionisti e confrontando le richieste è più teorica che reale, volendo molti “fidarsi”, e liberarsi del problema.

Il discorso è radicalmente diverso quando la committenza è di prestigio sociale e so- prattutto economico, ed opera in posizione di parità (se non addirittura dominante) con il professionista. Qui la ragionevolezza è in re ipsa, essendo questi soggetti utenti più o meno abituali del servizio di giustizia e quindi dell’opera professionale, e perfettamente in grado di tutelarsi.

2Le Model Rules of Professional Conduct del 2004 costituiscono un testo normativo assai complesso ed elaborato. Le rules sono corredate da un commento ufficiale dell’ABA che ne illustra l’intento di fon-

do. Sono reperibili su

http://www.americanbar.org/groups/professional_responsibility/publications/model_rules_of_professional _conduct.html

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Tanto più che in pratica molti di questi accordi sono convenuti con i legali interni, ben attenti a non pregiudicare con scelte azzardate e patti inappropriati la loro stessa po- sizione. Così, ad esempio, la scelta del professionista tenderà a ricalcare opzioni prece- denti (grandi Law Firms e non avvocati meno conosciuti) e la grandezza dei compensi non sarà mai spropositata. Si aggiunge che, di solito, l’avvocato interno ha il diritto di controllo dell’attività che l’outside counsel si appresta a svolgere, una cosa questa che nei rapporti internazionali può portare a incomprensioni e conflitti. Occorre equilibrio da entrambe le parti, perché non è facile da un lato spiegare, e dall’altro capire il funzio- namento di meccanismi complessi, come ad esempio il processo civile italiano3.

Le Model Rules dispongono che l’accordo sui compensi venga “preferibilmente”

stipulato per scritto e chiedono che questo avvenga all’inizio dello svolgimento dell’attività, oppure subito dopo quando i contenuti della stessa cominciano a delinearsi.

Le eventuali modifiche devono essere ancora formalizzate per scritto. La committenza più esperta chiede talvolta che l’avvocato indichi in anticipo le scelte strategiche di fon- do, alle quali dovrà poi attenersi.

L’accordo tra l’avvocato e il cliente è business transaction, e come tale è regolata, con correttivi derivanti dalla riconosciuta particolarità dell’assistenza legale e del rap- porto fiduciario fra le parti. L’equiparazione ai contratti commerciali non è dunque tota- le, facendosi carico al professionista di obblighi ulteriori non usuali: ad esempio, quello di informazione sull’effettiva complessità dell’incarico e sugli oneri ipotizzabili (art. 1 (5) (b) Model Rules), che certo non si riscontra nei rapporti esclusivamente mercantili.

II – La pattuizione tipica tra cliente e avvocato, prevede la retribuzione a tempo, su base oraria. Con molte articolazioni: dovranno essere tenuti in considerazione, tra

3Va apprezzato il fatto che alcune grandi entità, con interessi in Italia, abbiano tra gli avvocati inter- ni, giuristi italiani che di fatto rendono agevole il dialogo.

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l’altro, la grandezza dell’impegno, il tempo presumibilmente necessario, la com- plessità dell’opera, la novità e la difficoltà dei problemi, i saperi da acquisire.

La richiesta dovrà essere omogenea a quelle correnti nella stessa zona (New York City non è Des Moines). Rileva anche il valore della controversia, pur se il compenso non è strettamente legato alle aree valoriali, in un’ottica comunque di proporzionalità, come rilevano le responsabilità che il professionista si assume, l’esperienza, la reputa- zione, e la capacità tecnica (art. 1 (5) (a), Model Rules). Il tempo impiegato si calcola in vari modi, e la committenza esperta sa benissimo come controllare4.

Compatibilmente con l’attività svolta, l’avvocato è tenuto ad inviare il conto con frequenza mensile, che con la stessa frequenza dovrebbe essere pagato. A dispetto di tut- to (anche del fatto che la frode delle c.d. billable hours è reato federale), il contenzioso in materia è consistente, specie con gli utenti non abituali, che alla richiesta di pagamen- to sistematicamente oppongono l’erroneità dei calcoli, e comunque la malpractice.

Le alternative al sistema tradizionale sono molte, e di frequente praticate. Se ne in- dicano alcune:

1) partecipating in a request for proposal or other competitive process: si tratta di partecipare a una sorta di gara di appalto, dove il committente chiede a Studi legali (selezionati) a quali condizioni (finanziarie e operative) essi sono disposti a svolgere certi incarichi. A livello internazionale questo può signifi- care l’obbligo di prestare assistenza in ogni momento in tutto il mondo, con impegni che solo grandi Studi, con centinaia di avvocati in più sedi, possono assumersi;

4 Ad esempio per le sessioni telefoniche c’è un minimo prefissato, da integrare con il tempo speso nelle conversazioni di maggior durata. Le ore di viaggio sono pagate solo se l’avvocato lavora per il clien- te durante quel tempo. Il regime delle spese è sempre improntato a sobrietà. L’avvocato ha diritto al deco- ro, ma non al lusso. Ad esempio, in aereo la business class è rimborsata solo per i viaggi superiori alle 6 ore di volo.

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2) agreement on fixed or flat fees: accordo per un compenso forfettario, che pre- scinde dal tempo necessario a portare a termine l’incarico;

3) deal based fixed fees: compensi fissi e prederminati per i tipi di incarichi;

4) budget of phase based fixed fees: compensi predeterminati e fissi per fasi di- verse, con riserva di nuovi accordi per il prosieguo dell’attività;

5) productivity incentives, risk sharing, broken deals: sono tutti accordi basati sul risultato della controversia o dell’affare;

6) contingency fee structure: sono gli accordi tipici che legano il compenso pro- fessionale all’esito. I problemi sono moltissimi: l’entità del compenso, che può variare molto nella diverse situazioni (certi Studi arrivano a chiedere fino al 35% di quanto attribuito alla parte vincitrice); la titolarità del potere di im- pulso di un’eventuale controversia; contrasti fra cliente e avvocato, limiti al potere di revoca del mandato, adesione a proposte transattive, e via dicendo.

Il contingent fee è vietato nelle controversie concernenti certi rapporti familiari: ad esempio, il compenso non può essere subordinato all’ottenimento di un divorzio, o al contenuto delle decisioni patrimoniali sull’assegno di mantenimento, o sulla divisione dei beni immobili. Non è ammesso neppure nei processi penali (art. 1 (5) (d) Model ru- les).

I criteri indicati (e gli altri possibili) non si presentano come rigidamente alternativi, ed è anzi frequente che vengano combinati in più modi. Ad esempio, convenendo le par- ti che il professionista venga retribuito su base oraria in misura ridotta, ma che in caso di esito favorevole (o particolarmente favorevole) il compenso sia rapportato al buon esito (blended contingency/hourly structures). Si può anche convenire un success fee, o patto similare, con concreti pericoli di scivolare nella quote lite, patto per il momento ancora ovunque rifiutato, ma dotato di magnetica forza attrattiva5. In pratica, la vecchia distin-

5V. Vigoriti, Patto di quota lite e libertà di concorrenza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, p. 583 ss.

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zione (anche italiana) che voleva l’avvocato soggetto a un’obbligazione di mezzi e non di risultato, è stata letteralmente spazzata via dalla visione commerciale della pro- fessione incardinata su mercato, concorrenza, risultati “concreti” e simili. Sarebbe in- giusto disconoscere l’impegno dell’avvocatura americana nell’affermare e difendere l’etica della professione e la sua “diversità”6, ma sarebbe vano negare la deriva commer- ciale e l’omologazione alle attività solo di carattere economico.

III – In passato, nel mondo del common law (come da noi) l’iniziativa contenziosa dell’avvocato contro i propri clienti per il pagamento dei compensi era ammissibile (sul piano dei comportamenti) solo in casi estremi. Ora, l’atteggiamento è diverso per molte ragioni, ma resta vero che in generale, si raccomanda moderazione, la massima espres- sione della quale è il ricorso a procedure di ADR, ed eventualmente all’arbitrato.

Il giudice è l’ultima ratio. Sul piano operativo, la convenzione arbitrale può essere contenuta nell’atto con cui il cliente conferisce l’incarico, atto di solito predisposto dal professionista. Questi è tenuto a fornire al cliente tutte le spiegazioni che appaiono ra- gionevolemente necessarie alla decisione sul conferimento dell’incarico, e in quest’ambito si colloca l’informazione sulla deroga.

In secondo luogo l’informazione deve riguardare vantaggi e svantaggi della devolu- zione ad arbitri. Il cliente deve essere consapevole che egli rinuncia alla garanzia della giuria (organo quasi sempre sfavorevole ai professionisti), a molti degli strumenti di di- scovery, e all’impugnazione. Per contro avrà il vantaggio di poter mitigare gli effetti ne-

gativi della regola che consente all’avvocato di rendere note le circostanze di cui è venu- to a conoscenza in ragione dell’incarico, quando è coinvolto in una controversia con il cliente.

6Ved. ancora ampiamente Hazard-Dondi, op.cit.

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In terzo luogo, l’arbitrato a cui ci si riferisce non è un arbitrato ad hoc, ma una com- posizione gestita e controllata dalle Associazioni professionali. Il modello è quello sug- gerito dall’ABA, ritenuto adeguato dalle Corti, attente ad evitare scelte corporative.

L’imparzialità degli arbitri è l’elemento fondamentale, tanto che tempi ridotti e costi contenuti, pure generalmente assicurati, sono benefici minori a fronte della trasparenza e della terzietà.

Ad ulteriore garanzia si dispone che il patto compromissorio possa essere vincolan- te, oppure facoltativo, volendosi assicurare alla parte che si attiva la possibilità di sce- gliere la sede del contenzioso. Il che serve soprattutto al cliente, perché le Associazioni professionali raccomandano all’avvocato di scegliere comunque la sede arbitrale.

L’esperienza americana, quando più compiutamente conosciuta, può stimolare solu- zioni analoghe da noi.

Non si può anticipare quale sarà in futuro la grandezza del contenzioso fra clienti e avvocato sui compensi, ma è difficile immaginarlo superiore a quello sulle tariffe, e for- se i Consigli dell’Ordine possono aiutare a gestirlo. Questi organi, già legittimati ad or- ganizzare procedimenti di ADR, potrebbero spingersi oltre, ed offrire qualcosa di più pregnante, appunto un arbitrato.

Si può pensare a una clausola compromissoria, e/o a un compromesso, che vincoli l’avvocato ma non il cliente, libero di scegliere tra l’azione in giudizio o l’iniziativa ar- bitrale; la deroga può essere a favore di un arbitro unico (avvocato) individuato dal Con- siglio dell’Ordine (o da un giudice) in base a criteri di rotazione più o meno automatici;

il soggetto officiato dovrebbe impegnarsi a prestare la sua opera per un compenso so- stanzialmente nominale e in tempi brevi.

Si possono già immaginare le obiezioni, alle quali però non sarà impossibile far fronte. Insomma, la riforma è fatta, il resto è da inventare.

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