ELENA D’ALESSANDRO
Prime applicazioni giurisprudenziali del regolamento n. 805 del 21 aprile 2004 che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati, con particolare riferimento alla possibilità di proporre opposizione ex art. 615 c.p.c. qualora lo Stato
richiesto dell’esecuzione sia l’Italia∗
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Per instaurare il processo esecutivo in Italia non è necessario apporre sul certificato di titolo esecutivo europeo la formula esecutiva ex art. 475 c.p.c. – 3. La possibilità di proporre opposizione all’esecuzione avverso il titolo esecutivo europeo. Rapporti con la revoca del certificato. – 4. La legge applicabile al merito del giudizio di opposizione all’esecuzione. – 5.
Segue: la sospensione del processo esecutivo.
1. Introduzione
Il tratto peculiare del Reg. n. 805 del 21 aprile 2004 istitutivo di un titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (di seguito: Reg. n. 805/2004)1 consiste nell’ultroneità del
∗ Relazione presentata al V Congresso giuridico per l’aggiornamento forense, Roma 11 -13 marzo 2010.
1 Per un generale commento al Reg. n. 805/2004, in Italia si vedano:CAMPEIS,DE PAULI, Prime riflessioni sul titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (Reg. n. 805/2004), GC, 2004, II, 529 ss.; CARPI, L’ordine di pagamento europeo tra efficacia della tutela e garanzie della difesa, RDPC, 2002, 688 (con riferimento all’allora proposta di regolamento sul titolo esecutivo europeo); CARRATTA,Titolo esecutivo europeo. I) Diritto processuale civile, Enc. giur., XXXVI, Roma, 2006, 1 ss.; CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, 6ª ed., Padova, 2008, spec. 123 ss.;
CRIFÒ, Cross-Border Enforcement of Debts in the European Union, Default Judgments, Summary Judgments and Orders for Payment, Austin, 2009, spec. 61 ss.; DE CESARI, Decisioni giudiziarie certificabili quali titolo esecutivo europeo nell’ordinamento italiano, FI, 2006, V, 103 ss.; DE CRISTOFARO, La crisi del monopolio statale dell’imperium all’esordio del TEE, Int’l Lis, 2004, 141 ss., ora anche in CONSOLO,DE CRISTOFARO, Il diritto processuale civile internazionale visto da Int’l Lis dal 2002 ad oggi, Milano, 2006, 1109 ss.; FARINA, Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (Reg. n.
805/2004), NLCC, 2005, 3 ss.; FUMAGALLI, Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati nel Reg. n. 805/2004, RDIPP 2006, 23 ss.;LOMBARDINI, Il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati alla luce del Reg. n. 805 del 2004, Studium juris, 2005, 3 ss.; LUPOI, Di crediti non contestati e procedimenti di ingiunzione: le ultime tappe dell’armonizzazione processuale in Europa, RTDPC, 2008, 171 ss.; MILAN, Il titolo esecutivo europeo, in BONOMI (a cura di), Diritto internazionale privato e cooperazione giudiziaria in materia civile, Torino, 2009, 193 ss.; OLIVIERI, Il titolo esecutivo europeo (Qualche considerazione sul Reg. CE 805/2004 del 21 aprile 2004), consultabile su www.judicium.it; PORCELLI, La
«nuova» proposta di procedimento europeo di ingiunzione di pagamento, RTDPC, 2006, 1259 ss.
In Francia, ex multis: D’AVOUT, La circulation automatique des titres exécutoires imposée par le règlement 805/2004 du 21 avril 2004, RCDIP, 2006, 1 ss.; CORREA DELCASSO, La proposition de règlement instituant une procédure européenne d’injonction de payer, RIDC, 2005, 143 ss.;PEROZ, Le règlement Ce numéro 805/2004 du 21 avril 2004 portant creàtion d’un titre exècutoire européen pour les créancers incontestées, Clunet, 2005, 637 ss. In Belgio: VAN DROOGHENBROECK, BRIJS, Un titre exécutoire européen, Bruxelles, 2006, spec. 37 ss.; ID., La pratique judiciaire au défi du titre exécutoire européen, in Aa.Vv., Espace judiciaire européen, Bruxelles, 2007, 215 ss. In Spagna: GASCÓN INCHAUSTI, El Titolo Ejectutivo Europeo para Créditos no Impugnados, Czur Menor, 2005, spec. 27 ss.; FERNÁNDEZ-TRESGUERRES, Tìtulo ejecutivo europeo, in BORRÁS,FERNÁNDEZ-TRESGUERRES,GARCIMARTÌN,GIL NIEVAS, La cooperación en Materia Civil en la Unión Europea: Textos y Comentarios, Cizur Menor (Navarra), 2009, 221 ss. In Austria: BURGSTALLER, NEUMAYR, Der Europäische Vollstreckungstitel für unbestrittene Forderungen, ÖJZ, 2006, 179 ss.; FASCHING, Kommentar zu den Zivilprozeßgesetzen, 2 Auflage, Wien, 2008, 1296 ss.; MAYR,CZERNUCH, Europäisches Zivilprozessrecht, Wien, 2006, 195 ss. Nella dottrina in lingua inglese, cfr. CRIFÒ, First step towards the Harmonization of Civil Procedure. The
conferimento dell’exequatur da parte dello Stato richiesto onde ottenere, in tale ordinamento, tutela esecutiva sulla base di un titolo formatosi in un altro ordinamento membro (purché secondo i dettami del Reg. n. 805/2004).
Potrà trattarsi di un titolo giudiziale così come di un titolo stragiudiziale (ad esempio, un atto pubblico: art. 25 Reg. n. 805/2004).
Nell’ambito del presente saggio, tuttavia, sarà presa ad esame solamente la prima categoria di titoli esecutivi europei e se ne valuteranno le prime applicazioni giurisprudenziali italiane 2.
I controlli sul provvedimento da utilizzare come titolo esecutivo – che nel contesto del Reg. n. 44/2001 spettano al giudice richiesto dell’esecuzione in sede di concessione dell’exequatur – sono nel Reg. n. 805/2004 sostituiti dal controllo “anticipato” dal giudice dell’ordinamento di origine al momento della certificazione:
- vuoi in ordine alla natura del credito a cui il titolo esecutivo si riferisce (art. 6 Reg. n.
805/2004),
- vuoi in ordine alle modalità di notificazione dell’atto introduttivo del giudizio (in caso di titolo esecutivo giudiziale): artt. 13 e 15 Reg. n. 805/2004,
Regulation creatig an European Enforcement Order for uncontested claims, CJQ, 2005, 200 ss. Con riferimento alla dottrina tedesca, basti qui citare BACH, Grenzüberschreitende Vollstreckung in Europa, Tübingen, 2008, spec. 6 ss., 183 ss.;
BITTMANN, Vom Exequatur zum qualifizierten Klauselerteilungsverfahren, Baden Baden, 2008; NAGEL,GOTTWALD, Internationales Zivilprozessrecht, 6. Aufl., Köln, 2007, 602 ss.; GERLING, Die Gleichstellung ausländischer mit inländischen Vollstreckunstiteln durch die Verordnung zur Einführing eines Europäischen Vollstreckungstitels für unbestrittene Forderungen, Frankfurt (M), 2006; KROPHOLLER, Europäisches Zivilprozessrecht, 8. Aufl., Frankfurt (M), 2005, spec. 560 ss.;
HERINGER, Der europäische Vollstreckungstitel für unbestrittene Forderung, Baden Baden, 2007; RAUSCHER,PABST, in RAUSCHER, Europäisches Zivilprozeßrecht, 2. Aufl., München, 2006, Band 2, 1425 ss.; STEIN, Der Europäische Vollstreckungstitel für unbestrittene Forderunggen tritt in Kraft – Aufruf zu einer nüchternen Betrachtung, IPRax, 2004, 181 ss.;
WAGNER, Das Gesetz zur Durchführung der Verordnung (EG) Nr. 805/2004 zum Europäischen Vollstreckungstitel, IPRax, 2005, 401 ss.
2 Non mancano, tuttavia, anche le prime applicazioni giurisprudenziali estere. Si vedano infatti: a) OLG Stuttgart, Beschluss 23 ottobre 2007, 5 W 29/07, Rpfleger, 2008, 319, laddove si è stabilito che per essere certificata come titolo esecutivo europeo, una decisione giudiziale (nel caso di specie: una Versäumnisurteil) deve essere stata emessa all’esito di un giudizio in cui l’invito a comparire personalmente dinanzi all’autorità giudiziaria durante il giudizio sia stato notificato alla controparte ex art. 13, secondo comma, Reg. n. 805/2004 e non già semplicemente inviato per posta. Ciò varrebbe anche quando l’atto introduttivo del processo sia stato preventivamente notificato alla controparte, diversamente da quanto previsto dal § 184, Abs. 1 e 2, ZPO (in forza del quale, in presenza di siffatte condizioni, è consentito inviare l’invito a comparire semplicemente per posta); b) OLG Stuttgart, Beschluss 24 maggio 2007, IPRax, 2008, 260, con nota di ROTH, concernente la possibilità di certificare come titolo esecutivo europeo un provvedimento di liquidazione delle spese processuali;
c) LG Mannheim, Beschluss 5 novembre 2009 – 8 O 188/09, commentata criticamente da MANSEL/THORN/WAGNER, IPRax, 2010, 1 ss., spec. 19, il quale ha stabilito che a fronte di una Versäumnisurteil suscettibile, come tale, di essere certificata come titolo esecutivo europeo, difetta l’interesse a domandare l’inserimento della motivazione nel dictum ai sensi del § 313 b, Abs. 3, ZPO. Tale inserimento, come noto, tutela avverso una eventuale opposizione alla concessione dell’exequatur ai sensi del Reg. n. 44/2001 per mancato rispetto dei diritti essenziali della difesa; d) OGH austriaco, Beschluss 22 febbraio 2007, IPRax 2008, 440, laddove si precisa che la certificazione come titolo esecutivo europeo può essere revocata se non esisteva ab origine alcun credito incontestato; e) Cour d’appel d’Aix en Provence, 20 agosto 2008, consultabile su www.legifrance.gouv.fr, laddove si è confermata la sussumibilità di un’ingiunzione di pagamento non opposta sub art. 3 Reg. n. 805/2004. Per un’ulteriore applicazione giurisprudenziale tedesca, si veda inoltre la nota 32.
- vuoi in ordine alle informazioni fornite al debitore, nell’atto introduttivo del giudizio, a proposito delle conseguenze della mancata contestazione (art. 16 Reg. n. 805/2004) ed agli adempimenti processuali necessari per contestare il credito (art. 17 Reg. n. 805/2004).
L’ambito di applicazione del Reg. n. 805/2004, così come delineato dal suo art. 2 coincide con quello di applicazione del Reg. n. 44/2001 e concerne, in generale, la materia civile e commerciale ad eccezione dei settori indicati al comma 2 dell’art. 2 Reg. n. 805/2004 3.
Sono pertanto idonee ad originare un titolo esecutivo europeo le decisioni giudiziarie, le transazioni giudiziarie e gli atti pubblici relativi a crediti concernenti la materia civile e commerciale. Tuttavia, deve trattarsi di crediti non contestati(art. 3) (A)
La nozione di credito non contestato ha carattere «comunitario» ossia è delineata autonomamente dal Reg. n. 805/2004 senza rinvio al diritto processuale dello Stato membro dove si svolge il procedimento che dovrebbe portare alla formazione del titolo esecutivo.
Un credito si considera non contestato, vuoi quando è stato espressamente riconosciuto4, vuoi quando non è stato contestato dal convenuto costituito (art. 3, lett. b, Reg.
n. 805/20045), vuoi quando il convenuto non si è costituito per contestarlo (sempre che tale comportamento equivalga ad un’ammissione tacita del credito o dei fatti allegati dal creditore secondo la legislazione dello Stato membro d’origine).
Anche se il Reg. n. 805/2004 non lo afferma espressamente, affinché sia possibile ottenere la certificazione quale titolo esecutivo europeo dovrà trattarsi di un procedimento per cui la giurisdizione italiana esisteva ai sensi del Reg. n. 44/2001 (arg. ex art. 6, lett. c, Reg. n.
805/2004) (A 1)
Inoltre, per essere certificata come titolo esecutivo europeo la decisione deve soddisfare ulteriori requisiti (art. 6 Reg. n. 805/2004) (B) e, segnatamente:
- deve essere esecutiva nello Stato membro di origine;
- non deve essere in conflitto con le norme sulla competenza giurisdizionale previste dal Reg. n. 44/2001 riguardanti le controversie assicurative e la competenza esclusiva;
- (in caso di titolo esecutivo giudiziale) debbono essere state rispettate le garanzie processuali minime previste dal capo III6;
- debbono essere state rispettate le specifiche previsioni dell’art. 6, lett. d) se il convenuto è un consumatore.
3 Altresì, non è forse inutile ricordare che il Reg. n. 805/2004 si applica nei rapporti tra tutti gli Stati membri, con l’eccezione della Danimarca.
4 Anche mediante una transazione giudiziale tra cui la dottrina annovera sia verbali di conciliazione sottoscritti a norma degli artt. 183 e 185, 402 c.p.c. sia i verbali redatti davanti alle commissioni di conciliazione.
5 Stante l’attuale disposto dell’art. 115, primo comma, c.p.c. sembrerebbero da considerare tali tutti i provvedimenti emessi all’esito di procedimenti in cui il convenuto non abbia preso posizione sui fatti allegati dall’attore. Questo per quanto concerne il rito ordinario a cognizione piena. Per quanto riguarda i procedimenti sommari è altresì da ricondurre a tale categoria il decreto ingiuntivo non opposto.
6 A tal proposito, un particolare problema si pone per le decisioni emesse all’esito di un procedimento disciplinato dal rito lavoro. In tal caso, difatti, non risultano soddisfatti né il requisito di cui all’art. 17 lett. b), Reg.
n. 805/2004 (indicazione delle conseguenze della mancata comparizione) né, in via subordinata, quelle dell’art. 18 lett. b, Reg. n. 805/2004 (indicazione dei mezzi di impugnazione esperibili e dei tempi per proporli).
Soltanto quando tutte queste condizioni siano integrate sarà possibile domandare al giudice che emise il provvedimento giudiziale il rilascio del certificato di titolo esecutivo europeo, da concedersi – in Italia - in lingua italiana.
Qualora siano soddisfatti questi requisiti, il giudice dello Stato di origine emetterà il certificato di titolo esecutivo europeo secondo il modello contenuto nell’allegato I.
Il Reg. n. 805/2004 non specifica quale giudice dello Stato di origine debba emettere il certificato. In teoria, potrebbe anche trattarsi di un giudice diverso da quello che emise il provvedimento (v. allegato I Reg. n. 805/2004) ma per fare ciò occorre una espressa previsione in tal senso della lex fori 7; previsione che, nel nostro ordinamento, difetta.
Una volta certificata come titolo esecutivo europeo la decisione potrà essere eseguita in tutti gli altri Stati membri come se fosse una decisione interna8, i.e. senza che vi sia la necessità di instaurare un preventivo procedimento di exequatur nello Stato membro in cui dovrebbe svolgersi l’esecuzione forzata.
I limiti soggettivi di efficacia del titolo esecutivo saranno quelli propri dello Stato richiesto (arg. ex art. 20, primo comma, seconda parte Reg. n. 805/2004: amplius, infra § 3) ed il processo esecutivo si svolgerà secondo le regole della lex fori.
2. Per instaurare il processo esecutivo in Italia non è necessario apporre sul certificato di titolo esecutivo europeo la formula esecutiva ex art. 475 c.p.c.
Per instaurare un procedimento esecutivo in Italia sulla base di un titolo europeo occorre fornire all’ufficio esecutivo (i.e. all’ufficiale giudiziario che deve porre in essere il pignoramento) una copia della decisione (che presenti le condizioni di autenticità prescritte) ed una copia del certificato di titolo esecutivo europeo (art. 20 reg. n. 805/2004) tradotto in lingua italiana.
Poiché nel nostro ordinamento, onde intraprendere l’esecuzione, bisogna che sul titolo sia apposta la formula esecutiva e poiché il reg. n. 805/2004 prevede che il processo esecutivo sia disciplinato dalla locale normativa processuale, nella prassi ci è chiesti se vi fosse o meno la necessità di far inserire sul certificato di titolo esecutivo europeo la formula ex art. 475 c.p.c.9.
7 Conf. CRIFÒ, op. cit., 91. Una previsione del genere è contenuta, ad esempio, all’art. 509-1 NCPC francese il quale stabilisce che la richiesta deve essere presentata all’ufficiale giudiziario capo dell’ufficio giurisdizionale che ha emanato la decisione.
8A tal proposito, vi è da rilevare una discrasia tra la dottrina italiana e quella straniera. Mentre gli Autori italiani sono tendenzialmente concordi nel ritenere che il Reg. n. 805/2004, stante il tenore del suo art. 5, consenta sia la circolazione dell’efficacia esecutiva della decisione straniera (c.d. esecuzione) sia la circolazione di quella di giudicato sostanziale di cui sia eventualmente munito il dictum (c.d. riconoscimento) una parte della dottrina straniera, in specie tedesca, facendo leva sul tenore dell’art. 11 Reg. n. 805/2004 afferma che il riconoscimento è disciplinato dal Reg. n. 44/2001. Così, difatti, KROPHOLLER, Europäisches Zivilprozessrecht, 8 Auflage, Frankfurt am Main, 2005, 579; SCHLOSSER, EU-Zivilprozessrecht, München, 2009, 307. In proposito si veda anche la nota n. 32.
9 Il dubbio appare legittimo, considerato che nel caso di specie proveniva da un creditore straniero.
Difatti BITTMANN, op. cit., 144, trovandosi a delineare come si svolge il processo esecutivo all’interno dei principali Stati membri, afferma che in Italia per intraprendere l’esecuzione (verosimilmente: anche in forza di un titolo esecutivo europeo), è necessario un titolo esecutivo munito della formula di cui all’art. 475 c.p.c. Peraltro, a
Tale dubbio è stato risolto in senso negativo sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza fino ad oggi pronunciatasi 10.
Per giustificare tale soluzione – invero condivisibile – si è fatto notare che i controlli (meramente) formali che l’art. 475 c.p.c. riserva al cancelliere sono dal Reg. n. 805/2004 conferiti al giudice dello Stato di origine, al momento dell’emanazione della certificazione, con conseguente inutilità di una duplicazione delle verifiche11.
Come è stato esattamente osservato, la certificazione di cui agli artt. 6 ss. Reg. n.
805/2004 attesta «la sussistenza dei requisiti preliminari di applicabilità della normativa (e cioè l’esecutività della decisione, ma anche la natura pecuniaria e liquida ed esigibile del credito)»12. Si tratta, quindi, proprio dei medesimi controlli che, con riferimento al titolo esecutivo giudiziale interno, sono posti in essere al momento della spedizione in forma esecutiva.
Peraltro, nel caso di specie non sembra sussistere neppure il pericolo che entrino in circolazione più titoli esecutivi in senso documentale. Come noto, è anche per evitare tale pericolo che, per i titoli giudiziali interni, si richiede la spedizione in forma esecutiva13. Il meccanismo istituito dal Reg. n. 805/2004, viceversa, dovrebbe fisiologicamente condurre all’emanazione di un solo certificato14 e sarà comunque cura dello Stato di origine del provvedimento fare in modo che non ne siano rilasciati di ulteriori, se del caso provvedendo alla loro revoca. Non trattandosi di un compito che il Reg. n. 805/2004 attribuisce allo Stato richiesto dell’esecuzione, ancora una volta non vi sarà spazio applicativo per l’art. 475 c.p.c.
tal proposito sembra opportuno segnalare che: a) in Spagna, nell’ambito della Ley de Enjuiciamiento Civil, sono state introdotte delle Medidas para facilitar la aplicación en España del Reglamento (CE) nùm. 805/2004 (a cui commento v. FERNÁNDEZ-TRESGUERRES, op. cit., spec. 242 ss.) che però non si occupano espressamente della problematica indicata nel testo; b) in Francia è stato introdotto nel contesto del c.p.c. l’art. 509-1, il quale egualmente non risolve la questione de qua (ma la dottrina opta per la soluzione di segno negativo: cfr. PÉROZ, Titre exécutoire européen, in Juris Classeur Procédure civile, Fasc. 2105, Paris, 2009, 19, n. 81); c) in Gran Bretagna sono state inserite nelle Civil Procedure Rules le Rules da 74.27 a 74.33; d) in Germania, infine, sono stati introdotti, nella parte finale della ZPO, i §§ 1079-1086. In particolare, il § 1082 ZPO chiarisce che l’esecuzione può iniziare sulla base del certificato di titolo esecutivo europeo senza che vi sia la necessità di apporre sul medesimo la formula esecutiva, prescritta invece per le sentenze interne dai §§ 724-725 ZPO. In proposito v. ADOLPHSEN, in Münchener Kommentar zur Zivilprozessordnung, 3. Aufl., München, 2008, Band 3, 721 ss.
10 In questo senso si erano espressi CARRATTA, op. cit., 11; CRIFÒ, op. cit., 97; DE CESARI, Diritto internazionale privato e comunitario, 2 ed., Torino, 2005, 116; EAD., op. cit., 106; CAMPEIS,DE PAULI, op. cit., 540; DE
CRISTOFARO, op. cit., 145-146; FUMAGALLI, op. cit., 41 nota n. 39. In giurisprudenza, cfr. Trib. Milano, decr. 30 novembre 2007, FI, 2009, I, 935, con nota di CAPONI;Trib. Tolmezzo, 7 marzo 2009,REF,2009,477con nota adesiva di DE STEFANO.
11 CAMPEIS,DE PAULI, op. cit., 540; FUMAGALLI, op. cit., 41, nota 39. L’affermazione posta in essere nel testo fa evidentemente riferimento all’ipotesi generale ossia quella in cui lo Stato di origine del provvedimento attribuisca il potere di certificazione al giudice che lo emise. Quando così non sia (supra, sub nota 7), il controllo de quo sarà posto in essere dall’autorità a cui, con disposizione processuale nazionale, sia stato conferito il potere di emettere la certificazione quale titolo esecutivo europeo.
12 DE CRISTOFARO, op. cit., 145.
13 Cfr. LUISO, Diritto processuale civile, III, Milano, 2009, 40 ss.
14 In questa direzione è del resto orientato anche l’art. 6, c. 3, Reg. n. 805/2004, il quale prevede una sostituzione dell’originario certificato di titolo esecutivo europeo all’esito della proposizione di un giudizio di gravame che si concluda con un provvedimento di natura condannatoria, destinato a sostituire il precedente titolo esecutivo giudiziale.
3. La possibilità di proporre opposizione all’esecuzione avverso il titolo esecutivo europeo. Rapporti con la revoca del certificato
Dopo aver effettuato le necessarie premesse a proposito del sistema abolitivo dell’exequatur introdotto dal Reg. n. 805/2004 è possibile concentrarsi sull’oggetto specifico di questo saggio, ossia la possibilità di proporre opposizione all’esecuzione, in Italia, avverso un titolo esecutivo europeo che sia stato utilizzato per instaurare un procedimento di espropriazione forzata.
La possibilità di impiegare gli strumenti processuali messi a disposizione dal foro per contestare la legittimità dell’esecuzione (da noi: l’opposizione all’esecuzione) è difatti ammessa dall’art. 20, c. 1 Reg. n. 805/2004, il quale prevede che – salve le disposizioni del capo IV del Regolamento – i procedimenti di esecuzione, ivi compresi, deve intendersi, gli strumenti di opposizione, sono disciplinati dalla legge processuale dello Stato membro richiesto.
Tuttavia, per stabilire quali siano le doglianze invocabili tramite l’istituto dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. è necessario individuare, in via preliminare, l’ambito di operatività della revoca del certificato di titolo esecutivo europeo nell’ordinamento di origine.
Infatti, l’applicazione di quest’ultimo rimedio, in quanto disciplinato dal Reg. n.
805/2004 ha carattere prevalente rispetto agli istituti processuali contemplati dalla lex fori.
Conseguentemente, le fattispecie concrete riconducibili alla revoca dovranno essere espunte dalla (eventuale) sfera di operatività dell’art. 615 c.p.c.
Ciò premesso, si osserva che la revoca del certificato, la quale è da domandarsi nello Stato di origine, può essere considerata lo strumento processuale da utilizzare per porre rimedio alle fattispecie di erronea certificazione da parte del giudice dell’ordinamento in cui il titolo esecutivo si è formato.
Segnatamente, si verterà in presenza di una siffatta situazione ogniqualvolta la certificazione sia concessa in mancanza dei presupposti contemplati dal Reg. n. 805/200415, come risulta dal tenore letterale dell’art. 10, c. 1, lett. b, Reg. n. 805/2004.
Insomma, il sistema introdotto dal Reg. n. 805/2004 – come, peraltro, ben evidenziato dalla dottrina che se ne è occupata – conferisce in via (essenzialmente) esclusiva al foro in cui è stato pronunciato il provvedimento giurisdizionale e rilasciato il susseguente certificato il compito di controllare se sussistevano gli estremi per la sua emanazione, con esclusione di ogni possibilità di censura da parte dello Stato richiesto dell’esecuzione 16.
La certificazione, dunque, attesta che sussistono le condizioni per l’emanazione della medesima, ossia che si tratta di una decisione esecutiva riguardante un credito pecuniario liquido ed esigibile (i), emessa nel rispetto delle garanzie processuali minime richieste dagli artt.
15Conf. MAYR,CZERNICH, op. cit., 204-205 ed, in giurisprudenza, OGH austriaco, 22 febbraio 2007, cit.
16 Cfr. CAMPEIS,DEPAULI, op. cit., 533 ss.; DE CRISTOFARO, op. cit., spec. 145; FUMAGALLI, op. cit., 31 ss.; LUPOI, op. cit., spec. 188 ss.; RAUSCHER,PABST, op. cit., 1449.
6 ss. Reg. n. 805/2004 (ii) e che sono state rispettate le norme di competenza del Reg. n.
44/2001 in materia di assicurazione, fori esclusivi e consumatori (iii).
Il principio della reciproca fiducia tra gli Stati membri, sotteso all’emanazione del Reg. n.
805/2004, rende superfluo l’ulteriore controllo da parte del giudice dello Stato richiesto dell’esecuzione17. Così, se una delle parti sostiene che la certificazione è stata conferita erroneamente, per far valere la sua doglianza dovrà utilizzare non già lo strumento dell’opposizione all’esecuzione messo a disposizione dallo Stato richiesto dell’espropriazione (nel caso di specie, l’Italia) in quanto a ciò fa da ostacolo l’art. 21, c. 2, Reg. n. 805/2004 («In nessun caso la decisione o la sua certificazione come titolo esecutivo europeo può formare oggetto di un riesame nel merito nello Stato membro dell’esecuzione») ma, piuttosto, la richiesta di revoca ex art. 10 Reg. n.
805/2004 da proporsi nello Stato di origine del provvedimento18.
Il fondamento di siffatta impossibilità è da ravvisare nell’art. 21, c. 2, Reg. n. 805/2004 nella parte in cui prevede che la certificazione non possa essere oggetto di riesame; espressione, questa, da riferire alla impossibilità di svolgere in Italia una nuova cognizione per stabilire se vi fossero effettivamente gli estremi per la sua concessione.
Conseguentemente, lo strumento da utilizzare sarà necessariamente la richiesta di revoca del certificato nello Stato di origine, qualora ci si lamenti dell’erroneo rilascio della certificazione come titolo esecutivo europeo per mancanza di taluno dei presupposti necessari contemplati dal Reg. n. 805/2004 e segnatamente:
1) della mancanza di un credito incontestato;
2) della insussistenza della giurisdizione ai sensi dell’art. 6, lett. b, Reg. n. 805/2004;
3) dell’inosservanza degli artt. 13-17 Reg. n. 805/2004.
Una prima applicazione giurisprudenziale delle regole de quibus è stata posta in essere dal Tribunale Milano nella decisione del 23 aprile 200819.
Nel caso di specie, si trattava della richiesta di revoca di un certificato emesso dal giudice italiano in relazione ad un decreto ingiuntivo, ovviamente provvisoriamente esecutivo, che era stato opposto (almeno così sembrerebbe dalla lettura della motivazione del provvedimento).
17 RAUSCHER,PABST, op. cit., 1439.
18 Chiaro in proposito DE CRISTOFARO, op. cit., 147-148, il quale specifica come l’avvenuto rispetto delle norme processuali minime, necessario affinché la decisione possa valere come titolo esecutivo europeo, «è sempre affidato all’auto-certificazione del giudice d’origine, senza alcuna possibilità di riesame nello Stato ad quem, neppure ove il certificato venga emesso nella conclamata assenza dei requisiti prescritti». Conf. NAGEL,GOTTWALD, op. cit., 613; KROPHOLLER, op.
cit., 630-631; WAGNER, op. cit., 407 ss. Ritengono che a fronte di simili fattispecie sia possibile chiedere la revoca della certificazione nello Stato di origine LUPOI, op. cit., 194, e STEIN, op. cit., 190. È appena il caso di segnalare che, quando lo Stato di origine del titolo esecutivo europeo sia la Germania, la richiesta di revoca del certificato da parte del debitore, in virtù della previsione di cui al § 1081 ZPO, dovrà essere presentata nel termine perentorio di un mese decorrente dalla notifica della certificazione e tuttavia non prima della notificazione del titolo cui la certificazione si riferisce. Il giudice competente per la revoca è quello che emise la certificazione. La durata del termine corrisponde a quella fissata dall’art. 43, c. 5, Reg. n. 805/2004 (KROPHOLLER, op. cit., 600).
Quando la notifica deve essere effettuata all’estero, il termine è raddoppiato. La domanda di rettifica è invece proponibile sine die.
19 In FI, 2009, I, 395, con nota di CAPONI.
Invero, se non sussiste alcun dubbio in ordine al fatto che il decreto ingiuntivo non opposto sia da considerare un credito non contestato ai sensi del Reg n. 805/2004, art. 3, lett.
b20, altrettanto non può dirsi quando il decreto sia stato opposto, non essendo in quel caso integrato l’art. 3, lett. b, Reg. n. 805/2004.
Dunque, quando la certificazione sia domandata e concessa dopo che l’ingiunto abbia proposto opposizione, quest’ultimo potrà chiederne la revoca (nel caso di specie: al giudice italiano). In questa ipotesi, difatti, la certificazione è emanata per errore, poiché al momento del suo rilascio il provvedimento giudiziale era privo dei requisiti idonei a farne un titolo esecutivo europeo. Sotto questo profilo, risultano quindi integrati gli estremi dell’art. 10, c. 1, lett. b, Reg.
n. 805/2004.
Sussiste, tuttavia, un ulteriore aspetto problematico su cui la menzionata decisione del Tribunale di Milano non si è soffermata, il quale consiste nel fatto che l’art. 10 Reg. n.
805/2004, testualmente, consente di domandare la revoca al giudice dello Stato di origine del provvedimento soltanto quando il certificato sia stato manifestamente concesso per errore.
La dottrina si è pertanto interrogata sul significato da attribuire a tale espressione21, verosimilmente inserita nel testo della disposizione per evitare che la richiesta di revoca fosse nella prassi utilizzata come una sorta di impugnazione avverso l’ottenuta certificazione in aperto contrasto con il tenore dell’art. 10, c. 4, Reg. n. 805/2004.
Attualmente prevale l’idea per cui la revoca possa essere chiesta tutte le volte in cui l’originaria insussistenza dei requisiti per la certificazione emerga dalla mera lettura del dictum e del certificato22 o comunque (si deve intendere) sia ravvisabile senza necessità di effettuare una apposita istruttoria, sulla base cioè di un mero controllo esterno. Per le finalità di questa relazione non è necessario approfondire ulteriormente il tema domandandosi quali siano i confini di un siffatto controllo esterno. Del resto, nel caso sottoposto all’attenzione del Tribunale di Milano era indubbiamente evidente che il decreto ingiuntivo opposto non poteva essere considerato un credito incontestato23.
Peraltro, lo stesso avrebbe potuto dirsi qualora la certificazione fosse stata chiesta ed ottenuta in pendenza del termine per proporre opposizione a decreto ingiuntivo. Difatti, proprio perché quest’ultimo è un provvedimento emesso inaudita altera parte, il credito potrà considerarsi “non contestato” ai sensi del Reg. n. 805/2004 soltanto al momento in cui sia spirato invano il termine per proporre opposizione. Dunque, anche in quel caso sarebbe stata manifestamente evidente l’originaria carenza di una situazione idonea a dar vita ad un titolo
20 LUPOI, op. cit., 183-184; FUMAGALLI, op. cit., 30, nota 17; OLIVIERI, op. cit., § 4, nonché, nell’ambito della giurisprudenza francese (sebbene non riferendosi all’ingiunzione di pagamento italiana), Cour d’appel d’Aix en Provence, 20 agosto 2008, cit.
21 Si occupano del problema CARPI, op. cit., 688 ss. e LUPOI, op. cit., 194.
22 In questo senso, ad esempio, KROPHOLLER, op. cit., 597; RAUSCHER,PABST, op. cit., 1511.
23 Gli stessi RAUSCHER,PABST, loc. ult. cit., nell’enunciare le fattispecie in cui è certamente ammessa la revoca, rammentano quella del credito che sia controverso («Der Widerruf ist insbesondere auszusprechen, wenn … die Forderung vom Schuldner bestritten wurde»).
esecutivo europeo, con consequenziale spazio di operatività per l’istituto della revoca di cui all’art. 10 Reg. n. 805/2004.
Diverso regime hanno, invece, le fattispecie di sopravvenuta carenza dei requisiti per la certificazione: sempre prendendo ad esame il procedimento monitorio, si può pensare ad un decreto ingiuntivo per cui siano decorsi i termini di opposizione e che sia stato perciò certificato come titolo esecutivo europeo ma contro il quale, in un secondo momento, sia proposta (con successo) opposizione tardiva. In tal caso, non resterà che chiedere una certificazione comprovante la sopravvenuta inefficacia (esecutiva) del provvedimento giudiziale ai sensi dell’art. 6, c. 2, Reg. n. 805/200424.
Non si potrà, viceversa, domandare la revoca della certificazione, posto che l’art. 10, c. 1, lett. b, Reg. n. 805/2004, come si è visto, limita l’operatività dell’istituto alle ipotesi di originaria mancanza dei requisiti per la certificazione. Piuttosto, dovrà essere chiesta l’emanazione di un certificato comprovante la sopraggiunta non esecutività del titolo esecutivo europeo (ex art. 6, c.
2, Reg. n. 805/2004), per sopravvenuta inesistenza del requisito di cui all’art. 3, lett. b, Reg. n.
804/2005.
Secondo la Comunicazione italiana effettuata ai sensi dell’art. 30 Reg. n. 805/2004, il procedimento che porta alla revoca del certificato è un procedimento in camera di consiglio dinanzi allo stesso giudice che emise la certificazione. Sebbene la Comunicazione non lo affermi espressamente, il rinvio sembra da intendersi come effettuato agli artt. 737 ss. c.p.c. Dunque il giudice che emise la certificazione, su ricorso della parte interessata e a contraddittorio integro25, svolge una mera verifica formale della sussistenza dei requisiti contemplati dal Reg. n.
805/2004, considerato che soltanto quando questi siano integrati può dirsi sussistente un titolo esecutivo in senso sostanziale. All’occorrenza, come previsto dalla disciplina dei procedimenti in camera di consiglio, il giudice potrà anche assumere informazioni.
Poiché il nostro legislatore nulla espressamente prevede, la richiesta di revoca potrà essere chiesta in ogni tempo26.
Una volta delineato l’ambito di operatività dell’istituto della revoca e di quello della richiesta della certificazione della sopravvenuta cessazione dell’efficacia esecutiva del titolo europeo, si possono risolvere i quesiti che ci ponemmo, ossia se ed in quali casi, per l’esecutato, sussista la possibilità di proporre l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. quando il processo esecutivo si svolga in Italia.
L’eventuale proposizione dell’opposizione all’esecuzione, del resto, non sembra suscitare neppure problemi di giurisdizione, in quanto la potestas judicandi del foro dovrebbe sussistere ai sensi dell’art. 22, n. 5, Reg. n. 44/200127.
24 V. RAUSCHER,PABST, op. cit., 1494.
25 Perché così prevedono le disposizioni sul procedimento in camera di consiglio, e così è stato anche nella fattispecie che ha condotto all’emanazione della pronuncia del Tribunale di Milano citata nel testo.
26 Viceversa, come già ricordato, se il titolo esecutivo europeo è stato certificato in Germania la richiesta di revoca da parte del debitore, conformemente alla funzione impugnatoria dell’istituto, potrà essere effettuata soltanto entro un mese dalla sua emanazione.
Nel porre in essere tale verifica ci soffermeremo soltanto sui motivi di opposizione all’esecuzione di cui al primo comma dell’art. 615 c.p.c., i.e.:
I) inesistenza del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata per mancanza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo;
II) inesistenza del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata per carenza del diritto da attuare coattivamente.
Per contro, non ci occuperemo del motivo di opposizione all’esecuzione di cui al secondo comma dell’art. 615 c.p.c. (impignorabilità dei beni), in quanto, con riferimento a tale doglianza, la circostanza per cui il titolo esecutivo sia un titolo europeo non comporta conseguenze di sorta rispetto all’ipotesi in cui il titolo esecutivo sia di formazione interna 28.
A tal proposito, ed in primo luogo, è agevole rilevare come, per l’esecutato, non sia possibile esperire vittoriosamente l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. lamentandosi:
A) del fatto che il titolo esecutivo europeo è privo della formula esecutiva (asserita inesistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata per mancanza del titolo esecutivo)
B) dell’originaria insussistenza del diritto di credito per la cui tutela s’intende instaurare il processo esecutivo, i.e. dell’ingiustizia della decisione giurisdizionale estera certificata come titolo esecutivo europeo) (asserita inesistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata mancanza del diritto da tutelare in via esecutiva).
La doglianza sub A), se proposta, sarà da reputare manifestamente infondata, in quanto già si vide che il titolo esecutivo europeo non necessita della spedizione in forma esecutiva. Non può dunque sostenersi che per una simile mancanza sia venuto meno il titolo esecutivo, anche perché si tratterebbe, semmai, di una carenza riguardante il titolo esecutivo in senso documentale e non già il titolo esecutivo in senso sostanziale, cioè quello che qui viene in gioco29. In altri termini: se anche la spedizione fosse stata ritenuta necessaria, la sua mancanza sarebbe potuta essere motivo di doglianza in sede di opposizione agli atti esecutivi, non già in sede di opposizione all’esecuzione
Ciò che invece impedisce di invocare la doglianza sub B in sede di opposizione all’esecuzione è un’ulteriore disposizione contenuta nel Reg. n. 805/2004, la quale, congiuntamente all’istituto della revoca del certificato, circoscrive la portata dei rimedi oppositori previsti dalla lex fori. Si tratta, segnatamente, dell’art. 21, c. 2, Reg. n. 805/2004, il quale osta a che il giudice dello Stato richiesto il riesame nel merito della pronuncia giudiziale valida come titolo esecutivo europeo.
L’art. 21, c. 2, Reg. n. 805/2004 è difatti chiaro nell’affermare che qualsiasi doglianza riguardante l’ingiustizia della decisione di merito (per ciò intendendosi sia l’ipotesi in cui siano
27 Conf. GEIMER, Internationales Zivilprozessrecht, 4 Auflage, Köln, 2009, 1130, riferendosi alla possibilità di instaurare in Germania la Vollstreckungsgegenklage avverso il titolo esecutivo europeo. Del resto, nell’ambito di tale ordinamento, la generale possibilità di proporre opposizione all’esecuzione in caso di processo esecutivo intrapreso sulla base di un titolo europeo è sancita dal § 1086 ZPO.
28 Inoltre, non ci soffermeremo ad esaminare le doglianze in punto di rito che possono essere sollevate dall’esecutato (carenza di giurisdizione, di competenza sussistenza di un presupposto processuale negativo, etc.).
29 Cfr. LUISO, Diritto processuale civile , III, 5 ed., Milano, 2009, 40.
stati commessi errores in judicando sia quella in cui siano stati commessi errores in procedendo che abbiano condotto alla emanazione di una sentenza ingiusta30) può essere fatta valere unicamente nello Stato di origine con gli strumenti impugnatori là messi a disposizione e non già nello Stato richiesto in sede di esecuzione.
Peraltro, per ovviare alle situazioni in cui il diritto processuale dello Stato di origine del provvedimento non contempli una simile impugnazione, il legislatore comunitario ha introdotto una disposizione, per l’appunto l’art. 19 Reg. n. 805/2004, che garantisce la possibilità di domandare la revisione del provvedimento certificato come titolo esecutivo europeo qualora siano stati commessi gli errores in procedendo ivi menzionati. Tale giudizio, tuttavia, potrà esclusivamente proporsi nello Stato di origine 31.
Si può conseguentemente affermare che, in presenza della doglianza sub B), il giudice italiano dell’opposizione all’esecuzione si trova in una situazione analoga a quella che si verifica quando si tratta di coordinare il tenore dell’art. 615 c.p.c. con il principio dell’assorbimento dei motivi di nullità in vizi di gravame, ex art. 161, c. 1, c.p.c., qualora l’esecuzione sia intrapresa sulla base di un titolo esecutivo giudiziale interno.
L’unica differenza è che in questo caso si tratta di coordinare il tenore dell’art. 615 c.p.c.
con delle disposizioni non interne bensì comunitarie (il Reg. n. 805/2004). Tuttavia, la conseguenza che ne deriva è la medesima ossia una limitazione delle possibilità di utilizzazione dell’art. 615 c.p.c. per effetto della previsione di cui all’art. 21, c. 2, Reg. n. 805/2004. Così tutte le volte in cui, attivandosi tempestivamente, vi era la possibilità di far valere nello Stato di origine del provvedimento una delle doglianze contemplate da queste due disposizioni, sarà preclusa la possibilità di invocare la medesima, nello Stato richiesto, con lo strumento dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. (quando lo Stato richiesto sia l’Italia).
La conclusione de qua, proprio perché è la risultante del coordinamento tra l’art. 615 c.p.c. e l’art. 21, c. 2, Reg. n. 805/2004, rimane valida sia qualora si ritenga che il Reg. n.
805/2004 consenta l’automatica circolazione della sola efficacia esecutiva del provvedimento costituente titolo esecutivo europeo (argomentando testualmente dal disposto di cui all’art. 11 Reg. n. 805/2004), sia qualora si ritenga che il Reg. n. 805/2004 consenta altresì l’automatica circolazione dell’efficacia di accertamento incontrovertibile che la decisione/titolo esecutivo europeo dovesse avere (argomentando dal tenore dell’art. 5 Reg. n. 805/200432). Difatti,
30 Quale potrebbe essere, ad esempio, la violazione del contraddittorio che abbia impedito al convenuto di allegare fatti impeditivi o estintivi.
31 Conf., da noi, CAMPEIS,DE PAULI, op. cit., 541 ss. In giurisprudenza, in proposito v. Trib. La Spezia, 7 febbraio 2008, FI, 2009, I, 935, con nota di CAPONI.
32 Nel primo senso, come già indicato supra sub nota n. 5, KROPHOLLER, op. cit., 579; HERINGER, op. cit., 118 ss. (osservando, peraltro, che la circostanza per cui il controllo è rimesso allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento depone a favore della mancanza del requisito di imparzialità); nonché, sia consentito, D’ALESSANDRO, Exequatur secondo la Conv. Bruxelles ed applicazione delle forme dell’art. 67 l. 218/1995, Int’l Lis, 2008, 21 ss. Nel senso secondo senso v. invece LUPOI, op. cit., 188; D’AVOUT, op. cit., spec. 13 ss.; GASCÓN INCHAUSTI, op. cit., 37-38; FASCHING, op. cit., 1309; GEIMER, in ZÖLLER, Zivilprozessordnung, 28 Auflage, Köln, 2010, 3132 e 3137. Mostra di aderire implicitamente a questa soluzione, nella giurisprudenza tedesca, OLG Stuttgard, Beschluss 20 aprile 2009, 5W 68/08, ove si è affermato che il conseguimento del certificato di titolo esecutivo
quand’anche si dovesse optare per la tesi restrittiva, non sarebbe comunque consentito invocare l’inesistenza del diritto di credito per cui si procede nello Stato richiesto (da noi con lo strumento dell’opposizione ex art. 615 c.p.c.): non perché esiste un titolo esecutivo europeo con efficacia di accertamento incontrovertibile dell’esistenza del credito ma, piuttosto, perché l’art.
21 Reg. n. 805/2004 lo preclude.
Se, dunque, la preclusione per i titoli esecutivi giudiziali e con riferimento alle doglianze che implicano la necessità di un riesame della decisione (e non già della certificazione) riguarda quelle censure che avrebbero potuto essere invocate in sede di cognizione nello Stato di origine e non lo furono (in sintonia con quanto previsto, nell’ordinamento interno, dall’art. 161, c. 1, c.p.c.), bene si comprenderà perché sia invece possibile far valere dinanzi al giudice dell’esecuzione (in Italia) con lo strumento dell’art. 615 c.p.c., le seguenti doglianze, espressamente contemplate dall’art. 21 Reg. n. 805/2004:
1) la circostanza di cui all’art. 21, c. 1, Reg. n. 805/2004, i.e. la sussistenza di una decisione anteriore ed incompatibile con quella certificata come titolo esecutivo europeo in quanto detta regole di condotta di tenore contrario che siano vincolanti per le medesime parti in senso sostanziale33, la quale può riguardare:
a) una situazione esclusiva dello Stato richiesto, non comune allo Stato di origine, perché, ad es., la decisione anteriore incompatibile proviene da uno Stato terzo e non è stata là riconosciuta. Per questo non si pretende che l’interessato abbia fatto valere la doglianza nello Stato di origine, laddove l’incompatibilità non sussisteva. Si tratta, precisamente, di una situazione che fa venire meno il titolo esecutivo in senso sostanziale non in tutti gli Stati membri ma soltanto in quello richiesto (che qui si ipotizza essere l’Italia), per ragioni contingenti là sussistenti;
b) una situazione comune allo Stato di origine e che tuttavia l’interessato (i.e. il debitore) non ha avuto la possibilità di far valere nel giudizio di cognizione estero che ha portato alla pronuncia del titolo esecutivo europeo perché la decisione anteriore incompatibile è stata là riconosciuta in un momento in cui non vi era più la possibilità di allegarla nel giudizio, sia esso di prime cure, sia esso di impugnazione34. Si tratta, quindi, di una sopravvenienza, legittimamente invocabile ai sensi dell’art. 615 c.p.c. come meglio si vedrà infra, sub 2.
europeo, fa venir meno l’interesse ad agire nell’ambito del procedimento di conferimento dell’exequatur ex Reg. n.
44/2001 anche per ottenere una pronuncia di accertamento dell’avvenuto automatico riconoscimento del dictum (sembrerebbe). Per quest’ultima decisione dovrebbe invece ritenersi sussistente l’interesse ad agire qualora si ritenga che il Reg. n. 805/2004 disciplini soltanto la circolazione dell’efficacia esecutiva del titolo esecutivo europeo. Nella medesima direzione, in dottrina, MANKOWSKY, Wie viel Bedeutung verliert die EuGVO durch den Europäischen Vollstreckungstitel?, in Die richtige Ordnung. Festschrift für Jan Kropholler zum 70 Geburtstag, Tübingen, 2008, 829 ss. Si sono viceversa espressi criticamente avverso la pronuncia dell’OLG Stuttgard, in quanto favorevoli al sistema delle vie parallele, MANSEL/THORN/WAGNER, Europäisches Kollisionsrecht 2009: Hoffnungen durch den Vertrag von Lissabon, IPRax, 2010, 1 ss., spec. 19.
33 Tale è, ad esempio, la pronuncia interna che accerti l’inesistenza del diritto di credito invece reputato esistente dal dictum condannatorio certificato come titolo esecutivo europeo.
34 Il tenore letterale dell’art. 21, lett. c, Reg. n. 805/2004 («il debitore non abbia fatto valere e non abbia avuto la possibilità di far valere l’incompatibilità nel procedimento svoltosi nello Stato membro di origine») sembrerebbe viceversa indicare che l’esecuzione del dictum estero non possa essere rifiutata quando la sussistenza di una decisione
Accanto a questa doglianza, suscettibile di essere invocata (in Italia) con lo strumento dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. per espressa previsione dell’art. 21 c. 1, Reg. n.
805/2004, ne sono possibili altre sebbene stavolta non menzionate dal Reg. n. 805/2004. Tali lamentele potranno riguardare il profilo della inesistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata in Italia per carenza originaria o sopravvenuta di un titolo esecutivo, così come il profilo della inesistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata in Italia per insussistenza del diritto da tutelare coattivamente.
Con riferimento al profilo dell’inesistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata in Italia per carenza originaria o sopravvenuta di un titolo esecutivo, in sede di opposizione all’esecuzione sarà possibile, per l’esecutato:
2) invocare la mancanza di efficacia esecutiva del titolo a favore del procedente o contro l’esecutato, i.e. invocare la circostanza per cui il titolo esecutivo europeo non è utilizzato dal creditore o da un suo successore contro il debitore o il suo successore35. A tal proposito, occorre ribadire che il tenore letterale del disposto di cui all’art. 20, c. 2, Reg. n. 805/2004 («Una decisione giudiziaria certificata come titolo esecutivo europeo è eseguita alle stesse condizioni di una decisione giudiziaria pronunciata nello Sato membro d’esecuzione»), induce a ritenere che i limiti soggettivi del titolo esecutivo europeo da eseguire in Italia siano quelli delineati dal nostro ordinamento36. Conseguentemente, il certificato potrà essere utilizzato anche dal successore del creditore e contro i successori del debitore (arg. ex artt. 475, c. 2, e 477 c.p.c.;
3) invocare la sopravvenuta cessazione dell’efficacia esecutiva del titolo europeo. Si tratta dell’ipotesi in cui l’esecuzione sia stata intrapresa sulla base del titolo esecutivo europeo benché l’efficacia esecutiva del medesimo sia stata sospesa dal giudice dell’impugnazione ovvero sia venuta meno perché il dictum è stato riformato in tale sede. In presenza di una simile fattispecie, di regola, sarà cura del debitore chiedere, nello Stato di origine, il certificato comprovante il venir meno o la sospensione dell’esecutività, il quale sarà rilasciato secondo il modulo di cui all’allegato IV Reg. n. 805/2004. Altresì, il debitore avrà l’onere di produrre tale modulo in sede di opposizione all’esecuzione.
Con riferimento, invece, al profilo dell’inesistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata in Italia per insussistenza del credito da tutelare coattivamente sarà possibile invocare in sede di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.:
incompatibile emanata nello Stato dell’esecuzione avrebbe potuto essere invocata dal debitore nel corso del procedimento nello Stato di origine (perché emessa antecedentemente alla conclusione del locale giudizio e là automaticamente riconosciuta) ma non lo fu. Una simile interpretazione evidentemente vede nell’art. 21 Reg. n.
805/2004 una norma a tutela del debitore e valorizza il principio di autoresponsabilità, penalizzando colui che avrebbe potuto attivarsi per evitare l’emanazione di una pronuncia di tenore a sé sfavorevole. Qualora, invece, si ritenga che la disposizione de qua sia posta a tutela di esigenze pubblicistiche di coerenza interna del foro dell’esecuzione dovrà rifiutarsi l’esecuzione fondata sul titolo esecutivo europeo anche quando il debitore rimase interte nello Stato di origine del provvedimento.
35 In ordine alla circostanza per cui è l’opposizione all’esecuzione lo strumento con cui far valere tale doglianza cfr. LUISO, L’esecuzione ultra partes, Milano, 1984, spec. 389 ss.
36 Conf., nell’ambito della dottrina francese, PÉROZ, Titre exécutoire européen, in Juris Classeur Procédure civile, Fasc. 2105, Paris, 2009, 19, n. 80 (versione consultabile tramite la banca dati Lexisnexis-JurisClasseur).
4) il sopravvenuto venir meno del diritto di credito da tutelare. Segnatamente, potranno essere invocate le sopravvenienze in fatto idonee a superare i limiti temporali di efficacia del dictum valido come titolo esecutivo europeo37.
In genere si tratterà dell’allegazione di fatti sopraggiunti ed estintivi del credito da eseguire coattivamente. Si pensi, ad es., all’adempimento del credito non contestato avvenuto dopo il passaggio in giudicato del provvedimento che costituisce titolo esecutivo giudiziale.
Poiché trattasi di sopravvenienza che non poteva essere fatta valere nello Stato di origine né in prime cure né tantomeno in sede d’impugnazione, vi sarà la possibilità di invocarla in sede di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. senza che ciò costituisca una inammissibile revisione nel merito del precedente provvedimento (cfr. l’art. 21, c. 2, Reg. n. 805/2004).
Per ottenere l’accoglimento del merito dell’opposizione all’esecuzione quello che rileva, dunque, è soltanto che si tratti di una sopravvenienza idonea a superare i limiti temporali di efficacia della decisione giurisdizionale estera valida come titolo esecutivo europeo.
A nostro avviso, nessun valore assume invece la circostanza per cui il fatto nuovo si sia verificato successivamente ovvero anteriormente al rilascio della certificazione38.
Difatti, il rilascio della certificazione non è subordinato alla verifica dell’attuale esistenza del credito, dovendo l’emittente soltanto appurare la sussistenza dei requisiti di cui agli artt. 3 ss.
Reg. n. 805/2004.
Non si può quindi affermare che trattasi di un fatto che poteva essere invocato in sede di certificazione e non lo fu. A fronte di una fattispecie del genere, del resto, il titolo esecutivo in senso sostanziale (attestato dalla certificazione) esiste ancora; quello che manca è la sussistenza del credito per cui si domanda tutela esecutiva ed è proprio questo che rende l’esecuzione ingiusta e legittima il ricorso allo strumento di cui all’art. 615 c.p.c. Pertanto, sarà sempre possibile far valere tale sopravvenienza in sede di opposizione all’esecuzione nello Stato richiesto, quale ragione di inesistenza (non del titolo esecutivo in senso sostanziale, ma piuttosto) del diritto per cui si chiede tutela esecutiva 39.
37 Conf. CAMPEIS,DE PAULI, op. cit., 533 ss., 541 ss., nonché, nell’ambito della dottrina tedesca, GEIMER, Internationales, cit., 1130; A. K. BITTER, Vollstreckbarerklärung und Zwangsvollstreckung ausländischer Titel in der Europäischen Union, Tübingen, 2009, 80 ss. Tali limiti, è pacifico, sono fissati dalla legge processuale dello Stato di origine del provvedimento.
38 Contra CARRATTA,op. cit., 12, il quale ritiene possibile invocare in sede di opposizione all’esecuzione eventi «estintivi, modificativi (…) del credito oggetto di titolo esecutivo europeo sopravvenuti alla certificazione».
39 Viceversa, poiché per un verso l’art. 21, c.1, Reg. n. 805/2004 non prevede che la contrarietà del titolo esecutivo europeo all’ordine pubblico processuale e sostanziale dello Stato richiesto sia motivo ostativo dell’esecuzione e poiché, per altro verso, non si tratta di doglianza idonea a superare i limiti di efficacia temporale del titolo esecutivo europeo non sembrerebbe possibile proporre opposizione all’esecuzione lamentandosi del fatto che il giudice estero non ha applicato ovvero ha male applicato una norma comunitaria di ordine pubblico comunitario (ad esempio: in materia di tutela del consumatore). Conf. WEBER, Europäisches Zivilprozessrecht und Demokratieprinzip, Tübingen, 2009, spec. 33 ss. ed in giurisprudenza, da noi, Trib. Tolmezzo, 17 marzo 2009, REF, 2009, 477. Contra CARRATTA, op. cit., 12 ritenendo possibile il controllo della conformità all’ordine pubblico processuale del foro, sul presupposto che nel momento del rilascio del certificato il giudice dello Stato di origine non poteva valutare tale profilo. Nella medesima direzione D’AVOUT, op. cit., 44. Si osserva, tuttavia, che il controllo de quo sembrerebbe superfluo dopo l’avvenuta certificazione del rispetto delle norme processuali
4. La legge applicabile al merito del giudizio di opposizione all’esecuzione
Nell’ipotesi precedentemente indicata sub 4) ossia quando l’opposizione all’esecuzione sia proposta invocando il sopravvenuto venir meno del credito che si intende eseguire coattivamente, si pone un ulteriore problema. Si tratta, difatti, di stabilire quale debba essere la legge sostanziale da applicare al merito del giudizio di opposizione all’esecuzione, ed in particolare:
a) se debba trattarsi della stessa legge che applicò il giudice estero, alla quale l’autorità giurisdizionale italiana, in sede di opposizione all’esecuzione, non potrebbe far altro che adeguarsi;
b) oppure se il giudice italiano dell’opposizione all’esecuzione possa procedere ad una nuova individuazione.
A tal proposito ed in via preliminare si deve osservare che allo stato attuale, in linea di principio, nell’ambito del giudizio che ha condotto alla formazione del titolo esecutivo europeo il giudice dello Stato d’origine del provvedimento avrà verosimilmente deciso la controversia facendo applicazione non già della normativa richiamata dal diritto internazionale privato (di seguito: d.i.p.) del proprio ordinamento ma, piuttosto, facendo applicazione della legge indicata dai Regolamenti Roma I o Roma II a seconda di quale sia la fonte dell’obbligazione pecuniaria dedotta in giudizio (se contrattuale ovvero extracontrattuale).
Lo stesso, però, può affermarsi riguardo al giudice italiano dell’opposizione all’esecuzione. In altri termini: se anche si ritenga che quest’ultimo possa individuare autonomamente la legge da applicare al merito della controversia senza essere vincolato dalla scelta fatta in sede di formazione del titolo esecutivo europeo, egli dovrà comunque effettuare la valutazione ai sensi della normativa comunitaria di d.i.p.
Ciò consente di ritenere che, in linea di principio ed a prescindere dalla soluzione che si attribuisce al quesito appena indicato, dovrebbe trattarsi pur sempre di applicare la medesima normativa di diritto internazionale privato, ossia quella comunitaria (Regolamento Roma I o Roma II).
Conseguentemente, la differenza tra l’una e l’altra opzione interpretativa, si lascia di fatto apprezzare:
I) nei casi (ammesso che ve ne siano di ravvisabili) in cui la controversia dedotta dinanzi al giudice dello Stato di origine del dictum, poi certificato come titolo esecutivo europeo, esorbitava sia dall’ambito applicativo del Reg. Roma I che da quello del Reg. Roma II;
II) tutte le volte in cui si verta entro la sfera applicativa del Reg. Roma I o Roma II, qualora il giudice italiano ritenga che il giudice estero abbia errato nel fare applicazione delle disposizioni comunitarie, i.e. abbia erroneamente applicato un regolamento al posto dell’altro minime fissate dal regolamento; controllo posto in essere nello Stato di origine e da accettare anche nello Stato richiesto in virtù del principio della reciproca fiducia tra gli ordinamenti europei.
ovvero abbia applicato il regolamento corretto ma, tuttavia, abbia commesso un errore nell’interpretazione ovvero nell'applicazione del medesimo, ergo nell’individuazione della legge sostanziale applicabile al merito della controversia.
In presenza di simili fattispecie, soltanto qualora si preferisca l’opzione interpretativa sub b) vi sarà la possibilità, per il giudice italiano, di “correggere il tiro”, decidendo della fondatezza dell’opposizione all’esecuzione sulla base di una legge sostanziale diversa da quella che fu applicata nella sede estera, la quale condusse alla formazione del titolo giudiziale europeo.
Peraltro, la circostanza per cui la normativa di d.i.p. generalmente applicabile sia quella dei Regolamenti Roma I o Roma II comporta un’ulteriore significativa conseguenza. Difatti, in virtù del disposto di cui agli artt. 22, primo comma, Reg. Roma II e 18, primo comma, Reg.
Roma I la legge applicata al merito della controversia potrebbe anche disciplinare la ripartizione dell’onere della prova, al posto dell’art. 2697 c.c. ossia la norma della lex fori40. Quest’ultima, invero, secondo il legislatore comunitario «si applica nella misura in cui stabilisca presunzioni legali o ripartisca l’onere della prova».
Avverso la possibilità di una nuova determinazione della legge applicabile al merito della controversia da parte del giudice dell’opposizione all’esecuzione – nell’ipotesi in cui l’esecutato alleghi a sostegno della propria doglianza la sopravvenienza di fatti estintivi del credito – è stata invocata l’esigenza di fare in modo che l’accertamento della sopravvenienza di fatti estintivi o modificativi avvenga in base alla medesima legge materiale che ha presieduto alla verifica dell’esistenza dei fatti costitutivi giù dedotti nella sede processuale estera e che ha disciplinato il relativo onere della prova41 cosicché quella conclusiva del giudizio di opposizione all’esecuzione sia una sorta di decisione di «adattamento» (rispetto a quella che fu certificata come titolo esecutivo europeo).
Come è stato esattamente osservato, difatti, la fattispecie de qua si differenzia dal fenomeno del depeçage, pure ammesso dal Reg. Roma I, in quanto quest’ultimo consente che differenti effetti giuridici del medesimo rapporto obbligatorio vadano assoggettati a distinte leggi sostanziali, mentre qui si tratterebbe di sottoporre a distinte leggi sostanziali la fattispecie costitutiva del medesimo effetto sostanziale 42.
La critica persuade e pare meritevole di essere condivisa, lo si ribadisce, relativamente alla fattispecie in cui l’esecutato, in sede di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. invochi la sopravvenienza di fatti estintivi ovvero modificativi del credito da eseguire coattivamente.
40 Come è stato esattamente osservato, evidentemente il legislatore comunitario ha reputato che le disposizioni sulla ripartizione dell’onere probatorio fossero da considerare di diritto sostanziale e non già di diritto processuale: il riferimento è a LEANDRO, in Regolamento Ce n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali («Roma I»), NLCC, 2009, sub art. 18, 886 ss., spec.
887. In proposito cfr. anche SPELLENBERG, in Münchener Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch, Band 10, 5 Auflage, München, 2010, sub art. 18 Rom I-VO, 1104 ss.
41 Così testualmente CONSOLO, Limiti alla esecuzione di decisioni straniere (opposizione all’esecuzione, prescrizione e altre vicende estintive del diritto), in Nuovi problemi di diritto processuale civile internazionale, Milano, 2002, spec. 88 ss.
42 CONSOLO, Limiti alla esecuzione di decisioni straniere, 91, il quale aggiunge che questa interpretazione, naturalmente, non osta a che il giudice dell’opposizione all’esecuzione faccia applicazione delle sopravvenienze normative eventualmente verificatesi all’interno dell’ordinamento giuridico la cui legge fu applicata dall’autorità giurisdizionale che formò il titolo esecutivo giudiziale.