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THE PATIENT WITH A SEVERE CEREBRAL INJURY
IL SOGGETTO DOPO UNA GRAVE LESIONE TRAUMATICA CEREBRALE
Prof. Nino Basaglia*
ABSTRACT
The author analyzes the epidemiology of the brain injury, the grading of the severity of the injury, the time that is needed for the rehabilitation.
The rehabilitation process should be multidisciplinary with particular attention to the cognitive and behavioural aspects and the management of the pharmacological therapy , and addressed not only to the patient but even to the family members and in general to the caregivers.
INTRODUZIONE
I gravi traumi cranio-encefalici colpiscono prevalentemente soggetti giovani adulti in età scolastica e lavorativa e determinano menomazioni fisiche, cognitive, comportamentali ed una alterazione delle funzioni sociali che perdurano per tutta la vita. I deficit cognitivi, comportamentali e della personalità sono abitualmente molto più disabilitanti dei deficit
* Dipartimento di Neuroscienze/Riabilitazione, Settore di Medicina Riabilitativa
Unità di Medicina Riabilitativa “San Giorgio” Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara
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2 fisici e motori. I processi di recupero dopo un grave trauma cranio-encefalico possono continuare a lungo fino a circa 5 anni dopo la lesione.
L’approccio riabilitativo risulta efficace solo se avviene con modalità interdisciplinari ed è indirizzato al paziente, alla famiglia ed ai caregiver. Gli interventi sono focalizzati sull’addestramento al recupero delle attività della vita quotidiana, della gestione del dolore, del recupero cognitivo e comportamentale e della gestione farmacologica. Un ruolo particolarmente importante riveste l’educazione della famiglia e le funzioni di counselling continuo e supporto del paziente e dei caregiver.
Un ruolo importantissimo dovrà essere giocato dal medico di medicina generale, in stretta collaborazione dai servizi di riabilitazione territoriali, nel supportare il paziente nell’ambito dell’integrazione sociale, nel monitoraggio delle complicanze mediche, comportamentali e di personalità (1).
EPIDEMIOLOGIA DEL TCE
Il trauma cranio-encefalico è tra le più frequenti malattie disabilitanti dovute a danno del sistema nervoso; secondo alcuni studi (2) la sua incidenza è superiore a quella dello stroke. È anche tra le più frequenti cause di morte in età giovanile-adulta: negli USA, oltre 50.000 decessi all’anno sono conseguenza di TCE (3); secondo i dati ISTAT, in
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3 Italia il TCE causa 25 decessi /100.000 abitanti/anno, ed è la prima causa di morte nella fascia di età fra i 15 e i 25 anni (4).
Gli studi di incidenza del TCE riportano dati molto variabili in funzione dei criteri di inclusione adottati; se si considera l’incidenza complessiva di tutti i traumi sull’intera popolazione, si registrano cifre dell’ordine di alcune migliaia di casi per 100.000 ab./anno (3900 casi /100.000 ab./anno secondo Kalsbeek e coll. (5)). Se si considerano solo i traumi che comportano la ospedalizzazione, l’incidenza varia fra i 100 e i 300 casi /100.000 abitanti/anno. In Australia 150 persone ogni 100.000 sono ricoverate in ospedale per TCE (6)
In Italia, si registrano dati analoghi a quelli di altri paesi; i dati ISTAT riferiti ai ricoveri per TCE nel 1986 segnalano 300 casi /100.000 ab./anno (4).
La mortalità per TCE varia fra i 20 e i 30 casi circa /100.000 ab./anno, a seconda delle casistiche (7-13), con una tendenza alla sua diminuzione nel corso degli anni, probabilmente per effetto delle misure di protezione e delle maggiore efficienza degli interventi di soccorso. Il maggior numero di decessi si verifica sul luogo del trauma o nelle prime settimane; tuttavia una certa quota di essi si verifica anche a distanza dall’evento o addirittura dopo la dimissione.
Per quanto riguarda la gravità del TCE, essa non è stata valutata in modo univoco nei vari studi; si può comunque affermare che per la maggior parte essi sono di gravità
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4 lieve; Kraus (10) stima che su 100 ricoveri per TCE, 80 siano costituiti da traumi di lieve gravità, 10 da traumi di gravità moderata e 10 da traumi gravi (4).
L’incidenza del TCE varia in funzione dell’età (7-13): la fascia di età più a rischio è quella compresa fra in 15 e i 24 anni; altre fasce ad alta incidenza sono quella dei primi anni di vita e l’età geriatrica.
Per quanto riguarda la causa del TCE, gli incidenti stradali rappresentano il fattore eziologico più frequente (9, 14). In Italia, la seconda causa di TCE in ordine di frequenza è rappresentata da cadute accidentali ed incidenti domestici (15-17), in altri paesi (11, 18, 19) una causa frequente di traumi è costituita da aggressioni ed atti di violenza.
Sono stati individuati alcuni fattori, sia di tipo clinico che socio-ambientale, che comporterebbero un aumento del rischio di TCE: l’abuso di alcoolici, la presenza di un trauma cranico pregresso, il basso livello socio-economico, il fatto di svolgere una attività lavorativa a bassa qualificazione (8, 19).
Esistono pochi studi circa la incidenza e prevalenza delle sequele invalidanti del TCE (4):
l’incidenza di nuovi casi di disabilità moderata o severa (da menomazioni fisiche e/o cognitive) è stimata attorno ai 20 casi/100.000 ab./anno (10). Kutzke (2) riporta una stima complessiva di 800 persone affette da sequele del TCE per ogni 100.000 abitanti.
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5 Il numero di persone con menomazioni disabilitanti gravi a seguito di TCE è stimabile, nei paesi occidentali, fra i 150 e i 400/100.000 abitanti (20).
In Italia, le persone che sopravvivono ad una grave cerebrolesione di natura traumatica, e che necessitano di interventi riabilitativi intensivi in ambiente ospedaliero dopo la fase acuta, sono stimabili fra i 3 e 5/100.000 abitanti/anno (21)
Dai dati del Registro Gravi Cerebrolesioni dell’Emilia Romagna (GRACER) si rilevano due aspetti significativi, primo che la causa di gran lunga principale è legata ad incidenti stradali, secondo che è in aumento l’incidenza nei bambini al di sotto dei 12 anni.
TIPO DI TCE
Le forze conseguenti al trauma cranio encefalico producono a livello del cervello un mix estremamente complesso di lesioni diffuse e focali. I danni conseguenti alla lesione possono essere immediati o primari o secondari. Questi ultimi conseguono ad alterazioni della autoregolazione e ad altre modificazioni fisiopatologiche all’intermo del cervello nei giorni immediatamente conseguenti la lesione. Interventi urgenti neurochirurgici sono spesso necessari per mitigare l’estensione delle lesioni secondarie mediante interventi sulle emorragie sub-durali ed extra-durali o per ridurre un’eccessiva pressione endocranica maligna o che non risponde ai trattamenti farmacologici. Lesioni
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6 ipossiche od ischemiche, primarie o secondarie, possono significativamente interferire sul recupero.
Lesioni focali possono essere riscontrate in qualsiasi area del cervello anche se sono più comunemente localizzate a livello dei lobi frontali e temporali. Contusioni cerebrali sono identificabili con tomografia computerizzata(TC), ma non essere evidenti il primo giorno e diventare visibili solo al secondo o terzo giorno.
Le lesioni diffuse fanno prevalentemente riferimento al cosiddetto danno assonale diffuso (Diffuse Axonal Injury – DAI) che è visibile alla TC in una quota pari al 5-10% dei casi e si presenta comunemente con lesioni puntiformi multiple sottocorticali, in vicinanza del corpo calloso e nella sostanza bianca profonda, e con emorragie intraventricolari. Il più grave effetto del danno cerebrale diffuso, anche se di lieve entità, è la presenza di una alterazione della coscienza. La gravità e la durata del coma sono la migliore guida alla definizione della gravità del danno diffuso.
La maggior parte dei pazienti con DAI non presenta nessuna evidenza alla TC per supportare la diagnosi.
Altri indicatori clinici di DAI comprendono l’alta velocità del trauma, l’assenza di un intervallo lucido ed una prolungata amnesia retrograda ed anterograda.
La prognosi del recupero da un DAI è estremamente diversa da altre cerebro-lesioni come ad esempio gli esiti di stroke.
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7 Studi nel lungo termine hanno evidenziato recuperi anche a distanza di 2-5 anni dopo la lesione(22).
COME MISURARE LA GRAVITÀ DEL TCE
Pur nella notevole variabilità dei pattern relativi alle menomazioni ed alla disabilità complessiva esiste ampio consenso e supporto scientifico su due semplici marker relativi alla gravità del TCE: il Glasgow Coma Scale (GCS) e l’Amnesia Post-Traumatica (Post- traumatic amnesia – PTA).
Il GCS genera uno score compreso tra 3 e 15 basato sull’abilità della persona nell’aprire gli occhi e nell’eseguire funzioni motorie e verbali. È uno strumento di facile e rapido utilizzo e misura la gravità del TCE nella fase acuta. Questo strumento ha una grande validità prognostica sia relativamente alla sopravvivenza sia relativamente al recupero funzionale.
La durata della PTA è il migliore indicatore prognostico dell’esistenza e persistenza di deficit cognitivi e funzionali dopo TCE (Tab. 1). La PTA è definita come il periodo di tempo nel quale il cervello non è in grado di memorizzare in modo ordinato e continuo i principali eventi della giornata.
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8 Ad esempio l’80% dei pazienti con una durata della PTA inferiore a 2 settimane presenta un buon recupero rispetto ad un solo 46% dei soggetti che presentavano una PTA della durata compresa tra 4 e 6 settimane (23).
I pazienti con associate lesioni ipossiche od ischemiche presentano un outcome nettamente peggiore nonostante la stessa durata e gravità del coma.
Tabella 1 – Fattori determinanti la gravità del TCE (1)
Gravità del trauma GCS Iniziale Durata PTA
Lieve 12-15 Meno di 24 ore
Moderata 9-11 1-7 giorni
Grave 5-8 1-4 settimane
Gravissima 3-4 > 4 settimane
Tabella 2 – Conseguenze del TCE
Menomazioni Neurologiche Menomazioni della Funzione Motoria:
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9 (motorie, sensitive, sensoriali e
autonomiche)
• coordinazione
• equilibrio
• deambulazione
• funzione della mano
• disartria
• disfagia
Menomazioni sensitivo-sensoriale:
• sensibilità tattile
• percezione dei sapori
• percezione degli odori
• vista
• udito
Disturbi del sonno:
• insonnia
• irritabilità
• affaticamento Complicazioni:
• spasticità
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10
• epilessia
• idrocefalo
• calcificazioni eterotopiche (POA) Disfunzioni sessuali
Alterazioni endocrine
Menomazioni Cognitive Menomazione della memoria, difficoltà di apprendimento, di attenzione e concentrazione, ridotta velocità e flessibilità di pensiero e compromissione delle abilità di problem solving
Problemi nella pianificazione, organizzazione e nelle prese di decisioni
Problemi linguistici:
• disfasia
• problemi nel recupero delle parole
• difficoltà nelle abilità di lettura e scrittura
Alterazioni dei giudizi e della
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11 consapevolezza (deficit della sicurezza) Modificazioni della personalità e nei
comportamenti
Alterazione nei comportamenti sociali e riduzione dell’autostima
Alterazione del controllo emozionale;
scarsa tolleranza alla frustrazione e facile irritabilità; negazione ed egocentrismo Superficialità, disinibizione e impulsività Disordini psichiatrici:
• ansietà
• depressione
• disordine da stress post-traumatico
• psicosi
Apatia, ridotta motivazione
Conseguenze sui comuni stili di vita Disoccupazione, carenze finanziarie
Inadeguato raggiungimento del titolo di studio
Perdita di capacità dell’utilizzo dei diversi mezzi di trasporto
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12 Inadeguate opportunità ricreazionali
Difficoltà a mantenere le relazioni interpersonali; interruzione e/o difficoltà matrimoniali
Perdita del ruolo pre-lesionale Perdita di indipendenza
CONSEGUENZE DEL TCE
Gli esiti del TCE possono essere estremamente ampi e gravi. Come si può vedere nella Tabella 2 gli effetti interessano gli aspetti fisico-motori, endocrini, sessuali, cognitivi e comportamentali con gravi ripercussioni sulla scuola, lavoro e sulla qualità della vita complessiva.
Come in ogni altro tipo di patologia l’approccio riabilitativo ha come obiettivo generale di aiutare la persona a raggiungere il massimo grado di abilità e di autonomia resa possibile dalle lesioni. Nelle situazioni più impegnative e gravi l’obiettivo prioritario è favorire la migliore qualità della vita possibile per il paziente ed i suoi familiari studiando specifici piani assistenziali di supporto sanitario e sociale e favorirne la piena realizzazione.
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13 Un aspetto di particolare gravità e complessità assistenziale ed organizzativa è costituito dalla condizione di stato vegetativo (SV) persistente e di stato di coscienza minima (SCM).
Lo stato vegetativo e lo stato di minima coscienza persistenti nel tempo dopo la necessaria fase di riabilitazione intensiva in centri esperti rappresenta una delle principali problematiche assistenziali del nostro paese e richiede specifici approcci organizzativi.
Nella seguente Tabella 3 (24) sono riportati i criteri diagnostici per effettuare una diagnosi differenziale tra coma, SV, SMC e Loked-in Sindrome.
Tabella 3. DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Stato COMA SV SMC Locked-in
Consapevolezza No No Parziale Presente
Apertura occhi No Si Si Si
Funzione motoria
Riflessa/posture Posture,movimenti retrattili,
occasionali,
Non consistente Quadriplegia, movimenti oculari verticali
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14 stereotipati,
involontari
GCS E 1-2 M1-4 V
1-2
E 4 M1-4 V1-2 E 4 M1 -5 V 1- 4
E4 M1 V1
Attività EEG Solitamente
lenta attività cerebrale
Solitamente lenta attività cerebrale
Dati insufficienti Solitamente nella norma
Percezione dolore
No No Non conosciuta Si
Funzione respiratoria
Depressa o variata
Normale Normale Normale
Funzione uditiva Nessuna Breve
orientazione
Esegue gli ordini in modo non consistente
Preservata
Funzione visiva Nessuna Breve
orientazione
inseguimento con lo sguardo
Preservata
Comunicazione Nessuna Nessuna vocalizzazione, comunicazione
Afonia/anartria;
movimenti
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15 verbale/gestuale
non consistente
oculari verticali, ammiccamento Emozioni Nessuna Nessuna o
pianto/riso riflessi
Contingente pianto/riso
Preservata
C’è ampia condivisione fra gli esperti relativamente al fatto che la permanenza nelle strutture di Medicina Riabilitativa intensiva di pazienti cronicamente in SV o in SMC determina un improprio ricovero che tra l’altro impedisce l’accoglimento di nuovi casi.
Appare quindi necessario definire sia il percorso sia le funzioni e la denominazione delle strutture in grado di accogliere queste persone. Una appropriata denominazione appare opportuna anche per non disorientare o peggio plagiare i familiari alimentando improprie speranze ed impedendo o rallentando il necessario processo di accettazione della condizione del proprio congiunto.
Appare quindi di particolare rilievo definire i bisogni a lungo termine delle persone con grave TCE e la tipologia di interventi necessari per accompagnare la persona e la famiglia in un percorso di reinserimento sociale adeguato e compatibile con le menomazioni e le disabilità residue. Tali intervenenti debbono tener conto dell’evoluzione nel tempo, talvolta molto lenta ma protratta, del quadro clinico, e delle
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16 caratteristiche della persona e del suo contesto. Gli interventi, rivolgendosi alla dimensione della partecipazione sociale, lavorativa e in generale alla qualità della vita, necessariamente non sono esclusivamente di tipo sanitario ma prevedono il coinvolgimento di numerose e nuove figure professionali che devono integrasi e collaborare con la persona disabile la sua famiglia.
In questo ambito un ruolo particolate spetta ai soggetti in condizioni di stato vegetativo protratto per i quali è necessario dotarsi di adeguati strumenti culturali ed operativi per assisterli nel lungo periodo e sostenere le famiglie, soprattutto quando ci si tratta di persone giovani-adulte.
Innanzitutto si ritiene utile la scelta dell’aggettivo “prolungato” o “persistente”, come utilizzato dalla British Medical Association nelle le sue linee guida pubblicate nel 1996 (25) piuttosto che quello di “permanente” utilizzato dall’americana Multi-Society Task Force (MSTF) per definire nel 1994 la condizione di irreversibilità (26).
DIMENSIONI DEL FENOMENO SV
L’incidenza e la prevalenza dello Stato Vegetativo sono in graduale crescita in tutti i paesi occidentali, di pari passo coi progressi della scienza medica, in particolare con l’evoluzione delle tecniche rianimatorie, che mantengono in vita soggetti che in precedenza avevano un’alta probabilità di morte precoce. Al di là di ogni
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17 considerazione di natura etica, questo fenomeno pone nuovi problemi sulle modalità di gestione di situazioni di disabilità gravissima e cosiddetta non emendabile, le cui caratteristiche sono l’andamento cronico, il profondo impatto psicologico ed operativo sulla famiglia e sul team di assistenza, e la persistenza per tempi lunghi di problemi assistenziali complessi.
L’aspettativa di vita di questi pazienti è, inoltre, in progressivo aumento: la stima di soli 2-5 anni di sopravvivenza media di pazienti in SV conseguente a lesione cerebrale acuta, riportata dalla statunitense MSTF appare non adeguata alla attuale realtà del nostro paese, una sopravvivenza anche di oltre i 10-15 anni dall’evento acuto risulta molto frequente grazie ad una migliorata qualità delle cure e dell’assistenza di queste persone. Con una finalità programmatoria appare condivisibile l’orientamento della Commissione Ministeriale sullo Stato Vegetativo che nel documento finale (24) stimava una sopravvivenza media di 5 anni. I dati della letteratura internazionale riguardo all’incidenza e alla prevalenza dello SV non sono omogenei: l’incidenza stimata dello SV a sei mesi dall’evento per lesione cerebrale acuta da qualsiasi causa varia da 0.5 a 4/100.000 abitanti, mentre i dati relativi alla prevalenza sono ancora più variabili (da 0.6 a 10/100.000 abitanti) a causa della diversità dei criteri di arruolamento adottati (in molti studi sono inclusi anche SV conseguenti a cause non acute, come le demenze), situandosi nella maggior parte dei casi sui 2-3 casi ogni 100.000 abitanti.
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18 Sulla base dell’indagine conoscitiva del gruppo di studio sugli SV nella Consensus Conference di Verona 2005, effettuata in alcune regioni italiane tramite un questionario compilato da Unità dedicate all’assistenza di persone in SV persistente cronicizzato distribuite su tutto il territorio Nazionale, anche se con netta prevalenza nelle regioni del nord, e di un secondo questionario rivolto a famigliari di persone in SV, per verificarne il grado di soddisfazione in merito all’aiuto ricevuto all’atto della dimissione dall’Ospedale (riabilitazione intensiva o reparto per acuti), in particolare riguardo alla scelta circa il percorso assistenziale post-ospedaliero, sono stati rilevati i dati qui di seguito riportati. Il campione raccolto, pur non coprendo tutto il territorio nazionale, viene tuttavia ritenuto sufficientemente rappresentativo della realtà italiana.
Da questa indagine emerge nel territorio nazionale una notevole disomogeneità sia riguardo all’esistenza ed impiego di linee guida regionali per la definizione e la standardizzazione degli approcci assistenziali ai pazienti in stato vegetativo, sia alla conseguente programmazione di unità dedicate con un numero di posti letto in linea con le osservazioni epidemiologiche.
Nella Regione Veneto, ad esempio, dopo l’approvazione nel marzo 2001 delle Linee Guida Regionali, risultavano attivati 101 posti letto in Unità dedicate agli SV per una popolazione a fine 2003 pari a 4.491.000 abitanti, il che corrisponde ad una prevalenza teorica di 2,2 SV ogni 100.000 abitanti (nella delibera attuativa della
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19 Regione si indicava una stima di prevalenza di 2 -3,5/ 100.000 abitanti). Nella regione Lombardia sono attive numerose strutture dedicate senza tuttavia un chiaro riferimento ad una programmazione regionale che tenga conto di dati di prevalenza .
Nella Regione Piemonte l’attivazione di linee guida riguardanti le Unità per Stati Vegetativi risale al 1997 con un fabbisogno stimato nel 10% dei posti-letto mediamente attivati nelle Unità Operative di Anestesiologia e Rianimazione. Questa numerosità di posti letto appare insufficiente rispetto alla prevalenza degli SV, almeno stando ai dati pubblicati dal Ministero della Salute nella Sintesi della relazione sullo Stato Sanitario del Paese 2001-2002, che riportavano un numero di posti letto complessivi per l’area dell’emergenza (terapia intensiva, terapia intensiva neonatale ed unità coronarica) pari a 13.6 ogni 100.000 abitanti: ciò equivarrebbe infatti per la popolazione del Piemonte (circa 4.200.000 abitanti) a 550 posti letto per l’emergenza, con una stima quindi di soli 55 posti letto per gli SV.
La Regione Emilia Romagna, che ha recentemente (ottobre 2004) emanato una delibera concernente “Il sistema integrato di interventi sanitari e socio-assistenziali per persone con gravissime disabilità acquisite in età adulta. Prime indicazioni”, stima nel proprio territorio una prevalenza di pazienti con gravissima disabilità acquisita, per i quali è da prevedere assistenza in regime residenziale in unità dedicate, di 4-5/100.000 abitanti, pari a circa 600 soggetti.
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20 In altre Regioni, si è giunti all’approvazione di linee guida, ma non risulta attivata alcuna specifica struttura per pazienti in SV, in altre ancora, infine, non risultano a tutt’oggi approvate linee guida sulla materia.
CONCLUSIONI
Il TCE è una condizione patologica estremamente eterogenea nelle conseguenze e rappresenta uno dei più rilevanti problemi sanitari e sociali.
Le strutture di riabilitazione hanno il compito di individuare e confrontarsi con i bisogni delle persone che hanno subito un grave TCE così come con le necessità dei servizi territoriali non sanitari e hanno l’obiettivo prioritario di ottimizzare gli outcome nel corso dell’intero periodo di presa in carico.
Sia le persone con TCE sia le strutture di supporto sociale devono avere regolare accesso ed essere adeguatamente coinvolte dalle strutture di riabilitazione medica durante l’intero percorso di ricovero ed essere disponibili per molti anni dopo il trauma.
I servizi e gli interventi richiesti possono cambiare con il modificarsi dei bisogni delle persone nel tempo e devono trovare il team dei professionisti della riabilitazione pronto a fornire adeguati, coerenti ed appropriati interventi.
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DA TCE: IL PUNTO DI VISTA DEL RIABILITATORE
Nino BASAGLIA
Direttore UMR
Responsabile Settore di Medicina Riabilitativa
“San Giorgio”
Dipartimento Neuroscienze/Riabilitazione
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara
Dipartimento Neuroscienze/Riabilitazione, Settore di Medicina Riabilitativa "S. Giorgio“, Az. Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, 2008
PRESENTAZIONE:
•Definizione
•Dimensioni del problema
•Tipo di TCE e gravità
•Conseguenze
•SV
•conclusioni
Dipartimento Neuroscienze/Riabilitazione, Settore di Medicina Riabilitativa "S. Giorgio“, Az. Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, 2008
National Head Injury Foundation: “Il trauma cranio encefalico è un danno cerebrale di
natura non degenerativa né congenita, ma causato da un forza esterna.
Tale danno può determinare una diminuzione od una alterazione del livello di coscienza, e menomazioni a livello cognitivo, emotivo, fisico.
Tali menomazioni possono essere temporanee o permanenti e determinare disabilità parziale o completa e/o difficoltà di adattamento
psicosociale.”
Dipartimento Neuroscienze/Riabilitazione, Settore di Medicina Riabilitativa "S. Giorgio“, Az. Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, 2008
Il TCE colpisce comunemente soggetti giovani adulti e determina menomazioni fisiche, cognitive e comportamentali e
restrizione della partecipazione sociale per tutta la durata della vita.
I deficit cognitivi, affettivi e le turbe del comportamento e della personalità sono più disabilitanti delle menomazioni fisiche.
I processi di recupero possono continuare fino ad un massimo di 5 anni dopo il
trauma.
Dipartimento Neuroscienze/Riabilitazione, Settore di Medicina Riabilitativa "S. Giorgio“, Az. Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, 2008
ELEVATA INCIDENZA E PREVALENZA
NUMEROSITÀ E COMPLESSITÀ DELLE SEQUELE DISABILITANTI
IMPATTO EMOTIVO E MATERIALE SUL SISTEMA FAMIGLIARE
CONSEGUENZE SOCIALI IN TERMINI DI
DIFFICOLTÀ DI REINSERIMENTO SCOLASTICO E LAVORATIVO
NECESSITÀ DI ELEVATO IMPIEGO DI RISORSE
Dipartimento Neuroscienze/Riabilitazione, Settore di Medicina Riabilitativa "S. Giorgio“, Az. Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, 2008
Autore /Anno Area di studio Incidenza
Kalsbeek, 1980 USA 200 (272 maschi,
132 femmine) Klauber, 1981 San Diego, USA 295
Kraus, 1984 San Diego, USA 180 (247 maschi, 111 femmine)
Servadei, 1988 Ravenna, Italia 372
Tiret 1990 Aquitania, Francia 281 (384 maschi, 185 femmine)
Thurman, 1999 USA 100
Fortune, 1999 Australia 150
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20-30 persone/100.000 abitanti/anno
ETÀ e SESSO del TCE
Età di maggiore rischio compresa tra i 15 e i 24 anni
Rapporto maschi/femmine=3-4:1
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(da Seigel et al., 1994) QUADRO CLINICO
ALL’ESORDIO COSTO TRATTAM.
RIABILITATIVO ($ USA) TCE moderato, senza
lesioni associate degli arti 12.490 TCE moderato con lesioni
associate degli arti 36.177
TCE grave senza lesioni
associate degli arti 59.274
TCE grave con lesioni
associate degli arti 84.950
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Forza statica: con durata di applicazione superiore ai 200 ms (es. trauma da
schiacciamento)
Forza dinamica: con durata di applicazione
inferiore ai 200 ms (es. colpi di arma da fuoco, cadute, incidenti del traffico)
Impatto (applicazione diretta della forza al capo con produzione di danni da accelerazione, da
propagazione di onde d’urto, da lesione diretta, da trasformazione di energia cinetica in calore)
Impulso (brusca accelerazione e/o decelerazione del capo per effetto di una forza applicata in
un’altra zona del corpo – “colpo di frusta”)
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L’accelerazione/decelerazione danneggia il tessuto nervoso producendo abnormi
movimenti di:
- traslazione (in traiettoria lineare) = lesioni da compressione locale o da sfregamento
del parenchima nervoso sulle superfici ossee irregolari all’interno della teca cranica,
strappamento di vasi (per lo più in vicinanza della linea mediana)
- rotazione (in traiettoria circolare) = danni da tensione delle fibre nervose o slittamento reciproco di strutture adiacenti,
strappamento di vasi (per lo più in vicinanza
della linea mediana)
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Forza
Forza
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A B
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decelerazione del parenchima lungo una traiettoria
prevalentemente lineare (A) o
prevalentemente rotatoria (B)
Le strutture più vulnerabili sono
situate in prossimità delle strutture
centrali e della linea mediana
A
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Sezione sagittale mediana
A
Sezione coronale
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Connessioni tra
astrociti
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forniscono la guaina mielinica nel sistema nervoso centrale
- le cellule di
Schwann provvedono
alla mielinizzazione
del SNP
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L’applicazione di una forza statica in genere non determina perdita di
coscienza, ma comparsa di segni neurologici focali
L’applicazione di una forza dinamica, specie per effetto di meccanismi
impulsivi, causa di norma disordini
della vigilanza fino al coma e segni di
sofferenza diffusa
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Il danno assonale diffuso (DAI. Diffuse Axonal Injury) è costituito da multiple
lesioni traumatiche dirette della sostanza
bianca, con stiramento e strappamento delle fibre nervose.
Presenta aspetti anatomopatologici tipici:
interessa diffusamente vari distretti della sostanza bianca cerebrale, in maniera
prevalente quella sottocorticale, il corpo
calloso, i quadranti dorsolaterali del tronco e i peduncoli cebellari superiori.
Con l’aumentare dell’intensità del trauma
sono interessate dal DAI strutture via via più
profonde e più mesiali
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Grado I: alterazioni sparse della sostanza bianca a tipo di “axonal bulbs”
Grado II: presenza di lesione del corpo calloso
Grado III: presenza di lesioni
anche nei quadranti dorsolaterali
del tronco.
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Categorie Definizione
Danno Diffuso tipo I
Nessun danno visibile alla TAC
Danno Diffuso tipo II
Cisterne perimesencefaliche visibili con shift della linea
mediana di meno di 5 mm, e/o presenza di lesioni iperdense di volume complessivo inferiore ai 25 cc; può includere
frammenti di osso o corpi estranei Danno Diffuso
tipo III
Cisterne perimesencefaliche assenti o compresse con shift della linea mediana inferiore ai 5 mm; lesioni iperdense di volume inferiore ai 25cc.
Danno Diffuso tipo IV
Shift della linea mediana maggiore di 5 mm; lesioni iperdense di volume inferiore ai 25cc.
Ematoma Evacuato
Qualsiasi lesione evacuata chirurgicamente
Ematoma non Evacuato
Lesioni iperdense di volume superiore ai 25 cc. Non evacuate chirurgicamente
Danno
troncoencefalico
Danno primario del tronco visibile alla TAC
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QUADRO TAC OUTCOME (secondo GOS, in %)
Buon recupero o
Disabilità moderata Disabilità grave o Stato vegetativo Danno diffuso tipo I
(no lesioni TAC) 61% 39%
Danno diffuso tipo II 34% 66%
Ematoma evacuato 23% 77%
Danno diffuso tipo III 16% 84%
Ematoma non
evacuato 11% 89%
Danno diffuso tipo IV 6% 94%
Danno
troncoencefalico 0% 100%
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Coma
la persona è:
con occhi chiusi,
non parla,
non esegue
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(Multi-Society Task Force on PVS, 1994)
Criteri diagnostici neurocomportamentali (tutti presenti):
gli occhi del paziente si aprono spontaneamente o dopo stimolazione;
il paziente non esegue alcun comando;
il paziente non esprime o emette parole riconoscibili;
il paziente non dimostra movimenti intenzionali
(può mostrare movimenti riflessi di tipo posturale, sottrazione al dolore, o sorriso involontario);
il paziente non può sostenere movimenti di
inseguimento visivo lento entro un arco di 45° in qualsiasi direzione quando gli occhi sono tenuti aperti manualmente;
i criteri suddetti non sono secondari all’utilizzo di
agenti paralizzanti.
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(Laureys S et al, Lancet Neurol 2004)
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(Giacino JT, Ashwal S, Childs N., 2002)
Elenco dei comportamenti utili per la diagnosi di SMC:
esecuzione di comandi semplici;
risposte di tipo SÌ/NO gestuali o verbali (a dispetto della accuratezza);
verbalizzazione comprensibile;
comportamento propositivo, includendo movimenti o comportamenti affettivi che si verificano in relazione contingente con stimoli ambientali rilevanti e non sono
dovute ad attività riflesse.
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Alcuni esempi di comportamenti propositivi qualificati includono:
ridere o piangere appropriati in risposta a stimoli
linguistici o visivi a contenuto emozionale ma non in risposta a stimoli o argomenti neutrali;
vocalizzazioni o gesti che si verificano in risposta diretta al contenuto linguistico di domande;
raggiungimento di oggetti che dimostra una chiara relazione tra la localizzazione dell’oggetto e la
direzione del movimento di raggiungimento;
toccare o tenere oggetti in un modo che si adatta alle dimensioni e alla forma di un oggetto;
movimenti di inseguimento visivo o fissazione sostenuta che si verificano in risposta diretta al movimento o a stimoli salienti.
(Giacino JT, Ashwal S, Childs N., 2002)
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Criteri diagnostici Neurocomportamentali (tutti presenti):
L’apertura degli occhi è ben mantenuta e si verifica in associazione con movimenti di inseguimento visivo di stimoli ambientali;
parole o movimenti spontanei non sono discernibili o solo molto piccoli;
l’esecuzione di comandi e la verbalizzazione sono elicitabili, ma si verificano poco
frequentemente;
la bassa frequenza di movimenti e parola non può essere attribuita a disturbi neuromuscolari (es. spasticità o ipotono) o disturbi di vigilanza (es. ottundimento) tipicamente notati nello
stato minimamente responsivo.
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esecuzione consistente,
attendibile, ripetibile di
ordini semplici
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Criteri diagnostici Neurocomportamentali:
l’apertura degli occhi è ben sostenuta (la ptosi bilaterale dovrebbe essere esclusa come un
fattore complicante in pazienti che non aprono gli occhi, ma dimostrano movimenti oculari a comando quando gli occhi sono aperti
manualmente);
abilità cognitive basiche sono evidenti alla valutazione;
c’è evidenza clinica di grave ipofonia o afonia;
c’è evidenza clinica di tetraplegia;
il modo primario di comunicazione è mediante movimenti verticali o laterali degli occhi,
oppure la chiusura della palpebra superiore
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Consapevolezza No No Parziale Presente
Apertura occhi No Si Si Si
Funzione motoria Riflessa/posture Posture,movimenti retrattili, occasionali, stereotipati, involontari
Non consistente Quadriplegia, movimenti oculari verticali
GCS E 1-2 M1-4 V 1-2 E 4 M1-4 V1-2 E 4 M1 -5 V 1-4 E4 M1 V1
Attività EEG Solitamente lenta
attività cerebrale Solitamente lenta attività
cerebrale Dati insufficienti Solitamente nella norma
Percezione
dolore No No Non conosciuta Si
Funzione
respiratoria Depressa o
variata Normale Normale Normale
Funzione uditiva Nessuna Breve orientazione Esegue gli ordini in modo non
consistente
Preservata
Funzione visiva Nessuna Breve orientazione inseguimento con
lo sguardo Preservata
Comunicazione Nessuna Nessuna vocalizzazione,
comunicazione verbale/gestuale non consistente
Afonia/anartria;
movimenti oculari verticali,
ammiccamento Emozioni Nessuna Nessuna o pianto/riso riflessi Contingente
pianto/riso Preservata
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LESIONE CEREBRALE ACUTA
COMA
LOKED-IN S. COMA CRONICO
(molto raro)
MORTE CEREBRALE STATO VEGETATIVO
STATO MINIMO DI COSCIENZA
STATO CONFUSIONALE
AUMENTO DELLA INDIPENDENZA
STATO VEGETATIVO PERMANENTE
(>3 MESI SE NON TRAUMATICO
>1 ANNO SE TRAUMATICO)
MORTE
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PAZIENTI RICOVERATI PER TCE: 100-300/100.000/ANNO
PAZIENTI RICOVERATI IN RIANIMAZIONE NEUROCHIRURGIA: 18-22/100.000/ANNO
PAZIENTI RICOVERATI IN RIABILITAZIONE INTENSIVA:
30-50/MILIONE/ANNO
Stato vegetativo:
1-2/100.000/anno
BUON RECUPERO 1-2/100.000/ANNO
MODERATA DISABILITÀ 1-2/100.000/ANNO
GRAVE DISABILITÀ 1-2/100.000/ANNO
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NUMEROSITÀ E COMPLESSITÀ DELLE SEQUELE DISABILITANTI
MENOMAZIONI:
COGNITIVE (memoria, attenzione, linguaggio...)
COMPORTAMENTALI (impulsività, aggressività…)
SENSOMOTORIE (paralisi, disturbi di coordinazione…)
ENDOCRINOLOGICHE
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0 2 4 6 8 10 12 14
LH-FSH GH ACTH TSH ADH IperPRL
(16%)
(14.3%)
(2.9%)
(5.7%) (5.7%)
(11.4%)
N ° patients
70 patients studied during rehabilitation post-TBI
Adrenal insufficiency=basal cortisol level ≤ 3.5 μg/dl. Patients with cortisol > 3.5 ≤ 11 μg/dl underwent a low-dose ACTH test.
GH deficiency=GH peak after GHRH + ARG <11 μg/L for BMI <25 kg/m2, <8 μg/L for BMI ≥25 <30 kg/m2, and < 4.2 μg/L for BMI ≥30 kg/m2
EFE 2006
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0 20 40 60 80 100
Ke lly 2 00 0
Li eb er ma n 20 01
Ag ha 2 00 4
Ai m ar et ti 20 04
B on da ne lli 20 04 Po pov
ic 2 004
Le al -C er ro 2 005
Ta nr iv er di 20 06
% Patients
54%
28%
68%
36% 35% 34%
25%
51%
Isolated deficit Multiple deficit Complete anterior pituitary deficit
EFE 2006
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(Khan F et al, 2003)
Gravità del
trauma GCS
Iniziale Durata PTA Stima % sul totale TCE Lieve 12-15 Meno di 24 ore 70-85 %
Moderata 9-11 1-7 giorni 15-20 %
Grave 5-8 1-4 settimane 6-8 %
Gravissima 3-4 > 4 settimane 2-3 %
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Alterazioni delle Funzioni
Neuromuscoloscheletriche e correlate al movimento
1 Funzioni delle articolazioni e delle ossa
2 Funzioni muscolari (forza, tono, resistenza) 3 Funzioni del movimento (riflesso motorio,
movimento involontario, controllo movimento volontario, controllo movimento involontario;
pattern dell’andatura, sensazioni correlate alle
funzioni muscolare e del movimento)
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Alterazioni delle Funzioni Mentali
1 Funzioni mentali globali (coscienza,
orientamento, intellettive, psicosociali globali, temperamento e personalità, energia e
pulsioni, sonno)
2 Funzioni mentali specifiche (attenzione, memoria, psicomotorie, emozionali,
percettive, pensiero, superiori -astrazione,
organizzazione, pianificazione, flessibilità,
giudizio, soluzione di problemi-, linguaggio,
calcolo, sequenza dei movimenti complessi,
esperienza del sé e del tempo)
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Alterazioni delle Funzioni Sensoriali e del Dolore 1 Funzioni visive e correlate (vista -acuità,
campo visivo, qualità-, strutture adiacenti all’occhio, sensazioni associate all’occhio e alle strutture adiacenti)
2 Funzioni uditive e vestibolari (udito, funzioni vestibolari ed associate)
3 Ulteriori funzioni sensoriali (gusto, olfatto, propriocettiva, tatto, temperatura e altri stimoli)
4 Dolore
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Alterazioni delle Funzioni della Voce e dell’Eloquio
1 Funzioni della voce (produzione, qualità) 2 Funzioni dell’articolazione della voce
3 Funzioni della fluidità e del ritmo dell’eloquio (fluidità, ritmo, velocità, melodia)
4 Funzioni di vocalizzazione alternativa
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Menomazioni Neurologiche
Funzione motoria coordinazione equilibrio
deambulazione
funzioni della mano disartria
disfagia Funzione sensitivo-
sensoriale Sensibilità tattile e senso della posizione e movimento
percezione dei sapori percezione degli odori vista
udito
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Menomazioni Neurologiche
Disturbi del sonno insonnia irritabilità
affaticamento
Complicanze spasticità (retrazioni m-t) epilessia
idrocefalo
calcifiaczioni eterotipiche Disfunzioni sessuali
Disfunzioni sfinteriche
Alterazioni endocrine
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Menomazioni Cognitive
Menomazione della memoria, difficoltà di apprendimento, di attenzione e concentrazione, ridotta velocità e flessibilità di pensiero e compromissione delle abilità di problem solving Problemi nella pianificazione, organizzazione e nelle prese di decisioni
Problemi linguistici: disfasia
difficoltà nel recupero delle parole
difficoltà nelle abilità di lettura e scrittura
Alterazioni dei giudizi e della consapevolezza (rischi per la
sicurezza)
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Modificazioni della Personalità e dei Comportamenti Alterazione nei comportamenti sociali e riduzione
dell’autostima
Alterazione del controllo emozionale; scarsa tolleranza alla frustrazione e facile irritabilità; negazione ed egocentrismo Superficialità, disinibizione e impulsività
Disordini psichiatrici: ansietà
depressione
disordine da stress post-traumatico psicosi
Apatia, ridotta motivazione
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Modificazioni dei Comuni Stili di Vita Disoccupazione, carenze finanziarie
Inadeguato raggiungimento del titolo di studio
Perdita di capacità dell’utilizzo dei diversi mezzi di trasporto
Inadeguate opportunità ricreazionali
Difficoltà a mantenere le relazioni interpersonali;
interruzione e/o difficoltà matrimoniali Perdita del ruolo pre-lesionale
Perdita di indipendenza
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Il 15% dei TCE lievi presentano sintomi dopo un anno e più
Sintomi più comuni:
Fatica
Cefalea
Disturbi visivi
Perdita di memoria
Ridotta attenzione e concentrazione
Disturbi del sonno
Vertigine/turbe dell’equilibrio
Irritabilità-turbe emozionali
Depressione
epilessia
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Altri sintomi associati:
Nausea
Perdita del senso dell’olfatto
Ipersensibilità alla luce e al suono
Modificazioni dell’umore
Sentirsi perduto o confuso
Rallentamento nel pensiero
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incidenza e prevalenza in graduale crescita in tutti i paesi occidentali
Aspettativa di vita in aumento (media di 5 anni, ma anche con sopravvivenze di oltre 10-15 anni)
Incidenza stimata da 0,5 a 4/100.000
abitanti (2-3 casi/100.000)
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Strutture residenziali specifiche
Supporto alla famiglia
?
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