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Prima di iniziare a descrivere gli acciai, i loro trattamenti termici e le loro caratteristiche consideriamo la figura sottostante in cui e’ riportato uno schema riepilogativo delle leghe metalliche

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INFLUENZA DEGLI ELEMENTI DI LEGA SUL DIAGRAMMA DI STATO FERRO-CARBURO DI FERRO

Le aggiunte di altri elementi di lega (Cr, Ni, Mo, Ti, ecc) causano dei cambiamenti significativi nel diagramma di stato binario ferro - cementite. Le entità delle variazioni nelle posizioni dei confini di fase e nelle forme dei campi di fase dipendono dal particolare elemento di lega e dalla sua concentrazione. Uno dei cambiamenti più importanti è lo spostamento nella posizione dell'eutettoide, sia per quanto riguarda la temperatura che la concentrazione di carbonio. Questi effetti sono illustrati nelle figure 1 e 2 nelle quali sono riportate la temperatura e la composizione (percentuale in peso di carbonio) eutettoidi in funzione della concentrazione di diversi altri elementi di lega. Le aggiunte di elementi di lega diversi dal carbonio alterano non solo la temperatura e la concentrazione della reazione eutettoide ma anche le frazioni relative di perlite e di fase proteuttoide che si formano. Gli acciai sono normalmente legati per altre ragioni, fra le quali prevalgono il miglioramento della resistenza meccanica, della resistenza alla corrosione e la possibilità di effettuare più agevolmente i trattamenti termici.

Figura 1 Dipendenza della temperatura eutettoide dalla presenza di diversi elementi di lega nell’acciaio.

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Figura 2 Dipendenza della composizione eutettoide (% in peso di C) dalla presenza di diversi elementi di lega nell’acciaio

Gli elementi di lega in generale possono venir suddivisi in due grandi classi:

1. Elementi che allargano il campo della fase g (austenitizzanti) 2. Elementi che allargano il campo della fase a (ferritizzanti)

Quelli che allargano il campo della fase g lo possono fare :

• a campo completamente aperto (Ni, Co, Mn) e quindi permettono l’esistenza dell’austenite anche a temperatura ambiente. In genere formano soluzioni solide sostituzionali con il Fe g

• a campo non aperto (C, N, Cu, Zn). Danno soluzioni solide interstiziali

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Fig. 3 Tipico diagramma di stato per elementi che allargano il campo g a campo aperto

Fig 4 Tipico diagramma di stato per elementi che allargano il campo g NON a campo aperto

Quelli che allargano il campo della fase a lo possono fare :

• a campo completamente aperto (Cr, Mo, W, Be, Al, Si, P, Ti, V, Sn). Mettono in collegamento diretto il campo a con quello d.

• a campo non aperto (S, Ta, Zr, B).

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Fig. 5 Tipico diagramma di stato per elementi che allargano il campo a a campo aperto

Fig 6 Tipico diagramma di stato per elementi che allargano il campo a NON a campo aperto

TRATTAMENTI TERMICI

Il diagramma di stato Fe – C che abbiamo studiato fin ora mostra solo le fasi e le microstrutture corrispondenti a condizioni di equilibrio. In pratica queste condizioni vengono ottenute raramente poiche’ le velocita’ di raffreddamento sono notevoli e anche perche’ le microstrutture (e le corrispondenti proprieta’ meccaniche) che si possono ottenere con fasi di non equilibrio sono molto interessanti

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La cinetica della trasformazione eutettoidica, a temperatura costante, e le corrispondenti microstrutture sono state studiata da BAIN e sono riportate su grafici chiamati T.T.T.

(tempo, temperatura, trasformazione).

Prima di entrare nel dettaglio dei grafici TTT per gli acciai dobbiamo chiarire alcuni concetti legati alla velocita’ di nucleazione di una fase e alla velocita’ di crescita della stessa fase.

Durante un processo di solidificazione gli atomi di una fase passano da una simmetria a corto raggio ad una a lungo raggio. Perche’ questo avvenga devono verificarsi due fenomeni concomitanti che pero’ avvengono con velocita’ diverse

• La nucleazione

• La crescita

VELOCITA’ DI NUCLEAZIONE

Affinche’ da un liquido nuclei una nuova fase, come al solito, il bilancio energetico deve essere favorevole cioe’ il DG<0.

I due termini che si devono valutare per ottenere la variazione di energia libera associata alla nucleazione di una fase sono:

1. Il calore fornito dal nuovo volume che si forma.

Senza entrare nei dettagli matematici, esso e’ dato da

4

3 p r

3

DG

v

dove r e’ il raggio del nucleo che si forma e DGv e’ la variazione di energia libera associata alla formazione del nuovo volume da liquido (si suppone che il nucleo sia una sferetta)

Il termine DGv e’ dato da

DGv = DHf DT Tm

dove DHf e’ la variazione entalpica per passare dal liquido al solido, DT e’ il salto termico e Tm e’ la temperatura di fusione del materiale considerato.

2. Il lavoro necessario per creare la nuova interfaccia nucleo/liquido. Esso e’

dato da

4 p r

2

g

s /l

dove gs/l e’ l’energia superficiale della nuova interfaccia.

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In pratica la variazione di energia libera da valutare sara’

DG = 4

p

r2

g

s /l - 4

3

p

r3 DHf DT

Tm (1)

Fig 7. Rappresentazione schematica dell’ andamento delle energie in gioco durante il processo di nucleazione omogenea

Come si puo’ ricavare dall’ equazione (1), la nucleazione sara’ facilitata da un certo grado di sottoraffreddamento (DT) perche’ il termine DGv e’ strettamente legato al termine DT. Se differenziamo l’equazione (1) ricaviamo il raggio critico per la nucleazione

r

c

= 2 g

s /l

T

m

DH

f

DT

Se il raggio critico e’ circa 1 nm (da misure sperimentali), secondo i materiali considerati, si ricavano sottoraffreddamenti molto elevati

Metallo Temp. di fusione Sottoraffreddamento

Pb 327 80

Ag 962 250

Cu 1085 236

Ni 1453 480

Fe 1538 420

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Per fortuna non e’ necessario raggiungere questi valori di sottoraffreddamento perche’

quello che abbiamo appena presentato e’ la NUCLEAZIONE OMOGENEA che avviene molto, molto raramente.

Quello che si ha normalmente e’ invece la NUCLEAZIONE ETEROGENEA, e’ causata da impurezze presenti nel liquido o sulle pareti del contenitore in cui il liquido solidifica.

In pratica queste impurezze o asperita’ forniscono una comoda superficie sulla quale il solido puo’ nucleare. In questo modo e’ piu’ semplice superare il raggio critico e quindi il sottoraffreddamento e’ minore. Nei metalli questo processo e’ noto come INOCULAZIONE, ad esempio solo lo 0.01% di Ti oppure di B nelle leghe di alluminio fa si che si formino delle particelle finissime di TiC che agiscono come siti di nucleazione. Il raggio critico (e di conseguenza il sottoraffreddamento) in presenza di nucleazione eterogenea sono anche di un ordine di grandezza piu’ piccoli di quelli necessari in presenza di nucleazione eterogenea.

Fig. 8 Esempio di nucleazione eterogenea. I nuclei si sono formati sulla superficie delle particelle preesistenti (rosse) nel liquido

Sulla velocita’ di nucleazione influiscono in realta’ due fattori:

1. L’instabilita’ del liquido, effettivamente funzione lineare del sottoraffreddamento

2. La diffusione degli atomi dallo stato liquido a quello solido (gli atomi devono diffondere e “riunirsi” con la prevista stechiometria per formare il nucleo.

Questo fenomeno (come tutti i processi diffusivi) e’ termicamente attivato e segue una legge di Arrhenius. Questo termine dunque cala in maniera esponenziale con la temperatura (gli atomi diffondono con maggiore difficolta’ quando il liquido diventa “viscose”)

In pratica se sommiamo I due fattori vediamo che la velocita’ di nucleazione, all’inizio e’

bassa perche’ il sottoraffreddamento e’ piccolo. Aumenta e raggiunge un Massimo ma poi inizia a calare di nuovo perche’ la diffusione diventa il fattore limitante.

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VELOCITA’ DI CRESCITA

Una volta nucleato, l’embrione deve crescere. Nei metalli il fenomeno dipende molto da come il calore specifico del liquido e quello latente del solido vengono “rimossi” dal sistema durante la solidificazione. Comunque il fenomeno di crescita e’ un fenomeno diffusive quindi termicamente attivato. Di conseguenza la velocita’ di crescita (growth) cala esponenzialmente con la temperatura e cioe’ con il sottoraffreddamento.

Fig. 9 Nel grafico sono rappresentate, in funzione della temperatura, le velocitadi nucleazione (N), di crescita (G) e la velocita’ totale del fenomeno

Per concludere questo argomento, bisogna sottolineare come la cinetica della solidificazione vari con la temperatura del sistema (e quindi del “contenitore” dove c’e’ il metallo) e quindi anche l’eventuale microstruttura. Se ad esempio il sistema viene mantenuto per un lungo periodo ad alta temperatura (ma comunque al di sotto della temperatura di solidificazione) la velocita’ di nucleazione sara’ bassa, quella di crescita alta e allora la microstruttura finale sara’ composta da pochi grani (bassa nucleazione) ma molto grandi (alta velocita’ di crescita). In generale questa microstruttura avra’ pessime caratteristiche meccaniche. Se invece il materiale sara’ raffreddato velocemente avremo molti grani (alta nucleazione) ma molto piccoli (bassa crescita). In generale questa microstruttura ha le migliori caratteristiche meccaniche.

Ritorniamo ora all’argomento acciai e loro trattamenti termici.

Come e’ stato gia’ detto la cinetica della trasformazione eutettoidica, a temperatura costante, e le corrispondenti microstrutture sono state studiate da BAIN e vengono riportate su grafici chiamati T.T.T. (tempo, temperatura, trasformazione).

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Come abbiamo visto discutendo la nucleazione e crescita di una fase, la temperatura e quindi anche il tempo giocano un ruolo fondamentale nella trasformazione da austenite a perlite. La figura qua sotto indica chiaramente questa dipendenza

Come si puo’ vedere dalla figura soprastante, la trasformazione e’ tanto piu’

veloce quanto piu’ alta e’ la temperatura (il tempo e’

r i p o r t a t o i n s c a l a logaritmica!!!)

In maniera analoga possiamo (ed e’ quello che ha fatto BAIN) riportare in un grafico il tempo necessario per iniziare e completare la trasformazione dell’ austenite in perlite, in funzione ovviamente della temperatura (figura accanto)

In questa figura (diagramma TTT) bisogna notare che viene riportata la temperatura di 723 C temperatura al disopra della quale l’austenite e’ stabile.

Non ha quindi senso discutere

di temperature piu’ elevate perche’ la trasformazione comunque non potra’ avvenire.

Al di sotto dei 723 C la trasformazione puo’ avvenire ma c’e’ un certo tempo di

“incubazione” per cui nella zona a sinistra delle due curve l’austenite e’ ancora stabile, poi dopo un certo tempo la trasformazione inizia (prima curva), dopo un certo tempo la

700

°C

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trasformazione raggiunge il 50% (curva tratteggiata) e alla fine si completa (seconda curva).

Ovviamente a seconda dell’ entita’ delle due velocita’ (nucleazione e crescita) la perlite che si forma potra’ avere microstruttura grossolana (bassa velocita’ di nucleazione e alta velocita’ di crescita) oppure microstruttura fine (elevata velocita’ di nucleazione e bassa velocita’ di crescita)

Parleremo appunto di perlite grossolana (coarse), se essa viene prodotta a temperature elevate o di perlite fine (fine) se essa viene prodotta a temperature piu’ basse.

Fig. 10 (a) Perlite grossolana, (b) Perlite fine

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Se la trasformazione viene fatta a temperature piu’ basse del “naso” della curva TTT cioe’ tra i 540 e 200 C si sviluppa una nuova forma di microstruttura (e’ sempre perlite) estremamente fine che e’ stata chiamata (indovinate perche’) bainite. La bainite e’ una microstruttura di aghi di cementite in una matrice di ferrite. Per ottenere questa microstruttura si deve sempre passare attraverso una fase di diffusione di atomi e crescita della ferrite e della cementite ma in questo caso la microstruttura e’ cosi’ fine che la si puo’ risolvere solo con l’aiuto di un microscopio elettronico.

Fig 11 Curva TTT indicante la formazione della bainite (NB sono state recentemente individuate due bainiti, una superiore e una inferiore ma il tipo di microstruttura non cambia, quella inferiore e’ ancora piu’ fine di quella superiore)

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MARTENSITE

Analizzando i trattamenti termici degli acciai si constata che esiste anche un altro microcostituente o fase. Essa e’ chiamata MARTENSITE

Questa fase si ottiene raffreddando molto velocemente (temprando, quenching) un acciaio, partendo ovviamente da una temperatura alla quale l’austenite e’ stabile. Se il raffreddamento e sufficientemente veloce da evitare il naso della curva TTT la trasformazione a perlite non puo’ avvenire. Pero’ l’austenite e’ una s.s. di C in Fe (FCC) e la solubilita’ del C e’ elevata, mentre a temperatura ambiente il C non puo’ sciogliersi che in piccolissima quantita’ nel Fe (BCC). Il carbonio a causa della tempra rimane intrappolato interstizialmente nella struttura (BCC) non riesce a diffondere per dare cementite e ferrite e quindi essendo la soluzione sovrasatura, il Carbonio deforma in maniera notevole il reticolo cristallino del ferro. La trasformazione martensitica non e’

tipica solo degli acciai, avviene anche in altre leghe. E’ una trasformazione che avviene senza diffusione, e’ atermica e velocissima quindi indipendente dal tempo (per questo nel diagramma TTT ci sono le due rette parallele all’ascissa).

coarse pearlite fine pearlite

lower bainite upper bainite

100%martensite martensite

martensite

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Le due rette nel diagramma TTT sono appunto quelle della martensite start Ms e martensite finish Mf.

La martensite ha una struttura tetragonale a corpo centrato cioe’ c>a. L’espansione della cella e’ funzione della quantita’ di carbonio secondo la

c

a = 1 + 0.45 %C

C’e una formula empirica che ci da il valore di Ms

Ms= 561 - 474 (%C) – 33 (%Mn) – 17 (%Ni) – 17 (Cr) – 21 (%Mo)

in certi casi la Ms puo’ essere anche inferiore alla temperatura ambiente (ci possono essere problemi di austenite residua a temperatura ambiente)

La martensite e’ il costituente piu’ duro e resistente fra tutti quelli possibili negli acciai.

Purtroppo la presenza del carbonio in soluzione sovrasatura nel Fe rende si la microstruttura molto dura ma anche estremamente fragile. Ci sono molti stress residui e stalvolta la tempra puo’ generare tali stress residui che

• Il provino si deforma e sono necessarie lavorazioni ulteriori per ritornare in tolleranza (lavorazioni fatte pero’ su una superficie durissima e quindi costose)

• Il provino si cricca o si spezza

Fig 12 Microstruttura della martensite

La durezza della martensite e’ funzione del contenuto di carbonio e proprio per i notevoli stress residui indotti dalla tempra, si temprano acciai con basso contenuto di carbonio (0.2-0.45 %)

Quasi sempre comunque si sottopone la martensite ad un ciclo di rinvenimento. L’acciaio viene cioe’ riscaldato a circa 700 C in maniera da rilassare gli stress residui. Parte della

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martensite si trasforma in perlite sferoidale. Si perde un po’ della durezza e resistenza ma si recupera molta tenacita’.

Per concludere l’argomento sui diagrammi TTT va ancora osservato che essi NON SONO diagrammi di stato per cui non si possono percorrere alla rovescia. In pratica se la perlite si e’ formata non e’ possibile farla diventare ad esempio bainite.

Inoltre i grafici TTT sono influenzati moltissimo dal tipo e quantita’ di alliganti presenti nell’acciaio. Questo perche’ vi e’ la necessita’ di “ricollocare” anche gli alliganti nella nuova struttura (soprattutto i carburi) durante la trasformazione. Quindi la presenza di Cr, Ni, Mo, W, Ti etc sposta sempre a destra il naso della curva TTT. Questo significa che e’

possibile temprare piu’ lentamente un acciaio legato e quindi ridurre i pericoli di stress residui o fratture. Certi acciai vengono detti AUTOTEMPRANTI proprio perche’ la quantita’ di alliganti e’ tale che il naso e’ cosi’ spostato a destra che l’acciaio viene temprato con un semplice raffreddamento in aria. Il solo cobalto sposta il naso a sinistra.

Questo perche’ non forma precipitati ma va in s.s. e soprattutto perche’ aumenta la conducibilita’ termica della matrice.

Sembrerebbe ovvio scegliere sempre acciai legati per ogni applicazione. Si possono temprare facilmente danno buone resistenze etc. Ma sono estremamente costosi!!!!. E’

quindi importante poter valutare quanto “temprabile” e’ un acciaio.

La temprabilita’ si misura con una prova detta prova Jominy. Un provino cilindrico (10 cm e diametro 2.5 cm) viene sospeso verticalmente e riscaldato. Poi la sua superficie inferiore viene temprata con un getto d’acqua. Il provino dopo il suo raffreddamento viene estratto e sulla sua superficie vengono fatte delle prove di durezza, a distanze prefissate (lungo la longitudinale). I risultati di queste prove di durezza vengono diagrammate in funzione appunto della distanza dalla superficie sulla quale e’ stata effettuata la tempra. E’ ovvio che un acciaio molto temprabile manterra’ la durezza iniziale anche su distanze notevoli, gli acciai meno temprabili avranno un calo brusco della durezza (anche se la durezza iniziale puo’ essere elevata) in funzione della distanza (vedi figura qui sotto)

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Provino Jominy e macchina di prova Jominy

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PROCESSI TERMO – MECCANICI CEMENTAZIONE e NITRURAZIONE

Ci sono molte situazioni in cui si desidera avere la superficie del pezzo molto dura ma il “cuore” tenace. Un esempio classico sono le ruote dentate in cui la superficie deve essere piu’

dura possibile per resistere all’usura. Allo stesso tempo l’interno del pezzo deve essere il piu’ tenace possibile per resistere ad urti, vibrazioni etc.

Per ottenere questi due risultati si deve utilizzare uno dei due metodi detti termo – meccanici

la CEMENTAZIONE o la NITRURAZIONE.

Entrambi utilizzano la diffusione ad alta temperatura di sostanze quali carbonio, nel caso della cementazione e l’azoto, nel caso della nitrurazione.

Acciai da cementazione

La cementazione si effettua mantenendo l'acciaio ad elevata temperatura (circa 900 C), in un ambiente ricco di carbonio (ad esempio in un forno con all'interno una massa di carbone e carbonati di Ca o Ba). Si mantiene il pezzo ad alta temperatura per circa 4 – 10 ore. Poi dopo aver ottenuto la diffusione desiderata si tempra il pezzo. In questo modo lo strato superficiale in cui e’ diffuso il carbonio produce martensite e quindi la durezza voluta. La parte interna (cuore o nucleo) contenendo pecentuali molto basse di carbonio non da martensite e quindi mantiene la sua tenacita’. Si ottiene uno strato superficiale molto duro (700 HV) ma molto fragile.

Questi acciai sono caratterizzati da un basso tenore di carbonio (in generale non superiore allo 0,20%), necessario per non aumentare eccessivamente la durezza del nucleo.

Gli acciai da cementazione contengono oltre al carbonio, nichel, manganese, cromo, molibdeno. Le percentuali dei vari elementi di lega non superano in generale i seguenti valori massimi: Mn = 2%, Ni = 5%, Cr = 2%, Mo = 0,5%.

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Acciai da nitrurazione

La nitrurazione si effettua mantenendo l'acciaio ad elevata temperatura (ma piu’ bassa di quella della cementazione, circa 500 C), in un ambiente ricco di azoto (ad esempio in un forno con all'interno un recipiente contenente ammoniaca). La sola presenza del Fe in questo caso non e’ sufficiente a produrre la durezza voluta (perche’ diffonde azoto) e la durezza viene prodotta dai precipitati (nitruri).che l’azoto forma soprattutto con l’alluminio (ma anche Cr e V).

Si ottiene uno strato superficiale durissimo (900 ÷ 1200 HV), ma molto sottile e fragile.

Il tenore di carbonio varia dallo 0,20% allo 0,50%.

Il tipo di acciaio più frequentemente sottoposto a nitrurazione è quello contenente alluminio (0,35 ÷ 1%) e cromo (1,7%), oltre ad una piccola aggiunta di molibdeno (0,3%).

Ai più bassi tenori di alluminio corrisponde la minore durezza superficiale, circa 900 HV, e la maggiore tenacità ed aderenza dello strato nitrurato; con i tenori più elevati di alluminio si possono raggiungere durezze di 1200 HV, alle quali però fa riscontro una certa fragilità dello strato nitrurato.

Si può ottenere resistenza a trazione che varia tra i 600 ed i 1300 N/mm2.

Dal punto di vista della scelta di un acciaio da cementazione oppure da nitrurazione, è molto importante rendersi conto dei vantaggi e degli inconvenienti dei due metodi di indurimento superficiale. A tale scopo è sufficiente esaminare l'andamento caratteristico di due curve durezza - profondità (Fig 13).

Si può affermare che la nitrurazione offre i seguenti vantaggi rispetto alla cementazione:

- la durezza dello strato nitrurato è molto più elevata, fino a 1200 HV;

- si ha invariabilità di tale durezza per riscaldamenti fino a circa 500 °C, anziché fino a soli 200 °C (la martensite a questa temperatura inizia a rinvenire), caratteristica molto importante in quei casi nei quali si ha un notevole riscaldamento dei pezzi durante l'esercizio;

- la nitrurazione non produce apprezzabili deformazioni (non c’e’ la tempra) e quindi la lavorazione meccanica del pezzo viene fatta prima del trattamento di indurimento, effettuando dopo la nitrurazione solo una lievissima rettifica; le forti deformazioni causate dalla cementazione portano viceversa alla necessità di lasciare un sovrametallo nella sgrossatura dei pezzi che devono essere cementati, sovrametallo che deve poi essere tolto con successive lavorazioni;

- la nitrurazione viene eseguita su acciai legati e quindi il nucleo è dotato delle ottime caratteristiche ad essi corrispondenti; con la cementazione si usano invece acciai a basso tenore di carbonio, i quali hanno caratteristiche inferiori.

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Fig. 13 Andamento caratteristico della durezza per il processo di cementazione e nitrurazione

Viceversa la nitrurazione presenta i seguenti inconvenienti rispetto alla cementazione:

- lo strato indurito è molto più sottile e quindi è inadatto a sopportare forti pressioni locali che lo sfonderebbero;

- il ciclo di lavorazione è più lungo e costoso;

- si devono usare sempre acciai legati contenenti percentuali di elementi aventi elevato costo.

I processi di cementazione e nitrurazione richiedo una diffusione allo stato solido (C o N2), l’equazione che regola la diffusione e’ stata gia’ discussa nei capitoli precedenti. In pratica se si vuole aumentare la concentrazione del C all’interno del pezzo fino ad un limite Cx, partendo da una concentrazione media di C nell’acciaio pari a C0 sfruttando un’atmosfera ricca in C e con una concentrazione Cs, avremo:

Cx - C0

Cs - C0 = 1 - erf ( x 2 D t)

dove x e’ la profondita’ massima nella quale si vuole aumentare la concentrazione di carbonio e D e’ il coefficiente di diffusione del carbonio nel Fe (g).

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Vediamo un esempio

Consideriamo un acciaio con C=0.25%, esso viene cementato portandolo a 950 C in un’atmosfera ricca in carbonio (C=1.2%). Calcoliamo il tempo necessario per ottenere una concentrazione pari allo 0.8% ad una profondita’ di 0.5 mm.

C0 = 0.25 Cs = 1.2 Cx = 0.8 x = 0.5

D = 1.6 10-11 m2/s

Applichiamo l’equazione per la diffusione e avremo

0.8 - 0.25

1.2 - 0.25 = 1 - erf 5 ⋅10

-4

2 1.6 ⋅10

-11

(t)

0.421 = erf 62.5 t

dalla tabella

z erf(z)

0.35 0.3794

z 0.4210

0.4 0.4284

interpolando si ricava

z - 0.35

0.4 - 0.35 = 0.421 - 0.3794 0.4284 - 0.3794

per cui z = 0.392 e quindi

62.5

t = 0.392

quindi t = 25 400 s cioe’ 7.1 h

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