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SUA SANTITÀ LA SCIENZA Moreno Pasquinelli

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Academic year: 2022

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SUA SANTITÀ LA SCIENZA di Moreno Pasquinelli

« L a

scienza è stata ridotta alla tecnica, un’arte di manipolazione che taglia via ogni azione umana reale e dotata di senso in favore di calcoli limitati, poiché non si avvicina alla realtà umana nella sua totalità, ma solo a essa quale somma di

‘eventi particolari’ governati da leggi ‘oggettive’. La perdità della totalità significa allo stesso tempo l’abolizione della storicità». Mihaly Vaida, Lukasc and Husserl critique of science

Sopra di noi, attorno a noi, dentro di noi

Con lo spauracchio di una incombente “catastrofe umanitaria”, messosi il Parlamento sotto i piedi, il governo ha sottoposto tutto il Paese ad un vero e proprio Stato d’eccezione, ha sospeso la Costituzione, ha soppresso lo Stato di diritto e militarizzato la vita civile. Solo in Cina si è giunti a tanto. Siamo piombati in uno Stato di guerra, dove la sola guerra è quella dichiarata contro il popolo. Un fatto senza

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precedenti nella storia repubblicana. Solo degli stolti possono fare spallucce e sottovalutarne la portata.

Il mondo dell’informazione non ha nemmeno avuto il bisogno di aderire alla dichiarazione di guerra del potere, l’ha anzi lanciata per primo, visto che esso è l’anima stessa del potere. Chi ha osato contestare e sfidare la quarantena è stato additato al pubblico ludibrio come untore ed i cittadini terrorizzati invitati a mettersi l’elmetto per essere arruolati come spie e delatori. Come se non bastasse si sono moltiplicati esposti alla magistratura per cancellare siti e piattaforme non allineati con la vulgata di regime, quindi numerosi video e pagine sui diversi social network oscurati.

La ciliegina sulla torta dello Stato d’eccezione, beninteso in nome della “Fase 2” e ancora una volta seguendo la Cina (che a sua volta ha preso esempio da Singapore, lo Stato di polizia perfetto), è un’applicazione digitale, Immuni, ideata per porre in essere un vero e proprio pedinamento di massa permanente. Col pretesto del contrasto della pandemia il Grande Fratello, da distopia orwelliana, è ormai realtà, sopra di noi, attorno a noi, dentro di noi. L’Italia è diventata, n o n a c a s o a s s i e m e a d I s r a e l e , u n l a b o r a t o r i o d i sperimentazione per quello che potremmo chiamare, mi sia concessa la figura, regime liberal-fascista. Demiurgo di questo salto nel buio è un governo di “sinistra”, una sinistra che dopo aver fatto a pezzi i diritti sociali sull’altare di quelli civili, ora, pur di ubbidire ai suoi padroni, deve sacrificare anche quelli.

“Credere, obbedire, combattere”

Il mondo scientifico, a sua volta, è diventato un vero e proprio campo di battaglia. Sin da subito si è voluto mettere a tacere non solo chi dissentisse, ma anche chi si è permesso di sollevare dei semplici dubbi. I nuovo templari della scienza di regime, dalle loro imprendibili postazioni strategiche cannoneggiano con con mortai e obici da 280 i focolai di guerriglia, chiunque osi rifiutare il Verbo. E’ una

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vera e propria guerra nella guerra, di annientamento.

Parrebbe una vicenda tratta dal 1984 di Orwell, invece è realmente accaduto giorni addietro in Germania, per l’esattezza nella città di Heidelberg: “Beate Bahner, un’avvocatessa molto critica con le misure prese dal governo per la quarantena Coronavirus è stata portata come misura precauzionale in un reparto psichiatrico e nell’ospedale è stata fatta visitare da un medico che poi ha deciso di trattenerla”. Le agenzie, tanto per corroborare la tesi che fosse una svitata, precisano che “il medico l’ha trovata in un evidente stato confusionale”.

E’ stato infatti dichiarato inammissibile anche il solo interrogarsi sulla natura del virus, di cosa effettivamente si tratti, come l’epidemia abbia dilagato e perché, come eventualmente debba essere contrastata. Un caso esemplare è quello di Maria Rita Gismondo, virologa e responsabile del laboratorio dell’ospedale Sacco di Milano. Per aver affermato (sulla falsa riga di altri eminenti virologi, tra cui Ilaria Capua): “A me sembra una follia. Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale”, è stata scomunicata dalla comunità scientifica e quindi messa a tacere. Stessa sorte è toccata ad altri scienziati e medici non allineati con la scienza di regime. Si colpiscono loro affinché i sudditi siano tenuti alla cieca obbedienza, così che il gregge segua ciecamente il pastore e non venga a sapere che la linea durissima scelta in Italia – vedremo se avrà successo politico – si è dimostrata un gigantesco fallimento sul piano sanitario e terapeutico.

Decide la scienza

Questo strano animale liberal-fascista — regime di passaggio che in grembo contiene un vero e proprio mostro, un futuristico tecno-fascismo — ha trovato un fondamento, la fonte della propria autolegittimazione. Il decisore politico ha giustificato la sua caterva di decreti, ovvero la sua

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raffica di misure draconiane col motto: “ce lo chiede la scienza”. In verità questo aforisma si dovrebbe pronunciare in questa maniera: “decide la scienza”. Poiché questo è effettivamente accaduto, che il decisore di ultima istanza, miracoli della devoluzione liberista, non è stato quello politico, bensì “la scienza”.

Sull’uso epistemicamente equivoco di questo sostantivo, sulla sua natura magico-simbolica; sull’uso della scienza da parte delle classi dominanti come nuovo e potente strumento mitopoietico di conservazione e disciplinamento sociale mi ero già soffermato un mese fa – LA SCIENZA AL TEMPO DEL TERRORE.

Il decisore politico (per meglio dire i decisori, visto che davanti al Corona virus l’Italia, come risultato del lavorio pluridecennale e distruttore dell’élite ha palesato che non è già più uno Stato unitario) ha ubbidito alla “scienza”, per la precisione ad una arrogante conventicola di specialisti, tutti devoti seguaci di quella che chiameremo “scienza sacra”.

Queste teste d’uovo – che media e Tv ci presentano come santoni, pozzi di sapienza e le cui parole sono presentate come sentenze indiscutibili e inappellabili – sono a tutti gli effetti assurti ad un rango apicale nella scala gerarchica del regime. Per la precisione essi sono una lobby con un potere d’interdizione formidabile che gli viene dall’essere funzionari di una branca della tecno-scienza, quella dell’industria farmaceutica mondiale. Vorrei fosse chiaro di che stiamo parlando: di un business globale di dimensioni ciclopiche. Solo nel 2017 le dieci più importanti aziende farmaceutiche del mondo hanno generato un fatturato di quasi 450 miliardi di dollari. Esse sole, facendo il 40% circa del mercato mondiale dei medicinali, superano di gran lunga il Pil della maggior parte dei paesi del mondo. Non ci vuole molta fantasia per comprendere quante risorse questi giganteschi demoni investono, non solo per orientare la cosiddetta

“ricerca scientifica”, non solo per condizionare l’Oms, ma per mettere a libro paga, “blasonati” specialisti, scienziati e,

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a cascata, a corrompere lo sterminato esercito dei medici, partendo dai luminari fino ai medici di base. Siamo dunque in presenza di una mafia medico-farmaceutica globale. Solo degli ingenui possono pensare che questa mafia non corrompa anche il mondo dei media e quello politico, o che essa sia estranea alla pandemia, che cioè non abbia contribuito ad orientare e/o condizionare i decisori politici, non solo italiani ovviamente.

Numerologia e necrofilia

Forte di questo rango, con a capo un perfido cicisbeo come Burioni, questa setta di specialisti, non solo ha spinto il governo italiano a prendere le sue misure, vorrebbe costringerlo a prolungare lo spietato lockdown. Come ogni mafia usa il terrore così essi fanno leva sulla paura, paventando un ritorno della pandemia in autunno, il tutto per andare a parare che “finché non avremo un vaccino, tutta l’umanità è in pericolo”. Chi ha orecchie per intendere

intenda.

Il governo, seguendo le direttive impartite da questa mafia- di-specialisti, ha abdicato definitivamente alla sua funzione essenziale di decisore politico di ultima istanza, consegnando questa facoltà ai tecno-scienziati: prima delegandola alla Protezione civile, poi inventandosi un necrofilo super- commissario (tal Domenico Arcuri). Non poteva infine mancare una “Task force”, con alla guida (ovviamente) un manager,

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Vittorio Colao, che di epidemiologia e sanità ne sa quanto il sottoscritto sullo stato di salute dei pinguini in Antartide.

Tuttavia la frittata è fatta: che il popolo segua non solo “la scienza”, bensì saluti il ritorno dei tecno-scienziati al potere.

Si faccia attenzione al linguaggio di funzionari del culto supremo – dei Ricciardi, degli Arcuri, dei Borrelli e dei Colao. Davanti ad un’epidemia che come ogni patologia di massa chiama in causa plurimi fattori sociali, nonché dirimenti questioni etiche, politiche e istituzionali, essi, come beccamorti, non fanno che sciorinare numeri; numeri degli infettati, numeri dei deceduti, numeri dei guariti, numeri degli asintomatici, numeri dei dispositivi terapeutici.

Numeri, numeri, numeri… E quindi regole, regole, regole…

Sembrano tutti adepti di una setta pitagorica. Questi stregoni non sanno, o dimenticano, che una regola funziona come regola, solo se è incorporata in quel tessuto di relazioni, azioni, reazioni, interessi, valori, gusti, bisogni, ciò che Wittgenstein definì “forma di vita”. A questi funzionari del nuovo Leviatano, per loro natura, non è consentito capire la ricchezza della vita, la complessa correlazione del tutto- sociale. Essi sperano così che la moltitudine ubbidisca in modo altrettanto disciplinato anche nella “fase 2”. Vogliamo sperare che saranno non solo smentiti, ma travolti.

Nuova classe, nuova teologia

“Decide la scienza” – per la precisione quella omologata e convalidata come tale dalla setta egemone – , quindi i suoi scagnozzi innalzati a veri e propri demiurghi politici. Questa riarticolazione della gerarchica catena di comando del potere, prima solo parziale – tecno-economisti e manager innalzati ai posti istituzionali apicali, non solo nazionali ma in organismi di dimensioni globali –, sull’onda della lotta alla pandemia, si va configurando come strutturale e sistematica (proprio come certa fantascienza aveva profetizzato).

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Si tratta, grazie anzitutto all’impulso delle potenti frazioni capitaliste di peso mondiale, di un salto, di un passaggio qualititativo della natura stessa degli ordinamenti statuali nazionali. Essi ci riconducono al concetto schmittiano del Politico come fenomeno di secolarizzazione del teologico.

Abbiamo spesso definito la nuova classe che sta in cima al sistema neoliberista globalizzato e cosmpolitico una vera e propria “aristocrazia finanziaria”. Questa nobiltà post- moderna è nella sua gran parte di fede transumanistica, ovvero immagina, ubbidendo alla sua delirante e smisurata volontà di potenza, di poter dare vita ad una casta di superuomini, di cyborg che grazie all’ibridazione macchinica, punti all’immortalità. Una casta che punta alla “perfezione sociale” matematizzando la vita e delegando a sofisticati algoritmi il governo del mondo, coi tecno-scienziati come suoi funzionari.

Nel mondo che essa immagina, alla moltitudine degli umani non resta che accettare di non-essere, ovvero essere servi della gleba.

E’ il ritorno al futuro, il nuovo Medio evo. L’ordine spirituale teocratico di allora vorrebbero rimpiazzarlo da un nuovo, con la teo-scienza al posto della religione. “Dio è morto” affermò Dostoevskij; non poteva immaginare che quella dipartita annunciava una diversa Resurrezione, di un nuovo Essere supremo dotato anch’esso di onniscienza e onnipotenza.

La teo-scienza per la nuova aristocrazia dev’essere la sorgente di un nuovo ordine supremo, a cui tutti i piani della vita e della realtà dovranno soggiacere e sottomettersi, poiché esso si concepisce non solo come fondamento ma come fine ultimo. In questo orrore di mondo al vertice della piramide sociale vi sarà una casta curiale di tecno- scienziati, sacerdoti e custodi della verità, che subordinerà a sé tutti gli altri poteri, civili e politici, come sue organi funzionali, destinati a sostenere il potere sovraordinato che li pone in essere. Chi può escludere che

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questa casta curiale, proprio come accadde col cattolicesimo, si dia infine un Pontefice sommo?

PER LA RINASCITA DELL’ITALIA, ATTRAVERSO L’ECONOMIA REALE E L’OSSERVANZA DELLA COSTITUZIONE di G. Paragone, T. Alterio, M. Pasquinelli, M. Scardovelli, P. Maddalena

“Nulla impedirà a l s o l e d i sorgere ancora, n e m m e n o l a notte più buia”

L’emergenza sanitaria finirà, quella economico-sociale che bussa alle porte sarà invece davvero devastante. L’epidemia ha infatti colpito una società già profondamente indebolita da decenni di scellerate politiche predatorie. La pretesa neoliberista di averci privato della sovranità nazionale,

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consegnandola all’Europa e ai mercati, ha indebolito le nostre difese immunitarie.

Anni di austerità in nome del rispetto dei vincoli europei hanno devastato il tessuto economico produttivo dell’Italia, spolpato la sanità pubblica, distrutto lo stato sociale. Tutto questo ha spalancato le porte alla finanza internazionale e alle multinazionali che hanno acquistato a buon mercato gran parte delle nostre ricchezze e del nostro patrimonio pubblico.

E’ arrivato il momento di dire basta al sistema neoliberista e a questa Unione Europea.

Quando il male è profondo la terapia non può che essere radicale. La recessione è già in corso, per sventare il pericolo che diventi catastrofica, per evitare che milioni di italiani siano gettati sul lastrico, occorrono misure drastiche, occorre avere una visione chiara e radicale che vada in una direzione opposta rispetto a quella fin qui imposta dall’Unione Europea e dalla nostra classe politica.

Davanti all’emergenza chiediamo al governo di adottare un piano che metta in sicurezza il Paese e che ponga le basi per una rinascita dell’Italia basata sui principi della Costituzione repubblicana.

Tra i primi provvedimenti urgenti:

1) Sostenere chi è senza lavoro e senza reddito seguendo criteri di equità e semplificando le procedure di accesso agli aiuti.

2) Sospendere mutui, prestiti e tasse per i cittadini in difficoltà.

3) Concedere prestiti a fondo perduto per tutte le aziende, gli esercenti, gli agricoltori e gli artigiani affinché possano riprendere le loro attività.

Passata l’emergenza non si può e non si deve tornare allo status quo ante. Ma chiediamo di:

1) Tenere presente che lo Stato italiano ha mantenuto il

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potere di emettere “moneta di Stato a corso legale” (art.

117, comma 1, lett. e) Cost.); fatto che non c’è impedito, né dai Trattati né dallo Statuto della Bce); spendibili nel territorio italiano; ritenere che alla luce di quanto dispone la Convenzione di Vienna sui Trattati internazionali, nella situazione che si è creata, è possibile abrogare le ”leggi di ratifica” dei Trattati di Maastricht e di Lisbona, nonché dei Trattati relativi al WTO, al FMI e alla Banca mondiale degli investimenti;

2) Separare la banche commerciali dalle banche d’investimento.

Trasformare Cassa Depositi e Prestiti e MCC, da Spa in “Enti pubblici”, che devono servire a soddisfare i diritti fondamentali dei cittadini, mentre il fine delle Spa è di soddisfare gli interessi economici dei “soci”. Tenere presente che la Banca d’Italia, potendo creare denaro dal nulla, deve esercitare la funzione di prestatore di ultima istanza.

3) Abrogare le leggi che consentono la finanziarizzazione del mercato (cartolarizzazioni, derivati, ecc.);

4 ) P o r r e i n e s s e r e t u t t e l e a t t i v i t à d i c a r a t t e r e amministrativo e contabile al fine di individuare quella parte del debito pubblico derivata dalla speculazione finanziaria, da dichiarare inesigibile, alla luce di quanto prevede la Costituzione in ordine ai diritti fondamentali del cittadino;

5) Bloccare tutte le privatizzazioni, le cartolarizzazioni e le svendite del patrimonio pubblico. Nazionalizzare, come prevede l’art.43 della Costituzione, i servizi pubblici essenziali (nazionali e locali), “le fonti di energia” (acqua, luce, gas, industrie strategiche, fonti di produzione della ricchezza nazionale, ecc.); e le situazioni di monopolio. Far rientrare tali beni nel concetto di “demanio pubblico”, e cioè di proprietà collettiva demaniale del popolo rendendoli inalienabili, inusucapibili e inespropriabili. Incrementare lo Stato sociale e l’intervento dello Stato nell’economia.

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6) Agire sul piano giudiziario contro le devastazioni ambientali, i contratti capestro con privati faccendieri o multinazionali straniere, considerando i cittadini, singoli o associati (art. 118 Cost) come parti della comunità statale (art.2 Cost), titolari di eguali diritti fondamentali, c h i e d e n d o a i g i u d i c i d i f a r a n n u l l a r e l e l e g g i incostituzionali dalla Corte Costituzionale.

E’ giunto il tempo di far ricorso al diritto di Resistenza di cui parlava Dossetti, al “potere negativo del popolo”, il quale è titolare dell’ultima parola quando, come accade da tempo, la Costituzione viene violata. E’ tempo di uscire dalla gabbia di questa Unione europea e dell’euro senza alcun tentennamento o ambiguità. Essere un Paese sovrano non significa isolamento, ma, al contrario, significa essere un Paese libero capace di rapportarsi in modo paritario con gli altri Paesi. Essere sovrani significa liberarsi da una schiavitù per migliorare le nostre vite.

Dobbiamo essere la scintilla capace di risvegliare gli italiani sopiti, impauriti e senza speranze e, per questo, abbiamo tutti un compito grande: liberarci da questo senso di impossibilità, di impotenza, dalla prigione interiore in cui siamo finiti, per tornare ad essere un Paese grande come eravamo.

È questo il tempo di rinascere!

E’ giunto il tempo di costruire un partito che attui la Costituzione e ci liberi dalla gabbia europea!

Ce la faremo uniti!

Firmatari:

Gianluligi Paragone, Tiziana Alterio, Moreno Pasquinelli, Mauro Scardovelli, Paolo Maddalena

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NO AL “PROGRAMMA DRAGHI” di Moreno Pasquinelli

L a

c o s i d d e t t a

“ p a n d e m i a ” COVID-19 ha gettato nel marasma la g i à

m a l m e s s a e c o n o m i a mondiale. A ben vedere è p r o p r i o l’Occidente a s u b i r n e le più gravi conseguenze e, in questo perimetro, è anzitutto l’Unione europea ad essere letteralmente terremotata.

E’ in questo contesto che dobbiamo leggere la nuova e pesante scesa in campo di Draghi, col suo intervento sul Financial Times.

Con la sua sortita, l’ex-governatore della Bce non solo certifica la sua auto-candidatura a guidare il nostro Paese — dato il precipitare degli eventi più come primo ministro che come presidente della Repubblica. Egli indica la terapia per guarire il malato, la via per tirar fuori l’Unione europea dalla sua crisi mortale.

Di che terapia si tratta? Quale via suggerisce?

Come c’era da aspettarsi l’uscita del nostro ha immediatamente ricevuto il plauso dell’establishment italiano, non solo dei

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potentati economici, ma della gran parte degli esponenti politici, a sinistra e a destra. Pressoché tutti lo invocano come salvatore della Patria, affinché, passata la buriana, prenda il posto di Conte. Tecnicamente, questo passaggio di consegne ci riporterebbe all’autunno 2011, quando venne defenestrato Berlusconi. Anche questa volta lorsignori non pensano affatto di passare per le urne. La differenza (e che differenza!) è che il passaggio sarebbe pilotato e blindato con accordo bipartisan preventivo centro-destra-centro- sinistra.

Che chi sta sopra, in alto, cioè le classi dominanti e i loro fantocci politici siano pronti a consegnare pieni poteri a Draghi non deve stupire. Essi sanno chi è costui, si fidano ciecamente, e dal loro punto di vista di classe non si sbagliano.

Ciò che semmai sorprende, che suscita massima inquietudine, è che vi siano alcuni “insospettabili” — evitiamo per carità di patria di fare i nomi — che stanno avvelenando i pozzi.

Codesti, dopo avere conquistato la stima di molti per aver gridato contro il regime e le politiche neoliberiste, dopo avere detto e scritto che occorre una radicale inversione di r o t t a , c i s t a n n o d i c e n d o c h e n o n b i s o g n a o p p o r s i pregiudizialmente all’operazione Draghi, che anzi occorre aprirgli una linea di credito. Questi cretini (concediamo loro la buona fede) per sostenere il loro spostamento di campo, adombrano ad una resipiscenza keynesiana di Draghi: “egli fu allievo di Federico Caffè”.

Resipiscenza keynesiana?

Basta leggere con la dovuta attenzione cosa precisamente abbia indicato Draghi sul Financial Times per smentire questa idea come una gigantesca bufala. Il fatto che Draghi ammetta che sarà necessario fare debito pubblico non significa che egli si è convertito. Il debito è solo uno strumento, dipende da come lo si usa e dagli scopi di chi lo usa. Un coltello serve al

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cuoco per cucinare un buon piatto, in mano ad un omicida serve per uccidere.

Quando il mercato ed il settore privato entrano in coma, anche i liberisti più sfrenati chiedono aiuto allo Stato, ma affinché torni il vecchio Ambaradan.

Come scrive Emiliano Brancaccio

«L’espansione del debito pubblico è dunque l’unica prospettiva razionale, ma non basta. Occorre chiarire come saranno gestiti i costi di questa crisi inedita e tremenda.

Un piano che sposti l’onere principale sui rentiers, contrasti ogni forma di speculazione e salvaguardi i lavoratori e i soggetti sociali più deboli potrebbe rivelarsi necessario per la rinascita non semplicemente economica, ma civile e democratica. Proprio come accade alla fine di una guerra, quando le forze illuminate della società escono vittoriose».

Thomas Fazi, dopo aver rinfrescato la memoria agli smemorati che sono caduti con tutti e due i piedi nella trappola — ricordando per filo e per segno le numerose e gravissime mosse che Draghi ha collezionato nella sua carriera —, scrive:

«Veniamo ora alla lettera di Draghi inviata al Financial Times. Mi dispiace deludervi, ma Draghi non è improvvisamente diventato un novello Keynes da un giorno all’altro. Più banalmente, Draghi sta invocando quella che è la strategia da manuale del buon liberista: privatizzare i profitti in tempo di “pace” (attraverso politiche di austerità a vantaggio del grande capitale ecc.) e socializzare le perdite in tempo di

“guerra”, attraverso un’espansione della spesa pubblica – ovviamente a debito – per tenere a galla il grande capitale (istituti finanziari in primis), esattamente come è accaduto nel 2007-2009. Passata la bufera si potrà poi tornare allegramente a privatizzare i profitti con ancora più

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veemenza di prima, adducendo proprio l’aumento del debito come scusa per implementare politiche di austerità ancora più severe, esattamente com’ è accaduto del decennio post-2007.

Il senso dell’intervento di Draghi sta tutto qui».

Non c’è dubbio che chi abbia sale in zucca, chi abbia davvero a cuore gli interessi ed i diritti delle masse popolari, ovvero della maggioranza dei cittadini, deve opporsi all’operazione Draghi.

Non basta, evidentemente dire no a Draghi ed al suo programma liberista. Occorre opporre un programma opposto, che descriva un’alternativa di società.

Se non ora, quando?

SUICIDIO DI STATO di Moreno Pasquinelli

Ieri sera, con lo s t i l e c h e g l i è proprio, ovvero sempre in bilico tra il solenne e il cazzeggio, il P r e s i d e n t e d e l C o n s i g l i o h a a n n u n c i a t o

l’ennesima stretta – modello lombardo esteso a tutto il Paese. Alla fine

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Conte ha capitolato. Ha capitolato allo sciame di sindaci e governatori che lo pressavano da giorni affinché le misure, già draconiane, diventassero tiranniche.

La cosa si presta a svariate considerazioni, ed è destinata ad allargare il solco tra i due campi contrapposti, quello dei sicuritaristi incalliti (non solo le destre, visto quello che ha affermato il piddino De Luca) e quello dei libertari (tra cui, nonostante ne facciano parte dei liberali, il sottoscritto si inscrive). Che ci sia un’emergenza sanitaria in Padania, causata dal combinato disposto della grave epidemia e dello sfascio della sanità italiana, non c’è dubbio. E non ce n’è alcuno, tuttavia, che tutta questa vicenda è politica quant’altre mai.

Le destre sicuritarie dettano il ritmo delle danze, hanno imposto al governo ed alla sinistra sinistrata non solo la propria agenda, anche la loro visione del mondo. Lo fanno con cognizione di causa, certe che panico di massa, paura irrazionale e isteria collettiva sono un potente carburante per conquistare il potere. L’albero si vede dai frutti. In campo politico questo significa che in ultima istanza conta l’effetto, non la causa.

Governo e opposizioni, sostenuti (tenetevi forte!) da certo antagonismo salutista, hanno scelto la via dell’accanimento terapeutico sul corpo del Paese, con l’esecuzione di trattamenti di dimostrata inefficacia terapeutica, ricorrendo a mezzi chiaramente sproporzionati che per salvare migliaia stanno determinando la sofferenza di tutta la nazione..

Ammesso e non concesso che si abbia a che fare con una immane tragedia sanitaria, è sicuro che questa panoplia di misure di blocco, causerà una catastrofe economica. La peggiore della storia patria. Una catastrofe sociale che farà, vedrete, più morti di COVID-19. La verità è che per debellare la malattia di alcuni, si è scelto infatti il suicidio di stato di un’intera nazione. Delle disastrose conseguenze di questa

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morte nazionale indotta ne riparleremo presto, fra qualche mese. Poi faremo i conti.

Come l’inferno è lastricato di buone intenzioni, tutto questo meccanismo viene giustificato in nome della vita, ha la sua fonte morale di legittimazione nell’amore per la vita. Ho sentito dire, da gente sana di mente, che non c’è da stupirsi che Gran Bretagna, Olanda, paesi nordici e Germania non abbiano seguito la via italiana (che per inciso è più severa della fulgida democrazia cinese)… “perché sono dei protestanti i quali, credendo nella predestinazione, se ne fregano dei valori morali, mentre noi no, essendo di tradizione cattolica, ci teniamo al rispetto per i deboli, gli emarginati ed i malati”.

Qui abbiamo la prova lampante che ogni giudizio di natura politica, per quanto abbia come oggetto una questione particolare, deve legittimarsi — prima ancora che con discutibili paradigmi scientifici —, con un principio non solo etico bensì filosofico. In effetti per l’antico testamento degli ebrei “la vita è il sommo bene, e lo è in quanto donatoci da Dio. Non serve essere atei per chiedersi cosa s’intenda per “vita”. La vita come ente meramente biologico?

La vita come unità di benessere materiale e spirituale? La vita umana come autodeterminazione o quella delle pietre? Noi, come disse Croce, “non possiamo non dirci cristiani”.

Passi. Ma si tenga almeno conto di quanto venne affermato dal Vaticano II, per cui il valore della vita umana abbraccia le dimensioni sociale, economica, politica, culturale, morale e familiare — di qui il concetto olistico e onnilaterale di

“salute pubblica” che molti aspetti contiene, tra cui anche quelli delle libertà personali e dei diritti politici soppressi dal governo e senza i quali la vita è solo vita vegetativa. Che vita è, infatti, quella che subiamo? Senza felicità, senza amore, senza fratellanza, senza dignità? E’

forse vita quella che ci costringe a scannarsi l’un l’altro?

In cui i nostri stessi corpi sono messi a valore per

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alimentare il sistema? So cosa mi risponderete: che è meglio piangere in questa valle di lacrime che morire. Col vostro permesso dissento. C’è qualcosa di peggio del coronavirus, è la peste di questo potere predatorio. Sono stanco di piangere e di ascoltare lamenti e mugugni. Io la vita la darei se servisse a rovesciare tutta questa merda e a fondare un mondo di uomini liberi ed uguali. Utopia, mi risponderete. E sia. Mi tengo la mia utopia, voi tenetevi pure attaccati alla macchina di ventilazione che vi tiene artificialmente in vita. Siete già morti e non lo sapete.

SOTTO IL SEGNO DELLA MORTE di Moreno Pasquinelli

Ho già avuto modo di commentare lo “Stato d’eccezione” a cui il g o v e r n i c c h i o C o n t e B i s h a sottoposto l’intero Paese con il Decreto legge del 2 marzo.

Il nuovo approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri — quello con cui la Lombardia e altre quattordici province vengono sigillate e blindate come zone rosse — si presta ad ulteriori riflessioni politiche. Politiche sottolineo, visto che quelle impolitiche, congetturali, superficiali se non addirittura stravaganti, vanno purtroppo per la maggiore.

* * *

Corona virus ha messo a nudo, assieme alla fragilità dell’Unione europea il carattere transeunte della

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globalizzazione. Gli Stati per far fronte all’epidemia, come non hanno fatto nemmeno davanti ai flussi migratori, si blindano, difendono i propri confini e ristabiliscono d’imperio la loro giurisdizione. Sono molti anni che lo andiamo dicendo: la crisi della globalizzazione riporta in auge gli Stati nazionali, le loro prerogative, a danno di quelle dei poteri mondiali o regionali sovraordinati. Questa è la tendenza oggettiva, inarrestabile e per questo mettevamo in guardia (euro o non euro) che eravamo dentro un passaggio di portata storica, forse epocale.

La battaglia ritorna in campo nazionale, è qui che si gioca la partita. La posta in palio sarà quindi la natura degli Stati che verranno fuori chiusa questa fase concitata di transizione. Avremo, dopo la parentesi neoliberista, mutatis mutandis, stati di tipo fascista o stati democratici?

* * *

Ci si chiede come sia possibile che un governicchio tanto traballante possa ricorrere ad una prova così muscolare e violenta. Consiglio di attenersi al principio metodologico di Occam che dice che ai fini della risoluzione di un problema, bisogna scegliere, tra più ipotesi possibili, quella più semplice — a meno che non sia necessario e utile prendere in considerazione più fattori. Qual è dunque quella più semplice?

Per saperlo occorre immaginare quale sarà la situazione dopo che, com’è lecito attendersi, l’epidemia avrà fatto il suo corso, lo spettro della pandemia si sarà volatilizzato, e la vita l’avrà spuntata sulla morte. Il governicchio s’intesterà la vittoria, dirà ai quattro venti che le misure draconiane adottate hanno avuto pieno successo, che l’allarmismo era giustificato dal pericolo incombente. E così non avremmo più un governicchio ma un super-governo, e tutto il sistema di dominio ne sarà uscito più forte. Non dico che così andrà necessariamente a finire — il diavolo fa le pentole…; dico che con questa finalità ci spieghiamo le micidiali decisioni prese a Roma.

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Si badi, dietro a tutto questo non c’è solo la meschina volontà di sopravvivenza del governo e chi ne fa parte, c’è anzitutto la volontà di potenza del sistema, le cui necessità e linee di forza s’impongono alle spalle dei suoi attori protagonisti. Un po’ come sosteneva Gadamer: il gioco ha le sue regole, che in ultima istanza prevalgono sui giocatori e impongono loro certe mosse.

Una recessione lunga e devastante era in arrivo (il Covid-19 l’ha solo avvicinata), il sistema avrà bisogno come il pane di governi e stati forti, in grado di attuare e far rispettare misure letali, quindi di far fronte all’eventuale sollevazione popolare. Ecco che l’epidemia è venuta a fagiolo per sperimentare nuovi dispositivi di controllo e dominio, nuovi metodi di assoggettamento dei cittadini, nuove modalità per imporre stringenti vincoli disciplinari, forme verticali di sorveglianza e sanzione. Come i dominanti stanno utilizzando l’epidemia conferma quanto scrisse Michel Faoucault: a differenza delle forme di potere premoderne, il potere capitalistico-borghese non usa la minaccia dell’uccisione e della pena di morte per tenere soggiogate le masse, ma s’infila nei loro corpi per assumerne il pieno controllo e diventare esso ciò che dispensa la vita, la potenza che la vita assicura, contro la minaccia della morte (biopolitica).

Per esercitare questo biopolitico potere sulla vita esso deve esasperare e drammatizzare l’emergenza sanitaria. Questo è ciò che, come in Cina, viene fatto in Italia. In barba ai

“prodigiosi progressi” della scienza e della medicina, si attuano gli stessi rituali di esclusione, i medesimi protocolli (politici) di clausura, di auto-esilio, di sorveglianza, di coercizione e incasellamento disciplinare che

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vennero sperimentati davanti alla peste.

«Questo spazio chiuso, tagliato con esattezza, sorvegliato in ogni suo punto, in cui gli individui sono inseriti in un posto fisso, in cui i minimi movimenti sono controllati e tutti gli avvenimenti registrati, in cui un ininterrotto lavoro di scritturazione collega il centro alla periferia, in cui il potere si esercita senza interruzioni, secondo una figura gerarchica continua, in cui ogni individuo è costantemente reperito, esaminato e distribuito tra i vivi, gli ammalati, i morti — tutto ciò costituisce un modello compatto di dispositivo disciplinare. Alla peste risponde l’ordine; la sua funzione è di risolvere tutte le confusioni: quella della malattia, che si trasmette quando i corpi si mescolano; quella del male che si moltiplica quando la paura e la morte cancellano gli interdetti. Esso prescrive a ciascuno il suo posto, a ciascuno il suo corpo, a ciascuno la sua malattia e la sua morte, a ciascuno il suo bene per effetto di un potere onnipresente e onnisciente che si suddivide, lui stesso, in modo regolare e ininterrotto fino alla determinazione finale dell’individuo, di ciò che lo caratterizza, di ciò che gli appartiene, di ciò che gli accade. Contro la peste che è un miscuglio, la disciplina fa valere il suo potere che è di analisi (…)

La peste come forma, insieme reale e immaginaria, del disordine ha come correlativo medico e politico la disciplina.

Dietro i dispositivi disciplinari si legge l’ossessione dei

“contagi”, della peste, delle rivolte, dei crimini, del

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vagabondaggio, delle diserzioni, delle persone che appaiono e scompaiono, vivono e muoiono nel disordine».

Michel Foucault, Sorvegliare e punire, parte terza, cap. terzo

QUAL È LA RATIO DELLO STATO D’ECCEZIONE? di Moreno Pasquinelli

N o n p u ò s f u g g i r e l’enorme portata del D e c r e t o c o n c u i i l governo ha deciso di mettere in quarantena l ’ i n t e r o P a e s e . U n a portata che incide su diversi piani: politico, i s t i t u z i o n a l e ,

economico, sociale, nonché quello della psicologia di massa.

Di contro allo stesso parere dei sacerdoti della scienza che il governo stesso aveva convocato per avere lumi e decidere il da farsi, esso ha optato per misure draconiane ed estreme, come nemmeno Pechino aveva fatto. In Cina era stata messa in quarantena una provincia, qui in Stato d’assedio è stato messo tutto il Paese.

Col suo sciagurato decreto il Governo ha confermato così al mondo intero che l’Italia, non più la Cina, è il centro mondiale degli appestati e di una fantomatica pandemia.

Con l’alibi della “difesa della salute pubblica” il governo,

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con un micidiale colpo di maglio, non ha solo messo fuorilegge la vita associata, né solo sospeso la democrazia; esso, tenuto conto del contesto economico già pessimo, ha spinto deliberatamente e scientemente l’Italia nel vortice di una recessione che potrebbe essere ancor più grave di quella di dieci anni fa.

Perché lo ha fatto? Qual è l’intelligenza che sottostà a quello che a tutti gli effetti corrisponde ad un golpe bianco?

Steso un pietoso velo sulle stupidaggini cospirazionistiche — per cui il virus sarebbe stato fabbricato in Occidente e iniettato da perfidi servizi segreti in Cina per annientarla, per poi scopire che colpisce anzitutto l’Occidente medesimo —, salta agli occhi il paradosso: che questo atto di forza sia compiuto dal un governo traballante e debolissimo.

Ecco quindi la prima risposta: nel Palazzo si è deciso di cogliere la palla al balzo, di approfittare del momento di panico isterico e della paura collettiva del contagio per puntellare il governo e mettere fuori gioco le opposizioni di destra come ogni altra opposizione che dovesse bussare alla porte. Non deve infatti sfuggire il cinico (ma giusto) calcolo tattico: chi potrebbe in questo clima, azzardarsi ad apparire come l’untore? Come sabotatore della sacra unità nazionale?

Ogni rifiuto delle misure draconiane, ogni dissenso verrebbe additato al pubblico ludibrio, e chi se ne facesse araldo, sottoposto a dura sanzione.

Per la prima volta nella storia della Repubblica la democrazia è dunque sospesa.

Perché è stato fatto? Perché tutta Italia in quarantena?

Perché sancire che tutto il Paese, al pari del lodigiano, è un focolaio — la qual cosa è evidentemente assurda?

Tra le altre plausibili ce n’è una semplice e una complessa.

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Quella semplice: bloccare ad ogni costo l’eventuale contagio perché avrebbe causato il collasso del sistema sanitario — decimato da un ventennio di tagli lineari in nome del rigore di bilancio. Detto altrimenti: le autorità hanno voluto pararsi il culo. Ci sta.

Quella complessa. L’aver drammatizzato potrebbe essere strumentale ad un altro obbiettivo: forzare la mano ai falchi nordici e ordoliberisti dell’Unione europea.

Roma ha scelto deliberatamente la via della drammatizzazione (che accelera l’ingresso in recessione e aggrava il suo impatto) nella speranza di strappare così a Bruxelles, Berlino e Francoforte, una deroga sostanziale alle politiche di rigore economico e di bilancio. Altro che lo zero virgola! Già adesso si vocifera che il governo voglia chiedere uno scostamento sul deficit del 4,2%. Ma non basta questa eventuale manciata di miliardi. Il presidente della Confindustria ha dichiarato ieri che occorre un “piano europeo da 3mila miliardi”. Qui ne ballano quindi, solo per l’Italia, centinaia, quelli necessari nei prossimi anni per evitare la catastrofe economica e sociale. Una catastrofe che sconvolgerebbe i fragili equilibri sociali del Paese, e che porrebbe all’ordine del giorno l’uscita dell’Italia dalla Ue — uscita che a sua volta farebbe

saltare la Ue stessa.

Una mossa spericolata dunque, quella del governo. Una scommessa azzardata. Ove la Germania e i suoi satelliti, invece di fare come Pechino — la Banca centrale ha immesso nell’economia 1.220 miliardi di yuan, 173 miliardi di euro; la

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Cina può farlo perché ha sovranità monetaria, l’Italia se n’è privata e deve elemosinare briciole a poteri sovraordinati — tenessero invece il punto e si rifiutassero di allargare i cordoni della borsa, non accettassero tra l’altro il rischio di condivisione dei debiti sovrani (eurobond e abbandono del dogma del pareggio di bilancio), non c’è alcun dubbio che il governo, e non solo esso, salterà per aria.

Se a Roma (evidentemente anzitutto dalla parti del Pd) hanno deciso di correre questo rischio, ritengono che la mossa abbia speranze di successo. E se questo accadrà vorrà dire che la Ue diventerà un’altra cosa rispetto quello che ora è.

Quale sarà l’esito di questa partita lo vedremo presto, nei prossimi mesi, forse nelle prossime settimane. Noi tendiamo a credere che la prova muscolare dell’attuale governicchio andrà a finire male e l’attuale governicchio ne uscirà con le ossa rotte — col che avremmo una crisi combinata senza precedenti:

economica, sociale, politica e istituzionale.

* * *

Schmitt sosteneva che «Sovrano è chi decide sullo stato d’eccezione». [Teologia Politica]

Nella situazione d’emergenza, pur essendo sospeso il diritto ordinario (lo Stato di diritto nella fattispecie) permane sempre l’autorità dello Stato. Anzi, è proprio nella situazione d’emergenza che si manifesta la vera natura della sovranità e l’essenza del diritto. Il sovrano è precisamente colui che ha la prerogativa di decidere lo Stato d’eccezione.

«Il caso d’eccezione rende palese nel modo più chiaro l’essenza dell’autorità statale. Qui la decisione si distingue dalla norma giuridica, e (per formulare un paradosso) l’autorità dimostra di non aver bisogno di diritto per creare diritto». [ibidem]

Non c’è dubbio che il governo Conte bis, dichiarando lo Stato

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d’eccezione, ha compiuto un atto sovrano. Ma di questi atti ce ne sono di due tipi: quello di tipo democratico e il suo opposto. Quello del governo è di questa seconda specie:

l’alibi della salute pubblica copre un gesto, secondo chi scrive, eversivo dell’ordinamento costituzionale. Il governo ha posto sì d’imperio la sua sovranità assoluta, ma di contro al popolo, trattato come un branco di buoi da porre in quarantena, mentre persiste in ginocchio davanti all’Unione europea, di cui riconosce la supremazia assoluta nel momento in cui ne implora l’aiuto. L’Unico atto di sovranità democratica sarebbe di recedere dall’Unione europea, r i c o n q u i s t a r e l a s o v r a n i t à p o l i t i c a e m o n e t a r i a , nazionalizzare la banca centrale e quindi immettere nell’economia tante nuove lire quante ne servono per evitare la catastrofe sociale ed economica.

Avemmo già centinaia di suicidi a causa della recessione del 2009-2012. Quella in arrivo ne farà molti di più di quanti ne potrà fare il Corona virus. Un giorno non lontano verrà a lorisgnori presentato il conto. Per mezzo della giustizia ordinaria, atrimenti per via di quella straordinaria.

E vedremo se non sarà il popolo lavoratore il sovrano di ultima istanza.

IN ARRIVO IL GOVERNO DRAGHI

di Moreno Pasquinelli

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IL LORO GOVERNO DI EMERGENZA E QUELLO CHE VOGLIAMO NOI

Parliamo di cose serie.

L’inesistente pandemia da Corona virus sta causando quella vera, quella che scuote alla base il sistema economico globalizzato:

Leggiamo su Il Sole 24 Ore di oggi:

«A conti fatti la settimana appena alle spalle è infatti per le Borse globali la peggiore dai tempi del crack Lehman del 2008, con perdite a doppia cifra per tutti i principali listini: partendo da Milano – l’epicentro del virus già fin da lunedì – dove con il -3,6% di ieri che ha mandato in fumo altri 21 miliardi di euro in capitalizzazione si sono raggiunte perdite settimanali per l’11,3%, per proseguire a Parigi (-12,1% nelle ultime 5 sedute), Francoforte (-12,8%), Madrid (-11,7%) e Londra (-11,1%). Anche Wall Street, che pure ha provato a reagire risalendo nel pomeriggio dai minimi di giornata, non è sfuggita alla regola che configura una

«correzione» tecnica».

In questo quadro alcuni analisti prevedono per l’Italia un crollo del Pil del 3%. Data la sostanziale stagnazione in cui il nostro Pese si trova dalla fin degli anni ’90 del secolo scorso (il famigerato “ventennio perduto”) le conseguenze sociali saranno certamente devastanti.

I poteri forti non stanno a guardare, si organizzano e

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schierano le loro truppe per terrorizzare e narcotizzare i cittadini, per poter gestire senza scosse il casino economico e sociale. Tenteranno di sostituire il traballante governicchio Conte bis con un vero e proprio “governo d’emergenza”, con un “governissimo” sostenuto da centro- destra, Pd e M5s. Un governo dunque che faccia digerire al popolo lavoratore una terapia austeritaria shock, con cui tenteranno di farci digerire il famigerato M.E.S.

A capo di questo GOVERNO DELLA PAURA debbono mettere un uomo forte, uno che abbia i titoli per essere spacciato come salvatore della Patria (in realtà dei loro interessi di classe). Il nome è stato già fatto e risponde al nome di Mario Draghi. Siccome Draghi è stato candidato da Salvini, tutti gli altri stanno facendo un fuoco tattico di sbarramento. Tattico appunto, che sono tutti pronti, in caso di recessione seria, a nascondersi sotto la sottana del grande banchiere liberista.

Si capisce come, in questa luce, gli torni comodo il panico che hanno suscitato, un po’ ad arte un po’ perché essi stessi sono in bambola, per l’epidemia influenzale detta Corona virus.

Occorre invece mantenere la massima lucidità, non farsi prendere dal panico, organizzare la resistenza, costruire un fronte ampio, opporsi in ogni modo al GOVERNO DRAGHI o della paura. E’ necessario per questo tener ferma la nostra alternativa di società, per una fuoriuscita dall’euro e da neoliberismo che ci conduce nell’abisso.

Vale la pena riportare quanto scrivevamo nel 2012, durante le

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settimane della “crisi dello spread”, usando la quale i poteri forti imposero il governo Monti:

«Non c’è futuro per il popolo lavoratore finché il potere resterà nelle mani di una ristretta aristocrazia capitalista e globalista arroccata a difesa dei suoi interessi di classe a spese della collettività. Non basta indignarsi e protestare, occorre una sollevazione generale, di massa. Ci vuole sì un GOVERNO D’EMERGENZA ma POPOLARE, che applichi misure e riforme strutturali ineludibili:

Abbandonare l’euro per riprenderci la sovranità monetaria

L’euro ci fu presentato come una panacea per curare i mali strutturali dell’economia italiana (tra cui l’alto debito pubblico e una competitività fondata solo sui bassi salari) e risolvere gli squilibri tra gli Stati comunitari. A dieci anni di distanza non solo il debito pubblico è aumentato, ma l’economia è in stagnazione e la competitività è diminuita. Le politiche antipopolari di austerità perseguite da tutti i governi, presentate come necessarie per restare nell’Unione e difendere l’euro si sono dimostrate del tutto inutili, se non nel fare dell’Italia un paese più povero. L’euro e i principi di Maastricht hanno accresciuto gli squilibri in seno all’Unione europea, determinando uno spostamento di risorse dall’Italia verso i paesi più “virtuosi”, la Germania anzitutto, che non hai mai messo i suoi propri interessi nazionali dietro a quelli comunitari.

La ricchezza di un paese non dipende certo dalla moneta, ma dal lavoro che la crea, e poi da come essa viene distribuita.

La moneta è tuttavia una leva per agire sul ciclo economico, un mezzo per decidere come viene distribuita la ricchezza sociale. Un paese che non disponga della sovranità monetaria, tanto più se alle prese con la speculazione finanziaria globalizzata, è come una città assediata priva di mura di cinta. Occorre ritornare alla lira, ponendo la Banca d’Italia sotto stretto controllo pubblico, affinché l’emissione di moneta sia funzionale all’economia e al benessere collettivo e

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non alle speculazioni dei biscazzieri dell’alta finanza.

Nazionalizzare il sistema bancario e i gruppi industriali strategici

Agli inizi degli anni ’80 venne permesso alle banche italiane, in ossequio ai dettami neoliberisti, di diventare banche d’affari, di utilizzare i risparmi dei cittadini per investirli e scommetterli nella bisca del capitalismo-casinò.

Prese avvio una politica di privatizzazione delle banche e di concentrazione, che ha coinvolto anche gli enti assicurativi, gettatisi voraci sul malloppo dei fondi pensione. Banche e assicurazioni sono oggi le casseforti che custodiscono gran parte della ricchezza nazionale. Esse debbono essere nazionalizzate, affinché questa ricchezza, invece di partecipare al gioco d’azzardo finanziario, sia utilizzata per il bene del paese. Debbono poi ritornare in mano pubblica le aziende di rilevanza strategica, sottraendole agli artigli dei mercati finanziari e borsistici come dalla logica perversa del profitto d’impresa.

Contestualmente andrà rafforzata la gestione pubblica dei beni comuni come l’ambiente, l’acqua, l’energia, l’istruzione, la salute.

Per una moratoria sul debito pubblico e la cancellazione di quello estero

Il debito pubblico accumulato dallo Stato è usato da un decennio come la Spada di Damocle per tagliare le spese sociali, giustificare le misure d’austerità ed una tra le più alte imposizioni fiscali del mondo. Esso è diventato fattore distruttivo da quando, agli inizi degli anni ’90, i governi hanno immesso i titoli di debito nella giostra delle borse e dei mercati finanziari internazionali. Da allora i creditori divennero i fondi speculativi, le grandi banche d’affari estere e italiane. Il debito pubblico, gravato di interessi crescenti, non è niente altro che un drenaggio di risorse dall’Italia verso la finanza speculativa, banche italiane

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comprese.

Per questo riteniamo ingiusto, antipopolare e suicida per il futuro del paese fare del pagamento del debito un dogma. La rinascita dell’Italia richiede la protezione dell’economia nazionale dal saccheggio dei predoni della finanza imperialista. Ciò implica impedire ogni fuga di capitali verso l’estero, incluso il pagamento del debito estero perché esso non è altro che una forma di espatrio legalizzato, di rapina autoinflitta. Non rimborsare gli strozzini della finanza globale non è una opzione, ma una necessità.

Non solo è ingiusto, ma in base al rapporto costi/benefici è economicamente irrazionale tentare di rispettare la clausola del Trattato di Maastricht che impone un rapporto debito/Pil non superiore al 60%. Ciò implica ripetere per ben 25 anni, e non è detto che sia sufficiente a causa della depressione economica, manovre d’austerità da 30 miliardi all’anno.

Sbaglia dunque chi si fa spaventare dagli strozzini che evocano lo spauracchio del “default”. Il male minore per l’Italia è un default programmato e pianificato, una moratoria e dunque una rinegoziazione del debito, che i creditori dovranno accettare, pena il ripudio vero e proprio. Per quanto riguarda il debito con le banche e le assicurazioni italiane, dal momento che saranno nazionalizzate, esso sarà de facto cancellato. Il solo debito pubblico che lo Stato rimborserà, a tassi e scadenze compatibili con le esigenze della rinascita economica e sociale del paese, sarà quello posseduto dalle famiglie italiane.

Debellare la disoccupazione con un piano nazionale per il lavoro

La natura e il lavoro sono le sole fonti da cui sgorgano il benessere e la ricchezza sociale. Proteggere l’ambiente e assicurare a tutti i cittadini un lavoro sono le due priorità di un governo popolare. Ciò implica che esso, liberatosi dal feticcio della cosiddetta “crescita economica” misurata in Pil, dovrà sottomettere l’economia, pubblica e privata, alla

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politica, ovvero ad una visione coerente della società, in cui al centro ci siano l’uomo e la sua qualità della vita. Non si vive per lavorare ma si deve lavorare per vivere. Si produrrà il giusto per consumare il necessario. Solo così si potrà uscire dalla trappola produzione-consumo per affermare un nuovo paradigma produzione-benessere.

Uscire dalla NATO e dall’Unione europea, scegliere la neutralità

Attraverso la NATO l’Italia è incatenata ad un patto strategico che oltre a farla vassalla dell’Impero americano, la obbliga a seguire una politica estera aggressiva, neocolonialista e guerrafondaia. Uscire dalla NATO e chiudere le basi e i centri strategici militari americani in Italia è necessario per riacquisire la piena sovranità nazionale, scegliere una posizione di neutralità attiva e una politica di pace. L’uscita dall’Unione europea, inevitabile se si ripudiano, come occorre fare, i Trattati di Maastricht e di Lisbona, non vuol dire chiudere l’Italia in un guscio autarchico, al contrario, vuol dire puntare a diversi orizzonti geopolitici, aprendosi alla cooperazione più stretta con l’area Mediterranea, stringendo rapporti di collaborazione con l’America latina, l’Africa e l’Asia.

Rafforzare la Costituzione repubblicana per un’effettiva sovranità popolare

La cosiddetta “Seconda repubblica” si è fatta avanti calpestando i dettami della carta costituzionale. L’abolizione delle legge elettorale proporzionale, il bipolarismo coatto, i poteri crescenti dell’Esecutivo, la trasformazione del Parlamento in un parlatoio per replicanti spesso corrotti, erano misure necessarie per assecondare i torbidi affari di banchieri e pescecani del grande capitale, nonché per sottomettere il paese e la politica ai diktat e agli interessi della finanza globale. La Costituzione va difesa contro i suoi rottamatori, se necessario dando vita ad una Assemblea

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costituente incaricata di rafforzarne i dispositivi democratici a tutela della piena ed effettiva sovranità popolare.

BERGOGLIO, L’IMMIGRAZIONE E FREUD di Moreno Pasquinelli

P a p a F r a n c e s c o , a c o n f e r m a d e l l a p o s i z i o n e a f a v o r e dell’accoglienza degli immigrati senza sé e senza ma, concludendo in San Pietro la sua catechesi nell’udienza generale, il 7 gennaio scorso [2]

«Chiediamo oggi al Signore di aiutarci a vivere ogni prova sostenuti dall’energia della fede; e ad essere sensibili ai tanti naufraghi della storia che

approdano esausti sulle nostre coste, perché anche noi sappiamo accoglierli con quell’amore fraterno che viene dall’incontro con Gesù. È questo che salva dal gelo dell’indifferenza e della disumanità».

Bergoglio non fa qui che riproporci come prescrittivi gli obblighi morali che discendono dalla fede in Cristo, fondati sulla pietas — il credente deve non solo amare con affetto filiale Dio, ma anche ogni essere umano in quanto sua prediletta creatura —, e sulla caritas; dove caritas sta per il radicale superamento dell’amor proprio in quanto esso solo

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c o n s e n t e l ’ i d e n t i f i c a z i o n e v e r t i c a l e c o n C r i s t o . Identificazione spirituale con Cristo (vero Dio e vero uomo), quindi specialmente con le figure di chi “ha fame, sete, è malato” [3], la quale soltanto apre la strada all’amore orizzontale e incondizionato verso tutto il genere umano. La caritas, l’amore fraterno e disinteressato verso gli altri —

“Amerai il prossimo tuo come te stesso” [4] —, in quanto immagine di quello misericordioso di Dio verso l’uomo, è dunque un vero e proprio “nuovo comandamento” [5], che per la precisione fonda la stessa cristologia che contraddistingue la fede cattolica.

Siamo, com’è evidente, ben al di là della filantropia già nota alla cultura e all’ethos greci:

«E’ come un fratello lo straniero e colui che chiede protezione. (…) Sono sotto la protezione di Zeus tutti gli stranieri ed i mendicanti». [6]

E’ tuttavia su queste basi meta-politiche e trascendenti, quindi improbabili, che Papa Bergoglio invoca “porti aperti” e prescrive l’accoglienza incondizionata degli immigrati. Una prescrizione che ha valore assoluto, malgrado Bergoglio sappia e denunci lo sradicamento che l’immigrazione implica e l’ingistizia sociale che la provoca,[7] nonostante sappia che la gran parte degli immigrati che giungono in Italia siano condannati all’esclusione sociale, all’illegalità, ad una vita da paria ove non al vero e proprio schiavismo.

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Il discorso sull’immigrazione andrebbe riportato sul terreno della politica, più precisamente del realismo politico. La qual cosa il Papa, e con lui le sinistre immigrazioniste, non fanno, e si rifiutano di fare, brandendo come anatema l’accusa di razzismo. Ma su certe nequizie abbiamo scritto più volte.

Qui dobbiamo chiederci se l’antropologia che avanza Bergoglio sia plausibile. Secondo chi scrive non lo è affatto. Il comandamento cristiano non chiede infatti all’uomo solo benevolenza e solidarietà disinteressata verso il prossimo;

chiede uno sforzo spirituale e materiale che sfiora il divino, un’illimitatezza che evidentemente chiede l’implicazione di un dono supremo, quello della grazia. La qual cosa, appunto, appartiene solo a quegli esseri che Dio premia investendoli della Sua santità.

Bergoglio risponde spesso tirando in ballo la bontà, la compassione, il cuore, la fede prima della ragione. In una p a r o l a i s e n t i m e n t i . H e g e l , b e s t i a n e r a d i c e r t o cattolicesimo, fu spietato nel demolire quest’approccio, per lui

«… il pensiero è ciò che l’uomo ha di più propriamente suo, ciò che lo differenzia dai bruti, mentre il sentire lo accumuna a questi».[8]

Ancor più correttamente ebbe a dire che l’etica, alias il Politico, è una cosa seria e non può “dissolversi nella pappa del cuore, dell’amicizia e dell’entusiasmo”. [9] Per questo, a sua difesa, Hegel citava proprio i vangeli:

«Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli o m i c i d i , g l i a d u l t e r i , l e p r o s t i t u z i o n i , l e f a l s e testimonianze, le bestemmie», [10]

Non ci si può chiedere assoluta benevolenza, totale empatia, addirittura amore verso chiunque, verso chi non si conosce, verso chi non fa parte della mia famiglia, della mia cerchia di amici, nemmeno della mia comunità politica e nazionale. E

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non lo si può chiedere non solo perché fattivamente impossibile. Non lo si deve chiedere perché sarebbe, in barba alle più pie intenzioni, letale per la comunità medesima di cui faccio parte. Il “prossimo” implica infatti prossimità:

che vincolo di solidarietà avrei mai verso chi mi è davvero prossimo, se lo considerassi alla pari di chi non conosco nemmeno? Come potrei “sentire” un vincolo sincero e forte di solidarietà verso chi, oltre a non parlare la mia lingua, non ha le mie stesse consuetudini, che vuole anzi preservare, opponendomele, le sue proprie tradizioni e la sua propria

cultura?

Solo una concezione individualistica, atomistica e anarco- liberista della società può concepire l’orrore di una comunità come addizione sgangherata di singole monadi — concezione alla quale fa da contraltare la visione di certi comunitaristi che la immaginano come conglomerato meticcio di etnie e/o di sette confessionali.

Una comunità politica non si regge se non grazie a legami di solidarietà che si costruiscono e si consolidano in quell’opificio che è la storia, ovvero in quel processo spietato che spesso ha chiesto che ogni comunità risolvesse allo stesso proprio interno, nel conflitto e anche ricorrendo alla lotta fratricida, cosa essa volesse diventare, quale identità scegliesse di assumere. Così che, quando la comunità, dopo tanti tormenti, è riuscita a stabilire cosa davvero sia, essa tenderà a difendere da ogni intrusione ciò che è diventata.

Si può perdonare il Papa, a cui non si può chiedere di violare

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uno dei comandamenti della sua fede, non si può perdonare una sinistra transgenica che scimmiotta il Pontefice ma sulla base di un cosmopolitismo senza fede, verniciato con una sconclusionata visione antropologica dell’uomo.

Proprio perché ci occorre credere nell’essere umano, si deve capire di che materiale esso sia affettivamente fatto. Per quanto si possa dissentire dalla visione pessimistica della sua ultima fase di ricerca, ci giunge in soccorso Sigmund Freud, che vogliamo citare:

«Ce ne può indicare la traccia una delle cosiddette pretenzioni ideali della società civilizzata, quella che dice: “amerai il prossimo tuo come te stesso”. E’ una pretesa nota in tutto il mondo, certamente più antica del cristianesimo, che la ostenta come la sua più grandiosa dichiarazione, ma certamente non antichissima; sono esistite perfino epoche storiche in cui era ancora estranea al genere u m a n o . P r o p o n i a m o c i d i a d o t t a r e v e r s o d i e s s a u n atteggiamento ingenuo, come se ne sentissimo parlare per la prima volta. Impossibile in tal caso reprimere un senso di sorpresa e disappunto.

Perché mai dovremmo far ciò? Che vantaggio ce ne può derivare? Ma soprattutto, come arrivarci? Come ne saremo capaci?

Il mio amore è una cosa preziosa, che non ho il diritto di gettar via sconsideratamente. Mi impone degli obblighi e devo essere pronto a fare dei sacrifici per adempierli. Se amo qualcuno, in qualche modo egli se lo deve meritare. (trascuro i vantaggi che egli mi può arrecare e anche il suo eventuale significato come mio oggetto sessuale; relazioni di questi due tipi non hanno nulla a che vedere col precetto di amare il prossimo). Costui merita il mio amore se mi assomiglia in certi aspetti importanti talché in lui io possa amare me stesso; lo merita se è tanto più perfetto di me da poter io amare in lui l’ideale di me stesso; devo amarlo se è figlio

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del mio amico, poiché il dolore del mio amico se gli accadesse qualcosa sarebbe anche il mio dolore, un dolore che dovrei condividere. Ma se per me è un estraneo e non può attrarmi per alcun suo merito personale o per alcun significato da lui già acquisito nella mia vita emotiva, amarlo mi sarà difficile. E se ci riuscissi, sarei ingiusto, perché il mio amore è stimato da tutti i miei cari un segno di predilezione; sarebbe un’ingiustizia verso di loro mettere un estraneo sullo stesso piano. Ma se debbo amarlo di quell’amore universale, semplicemente perché anche lui è un abitante di questa terra, al pari di un insetto, di un verme, di una biscia, allora temo che gli toccherà una porzione d’amore ben piccola e mi sarà impossibile dargli tutto quello che secondo il giudizio della ragione sono autorizzato a serbare per me stesso.

A che pro un precetto enunciato tanto solennemente, se il suo adempimento non si raccomanda da se stesso come razionale.

Se osservo le cose più da vicino, le difficoltà aumentano.

Non solo questo estraneo generalmente non è degno d’amore, ma onestamente devo confessare che avrebbe piuttosto diritto alla mia ostilità e persino al mio odio. Sembra non avere il minimo amore per me, non mi mostra la minima considerazione.

Se gli fa comodo, non esita a danneggiarmi, senza nemmeno domandarsi se il vantaggio che ricava sia proporzionato alla gravità del danno che mi procura. (…)

Se si comportasse diversamente, se verso di me estraneo mostrasse rispetto e indulgenza, io a buon conto, a parte qualsiasi precetto, sarei disposto a trattarlo nella stessa maniera. Se quel grandioso comandamento avesse ordinato: “ama il prossimo tuo come il prossimo tuo ama te”, non avrei niente in contrario.

C’è un secondo comandamento che mi sembra ancora più incomprensibile e che solleva in me un’opposizione ancora più violenta. E’: “ama i tuoi nemici”. Riflettendoci, ho torto a

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considerarlo una pretesa ancora più assurda. In fondo è la medesima cosa». [11]

Marx ebbe modo di scrivere che «Se si vuole essere un bue, naturalmente si può voltare la schiena ai tormenti dell’umanità e badare solo alla propria pelle».[12]

Proprio perché non siamo buoi ma “animali politici”, proprio perché non voltiamo “la schiena ai tormenti dell’umanità”, sappiamo che non è con il cuore e i buoni sentimenti che si porrà fine a quei tormenti, ma con la lotta pratica, la quale chiede una teoria politica adeguata, che non nasce se non da uno sforzo teorico, da quella che Hegel chiamava la “fatica del concetto”. [13]

NOTE

[2] La prolusione era dedicata al libro degli Atti degli Apostoli e alla figura di San Paolo. Molte sarebbero le cose da dire al riguardo, ovvero sulla distanza siderale che separa la Chiesa cattolica (come del resto Protestanti e Ortodossi) dalle prime comunità cristiane. Diverso sarebbe il giudizio sulla concordanza o meno con la teologia paolina.

[3] Mt 25, 30-40 [4] Mc 12, 28-34 [5] Gv, 13,34

[6] Odissea, (VIII, 546 e VI, 207)

[7] Ha afffermato Bergoglio«Siamo di fronte ad un’altra morte causata dall’ingiustizia. Già, perché è l’ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e a s u b i r e a b u s i e t o r t u r e n e i c a m p i d i d e t e n z i o n e . È l’ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare». ANSA, 19 dicembre 2019

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[8] G.W.F.Hegel, Fenomenologia dello spirito, UTET, p.145

[9] «Con il semplice rimedio casalingo dí basare sul sentimento ciò che è l’opera, invero piú che millenaria, della ragione e dell’intellezione di essa, ci si risparmia certamente tutta la fatica dell’intendimento razionale e della conoscenza guidati dal concetto pensante [ … ] . Ma il marchio peculiare che [questa retorica] porta in fronte è l’odio contro la legge. Che il diritto e l’eticità, e il mondo reale del diritto e dell’etico, comprendano se stessi con il pensiero,e mediante concetti diano a sé la forma della razionalità, ossia universalità e determinatezza, tale fatto, ossia la legge, è ciò che quel sentimento che riserva a se medesimo il libito, quella coscienza che ripone il diritto nella convinzione soggettiva, considerano fondatamente come l’elemento a loro piú ostile. La forma del diritto come un dovere e una legge viene avvertita da quel sentimento e da quella coscienza come una lettera morta e fredda e come una catena […]». G.W.F.Hegel, Lineamenti della filosofia del diritto, Prefazione, 1820, Laterza 199, pp.104-105

[10] Mt, 15,19

[11] Sigmund Freud, Il disagio della civiltà, In Opere, vol.

II, pp.519-520, RBA

[12] K. Marx a S.Meyer, 30 aprile 1867

[8] G.W.F.Hegel, Fenomenologia dello spirito, ibidem

SARDINE: TRA KANT E CARL

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SCHMITT di Moreno Pasquinelli

Prima le foto in cui i capetti delle Sardine si sono fatti immortalare gioiosi con il Patron Benetton, quindi l’elogio sperticato fatto da Soros, un uno due letale, dal quale esse, si spera, non riusciranno a risollevarsi.

Posto infatti che non c’è niente di più tossico del liberismo progressista, non può che rallegrarci il harakiri dell’ultima mutazione di quella che abbiamo chiamato sinistra transgenica.

Tuttavia, anche stavolta, occorre stare alla larga sia da ogni facile esultanza che da certo complottismo. Entrambi disarmano chi il fenomeno della Sardine dice di voler combattere.

L’esultanza perché crea l’illusione che la partita sia già chiusa (e non lo è affatto), il complottismo perché,

ricorrendo ad una semplificazione brutale, non rende ragione di fenomeni che sono invece molto più complessi.

In queste settimane molto si è scritto e detto sull’ascesa delle Sardine. Sono state anche compiute analisi sociologiche e politiche azzeccate, ma tutte, almeno così a me pare, non hanno svelato il segreto del loro fulmineo successo.

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