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Vademecum Coronavirus Strutture Sociosanitarie - Fase 2 e successive
UOC Vigilanza e Controllo Strutture Sociosanitarie [email protected]
Aggiornamento al 13 dicembre 2020
Raccolta organizzata di stralci di disposizioni normative nazionali e regionali,
note circolari e indicazioni di ATS, utile per una consultazione veloce per
argomenti. Questa raccolta è sintetica e NON sostituisce le fonti citate alle
quali bisogna far riferimento.
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INDICE
Premessa e informazioni generali sul Virus SARS-Cov2 pag. 3
A. – ARGOMENTI DI INTERESSE GENERALE pag. 10
1. Definizioni di caso e di contatto Caso di Covid19 pag. 10
2. Disinfezione pag. 12
3. Sanificazione pag. 13
4. Indicazioni sugli impianti di ventilazione/climatizzazione pag. 17
5. Dispositivi per la protezione individuale (DPI) pag. 18
6. Test diagnostici - misure di quarantena, isolamento pag. 25
7. Atto di indirizzo successivo alla “Fase 1” dell’emergenza da Covid19 pag. 50
8. Trattamento economico pag. 78
9. Piano di Potenziamento Rete di assistenza territoriale pag. 89 10. Centrale Unica Dimissioni Extra ospedaliere
11. Atti di indirizzo gestione integrata ospedale-territorio
12. Terapia
B. – SEZIONE SPECIFICA PER LE DIVERSE TIPOLOGIE DI UNITA’ D’OFFERTA 1. Area strutture residenziali
2. Area strutture semiresidenziali e ambulatoriali
3. Area domiciliare
Allegato 1. Strumenti di autocontrollo gestione emergenza Covid-19 Allegato 2. Flusso Covid_19 Strutture Sociosanitarie Residenziali
Disposizioni normative aggiornate al 13/12/2020 e sitografia 1. DPCM e Circolari Ministero della Salute
2. Disposizioni/note DG Welfare Regione Lombardia/ATS
Gli aggiornamenti sono riportati in colore blu e preceduti dal richiamo
pag. 100 pag. 108 pag. 113
pag. 120
pag. 120 pag. 167 pag. 191 pag. 222 pag. 279 pag. 280 pag. 280 pag. 284
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Premessa e informazioni generali sul virus SARS-Cov2
Fonte: Rapporto ISS COVID-19 n. 53/2020 Versione del 25 giugno
Il COVID-19 è una malattia infettiva causata da un nuovo coronavirus, il SARS-CoV-2.
Le più frequenti manifestazioni cliniche del COVID-19 sono tosse, febbre, mal di gola, malessere, e mialgie. Alcuni pazienti presentano sintomi gastrointestinali, tra cui anoressia, nausea e diarrea. Sono stati segnalati anche anosmia e ageusia. La comparsa di difficoltà respiratoria è indicativa di un peggioramento della malattia. Circa l’80% delle persone ha una forma lieve della malattia, il 15%
una forma moderata che richiede un ricovero ospedaliero e circa il 5% una forma severa che richiede il ricovero in una unità di terapia intensiva. I fattori di rischio per complicanze di COVID-19 includono l’età avanzata (> 65 anni), le malattie cardiovascolari, le patologie respiratorie croniche, l’ipertensione, il diabete e l’obesità.
Non è chiaro se altre condizioni, come ad esempio le malattie renali, l’immunodepressione, il cancro e l’infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV) conferiscano un aumentato rischio di complicanze; tuttavia, è raccomandato che sia effettuato un attento monitoraggio dei pazienti con COVID-19 affetti da una di queste condizioni. La diagnosi di COVID-19 si basa generalmente sul rilevamento del SARS-CoV-2 in un campione biologico (tampone rinofaringeo), attraverso il test PCR (Polymerase Chain Reaction).
Il quadro clinico del COVID-19 non è ancora completamente noto; pertanto, in futuro potrebbe essere necessario aggiornare le raccomandazioni riguardo chi debba essere testato prioritariamente e/o quale sia l’arco di tempo da considerare per la ricerca dei contatti (in base al periodo di contagiosità del paziente). Al momento attuale non esiste un trattamento specifico raccomandato per COVID-19 e non è disponibile un vaccino per prevenire la malattia. La ricerca e gestione dei contatti dei casi di COVID-19 si basa sui dati attualmente disponibili riguardo le modalità di trasmissione, la contagiosità e il periodo di incubazione della malattia, come indicato di seguito.
Modalità di trasmissione /contagio
Fonte: Rapporto ISS COVID-19 n. 53/2020 Versione del 25 giugno
Si ritiene che la trasmissione da persona a persona avvenga principalmente attraverso l’inalazione di goccioline respiratorie emesse nell’aria quando una persona infetta tossisce, starnutisce o parla.
Poiché le goccioline di solito cadono entro pochi metri, la probabilità di trasmissione diminuisce se le persone rimangono ad almeno 2 metri di distanza l’uno dall’altra. Attualmente si ritiene che la trasmissione non avvenga normalmente attraverso l’inalazione di aerosol, ma si teme che il virus possa essere aerosolizzato durante determinate attività (es. il canto) o procedure (es. intubazione) e che potrebbe persistere negli aerosol per più di 3 ore. È possibile acquisire l’infezione anche toccando superfici o oggetti contaminati da goccioline contenenti il virus (che può rimanere vivo per diversi giorni) e successivamente toccandosi gli occhi, il naso o la bocca con le mani contaminate. Infine, l’RNA virale di SARS-CoV-2 è stato rilevato anche nel sangue e nelle feci, sebbene la diffusione/trasmissione fecale-orale non è stata definitivamente documentata.
Fonte: Rapporto ISS COVID-19 n. 20/2020 Versione del 7 luglio
La trasmissione di SARS-CoV-2 avviene principalmente con due modalità: attraverso grandi particelle respiratorie (droplet > 5 µm) e per contatto, diretto o indiretto. Sono state proposte anche altre vie di trasmissione, come la trasmissione aerea tramite aerosol (particelle < 5 µm) e una trasmissione legata alla eliminazione fecale che tuttavia non sono state ancora del tutto chiarite. In particolare, per quanto riguarda la contaminazione ambientale, potenziale modalità di contagio indiretta, l’evidenza emersa da precedenti studi sui coronavirus mostra che questo particolare
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gruppo è più stabile nell’ambiente degli altri virus con envelope. È quindi necessario porre in atto tutte le misure essenziali a limitare la trasmissione ambientale del virus e adottare tutte le precauzioni da contatto necessarie:
- limitare l’esposizione
- igienizzare correttamente delle mani
- utilizzare correttamente i dispositivi medici e i DPI - mantenere, quando possibile il distanziamento sociale - sanificare le superfici e gli ambienti.
Periodo di contagiosità
Fonte: Rapporto ISS COVID-19 n. 53/2020 Versione del 25 giugno
Studi recenti suggeriscono che un caso può essere contagioso già a partire da 48 ore prima dell’inizio della comparsa dei sintomi, che potrebbero anche passare inosservati, e fino a due settimane dopo l’inizio dei sintomi. La possibile trasmissione asintomatica o presintomatica dell’infezione è una delle maggiori sfide per contenere la diffusione del SARS-CoV-2 e indica la necessità di mettere rapidamente in quarantena i contatti stretti dei casi per impedire l’ulteriore trasmissione dell’infezione.
Periodo di incubazione
Fonte: Rapporto ISS COVID-19 n. 53/2020 Versione del 25 giugno
Le più recenti stime suggeriscono che il periodo di incubazione (intervallo di tempo tra esposizione e insorgenza di sintomi clinici) mediano sia da cinque a sei giorni, con un intervallo da uno a 14 giorni.
Visto che la trasmissione dell’infezione è possibile anche prima della comparsa dei sintomi (nella fase presintomatica della malattia), la finestra di opportunità per trovare i contatti dei casi e metterli in quarantena prima che possano a loro volta diventare contagiosi, è piuttosto stretta (considerando che il periodo mediano di incubazione è 5,1 giorni e che i casi possono essere infettivi a partire da due giorni prima dell’inizio dei sintomi, i contatti dovrebbero essere intercettati entro tre giorni dall’esposizione).
Trasmissione ambientale
Fonte: Rapporto ISS COVID-19 n. 20/2020 Versione del 7 luglio
La contaminazione ambientale deve essere considerata una possibile fonte di infezione da SARS- CoV2. Pertanto, gli studi si sono concentrati, attraverso campionamenti di superfici e aria, all’analisi della permanenza del virus nell’ambiente. In particolare, è emerso che:
- La contaminazione di stanze e servizi igienici occupati da pazienti affetti da COVID-19 risulta essere ubiquitaria. Inoltre, è stata riscontrata la presenza di contaminazione su oggetti personali come telefoni cellulari, telecomandi e attrezzature mediche a contatto quasi costante con il paziente. Tutti i campionamenti eseguiti dopo la pulizia degli ambienti sono risultati negativi, mostrando che le misure di decontaminazione adottate sono sufficienti.
- È stata rilevata una contaminazione nei campioni di aria: il virus espirato da individui infetti può essere disperso da flussi d’aria nell’ambiente anche in assenza di procedure che generano aerosol. La modellizzazione dei flussi d’aria indica le modalità di contaminazione del pavimento e delle superfici per deposizione delle particelle anche a distanza dal letto del paziente.
- La mancanza di una correlazione tra il grado di contaminazione ambientale e la temperatura corporea indica che gli individui infetti possono rilasciare RNA virale nell’ambiente anche senza sintomi chiaramente identificabili.
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- Un recente studio ha rilevato l’RNA virale in campioni di aerosol in diverse aree in due ospedali di Wuhan durante l’epidemia di COVID-19. Le concentrazioni di RNA di SARS-CoV- 2 nell’aerosol nei reparti di isolamento e nelle stanze dei pazienti intubati risultavano molto basse mentre erano elevate nei bagni dei pazienti. La ventilazione delle stanze, la sanificazione delle attrezzature, l'appropriato utilizzo e la disinfezione dei bagni possono ridurre efficacemente la concentrazione di RNA di SARSCoV-2 in aerosol. Si conclude quindi che sia la trasmissione attraverso le secrezioni respiratorie che la trasmissione ambientale giocano un ruolo importante nell’epidemiologia del SARS-CoV-2 così come era stato dimostrato precedentemente per gli altri due virus zoonotici, SARS-CoV-1 e MERS-CoV.
Sopravvivenza nell’ambiente Non vi sono al momento motivi che facciano supporre che la sopravvivenza del SARS-CoV-2 nell’ambiente possa essere diversa da quella di altri coronavirus umani come SARS-CoV e MERS-CoV. In generale, i coronavirus umani possono rimanere vitali e mantenere la capacità infettante su superfici inanimate a temperatura ambiente per un periodo variabile da 2 ore a 9 giorni, a seconda del contesto analizzato.
MERS-CoV, il coronavirus correlato alla sindrome respiratoria del Medio Oriente, può ad esempio resistere più di 48 ore a una temperatura ambiente media (20°C) su diverse superfici.
Nei fluidi biologici umani (feci, sputo, siero) la sopravvivenza dei coronavirus può prolungarsi fino a 96 ore (risultano meno stabili nelle urine), sulle superfici non porose da 60 a 72 ore, e sulle superfici porose fino a 72 ore. Tuttavia, non è possibile definire con precisione il tempo di sopravvivenza in quanto condizionato da diversi parametri come il tipo di vettore, l’umidità residua, la temperatura, la presenza di materiale organico, la concentrazione virale iniziale, la natura della superficie sulla quale il virus si deposita.
Anche la temperatura influisce sulla sopravvivenza dei coronavirus: 30-40°C riducono il tempo di persistenza di virus patogeni come MERS-CoV, TGEV (virus della gastroenterite suina) e MHV (virus dell’epatite murina), mentre le temperature basse (4°C) lo prolungano oltre i 28 giorni. Inoltre, SARS- 5 CoV-2 risulta estremamente stabile a temperatura ambiente in un’ampia gamma di valori di pH (pH 3-10). Le evidenze più recenti dimostrano che la stabilità ambientale di SARS-CoV-2 è molto simile a quella di SARS-CoV-1: entrambi i virus hanno un’emivita media in aerosol di 2,7 ore. Sulle superfici SARSCoV-2 si è dimostrato resistente fino a 4 ore sul rame, fino a 24 ore sul cartone e fino a 2-3 giorni su plastica (emivita media stimata 16 ore) e acciaio inossidabile (emivita media stimata 13 ore).
Inoltre, il virus è altamente stabile a 4°C (è stata dimostrata solamente una riduzione del titolo infettivo di circa 0,7 log-unità il 14° giorno), ma sensibile al calore: con l’aumento della temperatura di incubazione a 70°C, il tempo di inattivazione del virus è stato ridotto a 5 minuti. Sorprendentemente, un livello rilevabile di particelle virali infettive potrebbe essere ancora presente sullo strato esterno di una maschera chirurgica dopo sette giorni.
Fonte: Ministero della Salute Istituto Superiore di Sanità - Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale. 12/10/2020.
La pandemia da COVID-19 è una emergenza globale legata alla comparsa di un nuovo virus (SARSCoV-2). In poco tempo questo patogeno ha provocato una pandemia a cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) attribuisce tre caratteristiche specifiche:
• Velocità e scala: la malattia si è diffusa rapidamente in tutto il mondo ed è stata in grado di sovraccaricare anche i sistemi sanitari più resilienti;
• Gravità: complessivamente il 20% dei casi è grave/critico con una letalità attualmente superiore al 3% e più elevata in gruppi di popolazione con età più avanzata e affetti da co-morbidità;
• Impatto sociale ed economico: ampie ripercussioni socio-economiche per il forte impatto sui sistemi sanitari e sociali e per l’effetto delle misure prese per controllare la trasmissione.
In assenza di farmaci efficaci e di un vaccino, in una popolazione completamente suscettibile, SARSCoV-2 dal 31 dicembre 2019 al 18 settembre 2020 ha provocato oltre 30 milioni di casi confermati di infezione nel mondo e oltre 900.000 decessi. In base ai dati pubblicati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (European Centre for Disease Prevention and Control, ECDC), nei Paesi UE/SEE (Unione Europea/Spazio Economico Europeo), si registrano oltre
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due milioni di casi confermati e oltre 185.000 decessi. In Italia sono stati notificati complessivamente oltre 290.000 casi confermati di infezione da SARS-CoV-2 e oltre 35.000 decessi. Il Gruppo di Studio sul Coronavirus (Coronavirus Study Group, CSG) del Comitato internazionale per la tassonomia dei virus (International Committee on Taxonomy of Viruses) ha classificato ufficialmente, con il nome di SARS-CoV-2, il virus provvisoriamente chiamato dalle autorità sanitarie internazionali 2019-nCoV e responsabile dei casi della malattia COVID-19 (COronaVIrus Disease 2019). Il CSG dopo aver valutato la novità del patogeno umano e sulla base della filogenesi, della tassonomia e della pratica consolidata, ha associato formalmente questo virus con il coronavirus che causa la sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoVs, Severe Acute Respiratory Syndrome Coronaviruses) classificandolo, appunto, come Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 (SARS-CoV-2).
Con il suo periodo di incubazione relativamente lungo (mediana 5-6 giorni, range 1-14 giorni), uno shedding virale documentato da 1-2 giorni prima della comparsa di sintomi, in grado di prolungarsi per settimane dopo la comparsa degli stessi, che possono essere inizialmente lievi e aspecifici, e la presenza di casi asintomatici e paucisintomatici in grado di trasmettere l’infezione, SARS-CoV-2 mostra di essere maggiormente adattato all’uomo rispetto al virus SARS-CoV emerso nel 2002 e in grado quindi di trasmettersi in modo molto più efficiente.
Preparazione e risposta alla pandemia COVID-19
L’OMS (9) e l’ECDC (10) individuano le seguenti fasi “in continuum” nella risposta ad una pandemia da virus emergenti:
• Fase inter-pandemica: periodo tra le pandemie.
• Fase di allerta: identificazione di un nuovo virus emergente nell’uomo (es. nuovo sub-type influenzale). In questa fase è necessario aumentare l’attenzione e svolgere una valutazione del rischio a livello locale, nazionale e globale. Se le valutazioni del rischio indicano che il nuovo virus non ha la potenzialità di evolvere in un ceppo pandemico, si procede verso una de-escalation, ossia una ri-modulazione delle attività con misure meno stringenti, ovvero corrispondenti a quelle della fase inter-pandemica.
• Fase pandemica: periodo caratterizzato dalla diffusione in tutto il mondo del nuovo patogeno, che viene monitorato dalla sorveglianza globale. La transizione tra la fase inter-pandemica, la fase di allerta e la fase pandemica può avvenire rapidamente o in modo graduale, principalmente sulla base dei dati virologici, epidemiologici e clinici. All’interno della fase pandemica ciascun Paese può osservare diverse fasi della epidemia a livello nazionale con:
- fasi acute in cui i casi sono in aumento evidente, con numeri elevati e segnali di sovraccarico dei servizi sanitari; - fasi post-acute in cui i nuovi casi riscontrati al giorno hanno raggiunto un picco e, seppur ancora in numero elevato, hanno un trend in diminuzione;
- fasi di transizione epidemica in cui i casi sono stabili o con variazioni contenute, l’incidenza è bassa e non si assiste ad un sovraccarico dei servizi sanitari. In altre parole sono fasi in cui l’epidemia è controllata a livello nazionale.
• Fase di transizione pandemica: con la diminuzione del rischio a livello globale, può verificarsi una de-escalation delle azioni, con riduzione delle attività di risposta alle epidemie in ambito nazionale e lo spostamento verso azioni di recupero, in base a valutazioni del rischio paese-specifiche.
Durante una epidemia da patogeni emergenti, per i quali una popolazione si deve presumere completamente suscettibile e in assenza di farmaci e vaccini efficaci, il rischio associato ad una diffusione senza controllo risiede nel fatto che è possibile osservare molti casi di malattia in poco tempo con sovraccarico di tutte le strutture e dei servizi dedicati alla loro gestione. Per questo motivo si devono attuare misure non farmacologiche volte a ridurre il rischio di contagio, come aumentare i livelli di igiene e praticare un distanziamento fisico su larga scala. Queste misure avranno l’effetto di rallentare la diffusione dell’infezione, “appiattendo la curva” e permettendo la gestione di un numero inferiore di casi di infezione concomitanti, per un periodo di tempo più lungo.
Sono state descritte numerose misure non farmacologiche per rallentare la trasmissione di SARS- CoV2 che dovrebbero essere realizzate in combinazione per una migliore efficacia. Sono state inoltre identificate 4 fasi nella risposta ad una epidemia da COVID-19:
Fase 1: rallentare la diffusione con misure di contenimento;
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Fase 2: transizione con rimodulazione delle misure di contenimento,
Fase 3: sviluppo di immunità e sospensione delle misure di distanziamento fisico,
Fase 4: ricostruzione e preparazione dei sistemi. Di queste, le prime due rientrano nella fase pandemica.
Gestione clinica dei pazienti affetti da COVID-19
SARS-CoV-2 ha rappresentato, a tutti gli effetti, un patogeno sconosciuto alla comunità scientifica internazionale fino alla fine del mese di dicembre 2019 e la gestione clinica dei pazienti affetti da sintomi attribuibili al nuovo coronavirus (malati con COVID-19) è progressivamente evoluta nel tempo, riflettendo il progressivo accumularsi di informazioni relative al determinismo patogenetico della condizione morbosa, ai sintomi presentati dai pazienti e alle conoscenze che si sono andate via via accumulando nell’ambito dell’efficacia e delle tossicità correlate alle differenti terapie.
In particolare, il trattamento si è articolato su approcci differenziati che sono andati a coinvolgere:
• farmaci a potenziale attività antivirale contro SARS-CoV-2;
• farmaci ad attività profilattica/terapeutica contro manifestazioni trombotiche;
• farmaci in grado di modulare la risposta immunitaria;
• infusioni di plasma mirate a un trasferimento di anticorpi neutralizzanti il legame tra il nuovo coronavirus e il suo recettore espresso sulle cellule umane (ACE2).
Va opportunamente ricordato che, ancora oggi, esistono larghi margini d’incertezza rispetto all’efficacia di alcuni dei cardini terapeutici sopramenzionati e l’uso delle differenti terapie piuttosto che l’assenza d’impiego delle stesse dipendono dalla severità delle manifestazioni cliniche presentate dai malati. Non casualmente, vi è forte raccomandazione che soprattutto i malati che presentano la sintomatologia più grave (pazienti ospedalizzati) vengano inclusi in clinical trial la cui conduzione è mirata a definire in maniera conclusiva il ruolo delle diverse opzioni di trattamento.
Questo documento riassume le evidenze ad oggi disponibili, presentando il ruolo degli approcci di gestione dei malati con particolare rilievo per i ricoverati nelle unità di terapia intensiva (TI).
Essendo l’ambito di approfondimento in continua evoluzione è largamente possibile che quanto proposto nel testo possa essere oggetto di sensibili cambiamenti nelle settimane e mesi a venire.
Terapie farmacologiche emergenti nel trattamento del SARS-CoV-2 nei pazienti critici
Come sopra ricordato, l’infezione da SARS-CoV-2 è una condizione estremamente complessa per i meccanismi fisiopatogenetici connessi, per la molteplicità delle manifestazioni cliniche e per il ruolo giocato dalla risposta immunitaria dei soggetti.
Il decorso clinico dell’infezione può essere riassumibile nelle seguenti 3 fasi:
1. una fase iniziale durante la quale SARS-CoV-2 dopo essersi legato ad ACE2 ed essere penetrato all’interno delle cellule dell’ospite inizia la sua replicazione. Questa fase di solito si caratterizza clinicamente per la presenza di malessere generale, febbre e tosse secca. I casi in cui il sistema immunitario dell’ospite riesce a bloccare l’infezione in questo stadio hanno un decorso assolutamente benigno;
2. la malattia può poi evolvere verso una seconda fase, caratterizzata da alterazioni morfo-funzionali a livello polmonare causate sia dagli effetti citopatici del virus sia dalla risposta immunitaria dell’ospite. Tale fase si caratterizza per un quadro di polmonite interstiziale molto spesso bilaterale associata, ad una sintomatologia respiratoria che nella fase precoce è stabile e senza ipossiemia, ma che può, successivamente, sfociare verso una progressiva instabilità clinica;
3. tale scenario, in un numero limitato di persone, può evolvere verso un quadro clinico ingravescente dominato dalla tempesta citochinica e dal conseguente stato iperinfiammatorio che determina conseguenze locali e sistemiche e rappresenta un fattore prognostico negativo producendo, a livello polmonare, quadri di vasculopatia arteriosa e venosa con trombizzazione dei piccoli vasi ed evoluzione verso lesioni polmonari gravi e talvolta permanenti (fibrosi polmonare). Le fasi finali di questo gravissimo quadro clinico portano ad una ARDS (Adult Respiratory Distress Syndrome) grave e in alcuni casi all’innesco di fenomeni di coagulazione intravascolare disseminata.
In questa fase, si è osservata un’alterazione progressiva di alcuni parametri infiammatori quali PCR, ferritina, e citochine pro-infiammatorie (IL2, IL6, IL7, IL10, GSCF, IP10, MCP1, MIP1A e TNFα) e coagulativi quali aumentati livelli dei prodotti di degradazione della fibrina come il D-dimero,
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consumo di fattori della coagulazione, trombocitopenia, ecc. Sulla base di queste tre fasi patogenetiche, in base alla classificazione dei National Institutes of Health (NIH) statunitensi si individuano 5 stadi clinici della malattia COVID-19.
Stadio Caratteristiche
Infezione asintomatica o presintomatica Diagnosi di SARS-CoV-2 in completa assenza di sintomi Malattia lieve Presenza di sintomatologia lieve (es. febbre, tosse, alterazione
dei gusti, malessere, cefalea, mialgie), ma in assenza di dispnea e alterazioni radiologiche
Malattia moderata SpO2 ≥ 94% e evidenza clinica o radiologica di polmonite Malattia severa SpO2 < 94%, PaO2/FiO2 < 300, frequenza respiratoria > 30
atti/min (nell’adulto), o infiltrati polmonari > 50%
Malattia critica Insufficienza respiratoria, shock settico, e/o insufficienza multiorgano
Fonte: DPCM del 13/10/2020 - Allegato 19 Misure igienico-sanitarie
1. lavarsi spesso le mani. Si raccomanda di mettere a disposizione in tutti i locali pubblici, palestre, supermercati, farmacie e altri luoghi di aggregazione, soluzioni idroalcoliche per il lavaggio delle mani;
2. evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute;
3. evitare abbracci e strette di mano;
4. mantenere, nei contatti sociali, una distanza interpersonale di almeno un metro;
5. praticare l’igiene respiratoria (starnutire e/o tossire in un fazzoletto evitando il contatto delle mani con le secrezioni respiratorie);
6. evitare l’uso promiscuo di bottiglie e bicchieri, in particolare durante l’attività sportiva;
7. non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani;
8. coprirsi bocca e naso se si starnutisce o tossisce;
9. non prendere farmaci antivirali e antibiotici, a meno che siano prescritti dal medico;
10. pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol;
11. è fortemente raccomandato in tutti i contatti sociali, utilizzare protezioni delle vie respiratorie come misura aggiuntiva alle altre misure di protezione individuale igienico-sanitarie.
Fonte: UOC Medicina Preventiva nelle Comunità – Malattie Infettive ATS 15/10/2020
Si ribadisce l’importanza di porre particolare attenzione all’applicazione dei protocolli interni per la prevenzione del contagio e della trasmissione della malattia da parte di tutto il personale delle strutture sociosanitarie, con una particolare attenzione alla scrupolosa adozione delle corrette norme igieniche e comportamentali da parte degli operatori, non solo durante l’attività lavorativa vera e propria, ma anche nei momenti di pausa e durante la permanenza negli ambienti comuni non lavorativi come, ad esempio, mensa, bar, spogliatoi, sale ristoro, bagni, ecc.
Si raccomanda di considerare sempre anche gli addetti ai servizi di igiene e pulizia degli ambienti tra il personale da monitorare e/o da sottoporre a test.
Fonte: Regione Lombardia nota n. 0036106 del 26/10/2020
A fronte delle numerose segnalazioni e sollecitazioni pervenute alla Direzione Generale Welfare si richiamano alcune raccomandazioni e si forniscono ulteriori indicazioni di particolare rilievo tenuto conto di questa fase della pandemia. Noto che la protezione delle persone e delle collettività dal contagio da SARS-CoV-2 è di carattere multifattoriale e che, pertanto, le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie sono tenute a presidiare con il massimo livello di attenzione ogni singolo fattore di rischio, si ritiene fondamentale sensibilizzare e, se del caso intensificare la formazione, degli operatori al rispetto delle misure universali di prevenzione durante tutto l’orario di lavoro e di permanenza sul
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luogo di lavoro, ponendo particolare attenzione ai comportamenti di prevenzione anche nelle fasi operative extra assistenziali (ad esempio riunioni, pausa mensa, attraversamento di percorsi intraospedalieri), ambiti che si stanno caratterizzando per il verificarsi di un elevato numero di contagi tra operatori, in aggiunta ai contatti in ambito domestico. Precisamente si richiama quanto segue:
• la mascherina chirurgica, come dispositivo di protezione collettivo, produce efficacia nel momento in cui viene indossata correttamente, ovvero coprendo naso e bocca, e da tutti i soggetti che coabitano il medesimo spazio ambientale e il suo utilizzo non costituisce una misura preventiva alternativa al distanziamento interpersonale di almeno 1 mt, pertanto ne è raccomandato l’utilizzo continuativo da parte di tutti gli operatori, anche durante le fasi operative extra assistenziali,
• l’igienizzazione frequente delle mani è efficace nella riduzione delle trasmissioni virali da contatto diretto con persone e superfici,
• il distanziamento interpersonale di almeno 1 mt è efficace nella riduzione delle trasmissioni virali da droplet.
Quanto puntualizzato deve essere oggetto di modelli comportamentali diffusi da parte degli operatori a cui, come detto, è richiesto di mantenere un elevato livello di guardia anche nei momenti di lavoro extra assistenziali e di buone relazioni tra colleghi, nonché nella vita sociale extra lavorativa. Le organizzazioni sanitarie provvedendo ad accompagnare l’attuazione degli adeguati comportamenti da parte degli operatori, danno attuazione, tra le altre, alle seguenti misure di prevenzione:
- verificare il corretto funzionamento del sistema di sorveglianza attiva delle condizioni cliniche degli operatori, prevedendo sempre la rilevazione della temperatura corporea prima dell’inizio del turno di lavoro e al termine,
- sensibilizzare gli operatori a dare comunicazione, nel più breve tempo possibile, alla Direzione dell’insorgenza di sintomatologia suggestiva per CoviD-19 per attivare tempestivamente gli accertamenti diagnostici del caso, facendo ricorso anche ai test rapidi per la ricerca dell’antigene virale mediante tampone nasofaringeo,
- realizzare un sistema rigoroso e tempestivo di Contact Tracing tra gli operatori, assunto che l’operatore che indossa correttamente la completa dotazione di DPI prevista per lo specifico scenario espositivo non è da considerarsi contatto di caso.
Tenuto conto della normativa vigente gli operatori individuati quali contatti asintomatici di caso (verosimilmente, di norma casi extraospedalieri), anche in considerazione dell’attuale contesto emergenziale, non sospendono l’attività e vengono sottoposti ad un rigoroso monitoraggio attivo caratterizzato da:
- rilevazione anamnestica sintomi suggestivi per CoviD-19 a cadenza quotidiana
- effettuazione di tampone nasofaringeo per ricerca di Antigene virale al giorno 0 e giorno 5 + test molecolare al giorno 10 per conclusione del periodo di quarantena
- i medesimi operatori sospendono l'attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo.
Si precisa che gli operatori sanitari durante il periodo di sorveglianza attiva, che coincide con il tempo della quarantena, sono tenuti a rispettare la quarantena nelle restanti parti della giornata, ovvero nel tempo extra lavorativo.
Per gli operatori contatti asintomatici di caso, ove possibile, devono essere messi a disposizione spogliatoi dedicati per le procedure di vestizione e svestizione e gestione separata dei rifiuti.
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A. ARGOMENTI DI INTERESSE GENERALE 1.Definizioni di caso e di contatto Caso di COVID-19
Rapporto ISS COVID-19 n. 53/2020 Versione del 25 giugno Caso sospetto di COVID-19
1. Una persona con infezione respiratoria acuta (insorgenza improvvisa di almeno uno tra i seguenti segni e sintomi: febbre, tosse e dispnea) E senza un’altra eziologia che spieghi pienamente la presentazione clinica E storia di viaggi o residenza in un Paese/area in cui è segnalata trasmissione locale durante i 14 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi;
oppure
2. Una persona con una qualsiasi infezione respiratoria acuta E che è stata a stretto contatto con un caso probabile o confermato di COVID-19 nei 14 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi;
oppure
3. Una persona con infezione respiratoria acuta grave (febbre e almeno un segno/sintomo di malattia respiratoria – es. tosse, dispnea) E che richieda il ricovero ospedaliero (Severe Acute Respiratory Infection, SARI) E senza un’altra eziologia che spieghi pienamente la presentazione clinica.
Nell’ambito dell’assistenza primaria o nel pronto soccorso ospedaliero, tutti i pazienti con sintomatologia di infezione respiratoria acuta devono essere considerati casi sospetti se in quell’area o nel Paese è stata segnalata trasmissione locale.
Caso probabile di COVID-19
Un caso sospetto il cui risultato del test per SARS-CoV-2 è dubbio o inconcludente utilizzando protocolli specifici di Real Time PCR per SARS-CoV-2 presso i Laboratori di Riferimento Regionali individuati o è positivo utilizzando un test pan-coronavirus.
Caso confermato di COVID-19
Un caso con una conferma di laboratorio per infezione da SARS-CoV-2, effettuata presso il laboratorio di riferimento nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità o da laboratori Regionali di Riferimento, indipendentemente dai segni e dai sintomi clinici.
Contatto di un caso COVID-19
Un contatto di un caso COVID-19 è qualsiasi persona esposta ad un caso probabile o confermato di COVID-19 in un lasso di tempo che va da 48 ore prima a 14 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi nel caso (o fino al momento della diagnosi e dell’isolamento). Se il caso non presenta sintomi, si definisce contatto una persona esposta da 48 ore prima fino a 14 giorni dopo la raccolta del campione positivo del caso (o fino al momento della diagnosi e dell’isolamento)
Contatto stretto (esposizione ad alto rischio)
Sulla base di valutazioni individuali del rischio, è possibile ritenere che alcune persone, a prescindere dalla durata e dal contesto in cui è avvenuto il contatto, abbiano avuto un’esposizione ad alto rischio.
una persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19
una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (es. la stretta di mano)
una persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID- 19 (es. toccare a mani nude fazzoletti di carta usati)
una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti
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una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (es. aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19, in assenza di DPI idonei
un operatore sanitario od altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei
una persona che ha viaggiato seduta in treno, aereo o qualsiasi altro mezzo di trasporto entro due posti in qualsiasi direzione rispetto a un caso COVID-19; sono contatti stretti anche i compagni di viaggio e il personale addetto alla sezione dell’aereo/treno dove il caso indice era seduto.
Contatto casuale (esposizione a basso rischio)
qualsiasi persona esposta al caso, che non soddisfa i criteri per un contatto stretto. * Sulla base di valutazioni individuali del rischio, è possibile ritenere che alcune persone, a prescindere dalla durata e dal contesto in cui è avvenuto il contatto, abbiano avuto un’esposizione ad alto rischio.
Identificazione dei contatti
Fonte: Rapporto ISS COVID-19 n. 53/2020 Versione del 25 giugno
Per identificare i contatti, è necessario condurre una indagine epidemiologica dettagliata incluso un colloquio con le persone identificate come casi probabili o confermati di COVID-19, appena possibile dopo la diagnosi. Inoltre, è necessario considerare i contesti specifici identificati dove possano essersi verificate esposizioni con il caso, e per ogni contesto (es. comunità residenziale, struttura sanitaria, mezzo di trasporto, scuola, ambiente di lavoro), considerare le modalità più appropriate per identificare tutti i potenziali contatti. Lo scopo è quello di cercare di individuare rapidamente tutte le persone che potrebbero essere state esposte all’infezione durante il periodo di contagiosità del caso. È essenziale, pertanto, ricostruire, ora per ora, le attività del caso durante tutto questo periodo (a partire da 48 ore prima e fino a due settimane dopo l’insorgenza dei sintomi o la raccolta del campione positivo) fino all’isolamento, e identificare le persone esposte (raccogliendo ove possibile i loro dati anagrafici, indirizzo, numero di telefono), valutando anche il loro livello di esposizione, ed elencandole in un database.
Un ulteriore obiettivo dell’intervista è quello di cercare di identificare la fonte del contagio del caso, raccogliendo dettagli sulle possibili esposizioni nei 14 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi (o della data della raccolta del campione se la persona è asintomatica). Durante il colloquio, è importante fornire ai casi informazioni sull’isolamento e sui comportamenti a cui attenersi e rassicurarli sulla confidenzialità delle informazioni raccolte. L’intervista può avvenire attraverso una chiamata telefonica o una videochiamata, ove possibile.
Se il caso è ricoverato in ospedale e/o non è in grado di collaborare, il personale ospedaliero o il medico curante possono raccogliere le informazioni direttamente dai familiari stretti o da coloro che prestano attività assistenziali. Come condurre l’intervista con il caso.
L’intervista al caso può essere strutturata in quattro fasi:
1. Introduzione. Presentarsi con nome e cognome e fornire dettagli sulla propria affiliazione.
Chiedere conferma dell’identità della persona (nome e data di nascita). Chiedere alla persona se è disponibile e se si trova in una situazione che le permetta di parlare privatamente. Spiegare il motivo della chiamata/videochiamata e ricordare alla persona che si tratta di una conversazione confidenziale.
2. Ascolto del paziente e raccolta delle informazioni rilevanti. Oltre a informazioni demografiche (età, sesso, residenza), sarà necessario raccogliere dalla persona intervistata alcune informazioni cliniche riguardo la diagnosi di COVID-19 (es. data inizio sintomi, tipo e durata dei sintomi, data diagnosi) e possibili esposizioni (fonte del contagio). Identificare il periodo di contagiosità del caso. Procedere ad identificare i possibili contatti durante il periodo di contagiosità (vedere definizione di contatto stretto o casuale), ricostruendo in dettaglio le attività della persona durante questo periodo, e raccogliere nominativi e dettagli per contattare queste persone.
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3. Informazioni sulla malattia, consigli e istruzioni sui comportamenti da tenere. Coinvolgere la persona e creare fiducia. La persona sarà probabilmente già stata presa in carico dal sistema sanitario. In caso contrario, spiegare cosa deve fare la persona per ottenere le cure mediche del caso e quali sono le risorse e i servizi di supporto disponibili. Fornire informazioni sulla malattia, le modalità di contagio, la necessità di mettersi in isolamento e di monitorare i propri sintomi o un possibile peggioramento dei sintomi. Informarsi sulla eventuale presenza di condizioni che conferiscano un aumentato rischio di complicanze di COVID-19.
4. Conclusioni. Informare la persona che potrebbe essere necessaria una seconda telefonata, nel caso dovessero servire ulteriori informazioni. Prima di chiudere la telefonata, dare l’opportunità alla persona di fare domande e spiegare che le informazioni raccolte rimarranno strettamente confidenziali. Ringraziare la persona per il suo tempo e per le informazioni fornite. Lasciare il proprio numero di telefono/E-mail in caso la persona dovesse avere altre domande o dovesse ricordarsi di altri importanti dettagli.
Contesti specifici
Oltre al colloquio diretto con il paziente affetto da COVID-19 e/o il suo medico o familiari, può essere necessario ricorrere ad altre modalità per riuscire a identificare tutti i contatti di un caso, come riportato di seguito:
Comunità residenziali chiuse (es. residenze sanitarie assistenziali)
Ottenere una lista di tutti i residenti, visitatori e lavoratori presenti durante il periodo di tempo che si sta considerando. Intervistare il coordinatore o responsabile della struttura.
2. Disinfezione
Fonte: Rapporto ISS COVID-19 n. 19/2020 Versione del 13 luglio
Le istituzioni nazionali e internazionali concordano sul fatto che le prime misure di sicurezza da attuare siano quelle di lavare le mani, frequentemente e accuratamente, con acqua e sapone per almeno 60 secondi ogni qual volta si pensi di essere venuti a contatto con superfici/oggetti o parti del corpo contaminate e, qualora non sia possibile, di disinfettare le mani con un disinfettante per la cute.
Inoltre, per quanto attiene le superfici potenzialmente infette con le quali si viene a contatto, le misure prevedono un’accurata pulizia con detergente e la disinfezione con presidi a base di cloro, alcoli, perossido di idrogeno, o miscele di ammoni quaternari.
Disinfettanti per la cute e per le superfici
I prodotti a base di etanolo (alcol etilico), ipoclorito di sodio, propan-2-olo (alcol isopropilico), perossido di idrogeno (acqua ossigenata), ammoni quaternari e acido lattico sono quelli al momento in commercio in Italia (PMC e Biocidi) che vantano anche un’azione nei confronti dei virus, in aggiunta a quella battericida e/o fungicida. Il tempo di contatto per lo sviluppo dell’azione disinfettante viene indicato dal produttore in relazione ai test forniti al momento della domanda di autorizzazione del prodotto2. Si fa presente che si richiede che l’azione disinfettante si sviluppi in tempi brevi, compatibili con l’applicazione prevista (uso non professionale o uso professionale).
Disinfezione della cute
L’efficacia di un prodotto per la disinfezione della cute dovrebbe completarsi nell’arco di trenta secondi, un minuto nel caso di prodotti per gli utenti non professionali. Infatti, più lungo è il tempo richiesto per l’efficacia della disinfezione, maggiore è il rischio che l’utilizzatore non rispetti la corretta procedura di applicazione richiesta. I prodotti disponibili per la disinfezione della cute (PT1) ed efficaci contro i virus sono a base di etanolo (73,6-89% p/p) e di ammoni quaternari (cloruro di didecil dimetil ammonio, cloruro di alchil dimetilbenzilammonio) o di miscele di più principi attivi inoltre, sono disponibili miscele a base di etanolo più 1-propanolo a una concentrazione di etanolo del 65% (p/p).
Le soluzioni alcoliche a concentrazioni più elevate sono meno efficaci poiché le proteine sono
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difficilmente denaturabili in assenza dell’acqua. Anche in questo caso, le concentrazioni da utilizzare e i tempi di contatto da rispettare per un’efficace azione disinfettante devono essere dichiarati in etichetta sotto la responsabilità del produttore. Quest’ultimo, infatti, presenta, in relazione dell’organismo bersaglio, test di verifica dell’efficacia che, se ritenuti idonei, consentono l’autorizzazione del prodotto.
Disinfezione delle superfici
In considerazione della potenziale capacità del virus SARS-CoV-2 di sopravvivere sulle superfici, è buona norma procedere frequentemente e accuratamente alla detersione (pulizia) e disinfezione delle superfici ambientali che devono essere tanto più accurate e regolari in particolar modo per quelle superfici con le quali si viene più frequentemente a contatto (es. maniglie, superfici dei servizi igienici, superfici di lavoro, cellulare, tablet, PC, oggetti di uso frequente). La linea guida dell’ECDC riporta che, di massima, la pulizia con acqua e normali detergenti e la disinfezione con prodotti disinfettanti comuni è di per sé sufficiente, come primo intervento, per la decontaminazione delle superfici anche se non sono, a tutt’oggi, disponibili prove specifiche della loro efficacia su SARS-CoV- 2.
Alcuni studi hanno approfondito la valutazione delle diverse tipologie di superfici e i diversi tempi di persistenza e infettività delle particelle virali emesse dai soggetti contagiati. In condizioni sperimentali si è osservato che, per la loro struttura chimico-fisica, il materiale più favorevole alla persistenza dei coronavirus sono le plastiche e l’acciaio inossidabile sulle quali il virus può resistere fino a 72 ore nel caso della plastica e fino a 48 ore per l’acciaio anche se la carica infettiva sui suddetti materiali si dimezza, rispettivamente, dopo circa 6-7 ore. Le superfici che meno ne consentono la persistenza sono di rame e il cartone, dove è stato osservato un abbattimento completo dell’infettività dopo 4 ore per il rame e 24 ore per il cartone. I principi attivi maggiormente utilizzati nei disinfettanti autorizzati sono l’etanolo, gli ammoni quaternari (cloruro di didecil dimetil ammonio, cloruro di alchil dimetilbenzilammonio), il perossido d’idrogeno e il sodio ipoclorito. Anche in questo caso, le concentrazioni da utilizzare ed i tempi di contatto da rispettare per ottenere un’efficace azione disinfettante sono dichiarate in etichetta sotto la responsabilità del produttore. Quest’ultimo, infatti, in base all’organismo bersaglio presenta test di verifica dell’efficacia che, se dichiarati idonei, consentono l’autorizzazione del prodotto. Per la cute, come per le superfici, non è possibile escludere che prodotti autorizzati (es. etanolo) con concentrazioni inferiori, siano comunque efficaci contro i virus in considerazione di fattori quali tempi di contatto e organismo bersaglio.
3. Sanificazione Virus e disinfettanti
Fonte: Rapporto ISS COVID-19 n. 20/2020 Versione del 7 luglio
I virus possono essere classificati in sottogruppi in base alla loro resistenza verso i disinfettanti chimici:
- piccoli (50 nm) senza envelope mediamente sensibili;
- grandi (>50 nm) con envelope altamente sensibili. A quest’ultimo gruppo appartengono i coronavirus di cui fa parte SARS-CoV-2. I virus con envelope sono i più sensibili all’inattivazione da parte dei disinfettanti, perché possiedono un pericapside lipidico che è facilmente danneggiato dalla maggior parte dei disinfettanti, i quali compromettono l’integrità del virus e ne neutralizzano la capacità infettiva. I criteri di efficacia si basano sulla facilità con cui i tipi di virus vengono inattivati dai disinfettanti. La norma EN 14476 regolamenta le prove che un disinfettante deve sostenere per valutarne l’attività virucida e stabilisce di testare il prodotto su due virus di prova, uno dei quali è il poliovirus, virus nudo particolarmente resistente.
Studi di efficacia dei disinfettanti sui coronavirus Sebbene le evidenze scientifiche abbiano dimostrato che i coronavirus, tra cui gli agenti eziologici di SARS e di MERS, possono persistere sulle superfici inanimate come metalli, vetro o plastica per più di 9 giorni, i dati di letteratura disponibili
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indicano che gli stessi virus possono essere inattivati efficacemente tramite procedure di disinfezione delle superfici per mezzo di:
- alcol etilico al 62-71%;
- perossido di idrogeno allo 0,5%;
- ipoclorito di sodio allo 0,1% cloro attivo per almeno 1 minuto.
Altri agenti biocidi, come benzalconio cloruro allo 0,05%-0,2% o la clorexidina digluconato allo 0,02%
hanno una minore efficacia. Tra i diversi germicidi sanitari, quelli con una concentrazione di etanolo al 70% si sono dimostrati più efficaci rispetto allo 0,06% di ipoclorito di sodio dopo un minuto di contatto su superfici dure (14). I test effettuati su SARS-CoV-1 hanno dimostrato che l’ipoclorito di sodio è efficace alle concentrazioni di 0,05% e 0,1% solo cinque minuti dopo il contatto. In letteratura però sono presenti evidenze secondo le quali una più alta diminuzione di carica virale e una più rapida tempistica di efficacia è raggiungibile anche grazie ad una più alta concentrazione di cloro attivo (0,5%). Questo ultimo dato però non preclude l’importanza dell’ipoclorito, soprattutto in ambito ospedaliero, utilizzato per le grandi superfici, in quanto privo di infiammabilità e della rapida vaporabilità caratteristiche dell’etanolo. I prodotti disinfettanti a base fenolica diminuiscono significativamente il titolo di coronavirus solamente dopo 10 minuti dall’applicazione. Risultati simili sono stati ottenuti utilizzando detergenti per la casa contenenti lauril etere solfato di sodio, poliglicosidi alchilici e cocamide dietanolammide. Anche i vapori di perossido di idrogeno risultano possedere attività virucida. Pertanto, l’efficacia disinfettante è fortemente compromessa se i prodotti germicidi non sono utilizzati seguendo le indicazioni della scheda tecnica ed il tempo di contatto è inferiore a quello indicato.
Indicazioni per la sanificazione dei locali ospitanti pazienti positivi per COVID-19 Fonte: Rapporto ISS COVID-19 n. 20/2020 Versione del 7 luglio
La sanificazione è l’insieme dei procedimenti e operazioni atti ad igienizzare determinati ambienti e mezzi mediante l’attività di pulizia e di disinfezione. La pulizia, procedimento atto a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti chiusi (generalmente indicati con il termine inglese indoor), è quindi l’operazione che consente di rendere le superfici visibilmente pulite. Con disinfezione s’intende il complesso di procedimenti e operazioni atti a sanificare determinati ambienti mediante la distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni.
Accorgimenti da seguire per una corretta sanificazione e per una corretta gestione del materiale sono:
§ Nelle aree ospitanti pazienti affetti da COVID-19 i sistemi meccanizzati di pulizia devono essere evitati come pure è sconsigliato spazzare a secco, spruzzare, spolverare. Preferire quindi le metodiche ad umido. Occorre designare un’area riservata ai servizi di pulizia ambientale e un’area per la preparazione, lo stoccaggio e il ritrattamento di attrezzature e forniture riutilizzabili per la pulizia e un’area separata per il ritrattamento delle apparecchiature biomediche. Di seguito verranno presi in esame i seguenti contesti in cui sia necessario eseguire un intervento di sanificazione:
- assistenziale;
- domestico.
Per il contesto ospedaliero vedere Rapporto Covid ISS n. 20/2020 Contesto assistenziale
Nelle strutture assistenziali e comunitarie, quali indicativamente le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), comunità terapeutiche, poliambulatori, particolare considerazione dovrebbe essere data all’applicazione di misure di pulizia e disinfezione nelle aree comuni (bagni, sale, corridoi, ascensori, ecc.) come misura preventiva generale durante tutta l’epidemia di COVID-19. Inoltre, devono essere tenuti di conto gli oggetti che vengono toccati frequentemente, come maniglie, pulsanti degli ascensori, corrimano, interruttori, maniglie delle porte, ecc. Per le stanze o le aree specifiche esposte ai casi di COVID-19 si dovrebbe attuare quanto segue:
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- Garantire un buon ricambio dell’aria in tutti gli ambienti, in maniera naturale aprendo le finestre e i balconi per circa 1 ora, e successivamente pulire accuratamente con un detergente neutro.
- Eseguire la disinfezione delle superfici che si sporcano con secrezioni respiratorie o altri fluidi corporei della persona o delle persone malate o sospette, ad esempio toilette, lavandini e vasche da bagno con un disinfettante (PMC, presidio medico-chirurgico) ad azione virucida o con ipoclorito di sodio contenente lo 0,1% di cloro attivo (cioè equivalente a 1000 ppm). § Risciacquare con acqua pulita dopo 10 minuti di contatto con il cloro.
- Quando l’uso dell’ipoclorito di sodio non è adatto (es. telefono, apparecchiature di controllo a distanza, maniglie delle porte, pulsanti dell’ascensore, ecc.) utilizzare alcol etilico al 70%. § Quando possibile, usare solo materiali di pulizia monouso. § Se necessario, disinfettare adeguatamente gli attrezzi per la pulizia non porosi con una soluzione di ipoclorito di sodio allo 0,5% di cloro attivo o secondo le istruzioni del produttore prima dell’uso per altri ambienti.
§ Per superfici porose come moquette e tappeti, rimuovere la contaminazione visibile, pulire con detergenti e disinfettanti appropriati secondo le istruzioni del produttore.
- Possono essere utilizzati sistemi meccanizzati di pulizia se dotati delle caratteristiche descritte nel capitolo precedente.
- Raccogliere la biancheria sporca in contenitori chiusi (sacchi o sacconi in carrelli) manipolandola e scuotendola il meno possibile nell’ambiente prima dell’inserimento nel sacco e dell’invio all’impresa qualificata (sia essa esterna o interna all’organizzazione) addetta al lavaggio e alla sanificazione. Nel caso in cui il servizio di lavanderia sia fornito da una impresa esterna, sostituire la biancheria da letto e da bagno utilizzata con biancheria sanificata da impresa qualificata (es. dotata di certificazione UNI EN 14065:2016 Tessili trattati in lavanderie). Nel caso la teleria sia lavata all’interno della struttura, lavare tutti i tessuti (es.
biancheria da letto, tende, ecc.) con un ciclo ad acqua calda (60°C o più per almeno 30 minuti) e con l’aggiunta di comune detersivo per il bucato. Se non è possibile utilizzare un ciclo ad acqua calda a causa delle caratteristiche dei tessuti, è necessario aggiungere prodotti chimici specifici per il lavaggio (es. candeggina o prodotti per il bucato contenenti ipoclorito di sodio o prodotti di decontaminazione sviluppati appositamente per l’uso su tessuti). Gli articoli monouso (asciugamani di carta, guanti, maschere, fazzoletti) devono essere messi in un contenitore con coperchio e smaltiti secondo le procedure della struttura e le norme nazionali per la gestione dei rifiuti. In generale, le aree pubbliche in cui un caso confermato COVID-19 ha trascorso un tempo minimo non hanno bisogno di pulizia straordinaria.
Il personale dedicato alla pulizia ambientale degli spazi pubblici frequentati da una persona sospetta o confermata COVID-19 deve indossare i dispositivi medici e i DPI:
- mascherina chirurgica;
- grembiule in plastica uniforme e monouso;
- guanti;
- occhiali di protezione (se presente rischio di schizzi di materiale organico o sostanze chimiche);
- stivali o scarpe da lavoro chiuse.
L’igiene delle mani deve essere eseguita ogni volta dopo aver rimosso guanti o maschera. I materiali di scarto prodotti durante la pulizia devono essere collocati in un sacchetto separato e ben chiuso, che può essere smaltito con la spazzatura indifferenziata.
Contesto domestico
In ambito domestico si devono comunque rispettare due tempi d’intervento: uno dedicato alle lenzuola e alla biancheria e uno per la pulizia e la disinfezione dei locali. Per la pulizia di una stanza domestica in cui è stato isolato un paziente COVID-19, si applicano le stesse procedure descritte per i setting precedenti. Prima di tutto, occorre arieggiare bene la stanza in maniera naturale con aria fresca per almeno 1 ora, e successivamente accuratamente pulita con un detergente neutro,
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procedendo poi alla disinfezione delle superfici utilizzando un disinfettante efficace contro i virus. Si consiglia l’uso di attrezzature monouso per la pulizia. Per le pulizie quotidiane delle abitazioni, una particolare attenzione deve essere posta alle superfici toccate più frequentemente (es. porte, maniglie delle porte, finestre, tavoli, interruttori della luce, servizi igienici, rubinetti, lavandini, scrivanie, sedie, telefoni cellulari, tastiera, telecomandi e stampanti). Utilizzare panni in microfibra inumiditi con un prodotto detergente-disinfettante o in alternativa con alcol etilico al 70%, con una soluzione di ipoclorito di sodio diluita allo 0,5% di cloro attivo per i servizi igienici (es. la candeggina sul mercato è generalmente al 5% o al 10% di contenuto di cloro), e allo 0,1% di cloro attivo per tutte le altre superfici da pulire, tenendo in considerazione la compatibilità con il materiale da detergere, l’uso e l’ambiente. I detergenti a base di cloro non sono utilizzabili su tutti i materiali. Rispettare i seguenti criteri per la cura della biancheria e delle lenzuola:
- Non agitare le lenzuola e la biancheria durante il cambio.
- Non appoggiare le lenzuola e la biancheria al corpo.
- Trasporto di lenzuola e biancheria da lavare in lavatrice senza deposito intermedio nella stanza.
- Lavare tutti i tessuti (es. biancheria da letto, tende, ecc.) con un ciclo ad acqua calda a 60°C per almeno 30 minuti con un comune detersivo per il bucato. Se non è possibile utilizzare un ciclo ad acqua calda a causa delle caratteristiche dei tessuti, è necessario aggiungere prodotti chimici specifici per il lavaggio (es. candeggina o prodotti per il bucato contenenti ipoclorito di sodio o prodotti di decontaminazione sviluppati appositamente per l’uso su tessuti). La persona che pulisce dovrebbe indossare guanti e una maschera chirurgica.
L’igiene delle mani deve essere eseguita ogni volta dopo aver rimosso guanti o maschera. I materiali di scarto prodotti durante la pulizia devono essere collocati in un sacchetto separato e ben chiuso, che può essere smaltito come rifiuti indifferenziati.
Opzioni di sanificazione per tutti i tipi di locali
Durante la pandemia di COVID-19 anche nei locali senza casi confermati di COVID-19 è consigliato:
- Usare attrezzature diverse per pulire spazi frequentati dal pubblico e spazi per i dipendenti.
- Pulire frequentemente le superfici più toccate (almeno giornalmente se possibile). Esempi di queste superfici sono maniglie e barre delle porte, delle finestre, sedie e braccioli, tavoli, interruttori della luce, corrimano, rubinetti dell’acqua, pulsanti dell’ascensore, ecc. L’uso di un detergente neutro per la pulizia di superfici in locali generali (vale a dire non per i locali che sono stati frequentati da un caso sospetto o confermato di COVID-19) si ritiene sufficiente.
La pulizia di servizi igienici pubblici, lavandini del bagno e servizi igienici utilizzati da più persone devono essere eseguiti con cura. Considerare l’uso di un disinfettante efficace contro virus, o soluzioni a base di ipoclorito di sodio allo 0,1% di cloro attivo o altri prodotti virucidi autorizzati seguendo le istruzioni per l’uso fornite dal produttore. Possono essere impiegati strumenti meccanizzati di pulizia quali spazzatrici, lavasciuga pavimenti, aspirapolvere, purché dotati di un sistema efficace di ritenzione polveri e se il flusso di aria e polvere viene filtrato in uscita attraverso un filtro HEPA o ULPA (testato secondo la norma EN1822). Il personale che conduce le macchine deve essere dotato degli adeguati dispositivi di protezione individuale. Sprayer, nebulizzatori e atomizzatori consentono di spruzzare biocidi (PMC) o disinfettanti, quali perossido di idrogeno, ozono o cloro attivo generati in situ, in forma nebulizzata o atomizzata su superfici anche difficilmente raggiungibili e sugli oggetti presenti nell’ambiente. È necessario che gli operatori siano adeguatamente protetti e formati per utilizzare queste apparecchiature e in grado di verificare la compatibilità delle concentrazioni necessarie per l’attività di sanificazione, se spruzzate con queste strumentazioni.
Durante l’uso è fondamentale indossare DPI adeguati. Pertanto, in accordo con la circolare del 22 maggio 2020 del Ministero della Salute, tali procedure possono essere utilizzate per finalità di sanificazione, intesa in questo caso come il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante la pulizia e il controllo e il miglioramento della qualità dell’aria.
Le procedure di utilizzo delle sostanze sanificanti possono essere complementari a procedure di pulizia ambientale, o essere integrate con attività di disinfezione. In questo ultimo scenario, la
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procedura deve prevedere la preventiva disinfezione diretta delle superfici esposte secondo il seguente ordine:
1. pulizia;
2. disinfezione diretta delle superfici esposte con disinfettanti autorizzati;
3. trattamento di sanificazione con sostanze generate in situ a completamento ed ottimizzazione delle procedure di pulizia e disinfezione;
4. adeguata areazione dei locali. Il personale impegnato nella pulizia ambientale deve indossare i dispositivi medici e i DPI durante le attività di pulizia. L’utilizzo del solito set di DPI (es. uniforme – che viene rimossa e lavata frequentemente in acqua calda – e guanti) è sufficiente per la protezione durante la pulizia dei locali generali. Il materiale di pulizia deve essere adeguatamente pulito alla fine di ogni sezione di pulizia. L’igiene delle mani deve essere eseguita ogni volta che vengono rimossi DPI come guanti. Il materiale di scarto prodotto durante la pulizia deve essere collocato nei rifiuti indifferenziati.
In occasione del periodo pandemico SARS-COV 2 è importante che l’operatore tenga traccia del processo di sanificazione ambientale, tramite checklist cartacea o elettronica dove controfirma le fasi previste ed eseguite di sanificazione, data e orario.
Vedere Rapporto Covid ISS n. 20/2020 Appendice A
4. Indicazioni sugli impianti di ventilazione/climatizzazione
Rapporto ISS COVID-19 n. 33/2020 Versione del 25 maggio
Qualità dell’aria indoor e microclima, anche modulati dalle condizioni stagionali esterne, possono rappresentare fattori chiave nella trasmissione di infezioni e nei modelli epidemiologici stagionali negli ambienti indoor. Una ventilazione adeguata e un regolare ricambio d’aria in questo tipo di ambienti, oltre che per mantenere condizioni di comfort, sono necessari per garantirne la salubrità riducendo la concentrazione di particolato e inquinanti di natura biologica. Inoltre, è opportuno ricordare che l’esigenza di ventilare e arieggiare periodicamente gli ambienti ha assunto particolare importanza a seguito dell’efficientamento energetico degli edifici che ha determinato una riduzione della ventilazione naturale per infiltrazione attraverso l’involucro edilizio. Diventano quindi di prioritaria importanza le condizioni che favoriscono la ventilazione degli ambienti indoor e, dove non sia possibile o sufficiente avvalersi della ventilazione naturale, è necessario installare apparecchi di ventilazione forzata che esigono una manutenzione appropriata soprattutto se si trovano in ambienti dove sussistono condizioni di aumentato pericolo di diffusione di malattie. L’adeguamento alle condizioni contingenti, durante la cosiddetta fase due dell’emergenza che è stata preceduta da un lungo periodo di lockdown, comporta non si possa prescindere da una “nuova percezione sociale degli ambienti indoor” che deve trovare una appropriata risposta nelle misure di contenimento del rischio di trasmissione del virus SARS-CoV-2 con idonee procedure di prevenzione e protezione.
Manutenzione degli impianti di ventilazione e condizionamento
I componenti degli impianti di climatizzazione e ventilazione sono in prevalenza costituiti da acciaio verniciato o zincato, alluminio e diverse tipologie di plastica. Il rame presente negli stessi è limitato a pochi componenti di modesta estensione. Pertanto, in relazione ai dati di letteratura, il virus eventualmente depositatosi ha un tempo di sopravvivenza fino a 72 ore. Poiché anche le interruzioni di esercizio durante il fine settimana hanno una durata inferiore, l’eventuale contaminazione delle superfici comporta un rischio continuativo. Le condizioni di possibile contaminazione sono significativamente differenziate tra le diverse porzioni degli impianti.
Prima degli interventi di manutenzione, gli impianti devono essere spenti per 10 minuti, dopo il raffreddamento del componente a temperatura ambiente, al fine di consentire la sedimentazione del particolato più grossolano. La pulizia delle superfici esposte delle apparecchiature di climatizzazione e ventilazione (griglie, bocchette, ecc.) deve essere integrata nella procedura di pulizia e sanificazione dei pavimenti, degli arredi e del resto degli ambienti. È opportuno aumentare