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SU ,, L'IDIOMA GENTILE"

DI EDMONDO DE AMICIS

Su 11.L'idioma gentile> di Edmondo De Amicis e sulle polemiche dibattutesi in"

torno a quel libro non appena comparve, la siqnorina Fulvia Drio1i elaborò la dissertazione con la quale si guadagnò (nel luglio scorso) il suo titolo di laurea presso l'UniYersilà di Trieste. Pubblicandone ora queste pagine, su argomento che a noi delle terre confinarie sta particolarmente a cuore come tutto ciò che rìguarda la Madrelingua, volgiamo il pensiero al nostro compianto collaboratore Romano Drioli, padre deIYav.trice: ai problemi nazionali della sua Istria natale, piaga san- guinante dell'Italia, egli dedicò gran parte della sua indefessa attività di giorna- lista e di studioso (N. d. R.).

«E' proprio vero», - scriveva Orazio Bacci (Prosa e Prosatori, 1906),

~ «che un volume del De Amicis si attende con vivo desiderio, si legge o si scorre con viva simpatia; e massime da quelli che si son fatti adulti, accompagnati e diciam pure confortati ed istruiti da qualcuno dei suoi libri; da quelli che cominciavano a compitare nel quinquennio che dette, dalla Vi-fa militare alle Pagine sparse, alcune opere nelle quali sono sem- pre da cercare anch'oggi i lineamenti essenziali della figura dello scrit- tore, sùbito popoìare e ben presto insigne, e che fu, e forse è ancora{ il più letto degli italiarìi contemporanei».

All'inizio del 1905, Eugenio Checchi nel Fanlulla della domenica, Raffaello Barbiera ne L'Illustrazione Ibliana avevano annunciato come la solita attesa strenna di ogni anno, un ìibro di Edmondo De Amicis, L'Idio- ma genWe: in tre giorni n'erano andate esaurite diecimila copie. Vittorio Osimo, nel Lavoro, ne esaltava i fini pratici e sociali. Facevano coro, su giornali e riviste, mettendone in rilievo i singoli pregi, Renato Simoni, Luigi Lodi, Orazio Bacci.

11 Piccolo di Tries:e non mancò di essere in prima fila tra i fautori del libro, intuendone subito la mi,ssione d'italianità che poteva assumere soprattutto nelle terre irredente.

«L'Idioma gentile è serenamenl:e piacevole. Il De Amicis anche quando fa da precettore, ama di sorridere. La sua prosa è sempre piana, gioconda, limpida, colorita. Con essa l'autore non ha la pretesa di sco- prire dei veri impensati, ma ha certo la coscienza di aver compiuto una buona azione di italianità, di quella italianità gloriosa nella quale lo scri:t- tore mani-festa e riafferma una fede che è monito e conforto» (1).

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SU •L'IDIOMA GENTILE, DI E. DE AMICIS 201

Il De Amicis volle offrire una copia del suo libro al Municipio di Trieste con dedica autografa: Al Municipio di Trieste, questo povero libro offro per il suo titolo, il quale dice un vincolo caro e glorioso che ci con- giunge da secoli e che forza umana non può spezzare; L'Idioma Gentile».

Quando egli scriveva questa dedica, certamente aveva nella me- moria le frasi rivolte a lui, tanto atteso ospite di Trieste, da L'Indipendente, nel gennaio del 1887 :

« Una cjran folla curiosa di vedervi circonderà stassera la vostra tri- buna e raccog-1ierà la parola che lascierete cadere così piena di colore, fluente e pittoresca:: guardatela quella folla e .scorgerete una parte- dei vos'ri lettori che amano le dolcezze melodiche della lingua italiana e l'ingegno forte dell'arte italiana. Portate con voi l'emozione di quel momento, e ,per non cancellarla magari più, stampatela magari in una di quelle nuove pagine sparse, che un giorno forse pubblichere!Je. Noi vi salutiamo, Ed·

mondo, mentre avete posto il piede nella nostra Trieste. Voi la sognas:e g9Iltile, ebbene, vi parrà forte nell'amore de-lk:i: sua lingua, es.pans1va nel salutare colui che promette· di non dimenticarla».

Trieste dichiarava in questo modo, attraverso l'amore per la lingua italiana, l'amore per la patria Italia.

La nostra cjjà dimostrò di saper compr9'I1dere completamente il significato del libro del De Amicis: l'idioma di una nazione è il vincolo che affratella tutto un popolo in grembo alla madre comune. E più che mai ai confini della patria si sente ìl bisogno ed il dovere di difenderio, questo vincolo.

«Sta il fatto che le noEÌ':re terre di confine hanno un loro primato per cronologia e per numero di cultori nello studio della lingua (gramma- tici, vocabolaristi, glottologi, metricl, autori di retoriche, arti poEJ:iche, ecc.).

Sta il fatto, sopratlrutto, che, in virtù d'una tradizione costante e non acca·

demica, non mortificatrice . e cristallizzatrice, della nostra cultura regi.o•

nale, abbiamo intuito e senidto il valore spirituale e materiale della lingua, l'abbiamo difesa sapendo di difendere con essçr la nostra vita economica stessa> (2).

Non intendìamo di seguire nè di riassumere le polemiche scatena- tesi intorno all'opera del De Amicis dopo le prime accoglienze «oneste e liete» che le furono fatte. Vi parteciparono il Papini, il Croce, il Corra·

clini, il Gargano, il Piperno, il Fornaciari, il Malagoli e altri: chi pro chi contro il De Amicis. Giuseppe Picciòla, istriano, difese naturalmente, L'Idioma gentile, riconoscendo in esso quello che eHettivarnente era e voleva essere: un contributo alla 1soluzione di un problema pratico, l'ap- prendimento della lingua, il problema che stava massimamente a cuore a noi gente di confine.

Il mondo filosofico crociano aperse ve•ramente un nuovo orizzonte a coloro che amavano l'arte del ragionare: seppe principalmente riven- dicare la libertà delle leggi estetiche da quelle deìla logica e della pra- :i.ca e anche alla parola ed alla lingua rivendicò la sua intera libertà.

Ma se nello stile l'atteggia.mento· può spaziare entro limiti vastis- simi e di libertà individuale, nel lessico e ,nella grammatica la IiJ:::ertà indi·

viduale è molto più limitata da vari freni.

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202 FULVIA ORIOLI

I problemi pratici dell'educazione e dell'inoognamento conllinuano ad esistere aric";he oggidì: sono gli stessi esposti nel suo libro dal De Ami- cis. Problemi che hanno una trascurabile importanza se consideriamo la lingua dal punto di vista dell'estetica, ma ne acquistano una enorme se ci mettiamo ad esaminarli dal punto di vista sociale e nazionale.

A trent'anni di distanza dall'Idioma gentile si riparla della Necessi- del Vocabolario (Ireneo Speranza in «Frontespizio», Firenze, Gen- naio, 1937). NC111.manca la solita frecciata al De Amicis, ma anche il Cro- ce si considera superato: «L'esame della parola, l'analisi lessigrafica e lessicografica, non avulsa dalla comprensione fantastica e musicale, nè dall'intelligenza del sentimento e dell'idea, portano forse ancora più a fondo il conoscimento e il riconoscimento dell'ccrte e delle diverse persc- nali maniere di fare l'arte».

L'arte dunque, lo Speranza aiferma col Croce, è spirituale, ma an- che .intellettuale ed espressa in segni sensibili e materiali. Ora non si tratita di voler mettere in atto una disciplina, nè tanto meno una scienza, impos- sibile e ridicola, quando si parli d'arte, «ma :si'tratta di richiamare ad una maggior attenzione i ledori, e soprattutto gli scritori, sopra l'uso della parola non scissa dal contesto logico e lirico, ma in esso e per esso»~

Interessante è anche, sempre allo stesso proposito, un articolo di Euclide Milano in ,Lingua Nostra, (Firenze, aprile 1939: Studiare la Lin- gua): ,Gli italiani studiano poco o troppo poco la propria 'lingua. S'inten- de gli ltalicmi in generale, la grande maggiorcmza:, perchè grazie a Dio, ci sono splendide eccezioni, rap::)resentate da scrittori nei quali ass:ieme al vigore dello stile e alla limpidezza dell'espressione amrniriarno una cono- scenza del nostro idioma sicura e profonda». Ma di fronte alle eccezioni sta una desolante mediocrità. «La colpa maggiore deve essere attribuita alla scuola dove la nostra lingua non viene insegnata con quella cura che meriterebbe~.

La colpa sembra proprio ricadere dunque su quella mancata di- vulgazione dell'Idioma gentile negli ambienti sco)astici., che la circolare del Ministro Orlando (3) aveva auspicata, o almeno sulla mancata divul- gazione dei consigli offerti dal libro, in giusti «modi e proporzioni».

Prosegue l'crrticolista lamentando l'uso di assegnare agli scolari lo svolgimento di un componimento su un soggetto stabilito, quando man.ca ancora l'apprendimento dei vocaboli e delle regole. «Prima di assegnare un lavoro di questo genere bisognerebbe aver fatto conoscere all'a1unno gli strumenti dei quali dovrà far uso ed il modo di usarli. Gli strumentì sono le parole, le frasi, i costrutti». Finchè dunque il giovane non avrà imparato tutto il complesso di norme 1suggerite dalla grammatica e dalla sintassi, «finchè non avrà appreso molti vocaboli e non saprà darsi ra- gione del vero significato di ciascuno, farà sempre confusione ed erro- ri».. «E' una bella battaglia anche questa; incoraggiati a comba.tterb, persuasi che l'amore di patria può, anzi deve manifestarsi anche in tal modo, i giovani vi si dedicheranno con l'entusiasmo che è proprio del- l'età». Nell'articolo non è fatto alcun cenno al De Amicis o all'Idioma gentile, eppure cmche questa nota: l'amor di patria, che si può manife- stare attraverso lo -studio de1la lingua, è di pura intonazione deami- cisiana.

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SU ,L'IDIOMA GENTILE, DI E. DE AMICIS 203

L'aspirazione alla lingua bella sempre nasce e rinasce. La que- stione è di trovare che cosa si possa definire per lingua bella.

Oggi - dice Antonio Bruers /Lo stile italiano in •Problemi della Le'tteratura itali.ana» (4)· - «la prosa i'nliana è in crisi, c'è un processo di elaborazione che la maggior pcrrte degli stessi -scrittori tanto meno avverte quanto più si aggiungono ad accrescerla ed a mascherarla i faGori delle mutate condizioni della civiltà mondiale, i quali hanno reso più profondi i contatti e le inlluenze tra le singole regioni d'Italia e tra l'Italia e gii altri popoli e hanno aggiunto una sterminata quantità di altri vocaboli».

Il purismo si era sforzato di esprimere qualsiasi nozione anche nuovissima, con parole del lessico tradizionale. Il neopurismo invece, prima di ogni a1tra cosa si chiede se una data nozione ha già nel lessico ìtaliano un'espressione che le corrisponda o meriti che le si dia.

E' la stessa domanda che si pone il De Amicis prima di usare il verbo «patinare». Egli si rivolse ad un linguista che glielo negò,· esigendo al suo posto «scl.rucciolare», termine nostrano; eppure il significato di sdrucciolare non s'adegua al concetto. Perciò, poichè «nessuna lingua è ricca abbastanza da poter designare in termini che già possegga tutti gli ogge-tti e i conceiti nuovi che porta con sè il prog-res,s.o universale di ogni forma del lavoro umano, deve quindi ogni lingua accettare e produrre continuamente nuovi termini» («Idioma gentile». Le parole nuove).

Scrive Bruno Migliarini, su questo stesso tema (Purismo e neopuri- smo -in «Lingua contemporanea» {5)): «La lingua deve e-ssere ricca o po- vera? Il gusto dei singoli scrittori è stato a questo punto vario. I movir menti classicisti miravano a una lingua scelta, quindi povera. I movi- menti romantici a una lingua ricca> .

.Il purismo dell'S00 è stato sopraffatto, perchè ha voluto chiudere la lingua entro limiti 1troppo ristretti: i1 neopurismo non deve ricadere in·

questo errore». Oggi, se si vuole difendere il patrimonio tradizionale, bi- sogna reagire contro l'invasione della lingua della pratica, della 1ìngua utilitaria, nella lingua della letteratura.

li neopurismo locta appunto contro le p=ole fatte male.

Anche per questa tesi ci si può richiamare al libro del De Amicis:

«Sono i barbarismi superflui e-le parole nostre storpiate o usate in senso improprio e i traslati e i èostrutti ripugnanti all'indole della lingua nazio- nale, quelli che la offendono ed imbasmrdiscono,.

Il Migliorini ci avverte: «Il neopuri:smo vorrebbe far giungere l'auto- rità delle sue norme. fondate sul ragionamento e non soltanto sul gusto, fin dove giunge tutta quanta la lingua, la lingua senz'aggel:tivo» ... «Pa- recchio si può ottenere con l'insegnamento: e la sede più opportuna è sempre stata ed è la scuola». (E alla scuola sarà utile perciò il libro di BRUNO MIGLIORINI e FREDI CHIAPPELLI, Elementi di s.'ilistica e di ver- siliccrzione itàliana{'), che rivede la vecchia stilistica secondo i criteri mo- derni e cui auguriamo la .fortuna che merita, di molte edizioni).

Ecco: ancora una volta Ei parla dunque di quella koinf# diérlektos che era stata l'argomento dell'Idioma genlile e alla quale l'autore di Cuore aveva rivolta tutta la sua attenzione e !lutto il suo amore. E ancora una volta si insiste nel racCDmandare l'istruzione e l'educazione e nel ri- conoscere l'importanza della scuola.

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204 FULVIA DR!OLI

Anche oggi le discussioni intorno al valore e alla funzione della lingua quale vincolo tradizionale e sodale, - dice sempre il Miglio- rini, - intorno al rapporto tra «lingua di tutti)) e «lingua personalell si riaccendono tra i linguisti .. Ri.appaiono vari problemi: l'insegnamenr:o del- la gTarnmatica e del lessico nelle varie scuole riprende sempre maggior estensione. E oltre la campagna contro i forestierismi, oltre il problema dei contributi dialettali alla ìingua nazionale, significa1jvo è i1 problema del- l'unificazione soprattutto della pronuncia.

Il punto che resta da superare è di far penetrare, dopo la scrittura, anche la pronuncia dell'Italia centrale nel mezzogiorno e nel settentrione.

«C'è un nuovo fattore: come nel corso di due o tre generazioni la divulgazione della s'.ampa ha introdotto in tutta l'Italia una relativa unità ortografica, così la radio nel corso di due o tre generazioni instau- rerà una relativa unità ortofonica». (7)

Si parla di pronuncia dell'Italia centrale e di relativa unità orto- fonica, perchè vari dubbi rimangono ancora sulla pronuncia fiorenUna (8).

Nel 1938 il Bertoni e lo scolaro Ugo lini coniarono l'espressione:

«asse linguistico Roma -Firenze». L'EIAR seguì le norme del loro pron- tuario, imponendole agli cmnunziatori, ma dovette accettare -la norma fiorentina dei propri attori: problema di masSiirmo in!e-resse per gli attori(").

Il De Amicis non si è posto il problema dell'origine della lingua nè quello dell'origine del linguaggio (stile), della poesia, dell'arte. Non bi- sogna confondere (scriveva il De Amicis nella prefazione alla second~

edizione del suo Idioma Gentile) «la lingua con lo stile, i me,zzi d'espri- mersi col modo di maneggiare e d'adoperare quei mezzi». L'Idioma Gen- tile, con i suoi problemi pratici, politici, morali e sociali, è un libro non soltanto degno di esser ricordato, ma tuttora utile ed «attuale» (10).

FULVIA DRIOLI

NOTE

(I) AUGUSTO MAZZUCCHE'ITI, •L'Idioma gentilf!'JO di E. De A: («Il Pic=lo•, II febbr. 1905). Ai 5 di febbraio il «Pi.cCQlo• aveva pubblk:oto, col perm~sso dell'editore, come primizia del libro, il capitolo intitolato ~A un giovinetto•. IJ libro lu messo in vendita CI.i. 7 del mese. Ai 12 di marzo compariva, nel •Piccolo de'lla, Sero:•, un orticolo di ISilvio Benco, ln.tltç>lato «Tradizione,..

alquan:o d'iverso da quel!o del Mazzucchetti, nello spirit.o che lo informava. Con tutto. i!

rispetto e l'ammirazione tradizionali per il De Amicis, il Benco faceva pexò alcune riserve sopra gli eccessi di una tradizione che C'Vrebbe potuto menomare nei giovani lo skmcio verso la novità e la modernità in let!eratura, del qu.::ile il &neo s'era fa.tto a,posbolo fra la generazione a lui coetaneo. Senza entrai-e in queslloni propriamente hngulstlche, il Benco apriva in ogni modo, lct serie degli articoli non favorevoli del tutlo o addirittura s.fovcrevoli olr•ldioma gentile,. Continuava, nel Benco del «Piccolo•, l'aUeggiamento ch'egli avevo as-

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SU •L'IDIOMA GENTILE, DI E. DE AMICIS 205

sunto Q,là ne ~L'Irrdipendente•, quondo vi st firmava «Fak:o• e interpretava l'anima dei più giovani italiani irredenti d'allora, che senUvano ~af,:1, dello propria vita angusta, quasi con- ventuale, i,solarta. do.I resto d·el mondo•. «A furia di vigilare olla custodia detla cultura avita, con la .paura che ogni solf!o di modernità potesse far crollare tutto il nostro ·sistema di trin- cero:menH, si era arrivati al ,punto ch<a", mentre fuori_ di Trieste, imperavano Zola, lbsen, Nietz- sche, Tolstoi, noi si rimaslicava ancora Manzoni, Prati, Aleardi. I ,più avanzati si spingevano magari fino al Omducci, mo per gusta-re, sqprattutto, in lui un rl,tomo al classici$mO dei Monti e del Foscolo•. (F. PASJNJ, Silvio Beinco, in «Auson.:O•, SiE.na, luglio 1949, A. JV, n. 35, pag. 18).

(2) F. PASINI, «Idioma e Parola•, T.orino, Edi:t. Palatine, 1948, pag. S.J, e noia 91, a pag, 136.

(3) Circolare 23 marzo 1905, dei Ministro della Pubblica Istruzione, con la quale si ra.ccçiman.

dava •agli insegnanti ed educatori dalla gio,ventù di consigliare agli allievi la lettura del- 1',Idioma gentile-. e di o:immentare a spiegare ad essi Il bel libro ... Col precetto e più e meglio coll'esempio, eg\i non po-leva renderè omaggio più sicuro e .più eflicoce alla !ior~li- nità della llngua: ma nella grande e giusta amlmirazione, l'animo è sempre-equo, libero !o spirito, ove giudichi di fat!i, di cose, di scrittori.... L'opera l'ha ispira.la e l'anima una ideali!à alla e gentile: la glorificazione della lingua della Patria, giacchè l'amore per lo Patria non può affermarsi In modo più vivo e più degno che con lo studio coscienzioso della sua bellissima, ricchissima e potenlis'sima li_ngua».

(4) Bologna, Zanlç:helli, 1938.

(5) Fi.renze, Sonsçmi, 1943.

'[6) Per le Scuo-le medie superiori, Firenze, Fel. Le MonnieT, 1948.

(7) •Conentt dotte e correnti -popç,J.ari ,nella lingua_!klliana•, in •Lingua e cultura• di B. MIGLIO.

RINI, Roma, Tummim,•111, 1948.

(8) Vedi B. MIGLIORINI, •Pronunzia fiorentina o pronunzia romana?• , Firenze, IS-o.nson!, 1945.

(9) Il •Pron:u.ari.o di pronuTICia. e ort,o,gra!iO'• di G. BERTONI e A. UGOLINI ha ora avuto lo: sua settimo: edizione {Istituto del Libro llalian.o), sulla quale v. ALDO VALORI, «I fieri accenti>, in ,Glornole dì Triesle:o, 13, IX, 1949.

(lrO) PANTALEONE LIBANl, in un arlicolo del •Lunetlh (Gorlz.ia, 12, IX, '49, cltaliano scrillo:

quattro•). Introduce un professore a ragionare sulle ragioni di quel fenomeno •attuale•, che il nostro Glusep:i:e Piccklìa già prevedeva nel 1905, quando, preoccupato delle polemiche s=•enates\ intorno a •L'Idioma gentile• del De Amicis, esprimeva il timore che i govinetti d'Italia, se finallora avevano studiato poco la propria lingua, d'allo:m in poi non la avreb- bero studiata aifatto•. (•RlviStu d'Italia•, agosto 1905).

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