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MADE IN ITALY, INTERROGAZIONE PD: OBBLIGO PER ALCUNI PRODOTTI DELL INDICAZIONE PAESI D ORIGINE

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MADE IN ITALY, INTERROGAZIONE PD: OBBLIGO PER ALCUNI PRODOTTI DELL’ INDICAZIONE PAESI D’ORIGINE

I n t e r r o g a z i o n e a r i sposta orale 3-01177

presentata in Senato da CARLO LUCHERINI del Pd

venerdì 8 agosto 2014, seduta n.303

LUCHERINI, PARENTE, Gianluca ROSSI, MOSCARDELLI, ORRU’, PAGLIARI, MATTESINI, ALBANO, Elena FERRARA, SCALIA, PEZZOPANE, VACCARI, DI GIORGI, SPILABOTTE, SOLLO, FAVERO – Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dello sviluppo economico – Premesso che:

da quanto emerso dalla stampa, in particolare da un articolo uscito su “Il Sole-24 ore”, principale quotidiano economico-

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finanziario nazionale, sembrerebbe che alcuni Paesi europei abbiano presentato alla Commissione europea una richiesta riguardante una valutazione di impatto tra costi e benefici che deriverebbero dall’imposizione, su tutti i prodotti europei, di un’etichetta che ne identifichi origine e provenienza. Tra i Paesi sostenitori della richiesta figurano alcuni Paesi dell’Europa settentrionale, in particolare tutti coloro che per ragioni di convenienza economica e commerciale non sono sostenitori dell’approvazione del regolamento relativo al “made in”;

nella seduta plenaria del 15 aprile 2014 il Parlamento europeo ha approvato con larga maggioranza (485 voti a favore, 130 contrari e 27 astensioni) il pacchetto legislativo per la tutela dei consumatori europei da prodotti falsi e nocivi. La nuova disciplina, che sostituirebbe l’attuale sistema volontario, impone di apporre il made in sia ai prodotti non alimentari realizzati in Europa che a quelli extraeuropei, ma prima che l’obbligo diventi effettivo è necessaria l’approvazione del Consiglio dell’Unione europea;

ad onor del vero la proposta di regolamento, COM (2005) 611, sul “made in” fu presentata già nel 2005, con l’obiettivo di imporre l’etichettatura di origine sui prodotti provenienti dai Paesi terzi. La proposta costituiva il risultato di analisi e studi avviati qualche anno prima a seguito di un crescente interesse dimostrato da alcuni Stati membri e da determinati settori in merito all’argomento. Invero, questi Stati membri e i settori interessati avevano manifestato una crescente preoccupazione in merito alla percentuale in continuo aumento di prodotti importati provvisti di marchi di origine ingannevoli e/o fraudolenti. Nella prima metà del 2004 la Commissione aveva avviato una consultazione su questo argomento cui avevano partecipato i principali attori interessati: industria, sindacati, consumatori e altre istituzioni. Tra il settembre 2004 e l’aprile 2005 sono state svolte nuove consultazioni sulla questione, e successivamente

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si è giunti alla presentazione da parte della Commissione della proposta di regolamento;

il 23 ottobre 2012 con riferimento al programma di lavoro della Commissione per il 2013, COM (2012) 629, la Commissione ha deciso di revocare la proposta di regolamento sul “made in”

con la seguente motivazione: “oltre alla mancanza di accordo in seno al Consiglio, i recenti sviluppi nell’interpretazione giuridica delle norme dell’OMC da parte dell’organo d’appello dell’organizzazione hanno reso obsoleta la proposta”;

la Camera dei deputati nella seduta del 10 luglio 2014 ha approvato varie mozioni sul “made in”, le quali nel dispositivo impegnano, tra l’altro, il Governo “a monitorare l’iter del regolamento relativo al made in, approvato di recente dal Parlamento europeo, affinché il Consiglio d e l l ’ U n i o n e e u r o p e a p r o c e d a v e l o c e m e n t e a l l a s u a approvazione”;

considerato che:

sull’elaborazione di una normativa dell’Unione in materia di marchio di origine emerge una percezione generalmente elevata dei consumatori europei circa l’importanza del marchio di origine per la loro informazione in relazione alla sicurezza e agli aspetti sociali e ambientali dei prodotti;

una disciplina europea del marchio di origine rafforzerebbe la competitività delle aziende europee e di tutta l’economia europea permettendo ai cittadini e ai consumatori di identificare e scegliere in modo consapevole. È evidente dunque il duplice vantaggio: per i consumatori, i quali sarebbero in grado di rapportare i prodotti alle norme sociali, ambientali e di sicurezza generalmente associate al Paese in questione, e per la lotta alla contraffazione e al falso;

il fenomeno della contraffazione ha raggiunto dimensioni straordinarie. Secondo elaborazioni dell’Organizzazione

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mondiale del commercio, il commercio di prodotti contraffatti e della pirateria corrisponde al 10 per cento degli scambi mondiali per un valore pari a 450 miliardi di dollari, mentre l a s t i m a p i ù p r u d e n t e d e l l a C o m m i s s i o n e e u r o p e a e dell’Organizzazione mondiale delle dogane attribuisce al fenomeno un peso pari al 7 per cento della merce scambiata a livello mondiale per un valore tra i 200 e i 300 miliardi di euro. L’industria del falso è giunta a questi risultati dopo un decennio di forte accelerazione con un fatturato che, secondo alcune stime, sarebbe aumentato del 1600 per cento e per queste ragioni non può essere considerata un fenomeno marginale;

l’Italia è sicuramente tra i principali Paesi europei, e del mondo, a subire gli effetti negativi, per la propria economia e occupazione, della contraffazione. Tanto a livello extraeuropeo quanto a livello nazionale. Invero, l’industria italiana del falso, secondo la Guardia di finanza, ha un volume d’affari quantificato tra 4 e 7 miliardi di euro all’anno. A livello mondiale il fenomeno dell’italian sounding ha un giro di affari stimabile intorno ai 50 miliardi di euro;

considerato altresì che:

l’obbligo di indicare l’origine dei prodotti è in vigore nella stragrande maggioranza dei principali partner commerciali della UE. Gli Stati Uniti, ma anche Giappone, Cina e Canada, hanno già introdotto questa misura nei rispettivi ordinamenti.

Ciò a dimostrazione del fatto che non sussiste alcuna incompatibilità tra la previsione normativa volta a prevedere l’obbligatorietà dell’indicazione di provenienza dei prodotti e le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio;

la maggior parte delle associazioni imprenditoriali italiane hanno espresso la necessità e l’urgenza di arrivare all’approvazione definitiva della normativa volta alla obbligatorietà, per determinati prodotti, dell’indicazione del Paese di origine,

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si chiede di sapere:

se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati dalla stampa ed esposti in premessa;

se non ritenga opportuno, proprio in ragione della presidenza italiana del Consiglio dei ministri dell’Unione, già a partire dalla prossima riunione del Consiglio europeo, prendere ogni iniziativa capace di favorire, tra i Governi degli Stati membri, l’accordo necessario per l’approvazione in via definitiva del regolamento già approvato dal Parlamento europeo.

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