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Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud ) , n. 4327

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IN TEMA DI IMPOSTA DI REGISTRO SUGLI ATTI DELL'AUTORITÀ GIUDIZIARIA, IL DECRETO INGIUNTIVO PROVVISORIAMENTE ESECUTIVO È ASSOGGETTATO AD IMPOSTA ANCHE SE, IN PENDENZA DEL GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE, L'ESECUTORIETÀ DELLO STESSO VIENE SOSPESA

Nella sentenza oggetto di disamina, la Società ricorrente ha dedotto “la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro), per avere la CTR ritenuto che la sospensione dell'ingiunzione non corrispondesse alla revoca della stessa”.

Nello specifico, la società sostiene la tesi per cui, anche in presenza di un decreto ingiuntivo munito della clausola di provvisoria esecutorietà, in pendenza del giudizio di opposizione,la provvisoria esecutorietà debba intendersi non solo sospesa, bensì revocata.

Tale istanza, tuttavia, secondo la Corte di legittimità è priva di fondamento.

La stessa Corte di Legittimità nella propria ordinanza in un primo momento ha richiamato il D.P.R. n. 131 del 1986, e, nello specifico, l’art. 37, comma 1, in base al quale:"Gli atti dell'autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, sono soggetti all'imposta, anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato; alla sentenza passata in giudicato sono equiparati l'atto di conciliazione giudiziale e l'atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l'amministrazione dello Stato".

Di qui, la Corte di Cassazione è giunta ad affermare il principio per cui affinché

“…sorga l'obbligo di pagare l'imposta in questione, non è necessario che sia adottato un provvedimento definitivo, essendo sufficiente l'esistenza di un atto tra quelli appena

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elencati, ferma restando l'operatività dei conguagli e, dei rimborsi a seguito dell'adozione di una decisione passata in giudicato”.

Il principio giurisprudenziale richiamato è quello in base al quale “…soltanto una sentenza passata in giudicato (cui deve essere assimilata la conciliazione giudiziale che abbia gli stessi effetti), può porre nel nulla l'imposizione” (Cass.

Civ., Sez. V, n. 11663 del 17/09/2001). Di tal ché, non si ritengono incidere sulla legittimità dell'avviso di liquidazione le vicende del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo che si verificano nel corso del giudizio di opposizione, in quanto l’unica fattispecie che assume rilievo è l’esclusivo intervento di una decisione definitiva che ponga nel nulla tale atto.

Sulla scorta di tali considerazioni, gli Ermellini hanno rigettato il ricorso della Società istante.

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3 Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud. 19-11-2020) 18-02-2021, n. 4327

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA sul ricorso n. 7401/2015 promosso da:

Ferramenta di G.M. & C. s.n.c. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Omissis, presso lo studio dell'avv. M. F., che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente - contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Omissis, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende opelegis;

- resistente con atto di costituzione -

avverso la sentenza n. 5121/28/2014 della CTR del Lazio, depositata il 06/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/11/2020 dal Consigliere R. E..

Svolgimento del processo

La società ricorrente ha proposto ricorso contro l'avviso di liquidazione dell'imposta di registro ad essa notificato, relativo ad un decreto ingiuntivo emesso con la formula di provvisoria esecuzione dal Tribunale di Velletri,

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ritenendo che l'imposta non fosse dovuta perché, nel giudizio di opposizione, la provvisoria esecutorietà del decreto era stata revocata (rectius sospesa).

La CTP di Roma ha rigettato il ricorso e la CTR ha confermato tale decisione, rilevando che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, impone il pagamento dell'imposta di registro anche se l'atto giudiziario è stato impugnato e, pertanto, a prescindere dalla proposizione dell'opposizione, ciò che rileva è che il decreto ingiuntivo fosse stato emesso con la formula di provvisoria esecuzione, non rilevando che quest'ultima fosse stata sospesa.

Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo.

L'Agenzia delle entrate si è costituita al solo fine dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione della causa.

Motivi della decisione

1. Con il primo e unico motivo di impugnazione è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro), per avere la CTR ritenuto che la sospensione dell'ingiunzione non corrispondesse alla revoca della stessa, mentre invece, quanto agli effetti, dovevano essere tra di loro equivalenti, tenuto conto che il decreto ingiuntivo non solo era stato impugnato, ma aveva anche perso la sua efficacia esecutiva sicchè, in applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, l'avviso di liquidazione avrebbe dovuto essere annullato.

2. Il motivo è infondato.

Dalle allegazioni di parte ricorrente si evince con chiarezza che, nella specie, è stato emesso un decreto ingiuntivo munito della clausola di provvisoria esecutorietà e che, in pendenza del giudizio di opposizione, la provvisoria esecutorietà è stata sospesa.

Non vi è alcuna deduzione in ordine ad un'eventuale definitiva revoca del decreto all'esito del giudizio di opposizione.

Non si pone dunque la questione degli effetti fiscali della revoca del decreto ingiuntivo operata all'esito del giudizio di opposizione con statuizione oramai definitiva. Com'è noto, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, comma 1, prevede che

"Gli atti dell'autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, sono soggetti all'imposta anche se al momento della

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5 registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato; alla sentenza passata in giudicato sono equiparati l'atto di conciliazione giudiziale e l'atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l'amministrazione dello Stato".

Perché sorga l'obbligo di pagare l'imposta in questione, non è necessario che sia adottato un provvedimento definitivo, essendo sufficiente l'esistenza di un atto tra quelli appena elencati, ferma restando l'operatività dei conguagli e, dei rimborsi a seguito dell'adozione di una decisione passata in giudicato.

Com'è noto, questa Corte ha più volte affermato, con riferimento alla sentenza che definisce il giudizio anche solo parzialmente, e pur non passata in giudicato, che essa è soggetta ad imposta, sicché l'Ufficio del registro provvede legittimamente alla liquidazione, emettendo il relativo avviso, impugnabile per Vi" formali o sostanziali, inerenti all'atto in sé, al procedimento che lo ha preceduto, oppure ai presupposti dell'imposizione, senza che l'eventuale riforma, totale o parziale, della decisione nei successivi gradi di giudizio incida sull'avviso di liquidazione. L'intervento del giudicato, poi, integra un autonomo titolo per l'esercizio dei diritti al conguaglio o al rimborso dell'imposta, da far valere in via autonoma e non nel procedimento relativo all'avviso di liquidazione (Cass., Sez. 6-5, n. 12023 del 16/05/2018; Cass., Sez. 6-5, n. 12736 del 05/06/2014; Cass., Sez. 5, n. 12757 del 29/05/2006).

In alcuni casi, la stessa Corte ha ridimensionato le conseguenze del principio appena riportato, ritenendo che, qualora il provvedimento giudiziario sia stato definitivamente riformato, l'Amministrazione finanziaria, che abbia correttamente emesso l'avviso di liquidazione dell'imposta principale e la relativa cartella di pagamento senza procedere alla riscossione, non ha interesse a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di annullamento della cartella, emessa dal giudice tributario d'appello, essendo venuto meno il presupposto dell'imposta, il cui pagamento comporterebbe la necessità dell'immediato rimborso (così Cass., Sez. 5, n. 15645 del 11/06/2019, ove la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso col quale l'Amministrazione aveva chiesto la condanna del contribuente al pagamento delle sanzioni e degli interessi, relativi all'imposta dovuta su un provvedimento giudiziario definitivamente riformato).

Per gli stessi motivi, proprio con riferimento all'imposta applicata su di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, la medesima Corte ha affermato che, qualora il provvedimento giudiziario sia stato definitivamente annullato e sia, quindi, venuta meno l'attribuzione patrimoniale che giustifica il tributo, l'Amministrazione finanziaria, che abbia correttamente emesso l'avviso di liquidazione dell'imposta principale e la relativa cartella di pagamento senza

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procedere alla riscossione, non ha interesse a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di annullamento della cartella, emessa dal giudice tributario d'appello (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 24097 del 12/11/2014).

Si tratta tuttavia di casi diversi da quello in esame, ove, al provvedimento inizialmente adottato, e soggetto ad imposta, sopravviene una decisione passata in giudicato, che annulla il provvedimento stesso, a cui devono assimilarsi le ipotesi in cui la decisione definitiva revoca o dichiara nullo il decreto opposto.

E' vero che, con riferimento al decreto ingiuntivo, il D.P.R. cit., art. 37, prevede espressamente come presupposto impositivo non solo l'adozione di tale provvedimento, ma anche che esso sia esecutivo. Tuttavia, la stessa disposizione prevede il rimborso solo nel caso in cui il decreto ingiuntivo sia definitivamente revocato e non anche quando la esecutorietà sia sospesa.

Soltanto una sentenza passata in giudicato (cui deve essere assimilata la conciliazione giudiziale che abbia gli stessi effetti), può porre nel nulla l'imposizione (cfr. Cass. Sez. 5, n. 11663 del 17/09/2001).

Ciò significa che le vicende del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, che si verificano nel corso del giudizio di opposizione, non incidono sulla legittimità dell'avviso di liquidazione, assumendo rilievo, nei termini sopra indicati, solo l'adozione di una decisione definitiva che ponga nel nulla tale atto.

3. In conclusione, il ricorso deve essere respinto in applicazione del seguente principio di diritto: in tema di imposta di registro sugli atti dell'autorità giudiziaria, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è assoggettato ad imposta anche se, in pendenza del giudizio di opposizione, l'esecutorietà dello stesso viene sospesa; ciò perché solo l'intervento di una decisione definitiva che, all'esito del giudizio di opposizione, revochi o annulli o dichiari la nullità del decreto ingiuntivo opposto esclude la debenza del tributo D.P.R. n. 131 del 1986 ex art. 37.

4. Nessuna statuizione sulle spese di lite deve essere adottata, tenuto conto che l'Agenzia delle entrate si è costituta al solo fine di partecipare all'udienza di discussione, che non vi è stata.

5. In applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione proposta, se dovuto.

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7 P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso;

dà atto, in applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione proposta, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, mediante collegamento "da remoto", il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021

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Avv. Francesco Logoluso

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