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il 78% entro il 6° mese e ben l'86% delle coppie concepiva entro il 12°mese

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Academic year: 2021

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1 INTRODUZIONE

La specie umana non è molto fertile. Si calcola che, per la donna, la possibilità di essere fecondata, se ha un rapporto nel periodo fertile, non superi il 25% e questa probabilità decresce con l'età dei partner. È classificata come "infertile" o 'subfertile' la coppia che non ottiene un concepimento dopo 12 mesi di rapporti liberi e non protetti. E' quindi evidente che una coppia debba concedersi un certo "periodo di prova" prima di definirsi infertile o subfertile. Secondo le linee guida dell'American Society for Reproductive Medicine è giustificato iniziare accertamenti per determinare la presenza di uno o più ostacoli al concepimento solo dopo almeno 12 mesi di rapporti liberi e non protetti.

Questo limite si abbassa a 6 mesi per le donne di età oltre 35 anni ed in presenza di fattori di rischio (pregressi interventi sugli organi pelvici, pregresse gravi infezioni utero ovariche, endometriosi etc.)

Tale definizione di infertilità condivisa anche dall’O.M.S e dall’A.F.S, trae origine da un noto lavoro di M.J. Whitelaw pubblicato nel 1960 che dimostrava, sulla base di uno studio condotto in una popolazione omogenea degli Stati Uniti, come circa il 56% delle coppie sane concepiva entro il l° mese di rapporti sessuali; il 78% entro il 6° mese e ben l'86% delle coppie concepiva entro il 12°mese.

In passato si riteneva che la mancanza di concepimento dipendesse soprattutto dalla donna. Gli studi condotti negli ultimi anni hanno invece dimostrato che almeno nel 50%

dei casi è l’uomo ad avere una ridotta capacità riproduttiva. Ne è una testimonianza l’incremento esponenziale della richiesta di analisi seminale dalla fine degli anni ’60 ad oggi.

Si può distinguere tra infertilità maschile primaria, quando l’uomo non ha mai fecondato alcuna donna, e infertilità maschile secondaria, quando l’uomo ha già fecondato una donna (partner attuale o precedente). In questo secondo caso, normalmente le chance di recuperare la fertilità sono maggiori rispetto all’infertilità primaria.

Secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 10-20% delle coppie nei paesi industrializzati soffre di problemi di fertilità. Per quanto riguarda in

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particolare l’infertilità maschile in Italia, un dato certo è che, nonostante negli ultimi anni gli uomini abbiano preso maggior coscienza del loro ruolo primario nelle difficoltà legate al concepimento, la quasi totalità (90%) non fa prevenzione e non consulta l’andrologo preventivamente, dato oltremodo allarmante tenendo conto che la maggior parte dei casi di infertilità maschile hanno origine da patologie uro-genitali, che in diversi casi si possono prevenire o curare. Sebbene l’infertilità maschile diventi oggetto di attenzione da parte degli uomini solo nel momento in cui cercano un figlio, i problemi che potranno portare ad alterazioni riproduttive possono sorgere fin da bambini. Si stima infatti che il 50% dei giovanissimi soffra di affezioni genitali. Durante la visita di leva, si scopre che il 10-20% dei ragazzi soffre di varicocele. Intorno ai 18 anni, 1 ragazzo su 2 è a rischio infertilità.

L'OMS stima che l'infertilità colpisca,nei paesi industrializzati, il 15-20% delle coppie in età riproduttiva. L’applicazione dell’epidemiologia a questa condizione ha delle limitazioni in quanto non si tratta di analizzare le caratteristiche e la diffusione di un agente etiologico ben preciso; l’infertilità è infatti espressione di agenti etiologici diversi, talvolta sintomatici ma molto spesso asintomatici da un punto di vista clinico.

Una ridotta o totale incapacità riproduttiva è, inoltre, espressione dell’interazione di differenti condizioni:maschile,femminile,di coppia e inspiegata.

Una stima dell’infertilità di una popolazione deve quindi necessariamente utilizzare dei metodi approssimativi.

In Italia gli unici parametri di riferimento, sono i dati ISTAT che considerano esclusivamente gli indici di natalità e di fecondità senza una analisi precisa dell'incidenza dell'infertilità e della sterilità. Secondo i dati ISTAT i nati nei primi sette mesi del 2013 sono stati il 4,26% in meno rispetto allo stesso periodo del 2012; in proiezione, ciò si traduce in 22.756 neonati in meno nell’intero anno; il dato più basso dal 1980. La Procreazione Medicalmente Assistita rappresenta una risorsa e un’opportunità per contrastare il fenomeno del basso tasso di natalità, ma le possibilità di successo sono strettamente correlate all’età in cui le donne si sottopongono ai trattamenti, età che in Italia nel 2011 si attestava in media a 36,5 anni per le tecniche di secondo e terzo livello, contro i 34,3 della media europea 2008 [1].

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