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Crisis y redefinición de las buenas maneras en las sociedades democráticas

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Academic year: 2022

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(1)

Università degli Studi di Macerata

(Mercoledì 12 marzo, ore 10.00-12.00)

Crisis y redefinición de las buenas

maneras en las sociedades democráticas

Javier Laspalas: jlaspalas@unav.es www.unav.es/cv/jlaspalas

Departamento de Educación

(2)

El aderezo no es menos extraño a la virtud que lo son la fuerza y el vigor al alma. El hombre de bien es un atleta al que le gusta combatir desnudo;

desprecia todos esos viles adornos que le estorban para la utilización de sus fuerzas y la mayoría de los cuales sólo han sido inventados para

ocultar alguna deformidad.

Jean-Jacques Rousseau, Discurso sobre las ciencias y las artes

A mano mano che l’uomo originario sparice, la società offre più agli occhi del saggio che lo spettacolo di una riunione di uomini artificiali e di passioni fittizie che sono opera di queste nuove relazioni e non hanno alcun vero fondamento nella natura

Rousseau, Origine della disuguaglianza. Milano, Feltrinelli, 2004, p. 105 Emilio non sarà davvero come tutti gli altri, e Dio lo preservi dall’esserlo mai! Ma ciò per cui si distingue dagli altri non riuscirà né molesto né ridicolo: la differenza risulterà evidente senza essere fatidiosa. Emilio sarà,se si vuole, un amabile straneo. […] Non sarà festeggiato per la sua amabilità, e tuttavia lo ammerano senza sappere per chè.

Jean-Jacques Rousseau, Emilio, Roma, Armando Editore, 1989, p. 513

(3)

En los países democráticos, los modales tienen de ordinario poca grandeza porque la vida privada es en ellos muy pequeña. Son con frecuencia vulgares porque el pensamiento sólo tiene pocas ocasiones de elevarse más allá de la preocupación por los intereses domésticos.

La verdadera dignidad en los modales consiste en que cada uno se

muestre siempre en su lugar, ni más alto ni más bajo. Esto está tanto al alcance del campesino como del príncipe. En las democracias, todos los lugares resultan dudosos, de ahí viene que los modales sean en ellas a menudo orgullosos y raramente dignos. Es más, nunca están bien

regulados ni son cultos.

Los hombres que viven en las democracias son demasiado móviles para que un cierto número de entre ellos consiga establecer un código de usos sociales y pueda ayudar a que sea obedecido. Cada uno obra poco más o menos a su guisa y reina siempre una cierta incoherencia en los

modales porque se conforman más a los sentimientos y a las ideas individuales de cada uno que a un modelo ideal dado con anticipación para que sea

imitado por todos.

Alexis de Tocqueville, La democracia en América, Madrid, Aguilar, 1988, vol. II (2ª parte, cap. XIV), p. 261

(4)

Los hombres que viven en los siglos democráticos no comprenden fácilmente la utilidad de las formas y sienten un desdén instintivo por ellas. […] Como de ordinario no aspiran más que a goces

fáciles y presentes, se lanzan impetuosamente hacia el objeto de cada uno de sus deseos. Las menores demoras les desesperan.

Este temperamento, que trasladan a la vida política, les dispone contra las formas, que les retrasan cada día en algunos de sus proyectos.

Ese inconveniente que los hombres de las democracias encuentran en las formas es, sin embargo, lo que hace a estas últimas tan

útiles a la libertad, al ser su principal mérito el de servir de barrera entre el fuerte y el débil, el gobernante y el gobernado, de retardar al uno y dar al otro tiempo para conocerse. […] Así, los pueblos democráticos tienen naturalmente más necesidad de formas que los otros pueblos, y por naturaleza las respetan menos.

Alexis de Tocqueville, La democracia en América,

Madrid, Aguilar, 1988, vol. II (3ª parte, cap. VII), p. 383

(5)

Ed è verissimo, e sembra che in una società egualitaria la cortesia

scomparirebbe, non come si crede per manco di educazione, ma perché presso gli uni scomparirebbe la deferenza dovuta al prestigio, che

dev'essere immaginario per essere efficace, e soprattutto sparirebbe negli altri quella amabilità che si prodiga e si affina quando si sa che essa ha per colui che la riceve un pregio grandissimo, la quale, in un mondo fondato sull'eguaglianza, cadrebbe subito a zero, come tutte le cose che hanno un valore puramente convenzionale. Ma questa sparizione della cortesia in una società nuova non è cosa certa, e noi siamo talvolta troppo disposti a credere che le condizioni attuali d'uno stato di cose siano le sole in cui esso puo sussistere [...]. Dopo tutto, la cortesia in una societa egualitaria non

sarebbe un miracolo più grande che il successo delle ferrovie o

l'utilizzazione militare dell'aeroplano. E poi se anche sparisse la cortesia, niente prova che sarebbe una sventura. Una società non potrebbe esser forse tanto più segretamente gerarchizzata man mano che divenisse di fatto piu democratica? E una cosa possibilissima. Il potere politico dei Papi è molto aumentato da quando essi non hanno più uno Stato né un esercito.

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto: I Guermantes.

Verona, Arnaldo Mondadori, 1973, p. 465-466

(6)

Eccovi adunque, signor Cavaliere, che la conversazione è non solamente giovevole ma necessaria alla perfezzione dell'uomo, il quale bisogna confessare che sia simile ad un'ape che non puo viver sola. E però seguendo la giudiciosa sentenza degli Stoici, si ha a presupporre che sì come tutte le cose sopra la terra sono create all'uso dell'uomo, così l'uomo è creato all'uso dell'uomo, accioché seguitando la natura maestra, s'abbiano scambievol- mente a soccorrere e a conferire insieme le communi utilità col

dare e col ricevere e congiungersi e obligarsi fra loro con l'arti, con l'opere e con le facultà. Onde si può ben chiamare infelice colui al quale è levata la commodità di potere, conversando, procurar

beneficio a se stesso e agli altri. La qual pena è imposta dalle leggi ad alcuni malfattori, con intenzione che ricevano una spezie di

tormento: perché non vi è maggior afflizzione che 'l vivere fra gli uomini e 'l restar privo dell'aiuto e commercio degli uomini.

Stefano Guazzo, La civil conversazione.

Modena, Panini, 1993, p. 27

(7)

Come non po essere circulo senza centro, non po esser bellezza senza bontà; onde rare volte mala anima abita bel corpo e perciò la bellezza estrinseca è vero segno della bontà intrinseca e nei corpi è impressa quella grazia piú e meno

quasi per un carattere dell’anima, per lo quale essa

estrinsecamente è conosciuta, come negli alberi, ne’ quali la bellezza de’ fiori fa testimonio della bontà dei frutti; e questo medesimo interviene nei corpi, come si vede che i fisionomi al volto conoscono spesso i costumi e talora i pensieri degli

omini; e, che è piú, nelle bestie si comprende ancor allo aspetto la qualità dell’animo, il quale nel corpo esprime se stesso piú che po.

Baldassare Castiglione, Il libro del Cortegiano

Torino, Einaudi, 1998, p. 371

(8)

E come i piacevoli modi e gentili hanno forza di eccitare la benivolenza di coloro co’ quali noi viviamo, così per lo contrario i zotichi e rozzi incitano altrui ad odio et a disprezzo di noi. Per la qual cosa, quantunque niuna pena abbiano ordinata le leggi alla spiacevolezza et alla rozzezza de’

costumi (sì come a quel peccato che loro è paruto leggieri, e certo egli non è grave), noi veggiamo non di meno che la natura istessa ce ne castiga con aspra disciplina, privandoci per questa cagione del consortio e della

benivolenza degli uomini. […]

Il che acciò che tu più agevolmente apprenda di fare, dèi sapere che a te convien temperare et ordinare i tuoi modi non secondo il tuo arbitrio, ma secondo il piacer di coloro co’ quali tu usi, et a quello indirizzargli; e iò si vuol fare mezzanamente, perciò che chi si dilecta di troppo secondare il piacere altrui nella conversatione e nella usanza, pare più tosto buffone o giucolare, o peraventura lusinghiero, che costumato gentiluomo. Sì come, per lo contrario, chi di piacere o di dispiacere altrui non si dà alcun

pensiero è zotico e scostumato e disavenente.

Giovanni dell Casa, Galateo, Torino, Einaudi, 1994, p. 2-3

(9)

Il proferire il tuo consiglio non richiesto niuna altra cosa è che un dire di esser più savio di colui cui tu consigli, anzi un rimproverargli il suo poco sapere e la sua ignoranza. Per la qual cosa non si dèe ciò fare con ogni conoscente, ma solo con gli amici più stretti e verso le persone il governo e regimento delle quali a noi

appartiene, o veramente quando gran pericolo soprastesse ad alcuno, etiandio a noi straniero; ma nella comune usanza si dèe l’uomo astenere di tanto dar consiglio e di tanto metter compenso alle bisogne altrui: nel quale errore cadono molti, e più spesso i meno intendenti. Perciò che agli uomini di grossa pasta poche

cose si volgon per la mente, sì che non penano guari a deliberarsi, come quelli che pochi partiti da essaminare hanno alle mani; ma, come ciò sia, chi va proferendo e seminando il suo consiglio

mostra di portar openione che il senno a lui avanzi et ad altri manchi.

Giovanni dell Casa, Galateo, Torino, Einaudi, 1994, p. 32-33

(10)

Laonde voglio conchiudere che sì come non è lecito il simular adulando, perché nuoce al prossimo, così é permesso, né si puo chiamar vizio, il simulare senza alcuno interesse e senza

intenzione d'offender altrui. Confesso bene che colui che finge d'amare alcuno con intenzione d'ingannarlo o fargli danno e

oltremodo vizioso, e che 'l filosofo lo chiama peggiore di quello che fabrica false monete, a tale che non puo esser amicizia dove è

simulazione. Ma se in atto di creanza, io faccio di berretta ad un mio conoscente senza amarlo, non debbo perciò esser chiamato vizioso, perché io mi son mosso ad onorado più per segno di

cortesia e di civilita che d'amore. Oltre a ciò voi sapete che 'l

mondo e ripieno d'uomini viziosi, i quali ragionevolmente odiamo per li loro difetti, ma non ci mette bene lo scoprir questa nostra malivolenza.

Stefano Guazzo, La civil conversazione.

Modena, Panini, 1993, p. 60

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