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CAPITOLO IV Aspetti geotecnici e costruttivi

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Academic year: 2021

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CAPITOLO IV

Aspetti geotecnici e costruttivi

4.1 Inquadramento geomorfologico

Da un punto di vista geomorfologico il territorio del Comune della Spezia può essere suddiviso in unità fisiografiche che corrispondono, da ovest verso est, ai promontori occidentali ed orientali del golfo di La spezia, alla dorsale di Polverara, alla pianura del Vara-Magra e alla dorsale di M. Grosso-M.Tanna.

Geomorfologia delle aree emerse

 Il promontorio occidentale del golfo di La Spezia è caratterizzato da un importante elemento strutturale rappresentato dalla piega di La spezia con piano assiale sub orizzontale e vergenza verso S-O. Questa struttura da origine ad una dorsale asimmetrica orientata NO-SE con lo spartiacque principale spostato ad occidente, in corrispondenza dei potenti strati basali delle arenarie del Macigno

Nel versante occidentale del promontorio sono esposte prevalentemente le arenarie del Macigno e le "argille e calcari di Canetolo". Le litologie di queste formazioni e il loro assetto stratigrafico prevalentemente a franapoggio ad alto angolo danno luogo a rilievi che condizionano fortemente i processi morfogenetici. In generale, questi sono tipicamente dovuti all'azione della gravita e delle acque di ruscellamento concentrato. Nella fascia costiera, influenzata dall'azione delle onde, la morfogenesi e espressa quasi esclusivamente da movimenti di massa indotti dall'azione delle mareggiate.

I processi morfogenetici si manifestano anche in relazione alla combinazione dei vari assetti geostrutturali. Laddove siano presenti giaciture prevalentemente a reggipoggio i processi dominanti risultano essere quelli relativi ad una degradazione dei versanti di tipo "movimenti di crollo" o "ribaltamento" con la formazione anche di estese coltri detritiche ai piedi dei versanti stessi. In condizioni di giaciture a

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franapoggio si possono manifestare morfologie condizionate da una degradazione dei versanti di tipo più superficiale (coltri colluviali).

Nel versante orientale del promontorio occidentale (Portovenere-Pignone) affiorano quasi esclusivamente i termini carbonatici della Falda Toscana. L'assetto stratigrafico-strutturale di questo versante, dove affiora il nucleo della piega di La Spezia, è caratterizzato da stratificazione verticale e/o a franapoggio approssimativamente inclinato come il pendio e da una diffusa fratturazione a direzione appenninica associata alla faglia di La Spezia.

L'assetto stratigrafico-strutturale dei litotipi carbonatici, unitamente alle variazioni climatiche che hanno generato le oscillazioni glacioeustatiche quaternarie, hanno favorito la formazione di un complesso sistema carsico che presenta caratterizzazioni riferibili a tipologie di carsismo distinte. Una prima tipologia è quella di numerose forme a sviluppo prevalentemente verticale lungo piani di strato e/o lineamenti tettonici che, se da un lato ne favoriscono la formazione, dall'altro ne limitano parzialmente la profondita. Nello Spezzino, alcune di queste sono conosciute con il termine di "sprugole" (cavità da cui sgorgano le acque), note sin dall'antichità e usate sia per l'approvvigionamento idrico che come forza motrice per i mulini.

A nord di La Spezia e in particolare tra S. Benedetto e Caresana, nei litotipi carbonatici basali della Falda Toscana, qui interessati dalla faglia di La Spezia, si sviluppano numerose depressioni carsiche assorbenti, quali doline e simili, che presentano un evidente controllo strutturale. Un altra tipologia è data da forme carsiche derivanti dall'azione erosiva delle onde, che ha prodotto grotte da solco di battente (ad esempio, Grotta Arpaia presso Portovenere, Grotta Azzurra e Grotta dei Colombi nell' isola Palmaria). In prevalenza queste forme si riscontrano nelle coste esposte ad occidente a quote comprese fra gli 80 m s.l.m. e i -20 m s.l.m ..

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 II promontorio orientale del golfo di La Spezia è caratterizzato largamente da litotipi carbonatici, soprattutto nella sua parte meridionale, e da una blanda antiforme asimmetrica. Questo assetto strutturale da luogo a forme carsiche che si manifestano in condizioni di morfologia poco acclive. Anche qui, come a nord di La Spezia, sono presenti numerose doline, sovente allineate lungo direttrici strutturali. Sono praticamente assenti in superficie sorgenti carsiche.

 La dorsale di Polverara è il prolungamento a NO del promontorio orientale del golfo di La Spezia ed è costituita quasi esclusivamente da litotipi arenacei, in particolare dalle "arenarie di M. Gottero". Ne risulta una morfologia generalmente uniforme formata da dorsali debolmente arrotondate e valli non eccessivamente incise. In presenza di giaciture in prevalenza con immersioni verso i quadranti orientali, anche se con inclinazioni variabili, la morfologia di quest' area è caratterizzata da situazioni di debole asimmetria dei versanti con versanti pili acclivi esposti a ovest (versanti a reggipoggio).

 Anche per la dorsale di M.Grosso il condizionamento stratigrafico-strutturale è ben evidente. Si possono distinguere due domini geomorfologici distinti:

I) il primo è caratterizzato dalla dorsale C. del Cerro-M.Grosso, dove affiorano esclusivamente le arenarie del Macigno in una anticlinale leggermente asimmetrica verso NE. Questa area si presenta con uno spartiacque estremamente pronunciato e versanti a franapoggio, ma molto acclivi ed incisi da corsi d'acqua in erosione;

II) il secondo dominio e caratterizzato dalle due fasce di raccordo fra la dorsale e le pianure alluvionali del bacino del Magra e di quello di Aulla. Queste due zone formano ampie superfici a debole acclività dominate da depositi prevalentemente argilloso-calcarei ed arenaceo-siltosi delle unità Liguri e Subliguri, che determinano anche situazioni di instabilità dei

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versanti per movimenti plastici (es. soliflussi, ecc.).

Nelle aree di pianura il reticolo idrografico ha come elemento principale la confluenza del fiume Vara nel fiume Magra. A monte della confluenza, il corso del Magra ha direzione antiappenninica, mentre il Vara e il basso corso del Magra hanno direzione appenninica. Sia la valle del Magra che quella del Vara presentano un ordine gerarchico molto simile. Un carattere morfologico che si può rilevare è anche la dissimmetria dei versanti in alcuni tratti con forme relativamente più ripide in destra e versanti pili dolci, a volte terrazzati, in sinistra.

La bassa pianura del Magra è costituita da depositi in alveo e da depositi terrazzati. I primi sono particolarmente abbondanti e evidenziano il carattere anastomizzato del fiume. Il regime è prevalentemente torrentizio con forti eventi Episodici di piena nei quali si concentra la maggior parte del trasporto solido, lasciato in alveo nel momento in cui l’evento si esaurisce.

La pianura attraversata dal basso corso del fiume Magra è periodicamente soggetta ad esondazioni particolarmente estese quando a precipitazione intense nel bacino imbrifero si accompagnano condizioni sfavorevoli di deflusso delle acque nel mare (maree, correnti,venti).

È probabile che ripetuti eventi alluvionali con conseguente interrimento del porto abbiano contribuito a determinare il declino di Luni, scalo marittimo alla foce del Magra, molto importante in epoca romana per il commercio dei marmi apuani.

4.2 Il sito di Piazza Europa in dettaglio Vincoli normativi

Vincolo idrogeologico: L’area in esame non rientra nella perimetrazione

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Aree carsiche: L.R. 3 aprile 1990, n. 14 Norme per la tutela del

patrimonio speleologico e delle aree carsiche.

L’intera area in esame e i suoi dintorni non presentano formazioni geologiche suscettibili all’instaurarsi di fenomeni carsici. (TAVOLA 2)

Autorità di bacino regionale: Piano per la tutela dal rischio idrogeologico

nei bacini afferenti al territorio del Golfo della Spezia (Ambito 20). • Aree a diversa suscettività al dissesto

Il tracciato di progetto ricade in un area classificata P1 “Suscettività al dissesto bassa”.

1. suscettività al dissesto molto elevata - frana attiva (P4): aree in cui sono presenti movimenti di massa in atto;

2. suscettività al dissesto elevata (P3): aree, in cui sono presenti indicatori geomorfologici diretti , quali l’esistenza di frane quiescenti o di segni precursori o premonitori di movimenti gravitativi, ovvero indicatori indiretti valutabili dalla combinazione di elementi geomorfologici e di uso del suolo anche se prive al momento di movimenti gravitativi;

3. suscettività al dissesto media (P2): aree, in cui sono presenti elementi geomorfologici e di uso del suolo, dalla cui valutazione combinata risulta una propensione al dissesto di grado inferiore a quella indicata al punto 2; 4. suscettività al dissesto bassa (P1): aree, in cui sono presenti elementi geomorfologici e di uso del suolo caratterizzati da una bassa incidenza sulla instabilità, dalla cui valutazione risulta una propensione al dissesto di grado inferiore a quella indicata al punto 3;

5. suscettività al dissesto molto bassa (P0): aree, in cui i processi geomorfologici e le caratteristiche fisiche dei terreni non costituiscono, se non occasionalmente, fattori predisponenti al verificarsi di movimenti di massa.

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• Aree inondabili

Il tracciato di progetto non ricade nelle fasce inondabili del Piano di Bacino

Zonizzazione geologica e suscettività d’uso del territorio

Gli interventi di progetto sono ubicati in una porzione di territorio classificata C1 con suscettibilità d’uso condizionata e pericolosità media “Aree con condizionamenti di ordine geologico in senso lato eliminabili

con interventi di medio bassa difficoltà ed onerosità”.

A → Aree con limitati condizionamenti di ordine geologico in senso lato

per interventi mediamente o notevolmente incidenti sull’attuale assetto.

C0→Aree con condizionamenti di ordine geologico in senso lato

eliminabili con interventi di bassa difficoltà ed onerosità;

C1→Aree con condizionamenti di ordine geologico in senso lato

eliminabili con interventi di medio bassa difficoltà ed onerosità;

C2→Aree con condizionamenti di ordine geologico in senso lato

eliminabili con interventi di medio alta difficoltà ed onerosità, previo accertamento preliminare della effettiva compatibilità generale.

C3→Aree con condizionamenti di ordine geologico in senso lato

eliminabili con interventi di alta difficoltà ed onerosità, previo accertamento preliminare della effettiva compatibilità generale. (TAVOLA 3)

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Stratigrafia in dettaglio

Per la valutazione specifica della stratigrafia e delle caratteristiche geotecniche dei terreni presenti nell’area di studio sono stati utilizzati ed elaborati i risultati di una serie di indagini geognostiche eseguite nella zona nel corso degli anni e in particolare:

 Sondaggi realizzati nel 1989 su incarico della Edilservizi S.r.l di La spezia proprio per accertare la compatibilità dalla zona di Piazza Europa e della zona verde del Piazzale del Marinaio per la realizzazione di un parcheggio interrato.

 Sondaggi realizzati nel 1999 su incarico di Europarking S.r.l per la realizzazione di un parcheggio multipiano nella parte retrostante la cattedrale Cristo Re che si affaccia su Piazza Europa.

 Sondaggi realizzati nel 2008 attorno al palazzo della prefettura che si affaccia su Piazza Bayreuth.

Come si può vedere nell’allegato B nei tre sondaggi sono state eseguite diverse prove tra cui:

 Prove penetrometriche statiche SPT

 Sondaggi a carotaggio continuo

 Curve granulometriche e limiti di consistenza su campioni prelevati in sito.

La comparazione e l’analisi dei dati a disposizione hanno permesso l’individuazione di tre litotipi fondamentali presenti al di sotto di Piazza Europa: 1. Riporto (variabile da 0,80 a 1,80 m.): costituisce la porzione superficiale a diretto contatto con il piano di calpestio della piazza ed è rappresentato da materiale antropico, probabilmente livellato e rullato.

2. Alluvionale marino (variabile da 0 a 7,10 m.): costituisce il deposito operato in ambiente marino e comprende limi , argille e sabbie in genere oltre al residuo organico e macrofauna; terreno estremamente

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compressibile con caratteristiche meccaniche molto basse. Lo strato tende ad annullarsi verso la Cattedrale

3. Roccia di base: costituisce il substrato solido che fa da letto all’alluvionale marino. E costituito principalmente da scisti e arenaria del Gottero estremamente fratturata, affiorante verso la Cattedrale mentre degrada a mare con inclinazione sud-est.

Il sito della Piazza inoltre si trova a circa 200 metri dal litorale ad una quota di 2,2 m. s.l.m. e quindi già a 0,701,00 m. dal piano campagna è presente la falda. Attraverso i carotaggi continui eseguiti proprio sulla piazza nel 1989 è stato possibile ricavare alcune sezioni geologiche su cui è stato sovrapposto il parcheggio per capire quali strati saranno interessati dal’eventuale scavo e definire quindi le tecniche migliori da utilizzare.

A A B B C C D D Piazza Europa Punto di sondaggio A1 A2 A3 A4 A10 A8 A7 A6 A9 A

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Caratterizzazione geotecnica degli strati

1. Terreno di riporto: per la determinazione dei parametri geotecnici sono stati incrociati i risultati ottenuti dalla campagna di indagini del 1999 da cui è emerso:

peso di volume

γ

= 19 KN/m3

peso di volume immerso

γ

́= 9 KN/m3 angolo di attrito interno

= 26°

2. Alluvionale marino: in questo caso la caratterizzazione dello strato è stata ottenuta attraverso l’elaborazione delle prove Spt realizzate nel 1989 proprio sul perimetro della Piazza.

Non esiste tuttavia una relazione immediata tra Nspt e , ma bisogna passare attraverso la determinazione della densità relativa; solo questa è infatti legata secondo Schmertmann direttamente all’angolo di attrito.

Il valore della densità relativa Dr è stato calcolato applicando la relazione sperimentale di Cubrinowski e Ishihara che lega Cd (Nspt/Dr2) al valore emax – emin attraverso la:

1.7 min max 2 78 / 1 9 e e D N Cd r    Dove:

• N1/78 è il valore di Nspt riferito a un valore dell’efficienza del sistema di battitura pari al 78% che è caratteristico delle apparecchiature di prova anglosassoni e viene calcolato nel seguente modo: 65 ' 78 . 0 78 / 1    v a spt P N N

Nspt è il numero di colpi N2+N3 italiano con efficienza del 65%

• emax – emin viene ricavato in funzione del diametro mediano della curva granulometrica (D50 ) tramite la relazione:

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50 min max 06 . 0 23 . 0 D e e   

Valutata la Dr si può passare al valore di 

Schmertmann divide un mezzo non coesivo in quattro classi granulometriche e per ognuna di esse definisce una correlazione tra e Dr.

(fig. 4.2) - Correlazione = f(Dr,Gr) secondo Schmertmann

Campione Prof. (m)

σ'vo

(KPa) N1 N2 N3 Nspt

D50

(mm) emax-emin Cd N1/78 Dr Tipo 

A8

Camp. 2 6,20 64 20 14 15 29 0,3 0,43 37,79 30 0,891 3 34,5

A10

Camp. 1 3,00 46 2 3 4 7 0,1 0,83 12,35 9 0,854 4 38,1

Poiché nella prova Spt la resistenza che viene mobilitata è quella di picco, ovvero la massima, è cautelativo prendere come parametro caratteristico il valore minimo tra quelli ottenuti.

In definitiva si è deciso di considerare: peso di volume

γ

= 18 KN/m3

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angolo di attrito interno

= 35°

3. Strato di base: la caratterizzazione di questo strato è stata ottenuta grazie alla classificazione geomeccanica degli ammassi rocciosi si Bieniawski (Rock

Mass Rating, 1973); valutando l’arenaria del Gottero molto fratturata di

classe IV si ottiene:

peso di volume

γ

= 24 KN/m3

peso di volume immerso

γ

́= 14 KN/m3 angolo di attrito interno

= 22°

coesione drenata Ć = 50 KPa

4.3 Lo scavo

Tutte le operazioni di scavo e di realizzazione di opere nel sottosuolo determinano inevitabilmente un’alterazione più o meno consistente dello stato di tensione e di deformazione dello scheletro solido del terreno, nonché una modifica del reticolo di filtrazione delle eventuali acque di falda. Date le dimensioni rilevanti dello scavo necessario alla realizzazione del parcheggio, il volume di terreno coinvolto che risente delle variazioni tensio-deformative va sicuramente oltre l’area di scavo e siccome la zona risulta intensamente urbanizzata occorre adottare tutta una serie di accorgimenti utili ad evitare l’insorgere di possibili cedimenti negli edifici circostanti.

Tra le possibili tecniche disponibili è stato scelto il cosiddetto metodo top-down che si articola nelle seguenti fasi:

 sbancamento superficiale dell’area interessata direttamente dal

parcheggio;

 inserimento nel terreno dei diaframmi perimetrali e delle strutture portanti intermedie;

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 installazione di pozzi di pompaggio dell’acqua di falda sino alla

profondità di fondo scavo;

 realizzazione del solaio di copertura del parcheggio, con funzione di contrasto della spinta orizzontale del diaframma;

 esecuzione dello scavo al di sotto del solaio di copertura sino alla quota del solaio sottostante; l’operazione si ripete sino ad arrivare alla fondazione.

(fig. 4.3) - Schema della sequenza delle fasi di scavo

4.4 I diaframmi

L’aspetto strutturalmente più significativo dell’intera opera è sicuramente la progettazione dei diaframmi di contenimento del terreno. Questi dovranno assolvere la duplice funzione di contenimento del terreno, al fine di poter permettere lo scavo fino alla profondità desiderata, e di impermeabilizzazione nei confronti della falda freatica presente.

I diaframmi rappresentano una buona tipologia strutturale, infatti:

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 consentono un risparmio di costi, poiché oltre a costituire un’opera di sostegno per lo scavo di fondazione possono servire da elementi portanti dell’opera da realizzare.

Sono costituiti da elementi in calcestruzzo armato che vengono gettati in opera in una fessura aperta nel terreno. Per evitare il cedimento delle pareti dello scavo, la fessura viene riempita di bentonite, una roccia sedimentaria argillosa mescolata ad acqua.

Possono avere uno spessore di 0,80 m, possono spingersi fino ad una profondità di 30 m. I singoli pannelli di calcestruzzo che li compongono hanno una lunghezza variabile fra 3 e 10 m.

La loro esecuzione dipende dalla conoscenza dettagliata delle condizioni geologiche presenti e di conseguenza risulta necessario predisporre una preventiva “campagna geotecnica” in conformità con le raccomandazioni normative (Raccomandazioni sulla programmazione ed esecuzione delle

indagini geotecniche, Associazione Geotecnica italiana; D.M. 12/1/1981) .

Esecuzione

La costruzione dei diaframmi avviene nel modo seguente: al fine di aprire nel terreno una fessura perfettamente verticale si esegue uno scavo nel quale vengono gettate delle pareti-guida di calcestruzzo. Dopo aver eseguito l’armatura e gettato il calcestruzzo, si riempie di terra lo scavo a tergo delle pareti e si applicano dei puntelli di legno.

A questo punto lo scavo viene riempito quasi completamente di bentonite.

La bentonite viene prodotta in cantiere in un apposito impianto di miscelazione, versata in serbatoi e quindi trasportata sul luogo di impiego per mezzo di tubazioni.

La fessura viene aperta nel terreno con un escavatore speciale munito di apposita benna mordente per diaframmi. La terra asportata viene progressivamente

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sostituita dalla bentonite che affluisce dai serbatoi. Essa facilita lo scorrimento della benna e penetrando nel terreno circostante lo consolida e impermeabilizza. I terreni particolarmente duri vengono dapprima dissodati con scalpelli speciali del peso di ca. 8 t e poi scavati con la succitata benna.

Una volta raggiunte la lunghezza e la profondità desiderate, per il primo pannello viene infisso un tubo spalla d’acciaio oppure un elemento prefabbricato ad entrambe le estremità del pannello da realizzare; successivamente sarà sufficiente collocare un solo tubo spalla o un solo elemento prefabbricato all’estremità opposta al pannello appena ultimato.

Con una gru si procede ad inserire nella fessura, le cui pareti sono sostenute dalla bentonite, un’armatura prefabbricata.

Quindi si dà inizio al getto del calcestruzzo. Un apposito dispositivo costituito da tubi avvitati e da una tramoggia viene inserito nella fessura in modo che l’estremità dell’ultimo tratto di tubo si trovi a 1 m ca. dal fondo della fessura. Il calcestruzzo viene quindi versato nella tramoggia. Per evitare che della bentonite si mischi col calcestruzzo, l’estremità del tubo deve sempre essere immersa nel calcestruzzo fresco per almeno 0,5 m. Non è necessario comprimere il calcestruzzo poiché il peso stesso della bentonite provoca già una compressione sufficiente. Il getto di calcestruzzo spinge la bentonite verso l’alto finché questa o si riversa nella fessura successiva o viene rimandata ai serbatoi. Terminato il getto, i tubi spalla d’acciaio vengono estratti con l’ausilio di un dispositivo idraulico. Se invece sono stati utilizzati degli elementi prefabbricati questi vengono lasciati nel terreno e formano un corpo unico con il diaframma. Trascorso il tempo di presa del calcestruzzo si procede nello stesso modo alla realizzazione del pannello successivo.

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(fig. 4.4) - Fasi di esecuzione dei diaframmi

I diaframmi offrono i seguenti vantaggi:

– il livello del rumore e delle vibrazioni durante i lavori di costruzione è estremamente basso;

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– essendo praticamente impermeabili non richiedono l’abbattimento della falda freatica.

La realizzazione di un diaframma comporta tuttavia anche dei rischi non irrilevanti per l’appaltatore tra cui:

– Il blocco o distacco della benna durante lo scavo può rendere necessari complessi e costosi interventi di pescaggio.

– Il ripetuto scavo in seguito a locali cedimenti delle pareti fa aumentare il volume del getto di calcestruzzo e provoca irregolarità nella superficie delle pareti (riparazioni).

– Il blocco della gabbia di armatura durante l’installazione determina maggiori costi e tempi di realizzazione più lunghi.

– L’estrazione dei tubi spalla può risultare impossibile e costringere all’abbandono degli stessi.

– Errori o imprecisioni nell’esecuzione dello scavo o del getto di calcestruzzo hanno per conseguenza una mancanza di tenuta del diaframma.

Criteri di dimensionamento e verifica

Per la determinazione delle reazioni sui puntoni, che nel nostro coincidono con i piani dell’impalcato, sono stati utilizzate tre diversi metodi empirici al fine di confrontare in maniera critica i risultati ottenuti.

1. Metodo della trave equivalente

La stabilità dei diaframmi è garantita dalla mobilitazione della resistenza passiva e come nel caso in esame dalla presenza di uno o più vincoli.

Si ipotizza che la deformabilità dell’opera è sufficientemente elevata da influenzare il campo di sforzi nel terreno e la distribuzione delle azioni all’interfaccia.

Nel caso in esame l’analisi limite è stata condotta introducendo l’ipotesi di

estremo fisso (dalla dizione anglosassone fixed earth support), la struttura è

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profondità a partire dal fondo scavo pari a 0,1 volte la distanza del secondo puntone dal fondo stesso (Blum, 1950).

0,7 3,4 -7,00 m. -1,20 m. -5,10 m. h 0,1 · h Riporto Strato di base Alluvionale

(fig. 4.5) - Schema adottato per la determinazione delle spinte sul diaframma

Nella valutazione delle azioni esercitate dal terreno sul diaframma si è tenuto conto dell’influenza della filtrazione sul regime di spinta.

Procedimento:

 è stato calcolato il gradiente idraulico critico per lo strato di base:

4 , 1 1 4 , 1 '    w c i

 considerando un coefficiente di sicurezza al sifonamento pari a 4 (Harr,1962; Taylor,1948) è stato ricavato il gradiente di efflusso ( ie) e

quindi l’inffissione del diaframma a partire dal fondo scavo:

35 , 0 4 4 , 1 4 4      c e e c i i i i FS

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. 6 , 16 35 , 0 8 , 5 m i H L L H i e e        dove: • ∆H battente idraulico; • L percorso idraulico

 conoscendo quindi la profondità dello scavo si può ricavare la lunghezza di infissione del diaframma (d):

.

8

,

4

2

7

6

,

16

m

d

 si passa quindi alla determinazione delle spinte e quindi alle reazione sui puntoni della parte di diaframma al di sopra della cerniera.

Vengono di seguito riportati i principali parametri adottati per i vari strati:

Riporto:

peso di volume

γ

1 = 19 KN/m3

peso di volume immerso

γ

1 ́= 9 KN/m3 angolo di attrito interno

1 = 26°

coeff. spinta attiva Ka 1 = 0,39

Alluvionale:

peso di volume

γ

2 = 18 KN/m3

peso di volume immerso

γ

2 ́= 8 KN/m3 angolo di attrito interno

2 = 35°

coeff. spinta attiva Ka 2 = 0,27

Strato di base:

peso di volume

γ

3 = 24 KN/m3

peso di volume immerso

γ

3 ́= 14 KN/m3 angolo di attrito interno

3 = 22°

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coesione drenata Ć3= 50 KPa

coeff. spinta attiva Ka3 = 0,46

coeff. spinta passiva Kp3 = 2,17

fattore di mobilitazione della spinta passiva Fp = 1,5 (viene assunto

come valore di tentativo)

in primis si calcola la reazione del primo puntone considerando lo scavo a livello del secondo impalcato:

S

1

S

2

S

3

R'p

1 C 0,00 3,40 Z2 Z1 Zs

(fig. 4.6) - Schema risolutivo del primo puntone

I valori delle spinte vengono calcolati su un metro di diaframma

1° strato

La pressione attiva varia con la profondità secondo la:

 

z Ka z a1  1

1

 

2 1 1 z 0,89 ton/m a

La spinta attiva sarà:

 

z dz ton m S z a 1 0,53 / 1 0 1 1 

  2° strato

(27)

La pressione attiva varia con la profondità secondo la:

 

z a

 

z Ka

ie w

z z

w z a

 

 

  

1 ' 2 2 1 1 2

 

2 2 2 z 4,13 ton/m a

La spinta attiva sarà:

 

z dz ton m S Z Z a a 1 6,19 / 2 1 2 1 

 

La pressione passiva varia con la profondità secondo la:

 

z Kp

ie w

z z

w z p  

 

  

' 3 2 2 3

 

2 2 3 z 0.97 ton/m p

La spinta passiva sarà:

 

z dz ton m S Z Zs p p 1 0,13 / 2 3 3 

 

L’equilibrio alla rotazione attorno al punto C consente di determinare la reazione in Ŕp1:

Ŕpl = 2,53 ton/m

Nota Ŕp1 si passare allo studio del diaframma considerando il fondo scavo secondo lo schema:

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S1 S2 S4 S3 S5 S6 R''p1 Rp2 0,00 7,00 Rc Z1 Z2 Z3 Zs

(fig. 4.7) - Schema risolutivo della parte superiore del diaframma

I valori delle spinte vengono calcolati su un metro di diaframma

1° strato

La pressione attiva varia con la profondità secondo la:

 

z Ka z a1  1

1

 

2 1 1 z 0,89 ton/m a

La spinta attiva sarà:

 

z dz ton m S z a 1 0,53 / 1 0 1 1 

  2° strato

La pressione attiva varia con la profondità secondo la:

 

z a

 

z Ka

ie w

z z

w z a

 

 

  

' 1 2 2 1 1 2

 

2 2 2 z 6,01 ton/m a

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La spinta attiva sarà:

 

z dz ton m S Z Z a 1 13,43 / 2 1 2 2 

  3° strato

La pressione attiva varia con la profondità secondo la:

 

z a

 

z Ka

ie w

z z

w z a

 

 

  

' 2 3 3 2 2 3

 

2 3 3 z 10,08 ton/m a

La spinta attiva sarà:

 

z dz ton m S Z Z a 1 18,16 / 3 2 3 3 

 

Il contributo della coesione

m ton dz K C S Z Z a 1 15,33 / 2 3 2 3 ' 4 

   

La pressione passiva varia con la profondità secondo la:

 

z Kp

ie w

z zs

w z p  

 

  

' 3 3 5

 

2 3 5 z 0.90 ton/m p

La spinta passiva sarà:

 

z dz ton m S Z Zs p 1 0,16 / 3 5 5 

 

Il contributo della coesione

m ton dz K C S Z Zs p 1 4,33 / 2 3 3 ' 6 

   

Risolvendo quindi il tratto di diaframma al disopra della cerniera si ottiene:

Ŕ́́ ́p1 = - 0,15 ton / m

(30)

Rc = 1,47 ton / m

In definitiva si possono considerare le seguenti reazioni:

Rp1 = Ŕ́́ p1 - Ŕ́́ ́p1 = 2,38 ton / m

Rp2 = 13,93 ton / m

Rc = 1,47 ton / m

Si passa quindi alla determinazione del tratto di infissione mediante l’equilibrio alla rotazione attorno al punto D del diaframma al di sotto della cerniera: S8 S7 S9 0,00 7,00 Rc S10 D Zc C

(fig. 4.8) - Schema risolutivo della parte inferiore del diaframma I valori delle spinte vengono calcolati su un metro di diaframma

 

z a

 

z Ka

ie w

z zc

w z a

 

 

  

' 3 3 3 3 7

La spinta attiva in funzione di z sarà:

 

  

z dz S Z Zc a7 1 7

Il contributo della coesione

dz K C S Z Zc a

    2 ' 3 1 8

(31)

La pressione passiva varia con la profondità secondo la:

 

z p

 

z Kp

ie w

z zc

w z p

 

 

  

' 3 3 3 5 9

La spinta passiva sarà:

 

z dz S Z Zc p

  9 1 9

Il contributo della coesione

dz K C S Z Zc p

    2 ' 3 1 10

Dall’equilibri alla traslazione della parte di diaframma al di sotto della cerniera è possibile determinare il tratto di infissione CD:

0 10 9 8 7     S S S S Rc da cui si ricava: m z 7,77 e quindi: m z z CD  c 0,41

In conclusione si considera comunque una profondità di infissione di 4,8 m. che oltre a rispettare le condizioni di equilibrio permette di porsi al riparo dal sifonamento.

(32)

2. Metodo delle spinte apparenti per scavi puntellati

Per quanto riguarda il dimensionamento dei puntoni (nel nostro caso coincido con i livelli dell’impalcato), occorre notare come man mano che lo scavo procede, le deformazioni della struttura di contenimento risultano via via crescenti. Ne consegue che lo stato di sforzo all’interno del terreno e la distribuzione delle spinte siano diverse da quello prevedibile con la teoria di Rankine. Per risolvere il problema, i carichi (massimi) misurati nei puntoni nel corso di numerosi scavi (Peck, 1969; Terzaghi e Peck, 1967; ecc.) sono stati convertiti in una serie di diagrammi di spinte apparenti, che rappresentano le azioni da applicare alle pareti di sostegno.

(fig. 4.9) - Diagrammi delle spinte apparenti (Flaate e Peck, 1973)

Nel caso in esame è stato utilizzato per i tre diversi strati il diagramma apparente delle sabbie.

(33)

Vieni di seguito riportato lo schema in base al quale sono stati ricavati gli sforzi nei puntoni: -1,2 m. -5,1 m. -7 m.

Rp

1

Rp

2 h1 h2 h3

q

1

q

2

q

3 H l 1 l 2 l 3 x 1 x 2

(fig. 4.11) - Schema risolutivo del diaframma Il carico uniformemente distribuito per i diversi strati vale:

2 1 1 1 0,65 K H 3,37 ton/m q   a

  2 ' 2 2 0,65 K 2 H 0,98 ton/m q   a

  2 ' 3 3 0,65 K 3 H 2,93 ton/m q   a

 

La spinta sui puntoni vale:

x

x

ton m q h q Rp w 5,24 / 2 2 , 1 2 , 1 2 1 1 2 1 1 1          

h h x

q

x h h

x h

 

x h

x x

ton m q R w p 10,93 / 2 1 2 1 2 1 1 2 1 3 3 1 2 1 2 1                 

(34)

3. Metodo del puntone equivalente

Tale metodo parte dal calcolo dello sforzo nell’impalcato più alto; l’altezza fuori terra viene presa pari a quella che, durante la fase di scavo, si ha immediatamente prima della realizzazione del secondo impalcato; la lunghezza del tratto di infissione viene presa pari a quella che conferisce un coefficiente di sicurezza pari a 1 per la parete.

Una volta determinato lo sforzo nel primo impalcato si passa ad analizzare il comportamento della parete supposta vincolata con un solo ancoraggio equivalente sollecitato dal carico risultante del primo e del secondo ancoraggio. Poiché e incognito il valore del tiro nel secondo impalcato è incognita la retta d’azione della risultante; il procedimento viene allora applicato in modo iterativo.

• Sforzo nel primo ancoraggio

S1 S2 S4 S3

Rp

1 -3,40 Z1 Z2 Zs S7 S5 S6 A

(fig. 4.12) - Schema risolutivo del primo puntone

1° strato

La pressione attiva varia con la profondità secondo la:

 

z Ka z

a1  1

1

(35)

 

2 1

1 z 0,89 ton/m

a

La spinta attiva sarà:

 

z dz ton m S z a 1 0,53 / 1 0 1 1 

  2° strato

La pressione attiva varia con la profondità secondo la:

 

z a

 

z Ka

ie w

z z

w z a

 

 

  

' 1 2 2 1 1 2

 

2 2 2 z 6,01 ton/m a

La spinta attiva sarà:

 

z dz ton m S Z Z a 1 13,43 / 2 1 2 2 

 

La pressione passiva varia con la profondità secondo la:

 

z Kp

ie w

z zs

w z p  

 

  

' 2 2 5

 

2 2 5 z 4,53 ton/m p

La spinta passiva sarà:

 

z dz ton m S Z Zs p 1 3,85 / 2 5 5 

  3° strato

La pressione attiva varia con la profondità secondo la:

 

z a

 

z Ka

ie w

z z

w z a

 

 

  

' 2 3 3 2 2 3

La spinta attiva sarà:

 

z dz S Z Z a

  2 3 3

1

Il contributo della coesione

dz K C S Z Z a

    2 3 ' 4 2 1

(36)

La pressione passiva varia con la profondità secondo la:

 

z Kp

ie w

z z

w z p  

 

  

' 2 3 3 6

La spinta passiva sarà:

 

z dz S Z Z p

  2 1 6 6

Il contributo della coesione

dz K C S Z Z p

    2 1 2 ' 3 7

Dall’equilibrio alla rotazione attorno al punto (A) è possibile ricavare la profondità di infissione: . 35 , 5 m z

Nota la profondità di infissione è possibile ricavare Rp1 scrivendo

l’equilibrio alla traslazione del diaframma:

0 1 7 6 5 4 3 2 1 SSSSSSRpS da cui si ricava: m ton Rp1 4,67 /

• Sforzo nel secondo ancoraggio

S1 S2 S4 S3 S5 S6 Rp1 Rp2 0,00 7,00 Z1 Z2 Zs Rtot Zr Z D

(37)

1° strato

La pressione attiva varia con la profondità secondo la:

 

z Ka z a1  1

1

 

2 1 1 z 0,89 ton/m a

La spinta attiva sarà:

 

z dz ton m S z a 1 0,53 / 1 0 1 1 

  2° strato

La pressione attiva varia con la profondità secondo la:

 

z a

 

z Ka

ie w

z z

w z a

 

 

  

' 1 2 2 1 1 2

 

2 2 2 z 6,01 ton/m a

La spinta attiva sarà:

 

z dz ton m S Z Z a 1 13,43 / 2 1 2 2 

  3° strato

La pressione attiva varia con la profondità secondo la:

 

z a

 

z Ka

ie w

z z

w z a

 

 

  

' 2 3 3 2 2 3

La spinta attiva sarà:

 

z dz S Z Z a

  2 3 3

1

Il contributo della coesione

dz K C S Z Zs a

    2 ' 3 1 4

La pressione passiva varia con la profondità secondo la:

 

z Kp

ie w

z zs

w z p  

 

  

' 3 3 6

(38)

La spinta passiva sarà:

 

z dz S Z Z p s

  6 1 6

Il contributo della coesione

dz K C S Z Zs p

    2 ' 3 1 7

Come già precedentemente indicato la determinazione dello sforzo nel secondo impalcato è ottenuto tramite un processo iterativo:

1° tentativo

Viene fissata la posizione della risultante [Rtot] → zr = -2 m. • Dall’equilibrio alla rotazione attorno al punto di applicazione della

risultante si ottiene la profondità di infissione del diaframma: z = -7,46 m.

Nota la profondità di infissione si ricava il valore della risultante [Rtot]

Rtot = 9,68 ton/m

• Si determina quindi il valore dello sforzo nel secondo impalcato:

Rp2 = Rtot – Rp1 = 5,01 ton/m

• Si verifica infine la congruenza della posizione della risultante tramite l’equilibrio alla rotazione attorno al punto (D) delle reazioni degli impalcati e delle spinte del terreno.

0 86 , 2 2 2 1 1 6 6 5 5 4 4 3 3 2 2 1 1ySySySySySyRpypRpyp   S 2° tentativo

Posizione della risultante [Rtot] → zr = -2,5 m. • Profondità di infissione del diaframma:

z = -7,38 m. • Valore della risultante [Rtot]:

(39)

Rtot = 10,71 ton/m

• sforzo nel secondo impalcato:

Rp2 = Rtot – Rp1 = 6,04 ton/m

• Equilibrio alla rotazione attorno al punto (D):

0 29 , 1 2 2 1 1 6 6 5 5 4 4 3 3 2 2 1 1ySySySySySyRpypRpyp   S 3° tentativo

Posizione della risultante [Rtot] → zr = -2,3 m. • Profondità di infissione del diaframma:

z = -7,41 m. • Valore della risultante [Rtot]:

Rtot = 10,25 ton/m

• sforzo nel secondo impalcato:

Rp2 = Rtot – Rp1 = 5,58 ton/m

• Equilibrio alla rotazione attorno al punto (D):

0 45 , 0 2 2 1 1 6 6 5 5 4 4 3 3 2 2 1 1ySySySySySyRpypRpyp   S 4° tentativo

Posizione della risultante [Rtot] → zr = -2,35 m. • Profondità di infissione del diaframma:

z = -7,40 m. • Valore della risultante [Rtot]:

Rtot = 10,39 ton/m

• sforzo nel secondo impalcato:

Rp2 = Rtot – Rp1 = 5,72 ton/m

• Equilibrio alla rotazione attorno al punto (D):

0 2 2 1 1 6 6 5 5 4 4 3 3 2 2 1 1ySySySySySyRpypRpypS

(40)

Sintesi dei risultati

Vengono di seguito riportati i risultati dei tre metodi empirici utilizzati per determinare lo sforzo sui puntoni e che verranno utilizzati nel prossimo capitolo come azione orizzontali da applicare agli impalcati.

Metodo Rp1 (primo puntone)

[ton/m] Rp2 (secondo puntone) [ton/m] Estremo fisso 2,38 13,93 Scavi puntellati 5,24 10,93 Puntone equivalente 4,67 5,71

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