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CAPITOLO PRIMO La responsabilità amministrativa delle aziende

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CAPITOLO PRIMO

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1. Il decreto legislativo 231 del 2001

1.1 La responsabilità amministrativa delle imprese

La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche1 è stata introdotta nel

nostro ordinamento in esecuzione di diverse Convenzioni internazionali. Notevole importanza hanno assunto:

- La Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995 riguardante la tutela degli

interessi finanziari della Comunità europea;

- La Convenzione di Bruxelles del 26 maggio 1997 riguardante la lotta alla

corruzione di funzionari pubblici sia della Comunità europea che degli Stati membri;

- La Convenzione Ocse del 17 dicembre 1997 riguardante la lotta alla

corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazione economiche e internazionali;

- La Convenzione e i Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine

organizzato transazionale adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 e il 31 maggio 2001, ratificati con legge n. 146/2006.

I principi contenuti nelle sopra elencate Convenzioni, sono stati recepiti nel D.Lgs. 231/2001 e successive modificazioni e integrazioni. Il Decreto in questione ha dato attuazione alla legge delega 300/2000, introducendo nell’ordinamento italiano la disciplina della responsabilità amministrativa degli

enti e delle persone giuridiche2.

Secondo le disposizioni contenute del D.Lgs. 231/2001, le persone giuridiche e gli enti possono essere sanzionati dal punto di vista penale qualora venga accertata la commissione di reati compiuti dai dipendenti o da amministratori a vantaggio o nell’interesse dell’ente ai quali appartengono. È da notare che la

1

Si veda anche A. Iannini, G. M. Armone, Responsabilità amministrativa degli enti e modelli di organizzazione aziendale, Salerno, 2005.

2

S. D’Andrea, La ‘nuova’ responsabilità amministrativa a carico di società e associazioni, in Diritto e Pratica delle Società, n. 13 del 16 luglio 2001.

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6

responsabilità ora introdotta a carico dell’ente si prefigura come aggiuntiva rispetto a quella contestata alla persona fisica che materialmente si è occupata del compimento del reato; questo a significare che la responsabilità a carico dell’ente risulta finalizzata a punire anche la società nel cui interesse è stato compiuto l’illecito.

Inizialmente il campo di applicazione del D.Lgs. 231/2001 era limitato alle sole

fattispecie di reato compiute a danno della PA3; successivamente, con diversi

interventi correttivi, la portata del decreto è stata allargata ad altre tipologie di reato, come ad esempio: i reati societari; i delitti con finalità di terrorismo; l’abuso di informazioni privilegiate, meglio conosciuto come insider trading; la manipolazione dei mercato; e numerosi altri illeciti che verranno approfonditi nei successivi paragrafi.

Per concludere questa prima rassegna introduttiva del decreto, merita sottolineare il fatto che secondo la normativa in esame, gli ente che, qualora si siano verificati alcuni tra i reati indicati nel citato decreto, abbiano adottato un sistema di organizzazione e controllo, possono usufruire di notevoli benefici.

Infatti, coloro che si sono dotati di organismi di controllo con il compito di verificare l’attuazione di un Modello di organizzazione in grado di prevenire la commissione dei reati previsti dal D.Lgs. 231/2001 possono dimostrare l’esclusione della responsabilità dell’ente.

In seguito alla modificazione del Regolamento dei mercati di Borsa, adottato con la delibera della Consob n. 15786 del 26 febbraio 2007, l’adozione del Modello di organizzazione e diventata obbligatoria per quelle società che sono quotate nel segmento Star (Segmento Titoli con Alti Rendimenti). Per le restanti società, invece, l’adozione del Modello di organizzazione e controllo risulta essere facoltativa, a discrezione dell’organo di amministrazione.

3

La responsabilità delle società per gli illeciti dipendenti da reato, in Diritto e Pratica delle Società, n. 13 luglio 2001.

(4)

7

La responsabilità così come descritta nel D.Lgs. 231 del 2001, definita “amministrativa”, trova la sua origine nella commissione di un reato; da qui la deduzione che l’impronta che disciplina questa responsabilità risulta di stampo prettamente penalistico. Questa viene anche definita coma una sorta di “colpa di organizzazione” visto che le contestazioni hanno per oggetto il deficit organizzativo dell’ente.

Scendendo più nei dettagli, il D.Lgs. 231 del 2001 ha introdotto nel nostro ordinamento una forma di responsabilità diretta delle imprese per specifici reati (i cosiddetti reati-presupposto) commessi da soggetti qualificati operanti all’interno della struttura gestionale e amministrativa della società.

Particolarmente interessante risulta la natura di tale responsabilità, definita nel decreto in questione come “responsabilità amministrativa”. Questo anche se l’accertamento viene compiuto da un giudice penale, applicando istituti propri del diritto penale, processuale e sostanziale.

Nella relazione al D.Lgs. 231/2001, il sistema di responsabilità viene così definito:

come un “tertium genus che coniuga i tratti essenziali del sistema penale e di

quello amministrativo nel tentativo di contemperare le ragione dell’efficacia preventiva con quelle, ancor più ineludibili, della massima garanzia”4.

La “responsabilizzazione” dell’attività dell’ente trova il suo presupposto nella identificazione delle specifiche aree di rischio a cui è esposta l’attività di impresa, e richiede l’attuazione di efficaci meccanismi di controllo per evitare la commissione dei reati-presupposto compiuti nell’interesse e a vantaggio dell’ente medesimo di appartenenza.

4

Gran parte della dottrina, ritiene che la responsabilità così come disciplinata dal D.Lgs. 231/2001 configuri un tertium genus, non riconducibile né alla responsabilità pensale, ne a quella amministrativa. Cfr. A. Bernardo, La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni prive di personalità giuridica, Centro di ricerca per il diritto d’impresa della Luiss; Fiorella, G. Lancellotti, La responsabilità dell’impresa per i fatti di reato, Giappichelli, Torino, 2004; R. Razzante, F. Toscano, La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, Giappichelli, Torino, 2003

(5)

8

Tuttavia, ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 231 del 2001, la responsabilità dell’ente permane anche quando si verificano una delle due condizioni che andiamo ad elencare, ovvero quando:

1) l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile;

2) il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia.

Secondo il decreto in questione la responsabilità dell’ente risulta autonoma rispetto a quella del soggetto che ha compiuto materialmente il reato; e questo appare ancor più evidente quando si considera il fatto che l’ente è chiamato a rispondere del reato anche se l’autore dell’illecito non è stato identificato, o non è imputabile, così come dettato al punto uno. Quindi, in sostanza, la mancata individuazione del soggetto responsabile del compimento del reato messo in atto nell’interesse o a vantaggio dell’ente, non costituisce una clausola esimente per la società.

La responsabilità dell’ente è presunta in tutti quei casi in cui il reato contestato all’ente è stato commesso da soggetti in posizione apicale, o sottoposti al controllo degli organi dirigenti, nell’interesse o a vantaggio dell’ente. Suddetta

presunzione5 richiede che vengano prima accertati due presupposti, ovvero: il

primo riguarda il rapporto di collegamento qualificato tra l’autore del reato e l’organigramma aziendale; il secondo riguarda invece l’esistenza dell’interesse o del vantaggio che ne avrebbe tratto l’ente dalla commissione dell’illecito contestato.

È da sottolineare il fatto che, nel caso in cui le persone sopra indicate abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi, l’ente non ne risponde.

5

G. Zanarda, M. Barcellona, La responsabilità amministrativa delle società e i modello organizzativi, in Il sole 24 ore, 2002

(6)

9

1.2 Il campo di applicazione

Il D.Lgs. 231 del 2001 disciplina la responsabilità penale degli enti in presenza di

illeciti dipendenti da reato6; le disposizioni in esso contenute si applicano sia agli

enti forniti di personalità giuridica sia alle società e associazioni anche prive di tale personalità.

Più nei dettagli, sono assoggettate al sopra menzionato decreto:

 le società di capitali (Spa, Srl, …),

 le società di persone,

 le società cooperative,

 le associazioni con o senza personalità giuridica,

 gli enti pubblici economici e gli enti privati concessionari di un servizio

pubblico,

 le fondazioni,

 i comitati,

 le associazioni che svolgono la propria attività statutaria anche senza fine

di lucro,

 nonché gli enti pubblici economici, identificati con quelle realtà che

svolgono un’attività economica secondo i principi stabiliti dal diritto privato.

Rimangono invece esclusi dall’ambito applicativo del D.Lgs. 231/2001:

- lo Stato;

- gli enti pubblici territoriali;

- gli altri enti pubblici non economici;

- gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale (comprendenti sia i

partiti politici che i sindacati);

- nonché le imprese individuali.

Una particolare posizione è rivestita dagli enti pubblici associativi che, per la loro natura peculiare, rivestono una funzione pubblicistica (Aci, Cri) e gli enti

6

F. Storelli, L’illecito amministrativo da reato degli enti nell’esperienza giurisprudenziale, Itaedizioni, 2005.

(7)

10

pubblici che erogano un servizio pubblico (aziende ospedaliere, scuole

Università…)7

A proposito delle imprese individuali dobbiamo dire che queste risultano escluse dall’applicazione del Decreto in quanto manca il presupposto logico cui è necessariamente subordinata la responsabilità dell’ente, fondata sulla possibilità di distinguere la società dall’autore del reato.

7

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11

1.3 Gli autori del reato, l’”interesse” e il “vantaggio”

Quando si parla di responsabilità amministrativa delle imprese non si può non parlare dei concetti di “rapporto qualificato”, delle nozioni di “interesse” e di “vantaggio” dell’ente

Inizialmente vengono individuati quei soggetti che, essendo inseriti e operando all’interno della compagine aziendale, sono il grado di commettere degli illeciti che possono originare una responsabilità cosiddetta amministrativa per l’ente in

cui operano8.

I reati rilevanti ex D.Lgs. 231/2001 devono essere stati commessi da soggetti che all’interno della società rivestono cariche dirigenziali, oppure da soggetti che sono posti alle dipendenze di questi.

Nella valutazione del rapporto qualificato dell’autore del reato con l’ente in esame, deve essere accertato se l’illecito è stato compiuto da persone che ricoporono funzioni di amministrazione, di direzione o di rappresentanza dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, oltre che da persone che esercitano anche di fatto la gestione e il controllo dello stesso ente. In sostanza la normativa in questione viene applicata a quei soggetti che agiscono all’interno dell’azienda con una propria e specifica autonomia.

Nell’accertare la responsabilità amministrativa dell’ente, ricoprono particolare interesse e rilevanza quei reati commessi da quei soggetti che, anche non muniti di una investitura formale, esercitano di fatto la gestione e il controllo dell’ente. Da sottolineare come il rapporto qualificato dell’autore del reato con la società sussiste anche quando siamo in presenza di un rapporto di sottoposizione dell’autore del reato a persone che all’interno dell’ente si trovano in posizione apicale.

8

(9)

12

In conclusione, è importante sottolineare come reati contestabili alla società9

possono essere commessi da:

• soggetti muniti del potere di amministrazione e dotati di funzioni direttive;

• soggetti sottoposti alla direzione di funzionari dell’ente10.

Naturalmente, come già accennato, l’ente non si trova a rispondere dell’illecito se colui che ha materialmente compiuto il reato, lo ha fatto nell’interesse esclusivo proprio o di terzi. Quindi la mancanza di coincidenza di interessi tra colui che ha commesso l’illecito e l’ente, interrompe il rapporto di immedesimazione organica.

Il secondo elemento che deve essere valutato per contestare all’ente la responsabilità penale è il concetto di interesse o vantaggio che l’ente ha potuto trarre dal compimento del reato. Abbiamo già individuato quali sono i soggetti che sono potenzialmente in grado di compiere i reati elencati nel D.Lgs. 231 del 2001; vogliamo adesso soffermarci piuttosto sui concetti di “interesse” e di

“vantaggio”11.

La sussistenza dell’interesse richiede la valutazione dell’azione, ovvero se questa sia stato compiuta con l’obiettivo di realizzare una utilità futura per la società. Deve quindi essere valutato l’elemento soggettivo dell’autore antecedente al compimento dell’illecito.

Il vantaggio invece, viene considerato come l’effettiva e reale utilità economica di cui ha beneficiato l’ente per effetto della condotta sanzionata. La valutazione è pertanto in questo caso oggettiva e viene effettuata ex post.

Secondo l’interpretazione più diffusa, è sufficiente che sia presente anche uno solamente tra i due elementi sopra menzionati.

9

S. Di Pinto, La responsabilità amministrativa da reato degli enti. Profili penali sostanziali e ricadute sul piano civilistico, Torino, Giappichelli, 2003

10

Come evidenziato da B. Assumma, Enti responsabili se c’è la <<colpa>>, in Il Sole24ore del 21 maggio 2004, in tale novero di persone non possono rientrare i collaboratori esterni; secondo l’Autore, infatti, “”l’autonomia giuridica dei collaboratori esterni, che possono essere persone fisiche o società di capitali, non consente di estendere i modelli organizzativi della società mandante anche a loro ovvero di effettuare attività di controllo nei loro riguardi. Al più si potranno prevedere clausole contrattuali che impongono il rispetto delle regole etiche accolte dalla mandante”.

11

(10)

13

2. I reati previsti dal D.Lgs. 231/2001

2.1 I reati previsti dal D.Lgs. 231/2001

L’ente può essere chiamato a rispondere solamente per i reati12 previsti dagli artt.

24 e seguenti del D.Lgs. 231/2001.

Qui di seguito vengono presentati in maniera schematica13 i reati sopra

menzionati, passando successivamente ad una breve trattazione degli stessi.

Art. 24 del D.Lgs. 231/2001 Indebita percezione di erogazioni,

truffa in danno dello Stato o di un

ente pubblico o per il

conseguimento di erogazioni

pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico.

Art. 25 del D.Lgs. 231/2001 Concussione14 e corruzione

Art. 25-bis del D.Lgs. 231/2001 I reati contro la fede pubblica

Art. 25-ter del D.Lgs. 231/2001 Reati societari

Art. 25-quater del D.Lgs. 231/2001 Delitti con finalità di terrorismo o di

eversione dell’ordine democratico, previsti dal codice penale e da leggi speciali

Art. 25-quater1 del D.Lgs. 231/2001 Pratiche di mutilazione degli organi

12

AA.VV , G. Lattanzi (a cura di), Reati e responsabilità degli enti, Giuffrè, Milano, 2005 13

G. Zanardi, F. Baggio, G. Rebecca, Responsabilità amministrativa delle imprese, Il sole 24 ore, 2008

14

Nella legislazione italiana, il reato è disciplinato dall'articolo 317 del codice penale il quale recita: "Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità e dei suoi poteri costringe o induce taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni".

(11)

14

genitali femminili

Art. 25-quinquies del D.Lgs. 231/2001 Delitti contro la personalità

individuale

Art. 25-sexies del D.Lgs. 231/2001 Abuso di informazioni privilegiate e

manipolazione del mercato

Art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001 Omicidio colposo e lesioni colpose

gravi o gravissime, commesse con

violazione delle norme

antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro

Art. 25-octies del D.Lgs. 231/2001 Ricettazione, riciclaggio e impiego

denaro, beni o altra utilità di provenienza illecita

(12)

15

2.2 Reati contro la Pubblica Amministrazione

Nell’esercizio della propria attività, sono molte le imprese che entrano in contatto con la Pubblica Amministrazione; tra queste, le società che partecipano a gare o a procedure di appalto, ottengono autorizzazioni, concessioni, licenze, partecipano a procedure per ricevere finanziamenti pubblici, si occupano di prestare servizi i di realizzare opere per le Amministrazioni.

Questo tipo di reati vengono compiuti da soggetti, che in virtù delle cariche e delle funzioni all’interno dell’azienda, entrano in contatto con soggetti che svolgono funzioni pubbliche o servizi pubblici. Insieme a questi delitti, assumono importanza per l’applicazione del D.Lgs. 231/2001 i reati di corruzione e concussione (art. 25 del D.Lgs. 231/2001).

In sostanza, assumono specifica rilevanza i reati di:

1. Malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis c.p.)

2. Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.)

3. Truffa in danno Stato o di un ente pubblico (art. 640, comma 2, n.1, c.p.)

4. Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art.

640-bis c.p.)

5. Frode informatica (art.640-ter c.p.)

6. Concussione15 (art. 317 c.p.)

7. Corruzione per un atto d’ufficio (artt. 318 e 321 c.p.)

8. Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (artt. 319, 319-bis, 321

c.p.)

9. Corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter e 321 c.p.)

10.Corruzione di persona incaricata di pubblico servizio (artt. 320 e 321 c.p.)

11.Istigazione alla corruzione (art 322 c.p.)

15

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16

12.Concussione, corruzione e istigazione alla corruzione dei membri degli

organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati membri (art. 322-bis c.p.)

Qualora venga accertata la responsabilità dell’ente, potranno esse applicate le sanzioni previste dagli artt. 24 e 25 del D.Lgs. 231/2001.

(14)

17

2.3 Reati contro la fede pubblica

L’art 25-bis del D.Lgs. 231/2001 prevede che venga applicata la responsabilità amministrativa delle imprese anche ai reati contro la fede pubblica.

Le condotte sanzionate, riguardano:

• Falsità in moneta, in carte di pubblico credito e in valori di bollo (art.

25-bis del D.Lgs. 231/2001)

• Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo

concerto, di monete falsificate (art. 453 c.p.)

• Alterazione di monete (art. 454 c.p.)

• Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate

(art. 455 c.p.)

• Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede (art. 457 c.p.)

• Falsificazione dei valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto,

detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati (art. 459 c.p.)

• Contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di

pubblico credito o di valori di bollo (art. 460 c.p.)

• Fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla

falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461 c.p.)

(15)

18

2.4 Reati societari16

I reati societari rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa delle imprese sono quelli che vengono commessi nell’interesse della società, da amministratori, direttori generali o liquidatori, o da persone sottoposte alla loro vigilanza.

Un approfondimento di particolare interesse in materia di reati societari è contenuto nelle Linee Guida di Confindustria; nel commento è stata dedicata particolare attenzione ai tre principali reati di natura societaria, che più facilmente di altri si prestano a manipolazioni:

- le false comunicazioni sociali (art. 2621 cc),

- le false comunicazioni sociali in danno dei soci e dei creditori (art. 2622

cc)

- e il falso in prospetto (art. 2623 cc)17.

Secondo quanto disposto dall’art. 25-ter del D.Lgs. 231/2001 i reati societari che possono dar vita a una responsabilità amministrativa per l’ente sono:

a. “per la contravvenzione di false comunicazioni sociali, prevista dall'articolo 2621 del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a centocinquanta quote;

b. per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori, previsto dall'articolo 2622, primo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecentotrenta quote;

c. per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori, previsto dall'articolo 2622, terzo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote;

16

Si veda anche E. Musco, I nuovi reati societari, Milano, Giuffrè, 2004; A Sciumbata, I reati societari, Milano, Giuffrè, 2002, F. Antolisei, Manuale di Diritto Penale, Leggi Complementari, Tomo I "I reati societari", Milano, Giuffrè, 2002

17

S. Seminara, False comunicazioni sociali, falso in prospetto e nella revisione contabile e ostacolo alle funzioni dell’autorità di vigilanza, in Dir. Pen. e processo, 2002.

(16)

19

d. per la contravvenzione di falso in prospetto, prevista dall'articolo 2623, primo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a centotrenta quote;

e. per il delitto di falso in prospetto, previsto dall'articolo 2623, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecentotrenta quote;

f. per la contravvenzione di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, prevista dall'articolo 2624, primo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a centotrenta quote;

g. per il delitto di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, previsto dall'articolo 2624, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote;

h. per il delitto di impedito controllo, previsto dall'articolo 2625, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a centottanta quote;

i. per il delitto di formazione fittizia del capitale, previsto dall'articolo 2632 del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a centottanta quote; l. per il delitto di indebita restituzione dei conferimenti, previsto

dall'articolo 2626 del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a centottanta quote;

m. per la contravvenzione di illegale ripartizione degli utili e delle riserve, prevista dall'articolo 2627 del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a centotrenta quote;

n. per il delitto di illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante, previsto dall'articolo 2628 del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a centottanta quote;

(17)

20

o. per il delitto di operazioni in pregiudizio dei creditori, previsto dall'articolo 2629 del codice civile, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecentotrenta quote;

p. per il delitto di indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori, previsto dall'articolo 2633 del codice civile, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecentotrenta quote;

q. per il delitto di illecita influenza sull'assemblea, previsto dall'articolo 2636 del codice civile, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecentotrenta quote;

r. per il delitto di aggiotaggio, previsto dall'articolo 2637 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a cinquecento quote;

s. per i delitti di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, previsti dall'articolo 2638, primo e secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote”.

Se volessimo presentare in maniera schematica i reati qui sopra proposti insieme alle relative sanzioni per ciascun illecito avremo quanto qui di seguito andiamo a

presentarvi18:

Reati societari Normativa di

riferimento

Sanzione19 applicabile

1. Contravvenzione di false comunicazioni sociali

Art. 2621 c.c. Sanzione pecuniaria da

duecento a trecento

quote20

2. Delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei

Art. 2622, primo comma, Sanzione pecuniaria da trecento a 18

G. Zanardi, F. Baggio, G. Rebecca, op.cit. 19

Per ulteriori approfondimenti si veda C. Piergallini, Sistema sanzionatorio e reati previsti dal codice penale, in Dir. pen. proc., 2001.

20

(18)

21

creditori c.c. seicentosessanta quote

3. Delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori Art. 2622, terzo comma, c.c. Sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote 4. Contravvenzione di falso in prospetto Art. 2623, primo comma, c.c. Sanzione pecuniaria da duecento a duecentosessanta quote

5. Delitto di falso in prospetto Art. 2623,

secondo comma, c.c.

Sanzione pecuniaria da quattrocento a

seicentosessanta quote 6. Contravvenzione di falsità nelle

relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione

Art. 2624, primo comma, c.c. Sanzione pecuniaria da duecento a duecentosessanta quote 7. Delitto di falsità nelle relazioni o

nelle comunicazioni delle società di revisione Art. 2624, secondo comma, c.c. Sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote

8. Delitto di impedito controllo Art. 2625,

secondo comma, c.c.

Sanzione pecuniaria da duecento a

trecentosessanta quote 9. Delitto di formazione fittizia del

capitale

Art. 2632 c.c. Sanzione pecuniaria da

duecento a

trecentosessanta quote 10. Delitto di indebita restituzione

dei conferimenti

Art. 2626 c.c. Sanzione pecuniaria da

duecento a

trecentosessanta quote 11. Contravvenzione di illegale

ripartizione degli utili e delle riserve

Art. 2627 c.c. Sanzione pecuniaria da

duecento a

(19)

22

12. Delitto di illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante

Art. 2628 c.c. Sanzione pecuniaria da

duecento a

trecentosessanta quote 13. Delitto di illecite operazioni

sulle azioni o quote sociali o della società controllante

Art. 2628 c.c. Sanzione pecuniaria da

duecento a

trecentosessanta quote 14. Delitto di operazioni in

pregiudizio dei creditori

Art. 2629 c.c. Sanzione pecuniaria da

trecento a

seicentosessanta quote 15. Delitto di indebita ripartizione

dei beni sociali da parte dei liquidatori

Art. 2633 c.c. Sanzione pecuniaria da

trecento a

seicentosessanta quote 16. Delitto di illecita influenza

sull’assemblea

Art. 2636 c.c. Sanzione pecuniaria da

trecento a

seicentosessanta quote 17. Delitto di aggiotaggio, delitto di

omessa comunicazione del conflitto di interesse Art. 2637 c.c., Art. 2629-bis c.c. Sanzione pecuniaria quattrocento a mille quote

18. Delitto di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità

pubbliche di vigilanza Art. 2638, primo comma e secondo comma, c.c. Sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote

(20)

23

2.5 Delitti contro la personalità dello Stato

Per quanto riguarda questo tipo di reati dobbiamo dire che vengono sanzionate quelle condotte che vanno a ledere gli interessi politici, rivolgendo particolare attenzione a quelle azioni aventi lo scopo di promuovere, organizzare e finanziare organizzazioni-associazioni costituite con lo scopo di svolgere azioni di terrorismo o di evasione dell’ordine democratico.

Di particolare interesse per i reati transnazionali, risulta essere l’art. 10 della legge 146/2004 intitolato “Responsabilità amministrativa degli enti”. Nell’art. 10 sopra menzionato vengono richiamati altri articoli contenenti i reati-presupposto rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa degli enti, prevedendo per ciascun reato una sanzione, a volte solo amministrativa, altre volte sia amministrativa che interdittiva.

A seguire, in forma tabellare21 i riferimenti richiamati dall’art. 10 della legge

146/2006, finalizzata a contrastare i reati transnazionali.

Sanzioni amministrative

Sanzioni interdittive

Art. 416 c.p. Associazione per

delinquere Pecuniaria da quattrocento a mille quote Interdittive previste nel D.Lgs. 231/2001 per una durata non inferiore a un anno

Art. 416-bis c.p. Associazione di tipo

mafioso Pecuniaria da quattrocento a mille quote Interdittive previste nel D.Lgs. 21

(21)

24

231/2001 per una durata non inferiore a un anno Art. 291-quater del D.P.R. 43/1973 Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri Pecuniaria da quattrocento a mille quote Interdittive previste nel D.Lgs. 231/2001 per una durata non inferiore a un anno Art. 74 del D.P.R. 309/1990 Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti Pecuniaria da quattrocento a mille quote Interdittive previste nel D.Lgs. 231/2001 per una durata non inferiore a un anno

Riciclaggio e artt. 648-bis e 648-ter c.p.

Reati disciplinati dal nuovo art. 28-octies del D.Lgs. 231/2001 Reati concernenti il traffico di migranti, per i delitti di cui all’art. 12, commi3, 3-bis e 5, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. Disposizioni contro le immigrazioni clandestine (legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 10) Pecuniaria da duecento a mille quote Interdittive previste nel D.Lgs. 231/2001 per una durata non superiore a due anno

(22)

25

286

Reati concernenti intralcio alla giustizia, per i delitti di cui agli artt. 377-bis e 378 c.p. Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria Pecuniaria fino a cinquecento quote Art. 378 c.p. Favoreggiamento personale Pecuniaria fino a cinquecento quote

(23)

26

2.6 Delitti contro la personalità individuale

I delitti controllo la personalità individuale che possono essere contestati agli enti a cui appartiene l’autore materiale del reati, sono contenuti e indicati dagli artt. 25-quater.1 e 25-quinquies del D.Lgs. 231/2001.

I reati in questione, che risultano essere rilevanti ai fine della responsabilità amministrativa della società, sono riconducibili ai delitti di violazione dei diritti fondamentali della persona, di abusi sessuali, di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, tratta di persone.

Ci sono poi i reati presupposto, richiamati dai due articoli sopra menzionati, del codice penale, rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa dell’ente, ed hanno per oggetto i seguenti articoli, così intitolati:

- art. 583-bis c.p.: Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili;

- art. 600 c.p.: Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù;

- art. 600-bis c.p.: Prostituzione minorile;

- art. 600-ter c.p.: Pornografia minorile;

- art. 600-quater c.p.: Detenzione di materiale pornografico;

- art. 600-quater.1 c.p.: Pornografia virtuale;

- art. 600-quinquies c.p.: Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della

prostituzione minorile;

- art. 601 c.p.: Tratta di persone;

(24)

27

2.7 Abusi di mercato

La nuova normativa in materia di abuso di mercato è frutto della attuazione della direttiva comunitaria n. 2003/6/Ce; queste nuove disposizioni, introdotte nel nostro ordinamento dalla legge 18 aprile 2005, sono andate a modificare sia il Testo Unico della Finanza, il D.Lgs. 58/1998 appunto, sia la normativa in materia di responsabilità amministrativa delle imprese, ovvero il D.Lgs. 231/2001.

La normativa in questione è contenuta nell’art. 25-sexies del sopra citato decreto, che così detta in tema di abusi di mercato:

“1. In relazione ai reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato previsti dalla parte V, titolo I-bis, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.

2. Se, in seguito alla commissione dei reati di cui al comma 1, il prodotto o il profitto conseguito dall'ente è di rilevante entità, la sanzione è aumentata fino a dieci volte tale prodotto o profitto.”

A norma del D.Lgs. 231/2001 viene prevista la responsabilità dell’ente nel caso in cui venga accertata la commissione di uno degli illeciti in materia di “abuso di mercato”, sanzionati dal Tuf, da parte di un soggetto posto in posizione apicale o un suo subordinato, nell’interesse o a vantaggio dell’ente. I reati sanzionati dal Tuf sono quelli contenuti negli articoli che vi andiamo a presentare:

- art. 184: Abuso di informazioni privilegiate22;

- art. 185: Manipolazione del mercato;

22

L’informazione privilegiata non è più quella «che non sia stata resa pubblica» bensì quella «di cui il pubblico non dispone», ponendo così l’accento sull’effettiva e concreta indisponibilità al pubblico della stessa in un dato momento. In altri termini, la posizione di privilegio dell’insider si caratterizza non tanto per l’acquisizione di informazioni che devono rimanere nel tempo inaccessibili e indisponibili al pubblico, quanto per l’acquisizione anticipata di notizie che, non essendo ancora state divulgate, non sono riflesse dalle quota-zioni attuali dei titoli, ma che comunque sono destinate a divenire di pubblico dominio in un momento successivo, quando l’insider avrà però già tratto profitto dallo scarto tempora-le a suo vantaggio. Si veda al riguardo M.L. Ermetes, Commento all’art. 180, in C. Rabitti Bedogni (a cura di), Il Testo Unico della intermediazione finanziaria, Commentario al D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Milano, Giuffrè, 1998.

(25)

28

- art. 186: Pene accessorie, e

- art. 187: Confisca.

Di rilevante importanza sottolineare ancora come la responsabilità dell’ente risulta comunque autonoma e non solidale rispetto a quella contestata all’autore materiale dell’illecito.

Per quanto riguarda questo tipo di reati, di particolare interesse risulta essere l’individuazione nel Modello di organizzazione e controllo delle aree di rischio. Nel valutare l’idoneità di questo Modello, qualora si presentasse il caso del compimento di reati in materia di abuso di mercato, assume particolare rilievo la mappatura dei rischi contenuta nel Modello stesso e l’adozione di misure efficaci finalizzate a prevenire ed evitare i reati previsti dal Tuf.

2.7.1 Abuso di informazioni privilegiate

L’abuso di informazioni privilegiate altro non è che il reato di Insider Trading23.

Con il termine inglese Insider Trading si fa riferimento al reato che prevede la compravendita di titoli (valori mobiliari: azioni, obbligazioni, derivati), per conto proprio o altrui, di una determinata società da parte di soggetti che, per la loro posizione all'interno della stessa o per la loro attività professionale, siano venuti in possesso di informazioni riservate non di pubblico dominio (indicate come "informazioni privilegiate") che, per la loro natura, permettono ai soggetti che ne facciano utilizzo una scelta basata su di un'asimmetria informativa, privilegiandoli rispetto ad altri investitori sul medesimo mercato.

Ai sensi del disposto di cui all’art.184 del Tuf compie il reato di abuso di informazioni privilegiate:

“[...] chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell'emittente, della partecipazione al capitale dell'emittente, ovvero

23

Per approfondimenti si veda A. Bartalena, Insider trading, in U. Colombo, G. Portale (a cura di), Trattato delle società per azioni, Torino, Utet, 1993.

(26)

29

dell'esercizio di un'attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio:

a) acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime;

b) comunica tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell'ufficio;

c) raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle operazioni indicate nella lettera a)”.

Perciò, dalle norme contenute nel nostro ordinamento, si deduce che verrà sanzionato il soggette che, venuto in possesso di informazioni privilegiate, le metta a disposizione di terzi al di fuori del normale esercizio del proprio lavoro o funzione o ufficio; ugualmente, viene sanzionato il soggetto che raccomanda o induce altrui, sulla base delle informazioni privilegiate possedute, al compimento delle operazioni indicate nelle lettere a) e b) del sopra citato articolo del Tuf.

2.7.2 Manipolazione del mercato e aggiotaggio24

Il reato di manipolazione del mercato viene disciplinato dal Tuf all’art. 185:

“1. Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro cinque milioni.

2. Il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l'entità del

24

Per una disamina più approfondita dell’evoluzione normativa in materia di insider trading e aggiotaggio, si vedano tra gli altri: C. Rabitti Bedogni (a cura di), Il Testo Unico dell’intermediazione finanziaria. Commentario al D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Milano, Giuffrè, 1998; N. Linciano, A. Macchiati, Insider trading. Una regolazione difficile, Bologna, Il Mulino, 2002.

(27)

30

prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo “.

Perciò, ai sensi dell’art. 185 Tuf, ai fini del compimento del reato di manipolazione del mercato, viene sanzionato chiunque:

- diffonda notizie false,

- ponga in essere operazioni simulate o altri artifizi nei fatti idonei a

provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari. Congiuntamente al reato di “Manipolazione del mercato” viene analizzato il reato di Aggiotaggio. Il reato in questione lo ritroviamo nel codice civile all’art. 2637 e nel codice penale all’art. 501, intitolato “Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio”.

Il Codice Civile all’art. 2637 così recita:

“Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.

Possiamo così comprendere come il reato di aggiotaggio25 colpisca la diffusione

di informazioni false o il compimento di operazioni simulate o altri artifici idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato.

25

Uff. indagini preliminari Tribunale Monza, 24 aprile 2006: “Il delitto di aggiotaggio non è reato di mera condotta, che si perfezione indipendentemente dall’effettiva conoscenza da parte di terzi di notizie false, bensì reato di pericolo concreto, che, quindi, si consuma nel tempo e nel luogo in cui si concretizza, quale conseguenza della condotta, la rilevante possibilità di verificazione della sensibile alterazione dello strumento finanziario. L’evento pericoloso risulta infatti logicamente e giuridicamente distinguibile dalla condotta posta in essere dall’agente, sicché il tempo e il luogo in cui il bene protetto è oggetto di minaccia possono non coincidere con le coordinate spazio-temporali della condotta, rappresentata nella specie dall’invio del comunicato.” In Il foro ambrosiano, 2006, 1, 81.

(28)

31

Ecco perciò spiegata la differenza fondamentale tra l’aggiotaggio e la manipolazione di mercato:

- nel primo reato viene sanzionato il comportamento finalizzato

all’alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati;

- nel secondo caso, invece, ai fini del compimento dell’illecito assume

rilievo il comportamento finalizzato all’alterazione del prezzo di strumenti finanziari quotati.

(29)

32

2.8 Reati in materia di sicurezza sul lavoro

Sicuramente un tema di grande attualità, la sicurezza sul lavoro26 è oggi definita,

in Italia, da un nuovo disposto normativo il D.Lgs. 81/2008 comunemente conosciuto come Testo Unico Sicurezza Lavoro entrato in vigore, per la quasi totalità degli articoli, il 15 maggio 2008. La nuova Legge abroga molti disposti normativi storici (risalenti al 1955 e 1956) ed altri anche molto recenti, inasprendo pesantemente le sanzioni a carico degli inadempienti.

Anche per quanto riguarda i cantieri temporanei o mobili il D.Lgs. 81/2008 abroga la precedente “494” (D.Lgs. 494/96) introducendo importanti e significative modificazioni.

26

Sul punto si veda G. Fava, Nuova versione dei Modelli organizzativi, in Il Sole 24 ORE del 2 otobre 2007; A. Castaldo, Lavori, aziende alle corde sul decreto 231, in Il Sole 24 ORE del 7 ottobre 2007.

(30)

33

2.9 Reati in materia di riciclaggio e ricettazione

Le disposizioni relative ai reati di riciclaggio e ricettazione, insieme a quello di impiego di denaro, beni o altra utilità di provenienza illecita, sono state introdotte dal D.Lgs. del 16 novembre 2007 per reprimere il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. Le disposizioni in parola sono reperibili all’art. 25-octies del D.Lgs. 231/2001, il quale ha inserito nel nostro ordinamento i reati presupposto rilevanti ai fini degli illeciti sopra menzionati.

L’art. 25-octies così recita:

“1. In relazione ai reati di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote. Nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale e' stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni si applica la sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote.

2. Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a due anni.

3. In relazione agli illeciti di cui ai commi 1 e 2, il Ministero della giustizia, sentito il parere dell'UIF, formula le osservazioni di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231”.

I reati in questione, menzionati nel primo comma, riguardano:

- art. 648 c.p.: Ricettazione;

- art. 648-bis c.p.: Riciclaggio

- art. 648-ter c.p.: Impiego di denaro, beni o altra utilità di provenienza

illecita.

Dalla lettura dell’art. 25-octies del D.Lgs. 231/2001 possiamo dedurre che, all’ente o alla società, a cui appartiene l’autore materiale dell’illecito previsto dal medesimo articolo, possono essere applicate sia sanzioni pecuniarie, sia sanzioni

(31)

34

interdittive. Quest’ultime vengono applicate per casi di particolare gravità, e devono essere disposte per una durata non superiore ai due anni.

Le misure che possono essere applicate sono:

 l’interdizione dall’esercizio dell’attività;

 la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni

funzionali alla commissione dell’illecito;

 il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per

ottenere la prestazione di un pubblico servizio;

 l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e

l’eventuale revoca di quelli già concessi;

 il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

L’applicazione delle sanzioni interdittive può perciò in alcuni casi anche compromettere la continuità dell’azienda, mettendo persino seriamente in pericolo l’attività della società.

A maggior ragione, risulta necessario dotarsi di un idoneo ed efficiente Modello di organizzazione e controllo per le società e gli enti in generale che operano in settori a rischio per la commissione dei reati descritti dall’art. 25-octies del D.Lgs. 231/2001.

Le categorie di società maggiormente esposte alla commissione di questo genere di reati sono rappresentate dalle banche, dalle assicurazioni, Sicav, Sgr, Sim,…. Per queste società, si vede la necessità di adottare un Modello di organizzazione interno, che permetta l’identificazione delle aree dell’attività maggiormente esposte al rischio di commissione degli illeciti in questione.

(32)

35

3. L’Organismo di Vigilanza

27

3.1 L’esclusione della responsabilità

L’art. 5 del D.Lgs. 231/2001, intitolato “Responsabilità dell’ente” così dispone:

“1. L'ente e' responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.”

Si sa che è posto a carico dell’ente l’onere di dimostrare l’assenza della propria

responsabilità derivante dalla colpa di organizzazione28.

Esistono diverse modalità utilizzabili dall’ante per dimostrare la propria

estraneità dall’illecito29, e quindi in grado di escludere la propria responsabilità.

La normativa in questione si presenta differente a seconda del fatto che il reato sia stato compiuto:

- o da soggetto posto in posizione apicale,

- o da un suo semplice sottoposto.

27

Per ulteriori approfondimenti si veda L. Martino, A. De Vivo, L’organismo di Vigilanza previsto dal D.Lgs. 231/2001: profili generali e principali problematiche applicative, in Il controllo nelle società e negli enti, 2006.

28

Con riferimento alla Relazione al D.Lgs. 231/2001. 29

Si veda F. Santi, La responsabilità delle società e degli enti. Modelli di esonero delle imprese, Milano, GIUFFRE', 2004.

(33)

36

3.2 Esclusione della responsabilità per i reati compiuti da soggetti in posizione apicale

I Modelli di organizzazione, gestione e controllo intervengono nel sistema della responsabilità degli enti sotto due punti vista:

1. da un lato, il compliance program funziona come un criterio di esclusione

della cosiddetta “colpa di organizzazione”30;

2. dall’altro lato, la sua adozione e efficace attuazione è utilizzata come un

criterio per attenuare le conseguenze economiche e giuridiche rilevate in

seguito all’accertamento della responsabilità dell’ente31.

Quindi, in sostanza, il Modello di organizzazione e gestione, inserito del sistema di responsabilità dell’ente, funziona, secondo l’art. 6, comma 1, come criterio di esclusione della responsabilità, e secondo l’art. 12, come criterio per la riduzione della sanzione pecuniaria.

La normativa contenuto nel D.Lgs. 231/2001 consente all’ente di dimostrare la propria estraneità dai fatti contestati; tuttavia, la difesa “attiva” necessita, da parte dell’ente, della dimostrazione di una serie di elementi in grado di verificare l’assenza di colpa dell’ente.

Secondo l’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 231 del 2001, l’ente non risponde se riesce a provare che:

“a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento e' stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

30

P. Ielo, Compliance program: natura e funzioni nel sistema della responsabilità degli enti. Modelli organizzativi e D.Lgs. 231/2001, in Rivista 231, 2006

31

S. Bartolomucci, Corporate Governance e responsabilità delle persone giuridiche, Ipsoa, 2004; B. Cavallo, Analisi delle prime pronunce giurisprudenziali in materia dei D.Lgs. 231/2001, in Il Nuovo Diritto, 6, 451, 2005

(34)

37

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;

d) non vi e' stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).”

Qui di seguito andremo ad esaminare i quattro elementi necessari all’ante per

dimostrare l’assenza della propria responsabilità32.

L’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e controllo

L’adozione dei Modelli di organizzazione e di controllo33 è sorta dalla necessità

di incrementare la trasparenza e l’efficienza nell’esercizio dell’attività d’impresa. In questo contesto gli interessi da proteggere sono rappresentati dall’esigenza di valorizzare le politiche aziendali a vantaggio dei soci e la trasparenza a favore di quei soggetti che nella società investono risorse e capitali.

Sebbene prima dell’introduzione del D.Lgs. 231/2001 non vi fossero vincoli normativi, l’esigenza di adottare Modelli di gestione e controllo era già stata fortemente avvertita dalle società quotate.

L’adozione del principio secondo cui societas delinquere potest34, introdotto

appunto dal D.Lgs. 231/2001, prevede una responsabilità penale autonoma dell’impresa nel caso in cui un soggetto posto in posizione apicale, o a lui subordinata, commetta particolari reati nell’interesse o a vantaggio dell’ente cui è preposto. La prevenzione dei reati in questione, costituisce perciò, il principale obiettivo delle disposizioni emesse in materia di responsabilità di impresa. Per quanto riguarda le disposizioni vigenti in materia di sanzioni previste per i reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato, rilevanti ai

32

Per ulteriori approfondimenti si veda G. Rubboli, M. Bramieri, D. Bagaglia, A. Bogliaccino, La responsabilità amministrativa delle società. Analisi del rischio reato e modelli di prevenzione, Egea, 2003.

33

Si veda anche Confindustria, Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D. Lgs. n. 231/2001, 2002.

34

In merito si veda anche A. De Risio, Societas delinquere potest? In Giurisprudenza di merito, 2005

(35)

38

fini della responsabilità amministrativa dell’ente, hanno introdotto un sistema che

potremmo definire di “doppio binario”35. Questo a significare che oltre alle

sanzioni penali, sono state introdotte sanzioni amministrative di natura pecuniaria irrogate direttamente dalla Consob.

Pare opportuno segnalare che, il ruolo della Consob per quanto riguarda l’attività di controllo e di repressione degli abusi di mercato è stata ulteriormente incrementata dalla recente modifica dei requisiti richiesti per poter essere ammessi alla categoria Star; per accedere a questo segmento di mercato, la Consob adesso richiede la preventiva adozione del Modello di organizzazione e controllo come descritto dal D.Lgs. 231/2001.

Per tutto ciò che concerne più in particolare i modelli organizzativi e di controllo si rinvia al capitolo due.

Il compito di vigilare e' stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo

Per l’organismo di vigilanza si rinvia al paragrafo successivo.

Dimostrare che le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione

L’ente, dopo aver portato a conoscenza dei vari collaboratori i Modelli di organizzazione realizzati per prevenire la commissione degli illeciti, deve verificare le procedure standard finalizzate all’attuazione del Modello.

Se, nonostante le verifiche effettuate, un soggetto posto in posizione apicale, o un suo sottoposto, compiono un reato rilevante per l’ente ai fini del D.Lgs. 231/2001, l’ente potrà chiedere l’applicazione dell’esimente. In questo contesto quindi, l’esclusione della responsabilità dell’ente potrà essere richiesta nel caso in cui l’illecito sia stato commesso in violazione delle disposizioni e del Modello

35

In merito si può vedere la circolare Assonime n. 45 del 23 ottobre 2006, dove è commentata la responsabilità delle persone giuridiche per gli illeciti derivanti da abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato.

(36)

39

di organizzazione e controllo installato dall’ente. Fra gli elementi fino ad ora esaminati, questo risulta essere sicuramente quello che presenta i maggiori aspetti critici; e questo in virtù del fatto che si tratta di una prova che non sarà mai agevole.

In sostanza, si tratta di verificare che l’autore del reato ha compiuto l’illecito stesso con la consapevolezza di aver violato il Modello di organizzazione e le regole imposte dall’ente per prevenire la commissione dei reati.

Si tratta quindi di un illecito che deve essere stato compiuto con artifici, raggiri, compimento di atti falsi, …. L’agente quindi deve avere “forzato” le misure atte a prevenire il compimento dei reati elaborate dall’azienda.

Dimostrare che non vi e' stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b) dell’art. 6, comma 8, del D.Lgs. 231/2001

Per poter dimostrare che non vi è stato omesso o insufficiente controllo da parte dell’OdV si devono allegare i resoconti delle attività di verifica e controllo messe in atto dall’OdV , con la finalità di attuare il Modello di organizzazione.

Per questo motivo, potranno essere allegati i verbali redatti dall’OdV in cui sono descritte:

- le attività di verifica e ispezione messe in atto con la finalità di eseguire

l’attività di vigilanza;

- l’attività di verifica effettuata sulla corretta esecuzione delle prescrizioni

contenute nei Modelli di organizzazione e di gestione adottati dal Consiglio di Amministrazione e dell’attività di pianificazione organizzativa e consultiva dell’organismo stesso;

(37)

40

3.3 L’organismo di Vigilanza

L’Organismo di Vigilanza36 rappresenta il secondo requisito, previsto dall’art. 6,

comma 1, del D.Lgs. 231 del 2001, necessario per poter richiedere l’esenzione della responsabilità dell’ente.

L’Organismo di Vigilanza (d’ora in avanti citato come OdV), chiamato nel D.Lgs. 231/2001 a vigilare sull’osservanza del Modello di Organizzazione e Controllo svolge la funzione di raccordo fra tutte le varie unità organizzative che compongono un’azienda, in modo da poter assicurare la trasparenza delle decisioni e il controllo delle procedure tipiche delle attività di gestione e prestazione di beni e/o servizi. Secondo le dimensioni dell’impresa, può essere composto da:

- una sola persona, e parliamo di composizione monocratica;

- oppure da più persone, conosciuto come composizione collegiale.

Detto questo risulta evidente come l’OdV sia il vero e proprio cardine su cui si

innesta l’intero sistema in vista del riconoscimento dell’esimente37 poiché

sovrintende l’attuazione, la gestione e l’eventuale aggiornamento del modello organizzativo; è opportuno perciò istituzionalizzare la sua costituzione e

precisare i requisiti di autonomia ed indipendenza nonché i suoi poteri38.

Secondo quanto disposto dal l’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 231/2001, l’efficace attuazione del Modello richiede:

36

Per effettuare un approfondimento sull’organismo di vigilanza e sui delicati problemi di corporate Governance che comporta la sua introduzione all’interno dell’azienda, si veda M Cameran, G. Lunghini, N. Pecchiari, Controllo interno e controlli esterni: quali prospettive dopo il D.Lgs. 231/2001 e il caso Enron, in Eco. & Manag., n. 5, 2002

37

Si veda al rigurarda L. Ferrara, Organismo di vigilanza: requisiti per il corretto funzionamento, in Contabilità, finanza e controllo, n. 6/2004.

38

Alla previsione di poteri dell’OdV corrisponde anche assunzione di responsabilità, certamente quella civile, di tipo contrattuale; dubbia è, invece, la assunzione di responsabilità penale di coloro che compongono l’OdV qualora per inadempimento dei suoi obblighi si manifesti un evento rientrante tra i reati cui l’ente è esposto, poiché in mancanza di doverosità del comportamento atteso e in mancanza di una posizione di garanzia non sembra applicabile il principio penalistico (art. 40,comma 2, Codice Penale) che “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”. A tal proposito si veda G. Findaca, E. Musco, Diritto Penale. Parte Generale, Zanichelli, 2007; G. Zanalda, M. Barcellona, op. cit.; G. Lattanzi, L’azione di rivalsa dell’ente nei confronti dei responsabili, in Reati e responsabilità dell’ente, Giuffrè, 2007.

(38)

41

“a) una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività;

b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello”.

Prendendo a riferimento il dettato legislativo e le Linee Guida della Confindustria, i caratteri dell’OdV possono essere così sintetizzati:

• tra i requisiti a carattere oggettivo ritroviamo:

- l’autonomia: questo carattere è prescritto dallo stesso legislatore, all’art. 6 lett. B del D.Lgs. 231/2001, il quale prevede che l’OdV sia dotato di “autonomi poteri di iniziativa e di controllo”; l’autonomia si esprimerà in primo luogo verso la stessa società, visto che l’OdV dovrà rimanere estraneo rispetto ad ogni forma d’interferenza e pressione che possa provenire da parte del management aziendale, né dovrà esercitare all’interno dell’azienda stessa attività operative. L’autonomia decisionale si esprimerà perciò nell’esercizio di poteri ispettivi, di accesso alle informazioni aziendali, di controllo, consultazione e proposta.

- L’indipendenza: questo requisito non risulta essere previsto direttamente dal legislatore; tuttavia risulta essere una condizione necessaria di non soggezione a nessun vertice aziendale. Per poter garantire l’indipendenza, l’OdV dovrà essere composto da soggetti che non si trovino in conflitto di interesse con la società, e qualora fossero esterni all’azienda, non devono svolgere attività di consulenza per la stessa e devono trovarsi in una posizione organizzativa adeguatamente alta tale da garantire l’indipendenza dagli organi esecutivi.

- La continuità: affinché sia garantito un efficace funzionamento

(39)

42

costante rapporto con il management dell’azienda e con le funzioni di staff più significative dell’impresa, quali ad esempio il controllo di gestione, l’amministrazione e il bilancio, la finanza, l’organizzazione, ….

• Sono invece requisiti soggettivi

- la professionalità e l’onorabilità: un organo chiamato a svolgere

una funzione così delicata e specialistica deve senza ombra di dubbio essere dotato delle necessarie competenze tecniche unite ad una solida e consolidata esperienza in materia.

L’OdV viene istituito con delibera del Consiglio di Amministrazione39

contestualmente all’adozione del Modello di Organizzazione.

In merito all’esatta configurazione dell’OdV, e nel silenzio della normativa di riferimento, è questione ancora aperta se la funzione di vigilanza debba essere affidata ad uno degli organi già esistenti e deputati ad altra funzione oppure risulti preferibile la costituzione di organismo deputato esclusivamente a ciò, quindi un organismo ad hoc per lo svolgimento dei compiti di vigilanza.

Sembra di dover escludere dal conferimento dell’incarico di vigilanza

- l’amministratore unico

- il consiglio di amministrazione,

- e l’amministratore delegato,

poiché soggetti passivi, essi stessi, di vigilanza.

Allo stesso modo è da ritenere di dover escludere la possibilità di utilizzare il

collegio sindacale40, chiamato dalla disciplina societaria ad altre funzioni.

39

Sul punto la dottrina di riferimento risulta essere concorde; infatti, essendo l’organismo dirigenziale competente all’adozione del Modello di Organizzazione Gestione e Controllo, questo risulta pertanto competente anche alla nomina dell’OdV.

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Sull’impossibilità per il collegio di essere considerato organo di vigilanza si veda R. Rodorf, I criteri di attribuzione della responsabilità. I modelli organizzativi e gestionali idonei a prevenire i reati , in Le Società, n. 11/2001

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Sembra invece possibile, viste le convergenze di opinioni, l’utilizzo della funzione di Internal Audit (ovvero la revisione interna), ove esistente. In particolare, secondo quanto disposto dalle Linee Guida di Confindustria del 2004, sembra possibile attribuire la funzione di vigilanza o al Comitato di Controllo Interno, ove esistente, oppure, in alternativa alla funzione di Internal

Auditing, oppure infine ad un organismo ad hoc appositamente creato.

Alla luce di tutto quanto esposto fino ad ora, sembra che sia proprio la funzione di Internal Auditing quella che maggiormente possiede le risorse necessarie per poter svolgere i compiti propri dell’OdV .

Tuttavia, come già abbiamo anticipato, non sempre, anche negli enti medio grandi, è presente la funzione di Internal Auditing. In questo caso, allora, sarà necessario procedere ad istituire un organismo ad hoc, preposto allo svolgimento

dei compiti dell’Autorità di Vigilanza41.

Per poter svolgere le funzioni previste dal D.Lgs. 231/2001, l’OdV deve essere dotato di autonomia organizzativa e funzionale; deve essere inoltre libero di accedere in maniera incondizionata alla documentazione e a qualsiasi informazione aziendale. Oltre a ciò, l’OdV deve essere dotato di una propria,

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Come già accennato le soluzioni accolte dalla dottrina in materia di organismo di controllo sono diversificate e possono essere distinte in due grandi categorie: coloro che sostengono la utilizzabilità di strutture e soggetti già presenti nella struttura dell’ente e coloro che, invece, ritengono necessario individuare un soggetto nuovo, con poteri e funzioni ad hoc. Sostiene l’identificazione dell’organismo di controllo con il collegio sindacale Rordorf, op. cit.. Secondo B. Assumma, La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, in Riv. della Guardia di finanza, 2002, la funzione maggiormente idonea “quanto a professionalità, sembra essere l’internal auditing, che tuttavia non sempre garantisce la necessaria indipendenza dai vertici aziendali”.

Sostengono invece che l’organismo in questione deve essere autonomo e diverso da quelli tipici: A. Frignani, P. Grosso, G. Rossi, I modelli di organizzazione previsti dal D.Lgs. n. 231/2001 sulla responsabilità degli enti, in Società, 2002, secondo cui “l’opzione di affidare i compiti dell’organo di vigilanza a funzioni aziendali già attive (quali ad esempio l’ufficio legale o l’internal auditing) ci pare presentare la controindicazione per cui tali funzioni potrebbero non avere il grado di indipendenza rispetto a soggetti in posizione apicale, né la stabilità necessaria al fine di garantire l’efficace applicazione del modello (…); sembra quindi preferibile l’istituzione di un organo ad hoc, a favore del quale sarà necessario prevedere apposite garanzie di stabilità, indipendenza, qualificazione professionale ed efficienza”. Secondo G. B. Alberti, Fondamenti aziendalistici della responsabilità degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, in Società, 2002, “tale organo (…) deve essere autonomo cioè operare attraverso una struttura ad hoc delegata dal vertice strategico alla vigilanza del regolare funzionamento del modello di prevenzione. L’autonomia presuppone una indipendenza funzionale della struttura delegata che non è incompatibile con la dipendenza gerarchica dell’alta direzione”.

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