Loredana Cena • Antonio Imbasciati • Franco Baldoni
Prendersi cura dei bambini
e dei loro genitori
La ricerca clinica per l’intervento
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In collaborazione con:
Patricia M. Crittenden, Bruno Baldaro, Riccardo Bertaccini, Piera Brustia,
Paola Corsano, Elisa Facondini , Furio Lambruschi, Andrea Landini,
ISBN 978-88-470-2471-7 e-ISBN 978-88-470-2472-4
DOI 978-88-470-2472-4
© Springer-Verlag Italia 2012
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Loredana Cena
Professore Associato di Psicologia Clinica Dipartimento Materno Infantile
Università degli Studi di Brescia Brescia
Franco Baldoni
Professore Associato di Psicologia Clinica Laboratorio sulla valutazione dell’Attaccamento Dipartimento di Psicologia
Università degli Studi di Bologna Bologna
Antonio Imbasciati
Professore Emerito di Psicologia Clinica Dipartimento Materno Infantile Università degli Studi di Brescia Brescia
Prefazione
Quanti sono i bambini che danno problemi ai genitori? Quanti sono i genitori che se ne accorgono? Ma soprattutto, quanti sono i genitori che vogliono curare il bambino?
Quest’ultimo interrogativo, che sembra scontato, è invece più problematico degli al-tri due, in quanto viene inteso all’incontrario.
Il primo interrogativo dice che molti genitori non si pongono un problema se scor-gono qualche segno anomalo nel loro bambino, pensando che tutto si aggiusterà con la crescita, grazie a madre Natura, e che comunque, in caso di qualche disturbo, si porte-rà il bimbo dal pediatra. Il secondo dice che moltissimi genitori non si accorgono che il loro bambino ha un problema psichico in quanto pensano che, essendo piccolo, non ha una mente che possa avere un disagio, come invece pensano che accada nell’adulto, non-ché credono che eventuali irregolarità che essi abbiano notato costituiscano “capricci”, che si potranno via via correggere con la buona volontà e l’educazione; e non segni fo-rieri di dissesto psichico. Alla base di tutto ciò sta il radicato e quasi unanime coscien-zialismo della nostra tradizione occidentale.
Ma il terzo interrogativo risulta incompreso alla maggioranza perché tutti rispondo-no di sì, credendo alla loro coscienza e a ciò essi percepiscorispondo-no, incapaci di considerare quali altre contrarie motivazioni rendano false le loro percezioni latenti e si oppongano alla loro pur buona intenzione. Questo interrogativo risulta, oltre che incompreso, in-comprensibile: tutti (o quasi) ritengono che si debba curare il bambino, ma rifuggono dal fortunato incontro con un operatore competente che prospetti loro che l’oggetto prin-cipale della cura non è il bambino, ma loro stessi, nella loro relazione col bimbo, e che lo scopo di curarlo non è raggiungibile se non attraverso una “cura” per loro stessi. Que-sta prospettiva, nella mentalità corrente, risulta “incomprensibile”, in quanto le “men-ti”, della mentalità corrente, incontrerebbero angosce difficilmente superabili, perché le loro difese – “è il bambino che è malato” – sono state istituzionalizzate nella nostra so-cietà: l’istituzionalizzazione di tali situazioni interiori le colloca del tutto al di fuori del-la possibilità di una qualche coscienzializzazione individuale (Schoeck, 1974; Imbascia-ti, 1975); e ciò anche se il genitore interessato risulta d’accordo in modo accondiscen-dente nel corso del fortuito, oltre che fortunato, incontro con l’operatore competente.
In realtà, per curare i bambini occorre curare i genitori: visto quanto appena so-pra, l’impresa non è facile, incomprensibile, dunque, all’impossibilità di un vero “com-prendere”.
A suggello di quanto siano complessi i tre problemi sopra elencati, e in vista di una loro soluzione, sopravvivono molte convinzioni radicate ed errate:
1) che non esista una mente che va al di là della consapevolezza del soggetto, an-che se essa gli appartiene, e an-che questa mente lo governa in modo ben più efficace di quanto egli pensi coscientemente, spesso in opposizione a ogni sua volontà e intenzio-ne; e che questa mente agisca, sempre, su tutti gli altri, al di là di qualsiasi comunica-zione volontaria; ciò vale sia per la mente del genitore che per quella del bambino;
2) che, in conseguenza di quanto sopra, il proprio comportamento dipenda dalle proprie intenzioni e volontà;
3) che ciò che appare, cioè il comportamento del bimbo, ma anche eventualmen-te il proprio, si possa correggere sia pure con un po’ di pazienza e con un’efficace educazione;
4) che i bambini, soprattutto se piccoli, non abbiano ancora una vera “mente”; 5) che la mente, intesa nella sua globalità affettiva e comportamentale, non mol-to abbia a che fare col cervello;
6) che il cervello si sviluppi per la natura del corredo genico della specie e non a seguito di quanto il bimbo fin dall’epoca prenatale sperimenta;
7) che ogni trasmissione di pensiero passi attraverso il linguaggio verbale. A convergenza di quanto sopra si radica l’idea che sia il bimbo da curare, in quan-to portaquan-tore di un disturbo che va eliminaquan-to, riportando il suo comportamenquan-to a una presunta norma naturale. Nella dicotomia medicalistica normalità/patologia impro-priamente trasferita allo psichico, il “disturbo” va “corretto”: il bambino va curato, secondo il paradigma medico. Accade così che il bambino, portatore di un sintomo che appartiene invece a un male proprio dell’insieme familiare, sia considerato, egli, il “malato”: da curare.
In altri termini il sintomo è scambiato per malattia. E questa è considerata di per-tinenza medica, di questa considerandone solo la prospettiva correttiva, anziché pre-ventiva.
A confermare nella nostra gente queste errate convinzioni sta un altro fatto: la no-stra organizzazione assistenziale cosa offre? A chi si chiede, nelle convinzioni cui sopra, di curare il bambino?
Si offre il pediatra.
Vero è che oggi non pochi pediatri hanno conseguito una formazione e una sensibi-lità a percepire più adeguatamente la complessità relazionale che condiziona i disturbi dei bambini, tuttavia il pediatra, pur preparato, non basta da solo a fronteggiare la ri-chiesta genitoriale che sia il bimbo a essere curato. Resta di solito vittima di quanto gli psicoanalisti chiamano la “controidentificazione proiettiva”. È indispensabile un’équi-pe, psicologo clinico-pediatra-assistente sociale-neonatologo-neuropsichiatra infantile ed altri (ostetrica, infermiere, assistente sanitario, educatore), per far fronte ai metames-saggi intrusivi dei genitori in modo che cambi la loro radicata idea: occorre un’atmo-sfera idonea a far comprendere agli “invianti” (genitori) che il problema non può riguar-dare il bimbo, se non come portatore manifesto di un disturbo relazionale. Tale
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prensione” non può essere ottenuta con messaggi espliciti, perché costituita da un as-setto emozionale non consapevole; e inoltre “istituzionalizzato”, come detto sopra. Per ottenere un mutamento occorrono altri metamessaggi, che emanino direttamente al di sotto delle coscienze. Ciò non è possibile se non in un apposito clima assistenziale, e comunque non è facile da creare. Occorre smontare radicate convinzioni, e oltretutto ra-dicate abitudini del nostro sistema assistenziale. A mantenere tali idee, nei genitori e ne-gli operatori, stanno potenti angosce di colpevolizzazione.
I genitori, infatti, al pensiero che il bimbo presenti segni di un disturbo che è da at-tribuirsi alla relazione con loro e non al bimbo in sé, pensano di “aver sbagliato”, si sen-tono responsabili e quindi “cattivi genitori”. “Sbagliato” in quanto ignorano la comples-sità inconscia della mente, di cui ai punti 1-7 sopra descritti, e nonostante oggi la cul-tura ne offra adeguati aggiornamenti: agisce al fondo lo sgomento di ogni essere uma-no di fronte all’intuizione che egli uma-non è il padrone della propria mente; si preferisce la colpa, rispetto all’impotenza, di fronte alla struttura inconscia della mente. Le radicate errate convinzioni sono dunque sostenute da una base emotiva non consapevole: per-tanto resistono alla persuasione e alle prescrizioni; per ottenerne un cambiamento oc-corre un lavoro psicologico che non potrà mai essere svolto da un singolo, tanto meno dal pediatra, ma neppure dal solo psicologo, bensì necessita di un insieme relazionale, di un “sistema” che coinvolga tutto l’ambiente umano in cui si trova immerso il richie-dente, e che in lui possa operare il mutamento, attraverso le molteplici comunicazioni non verbali, interattive, che l’ambiente stesso emana; ovvero in un particolare “clima”, o atmosfera. E la metacomunicazione che può, e non sempre, agire sulle strutture in-consce.
Questo vale anche per quelle degli operatori, che condividono le difese inconsce de-gli invianti (nonché dei pazienti), e pertanto le “agiscono” nelle loro condotte confer-mando così quelle degli invianti, anche se consapevolmente gli operatori sono stati ag-giornati sulla questione. Accade così che la pressione emozionale colluda con la richie-sta esplicita dell’inviante: “Curate il bambino!”.
Un qualunque operatore da solo, anche lo psicologo, può facilmente venir soverchia-to dall’identificazione proiettiva dell’inviante, prepotentemente intrusiva nella mente di chi pur sappia quanto difficile sia il sottrarvisi. Qualunque operatore, pertanto, ha biso-gno della “rete”, di un sistema umano che lo contenga, sostenga, difenda: non tanto dal-le angosce, quanto dai tentativi degli invianti di sedardal-le facendoli agire coi modelli bio-medici; come se il paziente fosse, appunto, il bimbo. Malgrado i bimbi siano cari e i ge-nitori possano dichiararsi pronti a morire per loro, più di questo amore è forte l’interio-re angoscia di sentirsi implicati in un “male” che non è “sopravvenuto” al povero bim-bo, bensì maturato nella famiglia e nelle sue passate generazioni.
Per questo è così difficile organizzare una prevenzione. Occorrerà un lavoro imma-ne, a livello culturale, sociale, politico, economico. Per quest’ultimo, però, vale la pe-na di pensare quanto enormemente di più costeranno tutte le “cure” praticate lungo tut-ta la vitut-ta dei soggetti disturbati, e ancor più quanto costerà curare i disturbi ipotecati per le future generazioni.
Intento del presente testo è allora dare un contributo affinché il nostro costume cam-bi, e che le sue radici siano messe in luce, per essere sradicate, tollerando le angosce che il loro metterle in luce inevitabilmente produce: per tale tolleranza occorrerà un
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ma sociale di mutuo contenimento e sostegno.
Detto questo abbiamo concepito il presente libro, che segue nel medesimo intento altri nostri precedenti (Imbasciati, Cena, 2009; Imbasciati, Dabrassi, Cena, 2007, 2011), dei quali il più direttamente connesso (Cena, Imbasciati, Baldoni, 2010) è pubblicato da questa medesima Editrice.
L’interesse del mio gruppo bresciano per l’origine e lo sviluppo dei primi processi psichici, nel neonato, può datarsi al 1991 (Imbasciati, Cena, 1991), promosso da un mio precedente personale interesse psicoanalitico alla formulazione di una teoria sulle ori-gini psichiche diverse da quella della tradizione freudiana (Imbasciati, Calorio, 1981). Tale iniziale impostazione, collocata nel più ampio vertice in cui parallelamente avevo sviluppato metodi e contenuti della Psicologia Clinica (Imbasciati, 1986, 1994; Imba-sciati, Margiotta, 2005, 2008) diede origine a prime ricerche sperimentali sul campo e quindi a configurare una Psicologia Clinica Perinatale (Imbasciati, Dabrassi, Cena, 2007). Il nostro approccio, sia teorico che clinico, nasce pertanto da un’integrazione del-l’ottica e della ricerca psicoanalitica con il vertice della psicologia sperimentale e l’am-pia area della Psicologia Clinica (Imbasciati, 1994, 2008b, 2012), cui negli ultimi anni si è aggiunto l’apporto degli sviluppi clinici della Teoria dell’Attaccamento, con le par-ticolari innovazioni apportate dalla Scuola di Patricia Crittenden e della IASA (Interna-tional Association for the Study of Attachment). In quest’ultimo quadro i nostri studi si sono collegati agli omologhi svolti dal collega Franco Baldoni nel suo “Laboratorio di valutazione dell’Attaccamento”, all’Università di Bologna. Da quest’ultima integrazio-ne sono nati questo e il precedente volume (Cena, Imbasciati, Baldoni, 2010), precedu-ti e seguiprecedu-ti da numerosi arprecedu-ticoli, dal 1997 a tutt’oggi (www.imbasciaprecedu-ti.it).
Il focus dell’indirizzo clinico che stiamo sviluppando è rappresentato dall’emergen-te necessità di aver cura dei genitori fin dalla loro nascita come tali (“quando nascono i genitori?”), se vogliamo curare i bambini con efficacia; per tale intento è indispensa-bile promuovere una mentalità di prevenzione e miglioramento che tenga conto delle future generazioni e demolire la concezione, purtroppo ancora operante in Italia, che i disturbi psichici e comportamentali dei bambini vadano curati quando ne emerga una qualche “psicopatologia”; e centrandosi sul bambino. Ciò non potrà essere ottenuto se non con una sensibilizzazione culturale e politica che possa condurre a una trasforma-zione delle nostre istituzioni assistenziali e soprattutto a una nuova, non facile ma ne-cessaria formazione di tutti gli operatori della salute.
Da molte decadi le Scuole Sistemiche ci hanno edotto sugli errori derivanti dal cu-rare il “paziente designato”, indirizzando invece il fuoco di osservazione e cura sull’in-sieme relazionale, inteso come effettivo “paziente”. Tuttavia tale fondamentale scoper-ta sembra essere rimasscoper-ta in ombra: quando si rivela un disturbo nei bambini, si preten-de di curare questi, secondo la tradizione medica, anziché il loro sviluppo relazionale, in questo caso il rapporto continuato con i genitori/caregiver. Rapporto che le neuroscien-ze hanno dimostrato essere strutturante per l’organizzazione micromorfologica e fun-zionale del sistema nervoso centrale fin dall’epoca fetale: ecco allora che lo studio e l’in-tervento clinico inizia dalla coppia, dalla relazione dell’uomo con la donna nella pro-spettiva di generare un figlio.
Per intervento clinico, preventivo e terapeutico, si intende un quadro di assistenza psicologica, organizzato in appositi servizi, entro cui l’opera di differenti specialisti –
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psicologi clinici, assistenti sociali, ostetriche e ostetrici, pediatri, neuropsichiatri infan-tili, psichiatri, infermieri, assistenti sanitari – coordinatamente si integri in un’accoglien-za e sostegno di tutte le coppie, nell’intento sia di promuovere la migliore Salute men-tale sia di individuare le situazioni a rischio: coppie che per la loro struttura psichica, la qualità della loro relazione e la situazione sociale in cui si trovano, hanno probabilità di allevare bambini che svilupperanno strutture psichiche non ottimali, al limite patologi-che; i quali bambini, a loro volta diventati adulti, potranno ulteriormente influire nega-tivamente sulle future generazioni (Imbasciati, Dabrassi, Cena, 2011). Per le situazioni a rischio si interverrà con le più appropriate forme di psicoterapia.
Una difficoltà della cultura sanitaria corrente è il comprendere appieno quanto un intervento di cura, o meglio di care, praticato per vie psichiche possa avere incidenza sullo sviluppo delle strutture neurali che si formano già nel feto e si completano nel neo-nato e nei primi anni di vita di un individuo, condizionando il futuro del funzionamen-to del cervello della persona, e di qui il suo destino. Si tratta della difficoltà a rendersi conto come la cura della Relazione strutturi l’apparato neuromentale. Lo sviluppo del-le neuroscienze, in un quadro di competente osservazione di psicologia clinica – si par-la oggi di neuro psicoanalisi – ha dimostrato come in ogni repar-lazione, soprattutto se in-tima e in età precoce, comporti messaggi che strutturano le reti neurali (Schore, 2003a,b): quanto in passato era stato focalizzato come comunicazione di affetti tra madre e neo-nato e indicato come fattore essenziale dello sviluppo psichico, è stato in queste ultime decadi scoperto come serie di apprendimenti, non verbali, che strutturano il cervello. La cosiddetta maturazione neurologica si è scoperto essere dovuta ad apprendimenti, mol-to più che alla genetica (Merciai, Cannella, 2009).
Le interazioni che compongono ogni relazione veicolano messaggi, non consape-voli e non verbalizzabili, che costituiscono il tessuto di ciò che oggi si intende come Re-lazione, e che determinano un apprendimento mediante un affetto neurale strutturante, tanto più quanto esse sono precoci nella vita di un individuo. La maturazione neurolo-gica avviene per questi apprendimenti in modo qualitativamente differenziato e, a se-conda delle singole relazioni, può condurre a una ottimalità neuropsichica, piuttosto che verso la disfunzionalità e la patologia. Di qui la necessità che l’obiettivo della cura per i bambini debba essere non il bimbo, ma la Relazione con i suoi genitori e caregivers, a cominciare dall’unione di una coppia generativa. Di qui la comprensione di quanto una cura psichica condizioni la biologia; e non solo a livello neurologico, ma anche, at-traverso il cervello, l’intero sviluppo psicosomatico dell’organismo.
Focalizzare la cura sul bambino, e intraprenderla quando si rivela un disturbo, so-no le vie meso-no efficaci per modificare qualcosa: tale so-nozione, anche se coso-nosciuta, vie-ne quanto mai messa in ombra vie-nei nostri servizi, che facilmente slittano da una “cura” intesa nel senso dato a questo termine dal vertice e dai metodi adeguati a curare la re-lazione, come nel nostro testo definita, alla vecchia concezione medicalistico-psichia-trica, per cui si pensa che si possa e si debba curare il bimbo con gli stessi sistemi e mez-zi – farmacologici! – con cui si curano le malattie; e quindi soltanto quando queste si manifestano. Questo slittamento si riferisce a una concezione di “clinica” come rime-dio quando si rivela un disturbo: al contrario il senso del termine “clinico” in Psicolo-gia Clinica assume significato diverso ben più ampio e differenziato rispetto a quello che la parola ha nell’area medica; lo si intende sempre in senso longitudinale e
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dente dall’evidenziarsi del disturbo. Il disturbo psichico, infatti, ben prima di emergere all’evidenza si radica nelle origini della struttura neuropsichica: di qui l’indispensabile necessità di prevenzione prima ancora di qualunque “cura” (Imbasciati, 2008a,b); di qui l’attenzione alla promozione della salute (intesa come ottimalità) anche per le future ge-nerazioni (Imbasciati, Dabrassi, Cena, 2011).
Molti sono i vertici scientifici in cui tale “cura”, del bambino nelle sue relazioni, può essere inquadrata: il primo e forse più noto è quello psicoanalitico, l’analisi del bimbo insieme ai suoi genitori, dall’Infant Observation della Bick (1964) alle opere di Dina Vallino (Vallino, 2009). La laboriosità (e quindi la bassa economia) del metodo psicoa-nalitico, che pur rimane quello più radicale, ha spinto molti ricercatori a mettere a pun-to differenti psicoterapie: indirizzi psicodinamici si sono ibridati con matrici sistemiche, cognitivo-comportamentali, transazionali, psicopedagogiche, costruttiviste, mentre le tec-niche gruppali hanno fornito un riferimento agli interventi sul piccolo gruppo familia-re. Le tecnologie di ripresa audiovisive sono state sempre più e in vario modo utilizza-te per riprendere seduutilizza-te di utilizza-terapia: il rivederle serve allo psicoutilizza-terapeuta, il rivederle in-sieme ai pazienti interessati, cioè i genitori, ha un effetto terapeutico, che può essere cor-roborato da un contemporaneo intervento sia dello/degli psicoterapeuta/i, sia di altri ge-nitori-pazienti in analoghe situazioni, utilizzando tecniche di gruppo.
La maggior evoluzione in tale iter è a mio avviso rappresentata dal saper integrare uno “spirito psicoanalitico”, centrato sull’analisi delle emozioni inconsce che trascor-rono entro il terapeuta ed entro il paziente e tra di loro, con l’apporto attinto dalle scien-ze sperimentali, che ha da sempre costituito il terreno di studio della psicologia evolu-tiva classica, per approntare su questa base set di tipo diagnostico che contemporanea-mente possono essere usati per l’intervento psicoterapeutico. In questo incontro, tra spi-rito clinico e approccio sperimentale, pionieristica fu l’opera di John Bowlby. Le sue allieve – rammentiamo Mary Ainsworth e Mary Main – svilupparono classiche situa-zioni madre-bimbo per farne terreno standard per una diagnostica che contemporanea-mente potesse servire come psicoterapia.
In questo quadro Patricia Crittenden ha sviluppato sia la teoria, coniugando appor-ti psicoanaliappor-tici, sistemici, evoluappor-tivisappor-tici, sperimentali, sia gli strumenappor-ti, oggetto ora an-che dei nostri studi, sia modalità psicoterapeutian-che an-che assommano il pregio di una re-lativa economicità ad una loro efficacia.
Il testo che presentiamo si apre con una panoramica sui temi generali per sottolinea-re l’importanza di una “perinatalità dei genitori”: il periodo lungo il quale una coppia pensa, progetta e poi attua il concepimento, la gestazione e l’accudimento del neo-na-to, è contrassegnato da enormi trasformazioni psichiche dei futuri genitori. In questa pe-rinatalità psichica nascono, per così dire, i genitori stessi, ovvero si forma in loro quel-la struttura che si rende necessaria per allevare un bimbo: quel-la dimensione delquel-la genito-rialità. In questo periodo di perinatalità della coppia, quanto mai opportuna se non ne-cessaria è un’assistenza della coppia stessa: una cura dei futuri genitori, in un’ottica di prevenzione per evitare che coppie con strutture neuromentali non ottimali e/o in cir-costanze esterne avverse possano condizionare la struttura in via di formazione del bim-bo in modo non ottimale, deficitario, disfunzionale, forse patologico. Si prospetta per-tanto l’opportunità di screening preventivi, quale quello di uno studio pilota da noi ef-fettuato (Cena, Imbasciati et al., 2011).
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In questo quadro il libro prosegue presentando alcune ricerche in atto, per aprire poi la seconda parte, sulle applicazioni del Modello Dinamico-Maturativo derivato dalla Teo-ria dell’Attaccamento negli studi e nelle ricerche della Crittenden. Qui il terzo autore del nostro libro, il prof. Baldoni dell’Università di Bologna, presenta le sue ricerche con un’attenzione all’integrazione tra psicoterapia dinamica e il quadro diagnostico terapeu-tico individuato dall’approccio della Crittenden.
In questa seconda parte, il nostro testo delinea con il capitolo 11 la centralità di una formazione degli operatori adeguata alla sostanza emozionale che governa la relazione genitori-bambino-operatori, e pertanto da attuarsi con metodologie didattiche non tra-dizionali. Tale formazione è di importanza primaria, fondamentale e preliminare: essa ha lo scopo non soltanto di preparare operatori idonei, quanto soprattutto di creare una cultura assistenziale nuova per questo genere di “cura”, del tutto diversa da quella del-lo spirito medicalistico tradizionale, che operi come rete contenitiva, in cui le diverse competenze specialistiche dovranno integrarsi in uno spirito sensibile alle correnti emo-zionali profonde, soprattutto quelle collettive, ed ancor più quelle istituemo-zionalizzate. L’i-stituzione, intesa nel senso di Jacques (1955), deve il più possibile sfociare in un’Orga-nizzazione che serva al cliente, anziché all’operatore, come purtroppo in genere acca-de. Una tale formazione ha pertanto un profondo valore sociale, per l’intera collettivi-tà prima ancora che per le singole famiglie.
In questo quadro si delinea anche, nel medesimo capitolo, la possibilità che un’in-tegrazione tra la Teoria dell’Attaccamento e la psicoanalisi, quale del resto è persegui-ta dalla Scuola di Fonagy, possa facilipersegui-tare una più estesa osmosi culturale tra i vari ver-tici di differenti Scuole.
Seguono in quest’ultima linea alcuni contributi di psicologi e psicoterapeuti appar-tenenti alla IASA, che presentano casi clinici di psicopatologia dello sviluppo. L’approc-cio, come si può notare, dice della difficoltà di integrazione tra i vari vertici, in questo caso molto diversi tra di loro, con i quali vengono inquadrati i problemi.
Un esempio a mio avviso paradigmatico di come l’approccio secondo il Modello Dinamico-Maturativo e la Teoria dell’Attaccamento possano essere utilizzati nei più va-ri contenuti sociali, chiude il libro: si tratta dell’applicazione diagnostica e terapeutica nei Servizi Tutela Minori.
Complessivamente questo nostro testo vuole realizzare un coinvolgimento delle mol-te professionalità che oggi operano ognuna separatamenmol-te nei servizi assismol-tenziali del-l’infanzia: pediatri, psicologi, neonatologi, neuropsichiatri infantili e psichiatri, ostetri-ci, assistenti sociali, giudici minorili, educatori, puericultrici e assistenti dell’infanzia e ogni altra figura professionale che nei nostri servizi operi nell’area della perinatalità; dei bimbi e come detto dei genitori. Un tale coinvolgimento apre la strada a un’integrazio-ne multidisciplinare che potrà realizzarsi in una riorganizzazioun’integrazio-ne degli attuali servizi che si occupano dell’infanzia e della donna, in un comune interesse per la promozione del-la salute. Essenziale quindi l’apporto di psicologi clinici esperti di perinatalità, in un del- la-voro comune, quale quello da noi iniziato per la formazione di tutti i diversi operatori: una formazione permanente che sottolinei l’assetto emozionale essenziale affinché al-le diverse metodologie tecniche si accompagnino a un clima che favorisca l’accoglien-za dell’utenl’accoglien-za. Occorre qui sottolineare come nella nostra cultura siano proprio le fa-miglie, e le coppie, più bisognose d’aiuto quelle che invece non accedono all’aiuto
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ferto, o vi si sottraggono, o comunque non possiedono lo spirito per comprendere i pro-pri bisogni e l’importanza di questi per lo sviluppo dei figli.
Occorre d’altra parte creare a livello sociale una nuova cultura della Salute, intesa nel suo completo aspetto psichico e fisico, nella prospettiva di un futuro transgenera-zionale: è nostra opinione che la tendenza dell’attuale civiltà non favorisca un futuro po-sitivo e pertanto che sia indispensabile un impegno perché tecnologia e mass media non fungano da alibi politici, per ingannare l’utenza, colludendo con radicate, nefaste e pur-troppo non consapevoli idee che qui abbiamo stigmatizzato, e in tal trascuratezza de-magogica lasciare che si distrugga ciò che in secoli l’homo sapiens ha costruito nello spazio mentale transgenerazionale.
Brescia, Marzo 2012
Antonio Imbasciati
www.imbasciati.it
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Indice
Parte I Ricerca, formazione, prevenzione, intervento a sostegno dei genitori
e dei loro bambini . . . . 1
1 Curare i genitori per aver cura dei bambini . . . . 3
Antonio Imbasciati 1.1 Curare i bambini . . . 3
1.2 Dalle cure materne alla scoperta della Relazione . . . 8
2 Prendersi cura della generatività, genitorialità e cogenitorialità con gli operatori socio-sanitari del percorso- nascita, per una profilassi psicoeducativa . . . . 19
Loredana Cena, Antonio Imbasciati 2.1 Premessa . . . 19
2.2 Genitori: progettualità generativa, genitoriale, transgenerazionale . . . . 20
2.3 Viaggi di “andata e ritorno” nella perinatalità psichica dei genitori: quando nascono i genitori? . . . 26
2.4 La relazione primaria genitore-bambino . . . 31
2.5 La cogenitorialità . . . 35
2.6 Aspettative e predittività nei progetti di sostegno alle coppie . . . 38
Bibliografia . . . 42
3 La ricerca in Psicologia Clinica Perinatale: fattori di rischio e protezione per la tutela della salute mentale. . . . . 47
Loredana Cena, Antonio Imbasciati 3.1 I multiformi aspetti della perinatalità psichica: che cosa esplorare in un’indagine per la tutela della salute mentale? . . . 47
3.2 Fattori di rischio perinatale: sintomi di ansia, depressione, alessitimia . . . . 53
3.3 Fattori di protezione: sostenere la relazione genitore-bambino,
la sensibilità e l’alleanza cogenitoriale . . . 56
3.4 La nascita del secondo figlio . . . 63
Bibliografia . . . 64
4 L’intervento in Psicologia Clinica Perinatale. Integrazione con i percorsi di cura in ostetricia, neonatologia, pediatria e neuropsichiatria infantile . . . 71
Loredana Cena, Antonio Imbasciati 4.1 Le disfunzioni precoci nella relazione genitore-bambino . . . 71
4.2 La mente che nasce dal corpo . . . 77
4.3 Sviluppi applicativi della Teoria dell’Attaccamento . . . 80
4.4 Modelli di intervento in Psicologia Clinica Perinatale . . . 82
4.5 La consultazione terapeutica prenatale: l’anticipazione preventiva come fattore protettivo . . . 86
4.6 Gli organizzatori psichici del cambiamento perinatale genitoriale: funzione simbolica degli esami medici e delle consultazioni ostetrico-ginecologiche . . . 90
4.7 Integrazione tra ricerca e clinica per monitorare il cambiamento . . . 92
4.8 I fattori fondamentali di cambiamento comuni alle diverse vie di accesso all’intervento . . . 93
4.9 Il Modello Dinamico di Interdipendenza di Stern: un’integrazione tra i diversi interventi perinatali . . . 96
4.10 Le diverse “vie d’ingresso” nella consultazione terapeutica secondo la Teoria dell’Attaccamento . . . 97
4.11 Crescita e cambiamento genitoriale con il Modello Dinamico-Maturativo di Patricia Crittenden . . . 101
Bibliografia . . . 105
5 Prendersi cura della complessità genitoriale, quando nascono i gemelli . . 113
Piera Brustia 5.1 Idillio e travaglio della gestazione . . . 113
5.2 La gemellarità . . . 116
5.3 Un progetto di sostegno alla genitorialità . . . 118
Bibliografia . . . 123
6 La scuola che accoglie le famiglie per il benessere dei bambini . . . 125
Paola Corsano, Marinella Majorano 6.1 Voce del verbo “accogliere” . . . 125
6.2 L’identità del bambino tra narrazione, autonomia e connessione . . . 127
6.3 La scuola che accoglie le famiglie e le famiglie che accolgono la scuola: una ricerca-azione nei nidi d’infanzia . . . 129
Bibliografia . . . 133
Indice xiv
Indice xv
Parte II Nuove prospettive evoluzionistiche dell’attaccamento . . . 135
7 I livelli di ragionamento genitoriale e funzionamento familiare . . . 137
Patricia Crittenden, Andrea Landini 7.1 I livelli di ragionamento genitoriale e funzionamento familiare . . . 137
7.2 Le strategie di protezione del Sé . . . 139
7.3 Le interazioni diadiche madre-bambino con il CARE-Index: esempi clinici . . . 147
7.4 Pericolo e strategia: i modificatori . . . 156
7.5 Gli strumenti DMM di valutazione delle strategie di protezione del Sé . . . 157
7.6 Livelli di ragionamento genitoriale e di funzionamento familiare . . . 159
7.7 Casi clinici: Anna e il suo bambino . . . 160
7.8 Gradiente di interventi . . . 166
7.9 Cluster genitoriali . . . 167
Letture consigliate . . . 170
8 Trasmissione dell’attaccamento e Modello Dinamico-Maturativo . . . 183
Franco Baldoni, Mattia Minghetti, Elisa Facondini 8.1 La trasmissione dell’attaccamento . . . 183
8.2 Una prospettiva dinamico-maturativa . . . 189
Bibliografia . . . 193
9 La trasmissione dell’attaccamento tra madre e figlio: uno studio italiano . . . 197
Franco Baldoni, Bruno Baldaro, Mattia Minghetti, Paola Surcinelli, Andrea Landini, Patricia M. Crittenden 9.1 Introduzione . . . 197 9.2 Campione . . . 197 9.3 Materiale e metodi . . . 198 9.4 Risultati . . . 200 9.5 Discussione . . . 205 Bibliografia . . . 206
10 La Psicoterapia Dinamica basata sul Modello Dinamico-Maturativo . . . 209
Franco Baldoni 10.1 La psicoterapia dinamica contemporanea . . . 209
10.2 Attaccamento e psicoterapia dinamica . . . 210
10.3 La psicoterapia dinamica basata sul Modello Dinamico-Maturativo . . . 213
Indice xvi
11 Psicoanalisi e prospettive evoluzionistiche dell’attaccamento: un progetto
di prevenzione per la tutela della salute mentale perinatale . . . 229
Loredana Cena, Antonio Imbasciati 11.1 Psicoanalisi e Teoria dell’Attaccamento verso convergenze e integrazioni: i punti di sovrapposizione epistemologica secondo la prospettiva di Fonagy . . . 229
11.2 Ulteriori aree di intermediazione epistemologica tra la Psicoanalisi e la Teoria dell’Attaccamento . . . 232
11.3 Approccio psicoanalitico e prospettive evoluzionistiche dell’attaccamento con il DMM: possibili punti di forza e integrazione . . . 236
11.4 Il Modello Dinamico-Maturativo in un progetto integrato di prevenzione perinatale . . . 238
11.5 Strumenti per un progetto di prevenzione perinatale integrato . . . 242
11.6 La formazione alla perinatalità secondo un approccio integrativo . . . 248
Bibliografia . . . 249
12 Presa in carico di casi clinici nei servizi ASL: l’ADHD in un’ottica cognitivo-evolutiva . . . 253
Furio Lambruschi, Riccardo Bertaccini 12.1 Introduzione . . . 253
12.2 Le caratteristiche cliniche del bambino con ADHD . . . 254
12.3 Eziopatogenesi . . . 256
12.4 L’attaccamento . . . 258
12.5 Ricerche empiriche su ADHD e attaccamento . . . 260
12.6 Regolazione emotiva ed espressività sintomatologica . . . 262
12.7 Diagnosi funzionale e definizione degli obiettivi terapeutici . . . 263
12.8 Esemplificazioni cliniche: Andrea e i suoi genitori . . . 266
Bibliografia . . . 270
13 La promozione della genitorialità in un servizio di Tutela Minori . . . 273
Maria Dolores Masè 13.1 I genitori maltrattanti secondo il DMM . . . 273
13.2 Applicazioni del DMM in un servizio tutela minori . . . 276
13.3 Esemplificazioni cliniche: Alberto, il padre di Filippo . . . 279
13.4 Riflessioni conclusive . . . 287
Elenco degli Autori
Bruno Baldaro
Dipartimento di Psicologia Università degli Studi di Bologna
Franco Baldoni
MD, PhD, Psicoterapeuta
Professore Associato di Psicologia Clinica Laboratorio sulla Valutazione
dell’Attaccamento Dipartimento di Psicologia Università degli Studi di Bologna Founder member e Board member della International Association for the Study of Attachment (IASA)
Riccardo Bertaccini
Psicologo psicoterapeuta UONPIA – Azienda USL Cesena Responsabile Centro Terapia Cognitiva, Forlì
Didatta Scuola Bolognese di Psicoterapia Cognitiva
Piera Brustia
Professore Ordinario di Psicologia Dinamica
Dipartimento di Psicologia Università di Torino
Loredana Cena
PhD, Psicoterapeuta
Professore Associato di Psicologia Clinica Dipartimento Materno Infantile,
Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Brescia Full membership della International Association for the Study of Attachment (IASA)
Paola Corsano
Professore Associato di Psicologia dello sviluppo
e Psicologia dell’educazione Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Parma
Patricia M. Crittenden
Family Relations Institute, Miami (USA) Presidente della International Association for the Study of Attachment (IASA)
Elisa Facondini
Psicologa, Psicoterapeuta Laboratorio sulla Valutazione dell’Attaccamento,
Dipartimento di Psicologia Università degli Studi di Bologna
Antonio Imbasciati
MD, Professore Emerito di Psicologia Clinica
Dipartimento Materno Infantile, Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Brescia
Psicoanalista Membro Ordinario e Didatta della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association
www.imbasciati.it
Furio Lambruschi
Psicologo psicoterapeuta UONPIA – Azienda USL Cesena Direttore Scuola Bolognese Psicoterapia Cognitiva, Forlì
Didatta SITCC
Founder member della International Association
for the Study of Attachment (IASA)
Andrea Landini
Family Relations Institute Italia
Scuola Bolognese di Psicoterapia Cognitiva Bologna
Founder member della International Association
for the Study of Attachment (IASA)
Marinella Majorano
Ricercatrice di Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione
Università degli Studi di Verona
Maria Dolores Masè
Psicologa psicoterapeuta Servizio Tutela Minori
Consultorio Adolescenti, ASL Brescia Founder member della International Association
for the Study of Attachment (IASA)
Mattia Minghetti
Laboratorio sulla Valutazione dell’Attaccamento,
Dipartimento di Psicologia Università degli Studi di Bologna
Paola Surcinelli
Dipartimento di Psicologia Università degli Studi di Bologna
Elenco degli Autori xviii