• Non ci sono risultati.

S toria. Porto e città. Roberto Giulianelli. L economia del mare ad Ancona dall Unità al Duemila FRANCOANGELI

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "S toria. Porto e città. Roberto Giulianelli. L economia del mare ad Ancona dall Unità al Duemila FRANCOANGELI"

Copied!
22
0
0

Testo completo

(1)FRANCOANGELI. S. toria. Roberto Giulianelli. Porto e città L’economia del mare ad Ancona dall’Unità al Duemila.

(2) Informazioni per il lettore. Questo file PDF è una versione gratuita di sole 20 pagine ed è leggibile con Adobe Acrobat Reader. La versione completa dell’e-book (a pagamento) è leggibile con Adobe Digital Editions.. Per tutte le informazioni sulle condizioni dei nostri e-book (con quali dispositivi leggerli e quali funzioni sono consentite) consulta cliccando qui le nostre F.A.Q..

(3) Storia/Studi e ricerche 

(4)           Direttori '+&+#'#+(+#!!#

(5) &'.%+)%%#'#. (&#"#+'%,.(-#-(%(%(%%'5)+-%%+#+,-(+#'%%/+#-3+#"22 #,.(#-&#)(%#-##.%-.+%#+%#!#(,#('(&##,(#%#,)2#%&#(/(#'(,-+# !#(+'# 9#'-'-(%%(%%'5+(!%#+%'.(//(#+# %--+%-''2%%.%-.+,-(+# #-%#' ('-+#.-# (+#!#'%# .'*. #' )+/%'2 (/.-#  !#(/'# ,-.#(,# # /+#( (+#'-&'-()+(/'#'2 (+&%,!!#(+#-#('(''+3-+#&'-(#.',&)+ ',,+#((++(#+# +#&'-##'(-#))'##).+&'-''(.'#&)#'-(!#% ,,'2#%"'-+'%/#/(%%/(+(,-(+#(!+ #(#'--('%'(,-+(), Comitato scientifico +'( &-(+# '#/+,#-3 (('# #%'( #.,)) +- '#/+,#-3 (('# #%'(+#.#, -+#'#/+,#-3!%#-.###%'(#(+!#( #!--#'#/+,#-3 (('# #%'( +%( )+ '#/+,#-3 !%# -.# # #%'( #(+!#( "#--(%#'# '#/+,#-3!%#-.###%'(-+#2# %)#'('#/+,#-3#(+#'( +#( % +##'#/+,#-3!%#-.##(&7(++!-8 "+#,-(  #))+ +#.+!',-#-.- (+/'-.#,("' ((-'#/+,#-1 (%%!('('- '(/-#'#/+,#-3 !%#-.###%'(%/-(+.)('#/+,#-3!%#-.##%+&(.''(+# '#/+,#-3 !%# -.# # #+'2 #"% #',,( '#/+,#-3 !%# -.# # #%'( #(/''# .-( '#/+,#-3 !%# -.# # )(%# 7 +#( 8 #%%, 4(.- 

(6) (% (+&%.)4+#.++#, +&#'#'-('#/+,#-3#%+'(%&(%('#'#/+,#-3 # #, '' +# ( '#/+,#-3 !%# -.# # )(%# 7 +#( 8 .1 #%%  #+$$ (%%!'#/+,#-1( ('(''-('%%%(&('#'#/+,#-3%% %+# #'+#+'#'#'#/+,#-3!%#-.##+(' %(&#--(,,#.+--+/+,(.')+(,,(#)++/#0%/%##-3,#'-# ##/(%.&# ).%#-#.

(7) I lettori che desiderano informarsi sui libri e le riviste da noi pubblicati possono consultare il nostro sito Internet: www.francoangeli.it e iscriversi nella home page al servizio “Informatemi” per ricevere via e-mail le segnalazioni delle novità..

(8) Roberto Giulianelli. Porto e città L’economia del mare ad Ancona dall’Unità al Duemila. FRANCOANGELI. S toria.

(9) A Emma      . /D ULFHUFD H OD VWDPSD GHO YROXPH VRQR VWDWH FRILQDQ]LDWH FRQ L IRQGL GHO 3URJHWWR VWUDWHJLFR ³7KH QHWZRUNRIWKH%RWDQLFDO*DUGHQVRI$QFRQD´VWDQ]LDWLGDOO¶8QLYHUVLWj3ROLWHFQLFDGHOOH0DUFKH  ,QFRSHUWLQDAncona nel primo dopoguerra )RQGR*DGGRQLFODVVLILFD]LRQHQ

(10).    &RS\ULJKW‹E\)UDQFR$QJHOLVUO0LODQR,WDO\ . L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento in cui effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni della licenza d’uso dell’opera previste e comunicate sul sito www.francoangeli.it..

(11) Indice. Prefazione, di Franco Amatori. pag.. 9. Nota introduttiva. ». 13. Sigle e abbreviazioni archivistiche. ». 17. 1. L’impatto con il nuovo stato 1. Avamposto del Regno 2. Come si infrange un sogno 3. I magazzini generali. » » » ». 21 21 29 34. 2. Pianificare 1. Tra fine Ottocento e Grande guerra 2. Un buco nell’acqua: l’Ente autonomo portuale 3. Le ambizioni del regime. » » » ». 42 42 52 61. 3. Cambia il mondo, cambia il porto 1. La ricostruzione postbellica 2. Imitare Marghera 3. Dalla Zipa al Piano azzurro 4. L’ultimo miglio. » » » » ». 66 66 73 80 87. Parte I Lo scalo. 5.

(12) Parte II Gli scambi 1. Navi, compagnie, marinai 1. Inseguendo la Valigia delle Indie 2. La Navigazione generale italiana e le altre 3. La parabola della Saim 4. Linee e società dal 1926 alla guerra 5. I collegamenti nella seconda metà del Novecento 6. «Come un uomo accidentato» 7. Gente di mare 8. L’istruzione nautica. pag. 95 » 95 » 103 » 109 » 120 » 124 » 128 » 136 » 142. 2. Arrivi e partenze 1. Congiuntura economica e intersezioni locali 2. Grano, carbone e… 3. L’appendice petrolifera di Falconara Marittima 4. La mezza rivoluzione di fine secolo 5. Lo sguardo a Est 6. Non solo Zara. » » » » » » ». 150 150 161 173 180 185 201. 3. Le merci non hanno gambe 1. Facchini: proletariato o lobby? 2. Fra Mazzini e Malatesta 3. Alla prova del dopoguerra 4. Il fascismo nel porto 5. Grande depressione: licenziamenti e luddismo 6. Dalla compagnia al terminal. » » » » » » ». 212 212 217 222 227 233 239. » » » » ». 251 251 257 264 270. Parte III La pesca 1. Una lenta marcia 1. L’anello debole 2. La spiaggia della cooperazione 3. La conquista del motore 4. Consorziarsi per l’autarchia 6.

(13) 5. Propagandisti e comunità 6. Problemi di credito. pag. 273 » 281. 2. Un polo nazionale 1. Dalle banchine al mercato all’ingrosso 2. Ricostruzione e sviluppo 3. Trasformazioni di fine millennio. » » » ». 289 289 303 312. 3. La fiera 1. Perché Ancona 2. “Fiera della rinascita” e internazionalizzazione 3. La svolta del 1976. » » » ». 322 322 327 334. 4. Dagli squeri alla nautica di lusso 1. Le radici nella pesca 2. Sulla via della diversificazione 3. Ascese e ricomposizioni. » » » ». 341 341 345 352. 1. La proprietà 1. Cherchez l’entrepreneur 2. L’imbonitore venuto dal Nord 3. Banca e siderurgia 4. I Piaggio 5. L’ombrello dell’Iri. » » » » » ». 363 363 369 376 381 387. 2. La produzione 1. La specializzazione nei mercantili 2. Fare di necessità virtù 3. Too good to survive. » » » ». 396 396 405 414. 3. Il lavoro 1. Un impianto labour intensive 2. Avanguardia del proletariato 3. L’epopea del Ragioniere. » » » ». 422 422 435 442. Parte IV La navalmeccanica maggiore. 7.

(14) 4. Impianti e tecnologia 1. I mancati interventi nell’Ottocento 2. Il layout di fabbrica al tempo dei genovesi 3. Il nuovo stabilimento Fincantieri 4. Dagli scaldachiodi alla modularità. pag. 453 » 453 » 460 » 468 » 474. Osservazioni conclusive. » 485. Postfazione, di Ercole Sori. » 491. Bibliografia. » 497. Indice dei nomi. » 525. 8.

(15) Prefazione di Franco Amatori. Il libro che ora viene dato alle stampe è l’esito di più di un ventennio di studi e ricerche. Il primo risultato, all’esordio della carriera di studioso di Roberto Giulianelli, era stata la monografia Arsenalotti. Il cantiere navale di Ancona dalla barriera gregoriana alla seconda guerra mondiale, del 2000. Avendo letto allora quel volume perché richiesto di partecipare a un dibattito, compresi, senza fatica alcuna, le notevoli potenzialità di ricercatore dell’autore, al quale non era sfuggita alcuna fonte disponibile. Mi proposi allora di convincerlo a indirizzare il suo percorso accademico verso la storia economica, un’area di studi che mi sembrava potesse valorizzare i suoi interessi e le sua capacità di ricerca e analisi della documentazione storica. Lo misi quindi in contatto con un formidabile coach, Ercole Sori, professore di Storia economica ad Ancona, uno dei pochi capaci di dominare sia le teorie e gli strumenti analitici dell’economia, sia i “ferri del mestiere” dello storico. Roberto Giulianelli dimostra oggi di avere le qualità per sostenere il peso di un’eredità importante nella storiografia economica italiana, un’eredità plasmata da maestri quali Alberto Caracciolo e Sergio Anselmi. Sebbene da lontano, ho continuato a seguire il lavoro di Roberto Giulianelli, sia nel suo percorso scientifico, sia attraverso la collaborazione nell’organizzare la Summer School dell’European Business History Association (Ebha), che per un lustro si è tenuta ad Ancona. Con questo volume l’autore propone, in un lavoro di ricerca e analisi di grande respiro e completezza, un tema assai rilevante per la storia economica del nostro paese: l’economia del mare nell’Italia unita, dominando la pluralità di fattori interni ed esterni che concorrono a definire il rapporto fra Ancona – città di mare – e l’economia locale, quella nazionale e la più vasta economia-mondo, prima internazionale e poi globale. 9.

(16) L’articolazione del volume (I. Lo scalo; II. Gli scambi; III. La pesca; IV. La navalmeccanica maggiore) e la sua notevole dimensione danno conto della specificità dell’economia del porto, in uno scenario che brulica di attività e di protagonisti diversi, di diverso peso, i quali concorrono a definire un percorso storico unico e originale, fra tanti fallimenti e qualche successo, ma di indubbio interesse per la storia di un polo economico e commerciale che racchiude tante storie paradigmatiche della vicenda nazionale. Gli attori a cui Roberto Giulianelli dedica la sua partecipata attenzione sono molteplici: dagli agenti marittimi ai facchini, dai pescatori ai protagonisti della cantieristica minore, dai deboli imprenditori locali ai grandi affaristi del primo Novecento, sino agli industriali della navalmeccanica nazionale. Seguendo gli sviluppi secolari del porto e del territorio di Ancona, il volume sottolinea la forza di una negativa path dependency, che evidenzia la debolezza delle spinte di sviluppo autonome e l’impronta accentuatamente esogena di tutte le fasi di crescita e modernizzazione. È quanto avviene nel quarto decennio del XVIII secolo, quando il papa Clemente XII concede il porto franco, conquistando la duratura gratitudine degli anconitani, tanto che la piazza dominata dalla sua statua – la più suggestiva, la più “romana” della città – è inequivocabilmente “piazza del papa”, il papa del porto franco. Ma protezioni, privilegi e anche un vasto programma di costruzioni non innescano un consistente meccanismo di sviluppo se non c’è una riposta dinamica delle forze produttive locali. Nell’avvincente racconto che si snoda nel volume la grande occasione sembra essere la nascita dello stato unitario, nel 1861, che vede Trieste e Venezia collocate nel campo nemico. Ancona diventa l’avamposto della flotta italiana nell’Adriatico, un porto di preminente interesse nazionale sul quale concentrare grandi lavori e finanziamenti. Ma l’erogazione di risorse ritarda e nel 1866 l’unione di Venezia all’Italia riporta Ancona a una situazione subalterna. L’Adriatico appare di nuovo il golfo di Venezia. Dopo lo schiaffo del 1866, nel porto di Ancona, quando, a più riprese, sono necessari robusti capitali, cooperazione fra diversi attori portuali e fra pubblico e privato, comprensione e acquisizione delle tecnologie più avanzate, tutti i tentativi finiscono invariabilmente con un insuccesso. Dal fallimento dei magazzini generali di fine Ottocento a quello che l’autore definisce un “buco nell’acqua”, l’Ente autonomo portuale, la Zona industriale del porto di Ancona (Zipa), i tentativi si costituire compagnie armatoriali anconitane, come negli anni venti la Saim e negli anni cinquanta la Adriamar, che pure vede impegnati uomini d’affari di successo: nessuna iniziativa raggiunge una conclusione positiva. 10.

(17) Laddove si profilano realtà aziendali dagli esiti brillanti, come la cantieristica minore che trae origine da un altro tentativo fortunato di economia anconitana, la pesca, superata una certa soglia, queste aziende vengono rilevate da mani più forti. Emblematico è, in questo senso, l’acquisto del cantiere Morini da parte del gruppo Ferretti. Sul versante delle risposte “mancate” da parte di un’economia sonnolenta si colloca anche quello che era stato il tentativo di ripristinare, a fine Ottocento, l’arsenale pontificio, che si presenta sin dagli inizi come una impresa troppo impegnativa per la città. Certo, bisogna rilevare che il porto di Ancona e i suoi operatori hanno saputo cogliere due occasioni che in un secolo e mezzo di storia sono capitate: il grande afflusso di carbone all’inizio del XX secolo e sino alla prima guerra mondiale, quando il porto dorico tocca veri e propri record, così come, più di recente, l’apertura del traffico passeggeri nei confronti dell’ex Jugoslavia e della Grecia. Troppo poco, in una storia secolare, come evidenzia l’acume critico dell’autore, il quale sottolinea le responsabilità e l’inerzia di vari soggetti collettivi e istituzionali nella lentezza con cui l’economia e la società locali reagiscono ai cambiamenti e alle necessità di modernizzare i circuiti decisionali, organizzativi e del credito. Ancona diventa quindi, come si diceva ancora nei “discorsi del porto” degli anni sessanta, una colonia genovese. E non a caso, a un genovese è dedicato un capitolo del libro, L’epopea del Ragioniere. Si tratta del terribile capo del personale dei cantieri Piaggio, Giulio Badaracco, e attraverso questa vicenda collocata negli anni cinquanta l’autore richiama l’importante storia della classe operaia dei cantieri, politicizzata e combattiva, fiera del suo mestiere, che riconduce Ancona alle lotte del periodo, in episodi importanti per la storia del lavoro. Infine, se è luogo comune affermare che Ancona non è la capitale delle Marche, che come dice il nome, è una regione plurale – senza una capitale – è anche vero che alla regione si attaglia l’espressione aurea mediocritas, già usata nella storiografia per definire il modesto dinamismo di un territorio sempre in bilico fra tradizione e spinte minime alla crescita, con un andamento economico e sociale sostanziato da un equilibrio “senza fratture”. La stessa espressione di aurea mediocritas risuona bene anche per la storia di Ancona e del suo porto, che con questo volume hanno una eccellente prova storiografica in cui rispecchiarsi.. 11.

(18)

(19) Nota introduttiva. Una città sul mare, ma non di mare. È un’espressione di cui gli anconitani sono soliti servirsi, persuasi di cogliere, così, l’essenza della loro città. Della realtà delle cose, gli slogan a volte contengono alcune tracce. Della stessa realtà, tuttavia, sono stabilmente incapaci di restituire l’articolazione. Questo caso ne offre una ulteriore conferma. Ancona viene accusata di non beneficiare a pieno della sua esposizione marittima, sfuggendo quasi a quelle acque che pure ne bagnano un lungo tratto del perimetro. È un’accusa tanto ricorrente, quanto infondata, sebbene il rapporto tra la città marchigiana e l’Adriatico presenti vari elementi di criticità. Ancona sconta, anzitutto, la mancanza di un adeguato affaccio balneare. Nei fatti, quest’ultimo si limita a una lingua di scogli e cemento sottostante il quartiere centrale del Passetto e alla periferica spiaggia sabbiosa di Palombina. Ne consegue che d’estate i residenti tendono a spostarsi in massa verso sud, per raggiungere la suggestiva riviera del Conero, o verso nord, per stendersi al sole lungo il meno charmant tratto di costa tra Falconara Marittima e Senigallia. È però in corrispondenza al porto che la relazione fra Ancona e il suo mare diventa davvero sofferta. Lo scalo appare oggi il prolungamento di un itinerario perfettamente longitudinale e in lieve declivio, che dal Monumento ai caduti della Grande guerra, cioè dall’appena ricordato quartiere del Passetto, transita per viale della Vittoria, piazza Cavour e via Garibaldi, quindi lambisce il Teatro delle Muse, fino a sboccare sulle banchine. Questo dà plastica forza al convincimento che il porto sia una sorta di foce del centro urbano, cui dunque sembra appartenere. Di qui, le diffuse proteste degli anconitani per la presenza di barriere fisiche e restrizioni normative che ostacolano l’apertura dell’area portuale a usi ludico-culturali. La realizzazione di un moderno waterfront costituisce, di per sé, una prospettiva auspicabile, nella misura in cui risponde a un’esigenza sempre più 13.

(20) avvertita dagli abitanti. Affascina l’idea di moli e calate aperti al passeggio, ponti verso un Adriatico che si vorrebbe fosse sempre ciò che spesso non è stato nel corso dei secoli, vale a dire un luogo di pace e mutua assistenza fra i popoli. Esempi italiani ed europei in tal senso non mancano, rendendo disponibili buone prassi da cui trarre ispirazione, se ricondotte nella giusta scala dimensionale e valutate alla luce di alcuni vincoli naturali cui Ancona è soggetta. Ritenere che tutto questo debba accadere per motivi storici, allo scopo cioè di ristabilire una supposta, perduta funzione civica dello scalo marittimo, è però falso. Non fu la città a generare il porto, ma il porto a generare la città. Nel IV secolo a.C. la prima comunità si addensò intorno agli scambi promossi dallo scalo, per crescere poi al crescere dell’importanza dello stesso approdo. Il porto anconitano non ha mai costituito un’appendice del centro abitato, tantomeno un luogo di svago, bensì il più potente motore economico della città. Le immagini dove, in particolare nella prima parte del Novecento, compaiono dame intente al passeggio o folle assiepate sui moli, pronte ad assistere al varo di una nave realizzata dal locale cantiere oppure all’arrivo di un piroscafo importante, ritraggono non prassi usuali, ma eventi il cui rilievo è direttamente proporzionale alla loro straordinarietà. Dunque, non è il caso di agganciare l’odierna aspirazione a ottenere nell’area portuale spazi da concedere al loisir con trascorsi che sono frutto, per lo più, di distopie storiche. Ancona non vanta una solida tradizione manifatturiera, sebbene abbia a lungo coltivato l’ambizione di divenire polo industriale. È stata, e in buona parte è tuttora, un centro mercantile, che nel tempo ha visto salire il peso del terziario impiegatizio, pubblico e privato. In questa cornice, il porto ha rivestito il ruolo di maggiore fra i luoghi di produzione. Un luogo di produzione che, come tale, ha badato a tutelarsi da presenze esterne, non funzionali al conseguimento del suo specifico obiettivo. Ciò detto, vale la pena ricostruire le traiettorie che hanno scandito l’economia marittima anconitana dalla nascita del Regno d’Italia al termine del Novecento? Si tratta di un dubbio legittimato dalla modesta taglia della città. Sebbene capoluogo di regione, Ancona è infatti un centro relativamente piccolo per estensione territoriale e livello demografico. Allo stesso modo, la sua cifra economico-politica appare molto inferiore a quella dei massimi poli portuali italiani, per tacere di quelli esteri. Spendere centinaia di pagine per riannodarne i fili non rischia di costituire, forse, niente più che una concessione alla storiografia localistica, sempre pronta a enfatizzare oggetti di ricerca lillipuziani e per nulla originali? A convincermi dell’opportunità di proporre questo studio sono state tre considerazioni. La prima chiama in causa la struttura e la posizione dello scalo. Ancona, com’è noto, dispone del solo porto naturale lungo la costa 14.

(21) compresa fra la Laguna veneta e il promontorio del Gargano. Questa prerogativa le ha garantito, in età medievale e moderna, un vantaggio competitivo su buona quota delle altre località affacciate sull’Adriatico. La posizione baricentrica rispetto allo stesso mare, facilitandone le relazioni con i Balcani, ha a sua volta concorso a farle conseguire un rilievo mercantile che, al netto di qualche ricostruzione storiografica fin troppo generosa, è stato significativo. Verificare se e in che misura questi elementi abbiano continuato ad agire per il porto marchigiano fra Otto e Novecento significa interrogarsi sulla direzione e sull’entità dei cambiamenti intervenuti nell’intero sistema degli scambi commerciali in età contemporanea. La seconda considerazione integra la prima, vedendo in Ancona un balcone da cui poter osservare gli effetti prodotti sull’economia marittima tout court da innovazioni tecnologiche come l’avvento delle ferrovie e il passaggio dalla navigazione a vela a quella a vapore, da transizioni energetiche come la sostituzione del carbone con gli idrocarburi, da rivoluzioni organizzative come l’avvento della containerizzazione e da stravolgimenti geopolitici come la caduta degli imperi centrali, la Guerra fredda e la disgregazione dell’ex Jugoslavia. La terza e ultima considerazione muove dall’Unità, che ha precipitato Ancona in un contesto meno protetto di quello pontificio, dove si era trovata ad agire sin dal medioevo. Porto fra i molti che punteggiavano il nuovo stato, dagli anni sessanta del XIX secolo la città marchigiana ha perso il ruolo mercantile rivestito sotto il governo della Santa Sede, subendo un declassamento tanto sensibile, quanto per lo più inevitabile. Quasi a compensare la flessione accusata sulla sponda del trasporto delle merci, nel Novecento Ancona ha via via irrobustito alcuni asset fino ad allora marginali nel complesso delle sue attività marittime. Spicca fra questi il traffico passeggeri, oggi reso intenso dal flusso di turisti estivi in transito verso Croazia e Grecia, ma ancora a metà del secolo scorso circoscritto a poche migliaia di viaggiatori l’anno. Un balzo non meno rimarchevole si è prodotto nel comparto della pesca, dove l’ascesa, iniziata nel periodo fra le due guerre mondiali, ha assunto dimensioni tali da condurre la città marchigiana ai primi posti della classifica nazionale. Infine la navalmeccanica, marcata dalla presenza di uno stabilimento che, superate mille traversie, si conta attualmente fra gli otto impianti italiani controllati da Fincantieri, gruppo leader in Europa. Queste tre considerazioni hanno contribuito prima a rafforzare l’idea di redigere uno studio sull’economia marittima di Ancona in età contemporanea, poi a definire l’intelaiatura del libro. Ne è risultato un volume distribuito in quattro parti. La prima riguarda gli interventi strutturali compiuti nel porto durante il periodo preso in esame. La seconda prova a riannodare la rete degli scambi che ha fatto capo allo scalo marchigiano. La terza si 15.

(22) occupa dell’attività ittica. L’ultima è relativa al cantiere navale ex gruppo Piaggio ed ex Iri. Le quattro parti sono pensate per essere, in larga misura, autonome. I lettori interessati alla pesca, per esempio, potrebbero dedicarsi alle sole pagine a questa riservata, rinvenendovi un coerente quadro di settore. Vale lo stesso per ciascuna delle altre tre sezioni. Si tratta – è evidente – di un artificio letterario e di una scommessa interpretativa: economie complesse quali quelle marittime non operano oggi per segmenti separati e mai lo hanno fatto. Perché queste economie siano comprese e riprodotte con buona approssimazione storica, occorre certo tenere conto delle loro molteplici interrelazioni, interne ed esterne. Un obiettivo cui questo libro non si sottrae, dividendo però il tema in quattro grandi frammenti, per poi ricondurlo all’unità nelle sue pagine conclusive. La chiosa di questa breve nota introduttiva spetta ai ringraziamenti. Questi vanno, in primo luogo, al personale delle biblioteche e degli archivi che ho avuto modo di consultare negli ultimi vent’anni, personale la cui competenza ha agevolato l’individuazione delle fonti poi impiegate nella stesura del testo. Ringrazio inoltre i testimoni, diretti e indiretti, che hanno accettato di sottoporsi a interviste dalle quali ho tratto informazioni inedite e di grande utilità. Allo stesso modo ringrazio Massimo Bilò, Paolo Zoppi e il Comune di Ancona per avermi concesso l’autorizzazione a pubblicare le immagini riprodotte nella copertina e all’interno del volume. Infine, ho un debito da saldare con Paolo Gissi, Marco Moroni, Ida Simonella, Paolo Zoppi e i due referee anonimi selezionati dall’editore, ai quali, tutti, ho sottoposto la lettura del dattiloscritto nella sua prima versione, ricevendone in cambio consigli preziosi. Inutile dire come le eventuali inesattezze contenute nel libro siano da attribuirsi esclusivamente a me. Lettori del testo in via preliminare sono stati anche Franco Amatori ed Ercole Sori, che per sovrammercato hanno accolto l’invito a redigerne prefazione e postfazione. A loro, per la disponibilità e l’aiuto offerti in questa occasione, così come in molte altre, va la mia riconoscenza.. 16.

(23) Sigle e abbreviazioni archivistiche. Accge Acrm Acs Aerf Aigm Aism Apfb Asan Asbi Asbnl Ascan Asccm Ase Asi-Bci Asi-Imi Asil Asiri Asui b. cart. cat. cl. fasc. ins. prat. sfasc. tit.. Archivio Camera di commercio di Genova Archivio Consiglio regionale Marche Archivio centrale dello Stato Archivio Ente regionale fiere Archivio Istituto Gramsci Marche Archivio Istituto Storia Marche Archivio privato Famiglia Badaracco Archivio di Stato di Ancona Archivio storico Banca d’Italia Archivio storico Banca nazionale del lavoro Archivio storico Comune di Ancona Archivio storico Camera di commercio delle Marche Archivio storico Eni Archivio storico Intesa Sanpaolo-Patrimonio Banca commerciale italiana Archivio storico Intesa Sanpaolo-Patrimonio Istituto mobiliare italiano Archivio storico Istituto Luce Archivio storico Iri Archivio storico Unicredit busta cartella categoria classe fascicolo inserto pratica sottofascicolo titolo. 17.

(24)

(25) Parte I Lo scalo.

(26)

(27)

Riferimenti

Documenti correlati

confronto negli anni... UN CONFRONTO TRA

Sempre l’anno scorso Oxfam indicava come la ricchezza collettiva delle 80 persone più ricche della lista Forbes dei miliardari fosse aumentata da 1.300 miliardi di dollari nel 2010

Nel settore cinematografico, gli investimenti realizzati da Cinecittà Luce S.p.A., pari a 2,1 milioni (-30,0% rispetto al 2010), hanno interessato l’attività di produzione

Infatti Fincantieri ha firmato con Princess Cruises, brand della Carnival la più grande compagnia mondiale, un memorandum per la realizzazione nel cantiere goriziano di due navi

L’inserimento di giovani generazioni sempre più sguarnite, anche per effetto della perdita migratoria, ha come conseguenza la riduzione della popolazione in età

• Filiera della cantieristica: racchiude le attività di costruzione di imbarcazioni da diporto e sportive, cantieri navali in generale e di demolizione, di

Sebastian Nicoli - Sindaco di Romano di Lombardia Matteo Rossi - Presidente della Provincia di Bergamo. Giovanni Malanchini - Sindaco di Spirano /Distretto Agricolo Bassa Bergamasca

Perugia, 13 dicembre 2017 – La Prima commis- sione dell'Assemblea legislativa dell'Umbria, pre- sieduta da Andrea Smacchi, ha approvato a maggioranza il Bilancio di