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IN ALLEGATO CON IL QUOTIDIANO LE CRONACHE

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Academic year: 2022

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San Matteo San Matteo

peciale peciale

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IN ALLEGATO CON IL QUOTIDIANO LE CRONACHE

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I Longobardi di Salerno ave- vano bisogno di un proprio

“palladio”, a somiglianza di quanto, circa un secolo prima, avevano fatto i Lon- gobardi beneventani con il corpo di San Bartolomeo.

Così, quel Matteo, o telònes, il pubblicano, il gabelliere, redento autore del primo Vangelo, salvatore delle genti dell’Etiopia antica da draghi, ucciso mentre cele- brava l’Eucarestia intorno al 69 d.C., le cui reliquie nel 954 vengono ritrovate mira- colosamente da una vetula, Pelagia, e dal figlio Atana- sio, guidati dallo stesso apo- stolo con un sogno premonitore nella zona del l’a tt u a le

Casalvelino, e salvato dalla sacrilega ven- dita dal ve-

scovo di

C a p a c c i o , Giovanni, che recuperatone il corpo lo de- pone nella chiesa di Santa Maria del Granato, per ordine di Gisulfo I viene trasfe-

rito con

grande onore, portato dallo stesso ve- scovo Ber-

nardo in città e nascosti nella cattedrale dedicata alla madonna che da questo momento s’intitolerà a San Matteo.

A Salerno il santo, al di dire di Alfano, cinto della triplice corona di evangelista martyr et apostolus, per mostrarsi

verso la città civis paterque, compie molti interventi mi- racolosi, guarendo fanciulle gravemente malate, libe- rando dal demonio un servo della sorella dello stesso principe, mentre al solo ar- rivo in Benevento di un suo braccio, inviato come reli- quia da Gisulfo a Landolfo, un priogioniero vede spez- zarsi i ceppi in cui era av- vinto.

Al di là della presenza tau- maturgica del santo nella sua città, è però significa- tivo che, in coicidenza con la deposizione delle reliquie, cresce il prestigio politico di Salerno e nuove fondazio- nisi intitolano a San Matteo, un nome che comincia a d i f f o n d e r s i sempre più nell’onoma- stica del tempo, men- tre l’effigie dell’apostolo va ad ornare le monete di quella che è ormai, più che la Hyppo- cratica Civitas è la Civitas Sancti Mat- thaei.

Il miracolo più famoso del Santo al quale dobbiamo la celebre statua bifronte è quello d aver salvato Sa- lerno dal terribile terremoto del 5 giugno 1688.

Il Patrizio Salernitano, in- fatti, D. Pietro Del Pezzo, nel suo opuscolo “Le Glorie divote festeggiate dall’illu- strissima città di Salerno,

per rendimento di grazie al Glorioso Apostolo Martire ed Evangelista San Matteo, suo tutelare, per averla preser- vata dal rovinoso terremoto dell’anno 1688”, stampato nel 1692, scrive: “Non im- memori i Salernitan di si gran beneficio, si chiamò il Parlamento nel pubblco Pa- laggio della Città, a disporre qual fosse maggiore cosa

conveniente e dovuta ad una grazia si segnalata; e che fosse maggior grata al Santo: dopo molte decifra- zioni dei voleri, parve di convenienza più d’ogni altra cosa, il tributargli, in voto, una Statua d’argento, acciò fosse sempre viva la sua sa- crosanta Immagine nei loro cuori, con promissione an- cora di condurla ogni anno

per la città, con ogni dovuta pompa”. Da allora gli ex voto del santo non si con- tano, il preziosissimo collare e le celebri tre triglie, care ai pescatori salernitani, da sempre i più vicini a Matteo, che con sguardo severo e benevolo, sempre vera- mente dire. “Salerno è mia e io la difendo”.

Gabelliere diventato Santo

Salvatore delle genti dell’Etiopia, ucciso mentre celebrava l’Eucarestia Il vescovo Alfano I raccontò de suoi molteplici miracoli

Alcune immagini della statua di San Matteo (foto Guglielmo Gambardella)

Fra i miracoli che il Santo ha compiuto aver salvato

Salerno dal terribile

terremoto del 1688

PRIMO / PIANO

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www.cronachesalerno.it Martedì 21 settembre 2021

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di Monica De Santis

“Non ti curàr di lór, ma guarda e passa”. Quante volte abbiamo detto questa frase, come consiglio ad un amico, un familiare, un co- noscente. Questa frase altro non è che un'alterazione popolare del verso dantesco della Divina Commedia

“Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.

Un verso dunque, diventato un modo di dire comune, sebbene con numerose va- rianti, uguali nel senso, ma diverse nel testo. Un verso che in questa circostanza potrebbe modificarsi ancora in “San Matteo non ti curar di lór, ma guarda, questa è la tua festa”.

E’ già perché quest'anno più che mai, le celebrazioni per San Matteo, hanno visto tutto e tutti al centro dell'at- tenzione, tranne che il fe- steggiato.

Tra Covid, piazze che si inaugurano, campagna elet- torale e fuochi d’artificio ne- gati, l'attenzione dei salernitani è stata rivolta più a coloro che hanno par- lato di tutto e del contrario di tutto, piuttosto che a San Matteo e agli altri Santi.

Il festeggiato è stato messo nuovamente da parte, pro- prio come in quel 2014, passato alla storia per le polemiche, trasformatesi poi in contestazioni e che videro protagonisti don Ca- millo e Peppone, pardon l'allora Vescovo Moretti e l'allora sindaco De Luca.

Oggi la storia si ripete, i personaggi simili a quelli nati dalla geniale mano di G u a r e s c h i

non ci sono più, non c’è nessun don Camillo e nessun Pep- pone a liti- gare per la festa. Sta- volta i prota- gonisti della querelle sono molti di più. E allora ecco che il film di- retto nel 1976 da Alan J. Pakula

“Tutti gli uo- mini del pre- sidente”, ben si potrebbe trasformare

in “Tutti gli uomini di San Matteo” o forse “Tutti i can- didati alla corte di San Mat- teo”.

E già, perchè proprio come nel film, che vedeva prota-

gonista Dustin Hoffman e Robert Redford, in ballo c’era la campagna elettorale per la rielezione di Richard Nixon alla carica di Presi- dente degli Stati Uniti.

Qui da noi, in- vece, in ballo c’è la campa- gna elettorale per l'elezione del sindaco.

C a m p a g n a e l e t t o r a l e che, pur- troppo, non per scelta sua, ha tirato in ballo il Santo Pa- trono, che suo malgrado sta vestendo i panni del Pre- sidente. E così ecco che i protagonisti diventano i candidati a sin- daco, non tutti per la verità, perchè bisogna dare atto ad Annamaria Minotti, candi- data con la lista “Abilitiamo l’autismo h24”, di non es-

sere mai intervenuta nella querelle, lasciando gli altri 8 candidati, dire la loro su tutto e forse anche su più di tutto. Un botta e risposta che è iniziato il 21 agosto, giorno dell’alzata del panno e giorno in cui il Vescovo Bellandi annunciò che causa Covid non ci sarebbe stata la processione, per il se- condo anno, ma che la Santa Messa ci sarebbe stata, che a concelebrare ci sarebbe stato monsignor Parolin, segretario di Stato di Sua Santità e che per permettere a quante più persone di poter assistere, questa si sarebbe tenuta in una bella piazza della città.

Facile intuire che la bella piazza di cui parlava il Ve- scovo era piazza della Li- bertà ed è ecco che le danze si aprono, tra coloro che chiedono al Vescovo di non scendere in campagna elettorale, coloro i quali ac- cusano l’amministrazione uscente di voler sfruttare la festa per far propaganda politica, quelli che parlano di inchini, inviti per pochi,

fuochi negati e tanto per non farci mancare nulla contestatori di Parolin (vedi arcigay).

E San Matteo?

San Matteo in tutto questo è stato di-

m e n t i c a t o , nessuno ha pensato a lui, alla sua festa, a ciò che al Santo Patrono avrebbe fatto davvero pia- cere e a ciò che questo Santo e gli altri che con lui uscivano in processione, r a p p r e s e n - tano per la città.

M o n s i g n o r Bellandi, (che forse un po’ si sarà pentito

di aver chiesto all'ammini- strazione una piazza per la Santa Messa di San Matteo, pensando che avrebbe fatto meglio a svolgerla in Catte- drale, come sempre), ha

provato a riportare un po’ di pace, ha cercato di dire che alla fine San Matteo riuscirà a mettere tutti d'accordo, ma purtroppo le sue parole non sono state recepite e la polemica si è t r a s c i n a t a fino ad oggi e forse sarà de- stinata a tra- s c i n a r s i anche nei giorni a se- guire, quando passato il Santo, pas- sata la festa, resteranno, purtroppo le polemiche.

San Matteo, non ti curar di lor: la festa è tua

Come nel 2014 al centro dell’attenzione tutti, escluso il Santo Patrono.

Le polemiche per la nuova piazza hanno rubato la scena all’evangelista

San Matteo all’interno del Comune di Salerno (foto Guglielmo Gambardella)

Solo Annamaria Minotti non

ha ceduto alla tentazione

ed è rimasta fuori dalla

querelle

Tra campagna elettorale, inchini,

fuochi rifiutati, piazze inaugurate,

il Patrono è passato in secondo

piano

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Lunedì 20 settembre 2021 www.cronachesalerno.it

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di Erika Noschese Una sola certezza. San Matteo divide la comunità.

E la politica. No, non è questione di fede ma di po- litica, per l'appunto. Ancora una volta. E mai come que- st'anno, la querelle è ac- centuata, al limite del ridicolo oserei dire. San Matteo, ormai lo sa, da sempre crea scompiglio e non per scelta sua ma delle amministrazioni che in que- sti anni si sono susseguite alla guida di Palazzo Guerra. In principio fu l'al- lora sindaco Vincenzo De Luca ad aprire le danze:

osò opporsi alla decisione della Curia, tanto da impe- dire alla sua maggioranza di partecipare alle celebra- zioni in Duomo.

Poi, Vincenzo Napoli che con la religione cattolica nulla ha a che vedere. E lo ha sempre dichiarato, pub- blicamente anche se, per garbo istituzionale, cerca di essere vicino al mondo re- ligioso.

Lo scorso anno, la pande- mia mentre ora le elezioni.

E checché se ne dica, nes- suno perde occasione per farsi sentire, per raccimo- lare voti e consensi. Una polemica sterile, perché dovrebbe essere la fede ad avere la meglio. Ma così non è: ogni occasione è buona per tirare l'acqua al proprio mulino. E, per que- sto 2020, oltraggio: San Matteo non sarà in proces-

sione (le norme anti covid non lo permettono) ma in piazza della Libertà. Su in- vito, s'intende.

Solo duemila fortunati avranno la possibilità di as- sistere alla Santa Messa, celebrata da Pietro Parolin, segretario di Stato di sua Eccellenza. L'ennesimo ten- tativo del presidente di Pa- lazzo Santa Lucia di mettere insieme sacro e profano, le celebrazioni per il santo patrono e l'inaugu- razione della piazza più

grande d'Europa (così dice sua Eccellenza, De Luca s'intende). Tentativo fallito.

All'ultimo minuto un cam- bio di programma: l'inau- gurazione anticipata di 24 ore. Così, giusto per fin- gere che si rispetti il mo- mento religioso.

Nel frattempo, l'opposi- zione si ribella, i candidati alzano la voce ma tutti at- tendono l'invito perché, come alcuni candidati sin- daci hanno dichiarato nei giorni scorsi "se dovessi ri-

cevere l'invito ci sarò". No, non è così che funziona.

Magari in campagna eletto- rale sì ma non a San Mat- teo dove, lo ripetiamo, dovrebbe prevalere la fede, la volontà di omaggiare il santo patrono, di sentirsi parte integrante di una co- munità fortemente spac- cata, incapace di andare oltre la mera questione elettorale.

E se a Napoli, in occasione di San Gennaro, politici e candidati sono stati esclusi

dal momento solenne, a Salerno si pretende la pole- mica, l'accusa, l'attacco al- l'ultimo applauso, come se poi si trasformasse in voto.

E, ancora una volta, si uti- lizzano i santi per fare cam- pagna elettorale e per dividere la città: buoni e cattivi, Guelfi e Ghibellini.

Candidati, politici: gioca con i fanti. Ma lascia stare San Matteo.a, col gradi- mento di tutti

Gioca con i fanti ma lascia stare i Santi

Come ogni anno, le celebrazioni per il Santo Patrono diventano motivo di polemica e, quest’anno, di campagna elettorale

Lo stemma della città di Salerno (foto Francesco Truono)

di Vincenzo Napoli

Celebriamo insieme la festa del Nostro Ama- tissimo Patrono San Matteo.

Una giornata memorabile per Salerno e per i tanti fedeli e visitatori che dal resto della provincia e della regione giungeranno a ren- dere omaggio all’Evangelista. San Matteo è il simbolo altissimo dell’identità salernitana.

Desidero ringraziare per la sua saggia lun- gimiranza l’Arcivescovo Andrea Bellandi.

Non potendo svolgere, come tutti avremmo desiderato la processione nelle strade del Centro Storico, il Pastore della Chiesa Saler- nitana ha voluto comunque consentire l’ab- braccio caloroso ed in sicurezza tra San Matteo ed il suo popolo grazie al supporto organizzativo del Comune di Salerno.

La Santa Messa sarà celebrata da Sua Em.Cardinale Pietro Parolin Segretario di Stato di Papa Francesco.

Una presenza prestigiosa che rinnova il le-

game tra la Santa Sede e Salerno che nel suo Duomo custodisce le spoglie di San Gre- gorio VII.

Piazza della Libertà è una location incante- vole. San Matteo avrà davanti il mare ed il profilo costiero della Città che Egli protegge con forza. Sarà una celebrazione ricca di si- gnificato religioso e civile.

San Matteo benedica quanti hanno sofferto in questi terribili anni di pandemia, quelli che hanno prestato soccorso ed aiuto e tutti noi che ci sforziamo con coraggio e respon- sabilità di tornare a vivere.

Chiediamo al Nostro Patrono di farci restare una comunità unita e solidale, una comunità di donne ed uomini che ogni giorno s’impe- gna per il bene comune ed un futuro mi- gliore per noi, i nostri figli e la nostra amata città.

Buon San Matteo a tutti noi e Viva Salerno.

Il messaggio del sindaco Vincenzo Napoli

Una giornata memorabile per Salerno

PRIMO / PIANO

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www.cronachesalerno.it Martedì 21 settembre 2021

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di Olga Chieffi Il ricordare ci permette di tornare quando ne sen- tiamo il bisogno a luoghi re- almente vissuti, a persone concretamente amate, a eventi o fatti che ci hanno coinvolto; senza per questo rimanere intrappolati nel passato. E’ questa la fun- zione del ricordo, poterci tornare, per superare mo- menti critici, di passaggio, che fanno parte della tem- perie della vita. Non è una dimensione fantastica, né di sogno, ma ha la proprietà di essere distante nel tempo, quindi non ha i contorni di durezza del nostro pre- sente, ma ha una velatura e una sfumatura che solo il ri- cordo con la sua lontananza temporale può offrirci. In questo secondo anno di ce- lebrazioni di San Matteo senza processione e senza festa, abbiamo chiesto ai nostri lettori di partecipare nella redazione di queste pagine, attraverso lo sguardo del cuore che si vela di nostalgia. La Festa di San Matteo è stata per me sempre una “folle jour- née”, per rubare il titolo alle nozze mozartiane. In fami- glia siamo abituati sempre a far tutto all’ultimissimo mo- mento, ma con un po’ di fortuna, atleticità e soprat- tutto gioco e divertimento si riesce. Una giornata quella di San Matteo che iniziava inseguendo le varie bande che sfilavano la mattina per le vie del centro, offrendo a volte anche dei brevi mati- née, nel mentre si doveva correre da una parte all’al- tra della città per prendere la frittura di paranza, ton-

netti e le immancabili tri- glie, in omaggio al Santo e alla sua tavola, sfogliatelle santarosa da Pantaleone e preparazione dei balconi per seguire la processione, con ospiti in casa. Da qual- che tempo, poi, il maestro Antonio Florio, ha preso l’abitudine di comporre una marcia inedita, rinverdendo la tradizione che era del- l’Istituto Umberto I, tenuta segretissima, sino al 21, che viene affidata qualche giorno prima al Gran Con- certo Bandistico “Città di Salerno”, quindi alle 16, ap- pena dopo pranzo, si va a dare lo “spolvero” in piazza Amendola, prima di adden-

trarsi tra le vie del centro storico, suonando, per rag- giungere l’amalgama, al se- guito della formazione, ultima a sfilare e a giungere dinanzi al duomo, ove ese- gue un florilegio di marcie, presentando al pubblico prima della processione l’ul- tima creazione.

Di corsa a casa, via Roma, per ricalarsi in quel caos calmo in cui ognuno di noi cerca di intuire una voce, un suono: chi attende la campana, chi un canto, un altro le quattro note del pu- licinelluzzo, o il rombo delle motociclette storiche della polizia municipale, chi il rullo di un tamburo o gli

squilli della tromba. E a pro- posito del pulicinelluzzo, ecco l’aneddoto. Al suono del pulcinella io mi precipito da oramai quarant’anni da casa per comprarlo e do- narlo a quanti saranno ospiti a casa mia, talismano per la stagione a venire, es- sendo San Matteo il nostro Capodanno. La zia Laura che mal sopporta la festa in sé “ Olga sei grande ora- mai, ne hai a bizzeffe e basta con sti pulicinelluzzi, hai riempito casa tua e anche la mia, che ne devi fare! Un secondo dopo, af- fannata e di corsa:”Olgaaa, vai, corri, scendi subito, scavalca le transenne, il

venditore dei pulcinella sta di fronte al portone!”.

Passata la processione, con chiacchiere condite da qual- che commento piccante e storico sulla processione e, naturalmente, l’ esecuzione della marcia inedita sotto i miei balconi, con tanto di attacco calcolato, via tele- fono e lancio di petali di rose, si corre dinanzi al Caffè dei Mercanti per il sa- luto vis a vis alle statue e ai musicisti. Se da piccolissimi si andava poi a Piazza Amendola per ascoltare la grande banda militare, in genere quella della Guardia di Finanza, per scappare alla prima salve di fuoco e raggiungere casa per guar- dare lo spettacolo pirotec- nico, ed inebriarsi dello spostamento d’aria, la po- tenza dei botti, proveniente dalla chiatta piazzata di- nanzi a Palazzo meglio, ora che non c’è più spettacolo di qualsivoglia genere, ci si ritira per inviare immediata- mente immagini e articolo sulla processione. Quindi, in attesa dei fuochi, dinanzi a spumante e cocktail, si con- tinua con aneddoti, detti, emozioni che su quegli stessi balconi di casa, ave- vano divertito intellettuali del calibro di Don Luigi Guercio, Don “Ciccio” Can- tarella”, del figlio Lello, i Presidi Antonio Marzullo e Alfonso Pinto e tanti altri che hanno scritto la storia

“buona” della nostra città, fino al terzo colpo oscuro che chiudevano i fuochi e la Festa, facendo definitiva- mente “scetà da ‘u suonno”

i salernitani.ol gradimento di tutti

Il ricordo, il mito, la nostalgia

Ancora per quest’anno le celebrazioni e la festa per il Santo Protet- tore sarà vissuta attraverso immagini vive nel sentire di tutti noi

Le foto in questa pagina sono di Francesco Truono)

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Lunedì 20 settembre 2021 www.cronachesalerno.it

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di Vincenzo Sica San Matteo è la mia festa, la nostra festa di cittadini Salernitani (pesciaioli) ma è anche la festa della provin- cia perché San Matteo è si- curamente amante de’

furastieri.

Infatti, San Matteo chiude la stagione in provincia di Salerno, è l’ultima festa pa- tronale e tutti dai paesini , anche dal Cilento venivano in città per “vedere” la festa, l’allumata, le bande, la grande fiera.

Ricordo piccolino con Mamma scendevo da Cana- lone, con negli occhi le luci a festa di tutta la città, ma essendo bambino la mia at- tenzione era rivolta alle bancarelle dei giocattoli quelli semplici.

Ma a quel tempo i soldi scarseggiavano, d’altra parte come ora, e pregavo mamma di comprarmi il fa- moso pulicinelluzzo che suonava e andava su giù:

tante volte lo chiedevo fin- chè non me lo comprava.

Avuto il pulcinelluzzo non era finita, poiché si passava alle bancarelle con i susa- mielli, il torrone, i biscotti di pane e le maruzzelle, che ancora oggi vengono evo- cate dal mio palato ricor- dandomi l’antico sapore.

C’è anche un passato pros- simo: da grande e padre andavamo tutta la famiglia

dietro la processione op- pure aspettavamo le statue nei punti strategici.

Vicino al bar Sole, oppure la benedizione del mare in piazza Cavour, la sera i fuo- chi pirotecnici e i grandi momenti di musica in

piazza, occasione per ve- dere i nostri beniamini, che bellezza che ricordi oggi an- cora vivi e che raccontiamo ai nipoti che ammirati, for- tunatamente, ascoltano an- cora.

di Rino Mele

Nella via che sul mare

alta s’incurva i bambini giocano,

con le dita di gesso legano tra loro i fili, cuciono con le mani il nulla.

La città frana dal castello alla spiaggia,

sul foglio l’onda assorbe il celeste, il verde, diventa placata la tempesta, deserto

da camminare per le divine lampare. Saba lo sapeva quando nei suoi Versi

militari le iridescenti arene scriveva.

Salerno è un cane malato.

I ragazzi lo pungono con spade di legno, l’aceto negli occhi, attaccano la sua coda a un’automobile dimenticata. Intanto la processione

è ferma, le sorelle di San Matteo piangono argento. Una barca

s’è messa a navigare tra i vicoli, i gradini, le chiese, un portico, si ferma alla Dogana

Vecchia, inclina

verso lo slargo ai Canali, poi decisamente sale e porta con sé il mare.

NOTA. Questi 23 versi sono la parte finale di una poesia di Rino Mele, dal titolo laborioso ("La morte è adole- scente, porta la veste corta, per gioco risponde al ri- chiamo che ascolta") pubblicata in uno dei suoi libri fondamentali, "Il sonno e le vigilie", edizioni Sottotraccia marzo 2000.

Santo dei “pesciaioli”, amante de’ furastieri

Pregavo mamma di comprarmi il famoso pulicinelluzzo che suonava e andava su giù: tante volte lo chiedevo finchè non me lo acquistava

Il venditore di “pulicinelluzzo”

di Matteo De Pasquale

I miei ricordi per la festa di San Matteo sono di quando ero poco più bambino, si aspetta il 21 Settembre perché quella per me era la Festa.

I giorni che precedevano l'evento, si aspet- tavano con ansia, perché era anche il giorno

del mio Onomastico.

Quel giorno si faceva il giro dei parenti per essere gratificato da qualche spicciolo di re- galo.

Si andava a Lungomare dove per l'occa- sione, si allestivano numerose "bancarelle"

di gente dei rioni vicini alla passeggiata, che per questa Festa si improvvisavano "ristora- tori": camminando vicini ad esse, si veniva inebrianti da vari odori dei cibi più tradizio- nali in uso nel menù di questa Festa, si per- cepiva l'odore della milza, pochi passi più avanti potevi sentire lo sfrigolio delle pa- delle che cuocevano il pesce fritto. Era una sensazione unica, perché si estendeva fino

"o penniell’", dove stazionavano alcune

"giostre”, ed era lì che si dissolvevano i pochi soldi avuti in regalo.

Il giorno di San Matteo, si andava a vedere la processione (che era uno spettacolo) con la Banda dell'Orfanotrofio in testa seguita dalla statua del Santo Patrono con tutte le altre statue di Santi, portati a spalla da nu- merosi portuali, con un nugolo di prelati e salernitani, percorrere le strade della città.

I miei ricordi di quando ero poco più bambino

San Matteo, la Festa assoluta

La processione ferma

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www.cronachesalerno.it Martedì 21 settembre 2021

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di Alfonso Angrisani Il 21 Settembre segna l'inizio della stagione autunnale, in questo giorno le forze dell'or- dine cambiano divisa, sui ban- chi del mercato rionale è possibile trovare melograni, fichi, uva da tavola, nelle ve- trine possiamo vedere i primi capi della collezione autunno inverno. Per noi Salernitani, nel giorno dell'equinozio autun- nale, ricorre una festività im- portante, è il giorno del Santo Patrono. San Matteo Apostolo ed Evangelista. Questa volta con la nostra pillola di ricordi torniamo all' epoca della scuola, gli anni belli della nostra gioventù. "È un 21 Settembre di molti anni fa, è una bellis- sima giornata, sono passate le otto di mattina, un cielo az- zurro, un mare calmo, ed un sole tenero rende armoniosa la giornata. Sul lungomare di Tor- rione, il profumo del mare si mescola con l'odore del pane caldo che proviene dai forni del quartiere. Sulla spiaggia del Marconi si nota un gruppo di bagnanti, qualche pescatore solitario sta salendo la piccola scala di ferro che collega la spiaggia alla strada. I pullman dell' Atacs attraversano la città che si sta svegliando, le poste, le banche, le scuole,e tutti gli uffici pubblici sono chiusi per la festività del Santo Patrono i ra- gazzi dormono ancora, negli androni dei palazzi si sente forte un odore di aceto, è quel ingrediente che serve per cuo- cere la buonissima Milza, che viene mangiata a San Matteo.

Verso le dieci, la maggior parte dei Salernitani affolla il Duomo per partecipare alla cerimonia religiosa, il Solenne Pontificale, che prevede la concelebrazione dei Vescovi, nonché dei parroci dell' Archediocesi. La maggior parte delle persone sono con- centrate nell'Atrio del Duomo, le telecamere di telediocesi Sa- lerno trasmettono l' omelia nelle case dei salernitani. I ce- lebranti della Santa Messa sono posizionati presso l'Abside della Cattedrale, ai piedi della Ver- gine Maria, e sono vestiti in rosso. Ai primi banchi ritro- viamo le autorità civili e militari, un gruppo di persone di tutta l'età prende parte alla celebra- zione religiosa, qualcuno se- duto, altri in piedi. Molte persone scendono nella bella Cripta, un tesoro di arte ba- rocca, dove al centro vi è un al- tare con le due statue del Santo Apostolo, che sorge sopra il Sepolcro dell' Evangeli- sta, di lato al sepolcro vi è una cappella dove si trova la co- lonna dove sono stati decapi- tati i Santi Martiri Salernitani.

Ante, Gaio e Fortunato, che trovarono la morte sotto il pro-

console Leonzio e sotto la co- lonna (una vecchia tradizione salernitana racconta, che ada- giando l'orecchio destro sulla colonna di sentono le urla dei condannati a morte) c'è una piccola urna che contiene le re- liquie dei Santi Martiri e del Presibetero Salernitano Felice.

Terminata la messa, molti sa- lernitani fanno tappa alla Pa- sticceria Pantalone per acquistare le Santa Rosa (un dolce tipico salernitano nato in costiera Amalfitana, simile alla sfogliatella) che vengono sfor- nate dal vicino laboratorio che si trova in vicolo San Bonosio.

È arrivata l'ora di pranzo, sulle tavole dei salernitani, si man- giano le seguenti pietanze : spaghetti con le vongole, frit- tura di pesce, maruzze (luma- che di terra) milza, triglie, uva Sanginella (una qualità di uva da tavola coltivata presso le colline che circondano la città) Santa rosa e limoncello. Alle quattro viene celebrata una messa per i portatori, verso le cinque già si trovano molte persone che aspettano il bus davanti le fermate di Merca- tello, Pastena e Torrione. Alle diciotto parte la processione.

Molti Salernitani aspettano il transito delle statue in vari punti della città .

Qualcuno ama vedere l'uscita delle paranze a Piazza Alfano I,

altri ancora attendono il Santo a Piazza Portanova, molti sul Corso , altri davanti le poste Centrali. Le campane del Duomo annunciano il giorno di festa, con la mente e con il cuore aspettiamo San Matteo davanti alle Poste Centrali, siamo dietro le transenne, siamo circondati da tante per- sone, molti vengono dalla pro- vincia, si sentono accenti della Valle dell'Irno, cadenze dialet-

tali dell'Agro Nocerino Sarnese, frasi pronunciate in un cilen- tano stretto, oggi nella nostra città, sono arrivati tanti visita- tori da diversi centri della Cam- pania, tutti per devozione a San Matteo. La strada è chiusa al traffico da lontano il silenzio dell'attesa viene spezzato dal suono dei piccoli pulcinella, che vengono venduti per poche mi- gliaia di lire, prima delle pa- ranze notiamo il passaggio delle Confraternite. Tutti vestiti in rosso , passano i componenti della Congregazione di San Cri- spino , vestiti giallo e verdi pas- sano i membri della Confraternita di Sant'Anna al porto, poi passano i confratelli della Confraternita della Ma- donna del Carmine, che ven- gono seguiti dalle volontarie ospedaliere dell' Avo, e dalle volontari dell' Unitalsi. È il mo- mento delle paranze le prime tre statue argentee sono le pa- ranze dei Ss Ante, Gaio e For- tunato (qualcuno identifica loro con l'appellativo con e' sore e San Matteo, un errore mador- nale perché i santi sono di ge- nere maschile, e poi nel passato il popolo salernitano identificava come Sor e San Matteo, le santissime Tecla, Ar- chelaide e Santa Susanna, le loro reliquie riposano nella chiesa di San Giorgio). Tra una paranza ed un altra sentiamo lea musica delle bande musicali che accompagnano il passag- gio dei santi. Tra applausi e sa- luti, la gente partecipa con gioia e commozione alla pro- cessione. Dopo i martiri saler- nitani e dopo la paranza di San Gregorio VII è il Momento della statua lignea di San Giuseppe, la più pesante, riconosciamo il Vichingo (all'anagrafe Raffaele Russo), c'è sempre chi lo sa- luta, gridando a squarciagola il nome che viene pronunciato con una forte cadenza salerni- tana (Vue Rafeee) la statua del padre putativo di nostro si- gnore, attira anche la solita esclamazione, da qualche si- gnora anziana (È il più pe- sante). Si precisa che le paranze vengono ornate di bel- lissime composizioni floreali , tra i suoni della processione ri- cordiamo le parole usate dai portatori che indica le mano- vre (Ammosc e Aissa) la can- zone composta da Monsignor Tisi dedicata all' apostolo Mat- teo, viene trasmessa dagli alto- parlanti (Seduto al tuo banco Ti vide il Signore; lo sguardo, la voce parlavan d'amore: Mat- teo, su vieni! e il cor ti balzò".

Apostol dì Cristo,cantor del Vangelo, o Martire invitto, ot- tieni dal cielo"Per tutti i tuoi figli, l'eterno gioir ). Dopo la pa- ranza di San Giuseppe, pas- sano in processione. I ministranti, i diaconi, i religiosi

Mi ricordo la festa di San Matteo

E’ un 21 Settembre di molti anni fa, è una bellissima giornata, sono passate le 8 di

mattina, un cielo azzurro, un mare calmo, ed un sole tenero rende armoniosa la giornata

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Lunedì 20 settembre 2021 www.cronachesalerno.it

Sò nera nera, e me sent' chiena chiena.

Mbuttunata, cu ll'aglio e cò prezzemolo.

Me fann' arrosolà dint' 'a nù tiano;

cò vino e cù ll'acit' chian' chian'.

Me girano ogni tanto,

cu na cucchiarell'a fatta 'a mano.

Addìvento nù poco poco' brodolosa , e so pronta per essere spiritosa.

'A Salierno,

A mèveza mbuttunata, se fà p'è tradizione.

Pìà festa e San Matteo, che è o Patrono.

E nun ve dico quanta bancarelle,

venneno a mèveza, dint' a marennella.

Ogni famiglia per fede e tradizione, fa a mèveza mbbuttunata,

e à ragione;

Per gli ospiti che vengono per la festa del patrono.

Chi nun llà mai pruvata, l'addà pruvà.

Pecche a mèveza mbuttunata è na vera bontà.

Antonio de Simone

'A MEVEZA SALERNITANA

e sacerdoti della Archediocesi.

Notiamo il carissimo Liberato Martucciello, che presta il servi- zio di ministrante alla Chiesa Santa Maria a Mare di Merca- tello, vediamo Don Giovanni Masullo parroco della Chiesa di Santa Croce, Don Luigi Zoccola Parroco di San Felice in Felline, Don Andrea Vece parroco di Madonna di Fatima e don Alfon- sino Santamaria parroco della chiesa di Sant Eustachio. Al pas- saggio di San Matteo, c'è un grande applauso della folla, mentre i rumori dei finanzieri in marcia si mescolano alla Marcia di Radesky suonata dalla Banda Musicale. Il Santo viene accom- pagnato dall' arcivescovo, dalle autorità civili e militari della città di Salerno. Subito dopo la pro- cessione i salernitani corrono a lungomare, si notano i bambini con i palloncini e i teenager con le collanine forforescenti. Sul lungomare ci sono tanti vendi- tori, si cucinano panini con la milza, vengono lessate le pan- nocchie nei grandi pentoloni ali- mentati a gas, notiamo i

venditori di per e o muss. La gente scendele scale che con- ducono al l sottopiazza della Concordia dove ci sono le gio- stre. I ragazzi salgono sulla Nave Pirata, sul traballero', molti fanno visita a bordo di carrelli mobili alla casa delle streghe, e qualcuno attende il turno per salire sulle macchine della gio- stra autoscontro, che viene ali- mentata a corrente elettrica. Tra i vari ambulanti ritroviamo i ven- ditori dei set di coltelli, che pre- sentano i loro prodotti alla folla, tagliando cipolle, carote e se- dano. Molti salernitani sono rientrati, altri preferiscono man- giare un panino e passeggiare a lungomare, altri mangeranno una pizza. Verso mezzanotte un cordone di persone guarderà i fuochi pirotecnici dalla Spiaggia di Santa Teresa alla Spiaggia di Mercatello dopo uno spettacolo che dura una ventina di minuti, uno scrosciante applauso, dei salernitani mette il sipario a questo giorno di festa. Suoni, profumi e ricordi della nostra tradizione.

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“C’era una volta... una “pic- cola città” fatta a misura d’uomo, una fra le tante di allora: la Salerno di un tempo lontano e struggente di nostalgia, con i ricordi che si tingono di fanciul- lezza e di adolescenza, quando la festa del Patroni San Matteo, che addobbava le vie principali della città con archi di lumini a olio in vetri multicolori, che spesso una folata di vento o un im- provviso acquazzone spe- gnevano, secondo la t r a d i z i o n e

dell’equino- zio d’au- tunno”.

E’ il ricordo dell’indimen- ticato Raf- f a e l e Cantarella, di quei San Matteo degli Anni Trenta, direttamente discendenti da quella fiera di Sa- lerno pro- mossa da Manfredi nel 1259, che doveva svol- gersi nella

settimana dedicata ai fe- steggiamenti del Patrono che aveva salvato la città.

Salerno era invasa da ban- carelle, giostre che occupa- vano l’intero Lungomare, piccole osterie all’aperto la milza, “a meveza” imbottita di prezzemolo, aglio e men- tuccia, cotta nell’aceto, con peperoncino rosso; “muli- gnane spaccate”, maruz- zelle bollite, frittelle varie,

“scagliuozzi” e in grosse pa- delle venivano fritti i pisci- tielli di San Matteo, il mazzame pescato nelle specchio d’acqua della città, l’odore acre delle fiammelle all’acetilene si sposava con il profumo del torrone, delle mandorle atterrate, dello zucchero filato, franfellicchi,

“spassatiempo” (semi di zucca) leggermente tostati.

Nonostante oggi non ci siano più le luminarie, il concerto della banda sia stato sostiuito dai cantanti, ogni famiglia s a l e r n i t a n a non può fare a meno di rin- verdire le anti- che tradizioni:

sulla tavola apparirà il pol- lastro, galletto tenuto in di- sparte dalle falline, le sfo- gliatelle, o l’attesa della sicura schia- rita dopo le c a n o n i c h e quattro gocce all’uscita della p ro c e s s i o n e per poter pro- nunciare... “E’

scampato e chiovere pecchè hanno mise fore a Santu Matteo”; guai se le statue dovessero riparare sarebbe indice di disgrazia. Sull’im- brunire la processione, con San Matteo, ‘e ssore, San Fortunato, Anthes e Gaio, la preziosa statua di San Gre- gorio VII, San Giuseppe, la statua più pesante perchè di legno, le congreghe, il vescovo, il sindaco, le “pa-

ranze” dei portatori, compo- ste di lavoratori del porto, solo la statua di San Giu- seppe, il privilegio della

“paranza” è dei facchini del mercato.

Qualche coperta ai balconi a mo’ di drappo, apparte- nente al corredo delle ra- gazze in età da marito, ancora si può ammirare, in- sieme alla pioggia di petali di fiori, in uno spettacolo di fede e di colore, volto a chiedere la’iuto dei santi per una “buona sistema- zione”.

Canonche le fermate della processione, l’entrata in Co- mune, della statua di San Matteo, nella caserma della

Guardia di Finanza del quale il santo è protettore e viene seguito da un drap- pello di finanzieri, nei due punti di ristoro per i porta- tori, il bar delle Rose e il Caffè dei Mercanti, dove gli uomini delle paranze impre- cano abitualmente per la ciofeca che viene loro of- fetta ma ringraziano girab- ndo le statue verso gli esercizi, prima del rientro in Duomo, con

la corsa finale liberatoria.

il gusto musi- cale dei saler- nitani, era raffinato e critico.

Era un onore suonare per i f e s t e g g i a - menti di San Matteo, che hanno vist l’esibizione delle presti- giose bande della Polizia, della Finanza, dei Carabinie- rii, in tempi non lontani, agli inizi del

secolo si riicorda che i com- plessi di Squinzano, Bar- letta, Tani e Sturno si esibivano, quasi in contest, in vari punti della città, Piazza Portanova, Largo Campo, Piazza della Prefet- tura, i giardini Pubblici del Teatro Verdi, dai quali nel- l’immancabile “Marcia Trionfale” dall’Aida, l’orga- nico rispondeva alle chia- rine disposte sui balconi del Palazzo Medici.

Non possiamo dimenticare l’emozione degli strumentsti salernitani, ex-allievi dell’or- fanatrofio, oggi affermati maestri, che avevano rixco- stituito la canda “Città di Salerno” per rinverdire la tradizione del Concerto di Piazza, in attesa dei fuochi artificali.

La fsta viene conclusa dai fuochi artificiali: carcasse d’invito, botte mobili, botte disse, giardi- netto medio, basso, la fon- tana, in un corteo di bar- che, sino al triplo colpo oscuro che pone il sigillo ai festeggia-

menti in

onore del Santo Pa- trono.

San Matteo si porta via l’estate e le vacanze, la città che per una giornata ritorna la “pic- cola” città di allora svani- sce insieme a ‘u suonno dei salernitani, che secondo il vecchio adagio ritorneranno al lavoro e non si potranno concedere più il riposo po- meridiano.

Antiche tradizioni culinarie

In città si possono gustare “a meveza”, le “mulignane spaccate” e i piscitielli di San 

Matteo. Una volta le piccole osterie salernitane cucinavano queste prelibatezze all’aperto

E’ scampato e chiovere

pecchè hanno

mise fore a Santu

Matteo

San Matteo si porta via l’estate,

le vacanze e il riposo pomeridiano per il ritorno

al lavoro

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Caratteristica della proces- sione di San Matteo è la partecipazione di tutte le confraternite religiose della città, associazione di fedeli eretta Per l'esercizio di opere di pietà e di carità con una regolare organizza- zione, e avente per scopo anche l'incremento del culto pubblico. Le confraternite hanno uno statuto che fissa lo scopo dell'associazione i rapporti sociali interni, un ti- tolo è un nome, una foggia speciale di abito per i con- fratelli e insegne che ven- gono portate quando la confraternita si presenta come corporazione.

Difficile è rintracciare le ori- gini storiche di tali sodalizi.

Essi si formavano sul senti- mento di fratellanza, nonna ignoto alle corporazioni (col- legia) pagane, ma svilup- pato specialmente dal cristianesimo (Matteo, XVIII, 20) e sull'amore di Dio. Tracce di confraternite si trovano in Francia nel se- coloVII; i capitoli di Incmaro di Reims (852), c. 16, esor- tano i parroci a reprimere gli abusi delle confraternite e delle gildonie. In Italia al- cuni le fanno risalire al 1260; altri al 1144; autori più recenti danno per sicura la loro esistenza al secolo X;

dal secolo XII in poi molte confraternite furono erette, molti di tali

enti deriva- rono dal mo- v i m e n t o mistico dei f l a g e l l a n t i , dei battuti, dei discipli- nati che, per p a c i f i c a r e Guelfi e Ghi- bellini, passa- vano di terra in terra vestiti di sacco, pre- dicando con-

cordia e

p e n i t e n z a , chiamati, a seconda delle fogge di ve- stito, "bian- c h i " ,

"capuciati", etc. Molti si ap- poggiarono ai nuovi ordini mendicanti. Tali sodalizi ap- portarono bene alla società, provocando la fusione tra le varie classi, l'affratellarsi degli uomini per la tutela degli aiuti reciproci, pro- muovendo opere di carità e di assistenza, specialmente ospedaliera, e favorendo anche l'opera di assistenza verso gli stranieri. La con- fraternita, associazione laica sotto forma religiosa, contri- buì a rivettare la religione,

quando questa era per affie- volirsi, e tenere vivo il sen- timento di carità fraterna. In Salerno, nel Medioevo, il fe- nomeno confraternale non sembra sia stato una ele- mento importante nella vita religiosa della città. Infatti, dalla visita pastorale del 1515-16, si desume l'esi- stenza di solo 4 confrater- nite: San Pietro di Portanova, Sant'Antonio di Padova, San Salvatore di D r a p p e r i a , San Bernar- dino. Que- s t ' u l t i m a aveva sede nella chiesa omonima che sorgeva fuori della città, nei pressi della porta dell'An- nunziata, e che già nel 1516 divenne nucleo intorno al quale si svi- luppò il con- vento dei Minimi di San Francesco di Paola. Ad esse non si crede possa aggiun- gersi l'oratorio di Santa Maria della Pietà e dei San- tissimi Crispino e Crispi- niano, del quale detto che sta in gubernio et custodia calzolarium e che probabil- mente era la chiesa della corporazione e non una vera e propria confraternita, anche se non sempre è pos- sibile fare una distinzione tra le due istituzioni. Il visi- tatore, d'altra parte, a Sa- lerno si interessa esclusivamente delle condi-

zioni materiali degli oratori e del loro stato patrimoniale, dell'arredo e delle suppellet- tili sacre, e non mancava di prendere provvedimenti atti a salvaguardarne il decoro, Come nel caso della confra- ternita di Sant'Antonio di Padova, dalla quale far ri- muovere quasdam taboles de pino et quasdam trabes depositatevi da uno dei ma- gistri. Non sono registrate invece domande circa le fi- nalità e l'organizzazione in- terna dei sodalizi.

Del cappellano di Sant'Anto- nio di Padova si dice che

"tenet i I scolaro et docet eos leggere", ma non è chiaro si si tratti di una sua iniziativa privata o di un'opera da lui prestata nel- l'ambito delle attività svolte dal sodalizio né ovviamente possibile dire che gli Scolari fossero esclusivamente figli dei soci. Confrontando tut- tavia i dati disponibili per la città con quelli del contado, emergono subito due diffe- renze. Innanzitutto a Sa- lerno non sono state attestate confraternite di di- sciplinati, diffuse invece a Vietri sul Mare, Cava de' Tir- reni, Bracigliano, San Gior- gio, Giffoni Valle Piana, sieti, saragnano e Lancusi, anche se probabilmente agli inizi del 500 conservavano assai poco dell'antica tradizione penitenziale. Non vi erano mai forte o avevano assai presto i legami con il pas- sato? Una sicura illumina- zione la si è potuta avere negli anni a dietro visitando l'interessante mostra foto- grafica itinerante di Gian- piero Scafuri su "Le Confraternite", depositarie

di tradizioni secolari, "ano- malie" in una società tecno- logica, patrimonio culturale della nostra terra, nostalgia dolcissima del tempo pas- sato, incentrata su quella miscela fatta di devozione e superstizione con il fascino misterioso dei loro canti, dei loro riti, dei loro costumi, fiorite a San Mauro La Bruca, Sessa Cilento, Omi- gnano e a Salerno.

Attualmente in città oltre alla antichis- sima con- grega di San Bernardino da Siena, ispirato

al Santo

grande ora- tore e uomo di fervida ca- rità e grande senso pratico, tu attraverso la sua accesa oratoria, invi- tava i Ban- c h i e r i Fiorentini a in- vestire in cul- tura, con sede dopo il se- condo con-

flitto mondiale, nella chiesa cinquecentesca che era inti- tolata al Monte dei morti, la congrega del Santissimo Ro- sario, Sacro Cuore di Gesù e le due più numerose, quella di Sant'Anna e della Ma- donna del Carmine. Nel rione dei Barbuti, la venera- zione per Sant'Anna è anti- chissima, in quanto virgola sin dal 1725 di Source e la congrega, che aveva sede sotto l'abbazia di San Pietro a corte, tanto che l'attuale vicolo Adelberga è quello

dei Sartori vengono popo- larmente chiamati vicolo e vicoletto Sant'Anna.

Intorno al 1830, la congrega venne trasferita nella chiesa di Sant'Anna al porto. La confraternita che conta più confratelli e certamente quella della Madonna del Carmine, i cui componenti in maggioranza furono sempre contadini del suburbio. La confraternita veste una m o z z e t t a nera ricca- mente rica- mata d'oro e un camice bianco che arriva fino ai piedi. Esiste anche un

"Liber confra- trum" di San Matteo, che comprende i nomi degli af- fratellati al capitolo della cattedrale, ri- salente al basso me- dioevo, diviso in due parti:

la prima con il necrologio, in cui i nomi dei defunti sono riportati secondo l'or- dine del calendario, per ri- cordarli nelle messe in suffragio, la seconda dedi- cata ai vivi che partecipa- vano ai soli benefici delle preghiere, di lì la considetta congrega di San Matteo, in panno rosso, che segue la processione del Santo Pa- trono.

Le confraternite della città

Si fondano sul sentimento di fratellanza proprio del Cristianesimo Sono una caratteristica della storica processione di San Matteo

Le confraternite di San Matteo

Esse si fondavano sul sentimento

di fratellanza, non ignoto alle corporazioni

(collegia) pagane

Nel Medioevo a Salerno il fenomeno confraternale

non sembra sia stato un elemento

importante

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di Antonio Florio

“…..Alla fine, e per buona fortuna, capitò un carabi- niere, il quale, sentendo tutto quello schiamazzo, e credendo si trattasse di un puledro che avesse levata la mano al padrone, si piantò coraggiosamente a gambe larghe in mezzo alla strada, coll’animo risoluto di fer- marlo e d’impedire il caso di maggiori disgrazie.”

E’ il terzo capitolo del Pinoc- chio di Carlo Collodi, attra- verso il quale un po’ tutti hanno cominciato a cono- scere gli amici Carabinieri, e che io incontrai per la prima volta da piccolissimo pro- prio alla processione di San Matteo. Mia madre, Giusep- pina Fiorillo, non ha mai mancato di partecipare a nessuna processione patro- nale e ha sempre portato con sé tutti i suoi figli. Quel- l’anno particolare eravamo in quattro io e i miei tre fra- telli più piccoli, Silvano, Ciro e Lucio. Mia madre portava il più piccolo Lucio in car- rozzino, uno sulla pedanetta delle ruote e due per mano.

Io ero il più grande e, natu- ralmente, il più irrequieto e, attirato dalle luci, dalla gente, dalle bancarelle, dai venditori di palloncini (la festa di oltre settant’anni fa era una festa vera, fatta di suoni, colori, profumi, afrori, stanchezza!), volevo divincolarmi dalla mano di mia madre.

Lei pensò bene di chiamare

i Carabinieri, che all’epoca giravano in alta uniforme, col famoso pennacchio rosso e blu e di affidarsi a loro per farmi portare nelle patrie galere, in caso di ul- teriori segni di irrequietezza e insofferenza. Ebbi, così, timore e non lasciai più la mano di mia madre.

In seguito, ho partecipato alla festa di San Matteo da musicista, da direttore mu- sicale e, quando mio padre Franco, ebbe l’incarico da Alfonso Menna, di rifondare

la banda dell’Istituto Um- berto I, a cavaliere degli anni ’70 e ’80, ho suonato anche in processione. Si partì dall’istituto suonando, come ai tempi d’oro della formazione dell’ Umberto I, per andare in duomo e mio padre volle far tappa di- nanzi alle cancellate delle carceri di Sant’Antonio, che davano sulla strada, per do- nare un segno di festa anche a quanti non avreb- bero mai potuto partecipare ai festeggiamenti e anche

perché diversi carcerati erano passati dal cosiddetto

“serraglio”, in cui lui stesso era stato ospite, istitutore e Maestro.

Fu una processione lunghis- sima quella, con un reperto- rio marciabile scelto da mio padre, quasi per intero composto dal Maestro Gae- tano Savo, da “Creola” a

“Rinascita” a “Vessillo”, pro- vato per giorni, non solo musicalmente, ma anche nel passo, che ci aiutò a su- perare la fatica e a soste-

nere lo sforzo sovrumano dei portatori. Poi, la corsa giù dal duomo per parteci- pare alla festa musicale in piazza Amendola e alla prima “salve”, intorno alla mezzanotte tutti felice- mente distrutti a Lungo- mare per ammirare i fuochi pirotecnici.

Dai Carabinieri alla banda

Ho partecipato alla festa di San Matteo da musicista, da direttore musi- cale e, a cavaliere degli anni ’70 e ’80, ho suonato anche in processione

Una delle bande chiamate a suonare per la festa di San Matteo (Foto Fancesco Truono)

di Marco Frasca

Da studente liceale di Salerno, San Matteo era il giorno rosso sul calendario scolastico ad appena una settimana circa dall'inizio.

Da clarinettista, poi, in banda, San Matteo era tutt'altra roba, praticamente il 2 Giugno dei salernitani, appartenenza, campanili- smo, orgoglio. A dare il via era il ritrovo di noi musicisti nell'atrio del Duomo, al di là di ogni competizione bandistica, a parlar del più e del meno, aspettando l'inizio del nuovo anno accademico "sopra Canalone".

L'immagine più emblematica resta il rullo di tamburi davanti ai leoni, a fine processione, dopo aver attraversato tutto il centro storico di Salerno, aver percorso chilometri tra due ali di folla plaudente, fermate, spari, omaggi e ritornare in duomo tra la folla pronta a guardare - e a sentire... - , di ritorno da un loop di Radetzky a tempo di battito amato- riale di mani, per incitare l’ultimo sforzo, l’ultima corsa, l’ultimo sacrificio dei porta- tori, ovvero il ritorno rigorosamente a passo di corsa in duomo, simbolo di quel San Mat- teo, tra sacro e profano, che manca a tutti per la seconda volta a tutti noi.

Il ricordo del clarinettista Marco Frasca

Nell’atrio l’inquadramento delle bande

di Anna Petrone Ognuno ha un suo punto speciale per se- guire la processione, per incontrare i santi faccia a faccia, un modo per cercare anche un momento di riflessione, nel mo- mento più alto della festa e dell’abbraccio della gente a San Mat- teo.

Un bellissimo ricordo è quello legato al dono da parte dei portatori di un fiore estratto dal seggio del santo, impre- ziosito dall’opera certosina dei fioristi salernitani. Il dono di un fiore di San Matteo, è molto particolare, poiché signifi- cava affetto, protezione, armonia, ed avrebbe vigilato anche su tutta la mia famiglia.

Ecco questo incontro, il porgermi questo dono, come la mano stesa dal santo stesso, mi manca da due lunghi anni.

Il ricordo di Anna Petrone

Il fiore di San Matteo

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di Giuseppe Nappo Quante volte nell’avvicinarsi della ricorrenza per il nostro Santo Patrono abbiamo ascoltato, proposto o richia- mato qualche usanza partico- lare messa in opera dal popolino per accompagnare i riti della chiesa locale nel so- lennizzare la festa dell’Evan- gelista Matteo. Si è sempre fatto così. Per secoli la tradi- zione vuole questo. Dalla notte dei tempi si è fatto.

Quanto datate sono le tradi- zioni da potersi vantare lun- ghezze secolari? Se il culto cittadino al Santo, legato alla stessa costruzione della cat- tedrale, è millenario nessuna tradizione potrà vantare più di mille anni. Oppure se i busti in argento sono del XVII secolo, non si potrà asserire che fossero portate in pro- cessione prima. Ancora, se fino all’Unità d’Italia il Corso Vittorio Emanuele era uno spazio agro-industriale, non certo il corso che oggi cono- sciamo, hanno senso le pole- miche ogni qual volta si modifica il percorso proces- sionale? Il percorso ha se- guito la stessa evoluzione della città. Anche la stessa data che oggi utilizziamo per i festeggiamenti ci pare es- sere stata da sempre quella del 21 settembre. Ai giovani parrà strano, non è stato sempre cosi. Certo, il 21 set- tembre, data della nascita del Santo nella Gloria del Para- diso era da sempre “canoni- camente” celebrata con tutti i riti religiosi dovuti alla gran- dezza del nostro Santo Pa- trono Apostolo ed Evangelista. Non così acca- deva per le manifestazioni ci- vili o popolari. Infatti, era usanza che quando il giorno di San Matteo non ricadeva con la domenica le manife- stazioni civili, corollario dei riti religiosi, fossero traslati al giorno festivo. Pertanto, nel mezzo del XX secolo era usuale che fossero spostate la domenica seguente le at- trazioni ludiche. Concerti musicali, giostrine, banca- relle, fuochi, e finanche la pubblica processione erano collocati a conclusione degli annuali festeggiamenti. Negli anni sessanta ero ragazzino delle elementari e testimonio che per diversi anni la pro- cessione si tenne la domenica seguente. Avvenne anche che, per svariati anni conse- cutivi, con la processione già tutta dispiegata tra le vie cit- tadine si scatenasse sul cor- teo un furibondo temporale di fine estate. Il mio ricordo più nitido è quella volta che,

ai primi scrosci di pioggia, c’eravamo rifugiati in una corte in via duomo. Lo spa- zio angusto fu preso d’assalto da tanti in cerca di un riparo e per far posto a donne e bambine. Io e papà finimmo fuori sotto un balconcino, che poco servi. Infradiciai d’ac- qua il vestito della domenica e le scarpe appena acquistate e come tanti altri fedeli ci in- zuppammo d’acqua. Go- demmo però, di una scena insolita perché le “paranze”

che portavano i Santi risali- rono a passo spedito tutta la via. La pioggia, presumo, aveva colto le statue su via Roma tant’è che il naturale ordine non fu più mantenuto.

Cosicché davanti a noi facen- dosi spazio tra la gente passa per prima il Papa Gregorio VII, seguito da san Matteo, poi i “sore” (i Santi Martiri Sa- lernitani) mentre San Giu- seppe si “ritirò” da Sant’Agostino.

Preoccupato com’ero delle scarpe nuove, non avrei fatto caso all’ordine delle statue se un vecchio vicino a noi non avesse raccontato alla mo- glie, stretta nel cortile con le altre femmine, tutto il susse- guirsi della rapida ritirata.

Egli lo raccontò come descri- vesse una volata ciclistica, e alla fine chiuse con: “ San Matteo, pe comm’ ha pigliata, pass’ pur a San Gregorio”!

Un altro anno l’acquazzone prese il corteo nel centro an- tico. Quella volta noi cor- remmo su per le “Putielle”

per ripararci a casa di Peppe il fratello di papà. Io ero più lesto ma i miei genitori erano rallentati da mia sorella. Più veloci di noi furono i tanti se- minaristi che a frotte e con le

tonache tirate su alla vita rientravano di corsa nel semi- nario tanto da superarci come una scolaresca scanzo- nata. Intanto, il popolo su questi ripetuti acquazzoni ini- ziò a “murmuriare” che il

Santo non volesse che la sua festa fosse tenuta nella ricor- renza del santo. Eppure, si continuò non tenendo conto che “ voce e popolo …..!” I miei genitori, salernitani e devoti zelanti non avrebbero mai mancato di onorare il pa- trono. Cominciarono a pren- dere qualche precauzione, gli ombrelli e la scelta del luogo.

I portici del palazzo Natella o quelli del Comune parvero i più utili a onorare il Santo senza buscarsi una bronchite.

Inoltre, quei portici c’erano utili anche per salire sui filo- bus a fine processione. Delle processioni passate al riparo dei portici, non ho particolari ricordi tranne che piovve ogni volta, ci fu il solito fuggi fuggi

generale tanto che solo qual- che suonatore sbandato dal gruppo o elementi di congre- ghe trovarono spazio sotto i portici tra le persone rifu- giate. Ricordo che i filobus erano assaltati e dopo la fer- mata del palazzo di Città non faceva altra fermata se non a Torrione o Pastena per far scendere. Ricordo invece forse, l’ultima processione col temporale, i portici erano già strapieni di gente, tanto che papà ci portò in via Porta Ca- tena, davanti all’Annunziata Maggiore perché era la sola chiesa aperta e lì la proces- sione abitualmente sostava.

In caso di pioggia si entrava in chiesa che è bella grande.

Anche quell’anno la pioggia comparve a processione sno- data.

Davanti a noi era giunto un labaro rosso vermiglio abba- stanza alto di una congrega.

Questo era retto in verticale da un omone robusto. Egli sorreggeva l’asta verticale fis- sata in un giusto bardo legato alla cintura. Lo aiutavano di- versi serventi, perché quattro cordoni dorati pendevano dal drappo ed erano sorretti da quattro giovinetti. Una per- sona anziana li precedeva.

Era incaricato di guardare se la punta metallica andasse a toccare rami sporgenti, co- perte, fili o luminarie sospesi sulla strada. In questi casi aiutava il portatore e incli- nando il drappo si evitava di farlo impigliare. Arrivati al- l’incrocio una fitta e improv- visa caduta di goccioloni annunzio l’imminente forte temporale. In verità il gruppo non si disunì tranne che per il vecchietto, quello che os- servava se la punta urtasse

qualche ostacolo.

Questo fu più lesto di tutti a entrare in chiesa e ripararsi.

Gli altri tentarono una rapida fuga disordinata, incuranti che la punta del labaro si fosse incastrata in un cavo delle luminarie. La visione che avemmo fu molto coreo- grafica il drappo impigliato nel filo resto indietro penzo- loni fino a fuggire dalle mani dal portatore e dei quattro serventi tutti lanciati alla “ca- rica”. Buffa la scena perché nessuno sapeva che fare; se tirare o mollare i cordoni.

Nessuno di loro poté ripararsi e dovettero tornare indietro per disincastrare il drappo.

Reso sempre più pesante d’acqua l’operazione non fu agevole. Quando finalmente riuscirono a disincastrarlo fu- rono tutti belli e zuppi di pioggia. Seraficamente, arro- tolarono il vessillo con i cor- doni e portandolo a spalla in orizzontale, continuarono so- litari a camminare sotto la pioggia in una via Porta Ca- tena del tutto deserta. Dalla chiesa nessuno fece la spia sul loro compagno rifugiato all’asciutto. Finalmente arrivò il tempo che la processione si programmasse nel giorno di 21 settembre, da allora non è stata più interrotta nel suo svolgimento dalla pioggia im- provvisa, col gradimento di tutti

San Matteo e la pioggia

Era usanza che quando il giorno di San Matteo non ricadeva con la domenica le manifestazioni civili, corollario dei riti religiosi, fossero traslati al giorno festivo

Un’immagine della processione di San Matteo di alcuni anni fa (foto Francesco Truono)

Per svariati anni consecutivi si scatenava

sul corteo un furibondo

temporale di fine estate

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di Monica De Santis Il nome di Giuseppe nelle nostre zone è tradizionale.

In quasi tutte le famiglie vi è un Giuseppe essendo un santo di grossa tradizione li- turgica, cui la popolazione è molo affezionatato, in quanto San Giuseppe è il patrono della “buona morte”.

La statua che sfila durante la processione del Santo Pa- trono pesa ben sette quin- tali poichè è un monoblocco di legno massiccio, splendi- damente scolpito ai principi del ‘700 da un falegname, forse ispirato dal suo pa- trono. Restaurata nel 1977 è la rappresentazione ico- grafica classica del Santo con Gesù Bambino in brac- cio, che apparentemente sembra nn avere titolo a partecipare alla proces- sione, ma dati storici assicu- rano che il santo era ospitato in cattedrale, sino alla costruzione della sfar- zosa Cappella barocca del Santissimo Rosario, adia- cente la chiesa di an Dome- nico, dove fu trasportata perchè sede della congrega- zione intitolata al Santis- simo Rosario ed allo stesso San Giuseppe, dalla quale, tradizionalmente, ogni anno viene trasferita in catte- drale, quattro o cinque giorni prima della proces- sione.

San Gregorio VII Gregorio VII, nato Ilde- brando di Soana, è stato il 157º papa della Chiesa cat- tolica dal 1073 alla morte.

La venuta di Gregorio VII a Salerno avvenne proprio nel

momento in cui più ferveva la sua lotta per la riforma della Chiesa. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Salerno, dove consacrò la Cattedrale e verso la fine dell’anno convocò il suo ul- timo concilio, in cui rinnovò la scomunica contro Enrico IV e Clemente III, l’antipapa eletto dall’imperatore. Il 25 maggio 1085 Gregorio morì.

Fu sepolto in abito pontifi- cale in un sarcofago romano del III secolo. Sulla sua tomba fu scolpita la frase:

Ho amato la giustizia e ho odiato l’iniquità: perciò muoio in esilio.

Ante, Gaio e Fortunato

Nella cripta della Cattedrale oltre ai resti mortali di San Matteo, sono conservati anche le spoglie di tre Santi molto cari alla popolazione:

Ante, Caio e Fortunato, chiamati comunemente Santi Martiri salernitani, uc- cisi ai tempi delle persecu- zioni cristiane operate dall'imperatore romano Dio- cleziano. Ante Caio e Fortu- nato, dopo un processo in cui venne offerta loro la possibilità di onorare gli dei romani, vennero decollati su di un ceppo marmoreo vi- cino il tempio di Priapo nei pressi della foce del fiume Irno. La leggenda narra che

alcune aquile difesero i loro corpi dagli animali randagi, fin quando i cristiani si oc- cuparono di dargli adeguata sepoltura sul luogo del mar- tirio.

Non molto distante da lì, anni dopo, venne eretta una Chiesa dove erano state conservate le spoglie dei tre ma, a causa dei continui saccheggi saraceni, nel de- cimo secolo il vescovo Ber- nardo decise di farli trasportare nella Chiesa di San Giovanni Battista, all'in- terno delle mura cittadine.

Dopo la costruzione della Cattedrale di San Matteo nell'undicesimo secolo, i

corpi dei tre Santi furono custoditi nella Cripta vicino l'altare dedicato al Santo Patrono. Vicino i loro resti è possibile ammirare il ceppo marmoreo dove, secondo la leggenda, furono decapitati i tre. Attualmente, la tomba dei tre Santi Martiri si trova al centro del presbiterio nell’abside centrale della cripta, nella Cattedrale di via Duomo. Nel 1953, fu ef- fettuata la ricognizione ca- nonica e, dall’esame delle reliquie, emerse che uno dei martiri, probabilmente San Gaio, aveva pressappoco quindici anni quando fu martirizzato.

San Giuseppe e San Gregorio VII

L’imperatore Diocleziano proclamò la condanna a morte dei tre martiri

Ante, Gaio e Fortunato, le cui spoglie riposano nella Cripta della Cattedrale

Alcune immagini della processione di alcuni anni fa (Foto Fancesco Truono)

di Giuseppe Petraglia

Descrivere l’attesa e poi la festa del patrono di

Salerno per chi di Salerno è stato solo ospite per dodici anni è sicuramente molto diversa dai tanti salernitani che insieme a me hanno soggiornato nelle mura dell’orfanotrofio Umberto primo.

Sono legati al 21 settembre soprattutto ricordi ri- guardanti la partecipazione con la banda del col- legio alla manifestazione religiosa, la solenne processione, preceduta in mattinata dal giro per le varie stradine del centro storico e sui corsi principali al ritmo di Terzinando e Compleanno, due marce militari del maestro Orsomando, sotto la vigile guida del Maestro Amaturo. Ricordo an- cora l’odore acre e il fumo dei botti che improv- visamente venivano esplosi per strada, incuranti del possibile pericolo che potevano causare. Altra immagine che ogni tanto ritorna è il volto dei por- tatori delle statue, durante la processione, imma- gine di fatica, stanchezza, ma anche di onore e soddisfazione per il ruolo di importanza che

ognuno di loro si sentiva di svolgere per se stesso e per gli altri salernitani. Finita la processione noi della banda si tornava in Istituto, mai abbiamo partecipato allo struscio, mai abbiamo potuto vi- sitare le numerose bancarelle o assistere a qual- che spettacolo serale in qualche piazza cittadina.

Tante privazioni è vero, però sono sicuro che nes- suno dei salernitani ha potuto bearsi dello spet- tacolo al quale solo noi serragliuoli potevamo assistere; intorno alla mezzanotte i fuochi al porto. Dall’alto della nostra residenza , per tanti anni abbiamo assistito allo spettacolo indimenti- cabile delle esplosioni coloratissime che si rispec- chiavano in mare. Alla fine tutti a dormire, magari stanchi del lungo cammino fatto dietro la processione , ma sicuramente a malincuore pen- sando che il sipario era calato sulla festa e per ri- vedere e rifare il tutto bisognava aspettare un altro anno.oi.

Descrivere l’attesa e poi la festa del patrono di Salerno a chi non è di Salerno

Terzinando e Compleanno le marce per l’Aria di Festa

PRIMO / PIANO

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www.cronachesalerno.it Martedì 21 settembre 2021

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