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TEMI E DIBATTITI

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Academic year: 2022

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TEMI E DIBATTITI

LA PROVA DELL'ORIENTAMENTO SESSUALE DEL RICHIEDENTE ASILO ABSTRACT

Molte sono le richieste di protezione internazionale fondate sulla persecuzione che lo straniero assume di avere subito o di rischiare in caso di ritorno nel suo Paese, che consideri reato gli atti omosessuali. All'imponenza di tale contenzioso si unisce l'intuibile difficoltà nello stabilire l'oggetto della prova e le modalità per la sua assunzione.

Da una importante sentenza sul punto, emessa il 2 dicembre 2014 dalla Grande Sezione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (d'ora in poi, CGUE), si sviluppa un ampio scambio di opinioni tra magistrati, avvocati, componenti di Commissioni territoriali, i cui termini essenziali vengono riportati evitando personalizzazioni, onde fornire possibili tracce per la riflessione.

Un breve spazio separa graficamente le opinioni riportate dei singoli.

La sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Grande Sezione) 2.12.2014

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Direttiva 2004/83/CE – Norme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria – Articolo 4 – Valutazione dei fatti e delle circostanze – Modalità di valutazione – Accettazione di taluni elementi di prova – Portata dei poteri delle autorità nazionali competenti – Timore di persecuzione a causa dell’orientamento sessuale – Differenze tra, da un lato, i limiti relativi alle verifiche delle dichiarazioni e delle prove documentali o di altro tipo quanto all’asserito orientamento sessuale di un richiedente asilo e, dall’altro, quelli che si applicano alle verifiche di tali elementi concernenti altri motivi di persecuzione – Direttiva 2005/85/CE – Norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato – Articolo 13 – Condizioni a cui è soggetto il colloquio personale – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 1 – Dignità umana – Articolo 7 – Rispetto della vita privata e della vita familiare»

Il link della sentenza si trova in

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jsessionid=9ea7d2dc30d5 746407343c104eee9d13bdda8b20a429.e34KaxiLc3qMb40Rch0SaxuOc3n0?

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Il contenuto essenziale della sentenza: no agli stereotipi valutativi La CGUE sembra aver detto alcune cose di cui tenere conto e cioè:

1) no a mezzi di prova contrari alla dignità umana, quali test sulla omosessualità (ma sono attendibili?) o registrazioni video di atti sessuali, mentre non è vietata la documentazione di una relazione omosessuale come scelta di vita (come ad es. le fotografie di una festa familiare in cui il richiedente si accompagni con un partner dello stesso sesso);

2) la tempestiva indicazione dell'omosessualità non è dirimente, perché l'orientamento potrebbe non essere rivelato subito per ragioni di riservatezza o di pudore; il che non significa che una ragionevole tempestività della rivelazione non sia importante. Tutto sta a come si conduce l’intervista. Con domande fondate sugli stereotipi di cui parla la Corte non si può accertare

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l’effettivo orientamento sessuale del richiedente. Esse anzi possono indurre a dire cosa non vera, che sembri funzionale all'accoglimento della domanda.

La CGUE vuole evitare stereotipi che vadano nella direzione di una sorta di attività peritale, la quale contrasterebbe con la definizione dell'omosessualità data dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): né perversione né malattia bensì "variante naturale del comportamento umano".

Capire le abitudini di vita di una persona non è però sbagliato. Ad esempio, di fronte a racconti dubbi di omosessualità e persecuzioni nel Paese di origine, può essere significativa la risposta negativa alla domanda della Commissione

"in Italia frequenti persone del tuo orientamento sessuale, o locali dove sai che è facile incontrarle?".

Inoltre, dovrebbe essere maggiore l'attendibilità soggettiva se a dichiararsi omosessuale e perseguitata è una donna, trattandosi di "variante" soggetta a estrema riprovazione, e perciò assai più difficile da raccontare e da inventare.

Dell'utilità di informazioni delle associazioni di tutela dei diritti degli omosessuali (LGBT)

Secondo il punto 49 della motivazione, le dichiarazioni del ricorrente in ordine al proprio orientamento sessuale possono costituire "solo il punto di partenza nel processo di esame dei fatti e delle circostanze", e dunque non bastano a fondare l'accoglimento della domanda. Questo passaggio andrebbe collegato al punto 58, dove si afferma che "quando taluni aspetti delle dichiarazioni di un richiedente asilo non sono suffragati da prove documentali o di altro tipo, tali aspetti non necessitano di una conferma purché siano soddisfatte le condizioni cumulative stabilite dall'art. 4, paragrafo 5 lettere a)-b)-c) della medesima direttiva 2004/83”.

Alla luce di queste indicazioni, sarebbe da inquadrare nella condizione sub c) dell'art. 4, par. 5 l'attività che alcuni Tribunali svolgono per acquisire informazioni sull'omosessualità del richiedente per il tramite di associazioni presenti sul territorio (ad es., Arci-gay), con le quali il richiedente potrebbe entrare in contatto.

I giudici lussemburghesi chiedono di uscire dagli stereotipi, ed è uno stereotipo ritenere che un omosessuale debba aderire a circoli o associazioni

"di categoria". La valutazione deve incentrarsi sulle dichiarazioni del richiedente, mentre il coinvolgimento di associazioni di difesa dei diritti rischierebbe di far ricadere in stereotipi.

Peraltro, il profondo condizionamento culturale per chi proviene da Paesi dove l’omosessualità è un reato impedisce di inventare con leggerezza un'omosessualità inesistente.

Prove testimoniali, ruolo del difensore

In un caso, l'avvocato del richiedente ha chiesto la testimonianza del dirigente della casa di accoglienza, asseritamente a conoscenza della notoria omosessualità del richiedente. Questo potrebbe essere un mezzo di prova abbastanza attendibile, se emergesse ad es. una relazione stabile del richiedente; ma vi è il rischio di fondare la decisione su inammissibili “voci correnti nel pubblico”.

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Gli avvocati hanno il vantaggio di poter dedicare tempo prezioso al colloquio in studio con il richiedente: si comprendono molte cose quando il cliente chiede di rimanere solo con l'avvocato, possibilmente con la porta chiusa...

Il contatto con associazioni di tutela che elaborino relazioni sul richiedente non appare probante, sia perché produce un documento proveniente non da consulente tecnico d'ufficio ma da soggetto terzo, sia per il rischio che quelle associazioni sfornino relazioni positive a iosa.

Invece, spesso un riscontro probatorio è dato dall'indicazione come testimoni di amici e conoscenti in terra d’origine, o di compagni di viaggio.

Ancora sul ruolo delle associazioni di tutela

Alcuni dei richiedenti che allegano la loro omosessualità sono disposti a prendere contatti con associazioni LGBT. Quando l'istruttoria svolta non fornisce elementi risolutivi, al ricorrente si potrebbe concedere un termine entro il quale produrre una relazione proveniente da un'associazione che riferisca dell'attività svolta.

Ma è una prassi compatibile con quanto statuito da CGUE 2.12.2014? E quale conclusione si può trarre dall'inerzia ingiustificata del ricorrente rispetto ad un invito siffatto del giudice? Potrebbe ritenersi che il ricorrente non ha compiuto "sinceri sforzi per circostanziare la domanda" (paragrafo 9 della sentenza) e, dunque, rigettare la domanda di protezione?

Con tutto il rispetto per le associazioni, l'omosessuale dovrebbe poter essere se stesso/a senza l'onere di appartenere ad una "categoria", e quindi di accedere alla mediazione di associazioni. Le quali potrebbero, in perfetta buona fede, condizionare l'esito del giudizio con le relazioni. Se poi dal rifiuto di prendere contatto con associazioni si traggono argomenti di prova sfavorevoli, allora la possibilità di contatto si trasforma in un onere.

L'orientamento sessuale come fatto dinamico da provare: ancora sulle associazioni di tutela

L'omosessualità non è necessariamente socializzazione o condivisione, talvolta si sviluppa in profonda e intima solitudine. E' anche vero, però, che nei confronti di chi accoglie positivamente l'invito a contattare associazioni si realizza una positiva cooperazione del giudice nell'istruttoria e di reale comprensione del ricorrente, che non pare in contrasto con CGUE 2 dicembre 2014. Purché rimanga un mero invito.

In diversi casi in cui si è rappresentata al ricorrente la possibilità di prendere contatto con associazioni LGBT, l'invito dopo una iniziale titubanza è stato accolto e ha portato la stessa difesa a produrre una relazione sul buon livello di inserimento dell'assistito: relazione che non costituisce prova dell'omosessualità ma un elemento in più, da valutare insieme alla coerenza interna, plausibilità e precisione del racconto.

La mancata adesione all'invito del giudice, però, non costituisce inadempimento di un onere.

L'inerzia ingiustificata rispetto a questo tipo di inviti è un elemento neutro ai fini dell'accoglimento della domanda, oppure incide negativamente sulla credibilità? L'inerzia costituisce condotta contraria alla condizione stabilita dall’articolo 4, paragrafo 5, lettera a), al compiere "sinceri sforzi per circostanziare la domanda"?

Nei casi in cui appaia utile un intervento di esperti esterni, è preferibile rivolgersi a struttura pubblica o privata dove operino specialisti (piscologi e non solo) e mediatori culturali. Meno opportuna una relazione "mirata" sull'orientamento sessuale come tale.

Il fatto da provare è dinamico e non statico, e riguarda non tanto la condizione di omosessualità (ma è una condizione o una scelta di libertà variabile nei tempi e nei luoghi? Definirla condizione non

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riproduce gli errori di metodo della definizione come malattia?) ma l'essere perseguitato per questa ragione e il rischio concreto di essere sottoposti a sanzione penale o altra ingiusta persecuzione.

Così il quadro si arricchisce di tanti elementi (esistenza delle leggi omofobe, loro concreta applicazione, credibilità del racconto sulle modalità con le quali è stata attivata la persecuzione).

Se Tizio dice di essere omosessuale, il problema non è tanto capire se lo è "veramente" quanto se, come e perché per questa ragione è stato perseguitato, o rischia di esserlo, nel suo Paese. Anche un eterosessuale che per una singola esperienza omosessuale sia stato perseguitato ha diritto alla protezione, come pure l'eterosessuale che lotti per i diritti degli omosessuali in un paese a legislazione omofoba.

Il ruolo decisivo della persecuzione

L'approfondimento istruttorio deve prevalentemente rivolgersi alle condizioni generali del paese o all'esistenza della vis persecutoria; non si possono sondare le scelte afferenti l'orientamento sessuale. Se le dichiarazioni sulla condizione personale di perseguitato o gravemente in pericolo non sono credibili, ne va esclusa la rilevanza, altrimenti, se necessario, si approfondisce il quadro di omofobia riferito. L'art. 8 della Convenzione Europea Diritti dell'Uomo impone una linea molto soft nell'ingerenza.

Non si può esigere dal richiedente asilo di aderire o rivolgersi ad associazioni anche se di tutela dei diritti degli omosessuali. Ogni ingerenza in tal senso toccherebbe una sfera personalissima.

E' vero che l'oggetto dell'accertamento non è tanto l'omosessualità ma la persecuzione subita o il rischio di persecuzione. La distinzione tuttavia è netta sul piano teorico, meno su quello pratico.

La sentenza CGUE 2.12.2014 ha vietato metodi di accertamento dell'orientamento sessuale fondati su stereotipi, su test, su prove di tipo peritale, e ha invitato a valutare le dichiarazioni in modo globale senza dare esclusivo valore a elementi sintomatici come la non tempestività della richiesta.

Ma non ha detto che l'accertamento dell'orientamento sia irrilevante o discriminatorio.

E' vero che bisogna verificare la plausibilità della persecuzione. Ma se il richiedente la collega all'orientamento, allora l'accertamento di quest'ultimo non sarà decisivo ma è opportuno, purché non effettuato con criteri "essenzialisti" che contrastano con la definizione dell'omosessualità data dall'OMS. La verifica dell'orientamento sembra poi inevitabile quando il richiedente deduca non una persecuzione subita, ma un rischio di persecuzione.

Ricadute della decisione della CGUE nella giurisprudenza del Paese che sollevò la questione

Il Consiglio di Stato olandese il 8-7-2015 ha deciso per la prima volta dopo la risposta della CGUE del 2/12/2014 su come valutare la credibilità del richiedente asilo omosessuale.

Secondo il Consiglio, alla luce degli artt. 4 della Direttiva qualifiche 2004/83 e 13 della Direttiva procedure (2005/85), il Segretario di Stato olandese non aveva indicato in maniera verificabile dai giudici quali fossero le risposte del richiedente che facevano ritenere non credibile l'omosessualità narrata. Il Segretario di Stato avrebbe potuto avvalersi dei parametri della sentenza della CGUE C- 199/12 del 7-11-2013 (X,Ye Z), (c.49: la mera dichiarazione di essere omosessuale non è sufficiente), ma evitando il ricorso a nozioni stereotipate. Per il Consiglio di Stato non sono utilizzabili filmati o ‘test’ medici, perché è dall'intero contesto delle dichiarazioni che si deve desumere se il richiedente asilo è credibile o no.

Limiti delle indagini sull'orientamento, prassi delle Commissioni e linee-guida

Occorre fermarsi alle indagini su fatti “esterni” alla sfera del soggetto, nell’orientamento sessuale così come nella scelta di una confessione religiosa minoritaria e come in qualsivoglia discriminazione. Non sembra percorribile la strada dell’associazione “specializzata”. Altra cosa è se l’istante prova spontaneamente la sua partecipazione ad un circolo di cultura omosessuale in Italia.

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La recente sentenza della Cassazione nr. 4522-15 demanda alla Corte di appello di "acquisire le prove necessarie al fine di accertare o meno la circostanza della omosessualità del richiedente". Tuttavia l'art. 8 comma 2 del d.lgs. 251/07 non richiede di accertare "la circostanza della omosessualità", e invece stabilisce che "nell'esaminare se un richiedente abbia un timore fondato di essere perseguitato, e' irrilevante che il richiedente possegga effettivamente le caratteristiche razziali, religiose, nazionali, sociali o politiche che provocano gli atti di persecuzione, purché una siffatta caratteristica gli venga attribuita dall'autore delle persecuzioni”.

Le richieste di protezione fondate sull'orientamento sessuale sono molto numerose. Nell'esaminarle, le Commissioni territoriali si orientano secondo due criteri:

1) valutano sia la credibilità del racconto prospettato durante l'audizione sia l'attendibilità dell'orientamento sessuale dichiarato. Su questo non residuano dubbi dopo la sentenza della CGUE, il cui punto 52 infatti afferma: "benché spetti al richiedente asilo identificare tale orientamento, che costituisce un elemento rientrante nella sua sfera personale, le domande di concessione dello status di rifugiato motivate da un timore di persecuzione a causa di detto orientamento, così come le domande fondate su altri motivi di persecuzione, possono essere oggetto di un processo di valutazione, previsto all’articolo 4 della medesima direttiva";

2) utilizzando le linee guida n. 9 dell'UNHCR (Domande di riconoscimento dello status di rifugiato fondate sull’orientamento sessuale e/o l’identità di genere nell’ambito dell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e/o del suo Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati) che, dopo una introduzione sulle nozioni fondamentali in materia di orientamento sessuale e un'attenta analisi dell'incidenza di tali aspetti sulla configurabilità dello status di rifugiato, contiene alla V sezione, intestata alle "Questioni procedurali", una seconda parte dedicata proprio alla valutazione di credibilità di tali prospettazioni. Ne emerge un'elencazione di aspetti da tenere presenti (e, conseguentemente di domande che possono essere poste al richiedente asilo) nella valutazione finale sulla credibilità: essa non può dipendere da una sola delle risposte ma dall'esame dell'insieme delle risposte fornite, effettuato alla luce degli aspetti focalizzati dalle linee guida. Non si tratta della soluzione definitiva del problema, ma di un utile e qualificato strumento di lavoro.

Link ove reperire il documento in italiano:

http://www.unhcr.it/sites/53a161110b80eeaac7000002/assets/53a1642a0b80eeaac700013e/Linee_g uida_SOGI_ITA2012.final.pdf

Più recenti orientamenti giurisprudenziali

Un'ordinanza commentata del Trib. Catanzaro http://www.questionegiustizia.it/articolo/protezione- internazionale-per-omosessuali_07-01-2016.php introduce una logica dinamica nella valutazione della credibilità del richiedente, che assicura maggiore accuratezza complessiva alle valutazioni sulle esigenze di protezione, con particolare attenzione al comportamento processuale del richiedente e alla sua partecipazione ad associazioni di settore, successiva alla fase amministrativa.

Si affronta poi la questione dell'applicazione del beneficio del dubbio, con una valutazione complessiva conforme a una visione più garantista di tale regola giuridica.

La sentenza della Cassazione nr. 16361 del 2016 ritiene la necessità di un racconto specifico del rischio di persecuzione per orientamento omosessuale.

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