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Quest’ultima, introdotta dall’art

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Procura Generale della Repubblica di ………. : Quesito relativo al trattamento economico da riservare al magistrato per il quale l'Autorità Sanitaria competente abbia disposto l'isolamento fiduciario in seguito a contatto avuto sul luogo di lavoro con persona risultata positiva al test per la ricerca del virus Sars-Covid 19.

(delibera 10 marzo 2021)

«Con nota del 7.10.2020 il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di …….. chiedeva al Consiglio di chiarire se, in caso di assenza dal posto di lavoro del magistrato costretto ad isolamento fiduciario sulla base di un provvedimento della competente autorità sanitaria, ma non affetto da infezione virale conseguente al Covid 19 e, pertanto, in condizione di svolgere regolarmente la sua attività lavorativa da remoto, debba o meno applicarsi il trattamento economico previsto per l’ipotesi di congedo straordinario per motivi di salute.

1. Premessa sul trattamento economico della malattia del magistrato ordinario

Al fine di fornire una risposta al quesito, appare opportuno rammentare preliminarmente, in estrema sintesi, le caratteristiche del trattamento economico spettante al magistrato in caso di malattia.

La retribuzione del magistrato ordinario consta di una quota corrispondente alla classe di appartenenza determinata in base all’anzianità di servizio e alla progressione in carriera, soggetta agli adeguamenti automatici previsti dalla legge, e di una cd. indennità giudiziaria.

Quest’ultima, introdotta dall’art. 3 della L. n. 27/1981, è strettamente correlata all’esercizio delle funzioni giudiziarie e non è quindi corrisposta nei periodi di congedo straordinario, di aspettativa per qualsiasi causa, di astensione facoltativa di cui agli artt. 32 e 47, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 165/2001, nonché per i casi di sospensione dal servizio per qualsiasi causa1.

Considerato che l’assenza per malattia del magistrato configura un’ipotesi di congedo straordinario o di aspettativa (artt. 37, 66 e 68 del D.P.R. n. 3 del 1957), ne deriva che egli non potrà percepire in tali ipotesi la predetta indennità giudiziaria.

Deve sottolinearsi come la mancata erogazione dell’indennità giudiziaria per un caso di assenza dal servizio necessitata da situazioni oggetto di specifica tutela da parte dell’ordinamento, ha fatto dubitare della legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge n. 27/1981. Tali dubbi sono stati tuttavia fugati da una ormai consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale ha evidenziato che la legge pone un “correlazione necessaria tra la corresponsione dell’indennità e il concreto esercizio delle funzioni”, ritenendo dunque legittimo che l’indennità non sia dovuta in ogni ipotesi di assenza dal servizio, poiché “l’insieme degli oneri, in relazione ai quali tale indennità è stata istituita, viene meno quando il servizio, per qualsiasi causa, non è concretamente prestato”

(C. cost., sent. n. 407/1996; nello stesso senso, cfr. C. cost., ord. n. 106/1997; sent. n. 287/2006;

ord. n. 290/2006; ord. n. 302/2006; ord. n. 137/2008; ord. n. 346/2008).

La Corte ha poi comunque ricordato che l’indennità giudiziaria costituisce solo una parte del complessivo trattamento economico del magistrato, onde la sua esclusione in caso di assenza dal servizio per malattia o maternità non viola i precetti costituzionali posti a tutela di tali situazioni.

1 Dal gennaio 2005 l’indennità giudiziaria viene corrisposta nei periodi di astensione obbligatoria dal lavoro ai sensi degli artt. 16 e 17 del D.L. n. 151/2001, ossia nei cinque mesi di assenza per gravidanza e puerperio e nei periodi antecedenti in cui vi sia interdizione dal lavoro disposta dal competente ispettorato del lavoro.

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Alla luce dei predetti insegnamenti della Corte Costituzionale deve quindi ritenersi che una volta assicurato al lavoratore il riconoscimento di un trattamento economico “di base”, rientri nella discrezionalità del legislatore stabilire la concreta misura del trattamento spettante per ognuna delle ipotesi “protette” di assenza dal servizio.

L’indennità giudiziaria non è dunque dovuta nei periodi in cui la prestazione lavorativa non sia prestata, a meno che il venir meno della correlazione tra la prestazione lavorativa e la percezione dell’indennità, di cui si è detto, non sia contemplata espressamente dallo stesso legislatore, come nel caso del congedo ordinario e dell’astensione obbligatoria per maternità2.

Venendo all’assenza per malattia del magistrato, essa configura un’ipotesi di congedo straordinario di cui all’art. 37 del D.P.R. n. 3/1957 o di aspettativa prevista dagli artt. 66 e 68 dello stesso decreto: il congedo di cui all’art. 37 può essere concesso “per gravi motivi” ed ha una durata massima di 45 giorni, mentre l’aspettativa per infermità ex artt. 67 e 68 cit. può essere disposta, d’ufficio o a domanda, quando sia accertata, in base al giudizio di un medico scelto dall’amministrazione, l’esistenza di una malattia che impedisca temporaneamente la regolare prestazione del servizio. Tale aspettativa, se continuativa, non può superare i 18 mesi3.

Il tempo trascorso dal magistrato in aspettativa per infermità è computato per intero ai fini della progressione in carriera, delle ferie, della retribuzione, degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza, ma, in conformità ai principi sopra delineati in tema d’indennità giudiziaria, il magistrato perde, invece, il diritto alla corresponsione della stessa per l’intero periodo di durata dell’aspettativa.

2. La disciplina normativa prevista dal D.L. n. 18/2020 e successive modifiche e integrazioni per il caso di dipendenti pubblici e privati affetti da Covid ed in particolare per il caso di malattia, quarantena e isolamento fiduciario

Tanto illustrato in linea generale sulla retribuzione del magistrato e sul trattamento economico previsto per il caso di sua malattia, si deve a questo punto richiamare, al fine di rispondere al quesito, il disposto dell’art. 87 del D.L. n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.

Detta norma reca, infatti, “misure straordinarie in materia di lavoro agile e di esenzione dal servizio e di procedure concorsuali” e prevede al primo comma, quale principio di carattere generale, che “il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dai dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dovuta al COVID-19, è equiparato al periodo di ricovero ospedaliero e non è computabile ai fini del periodo di comporto”.

Tale previsione è stata accompagnata, e succeduta, da norme che hanno progressivamente favorito il ricorso al lavoro agile, che oggi si configura come una delle modalità ordinarie di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001. In particolare, l’art. 263, del D.L. n. 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 77/2020, prevede che, al fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, cit. adeguano l’operatività di tutti gli uffici pubblici alle esigenze dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali. A tal fine, il citato art. 263 e, in particolare, il terzo periodo del comma 1, prevede che, in considerazione dell’evolversi della situazione epidemiologica, con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione, possono essere

2 A.C. n. 1161 - Titolo: Modifica all'articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, in materia di armonizzazione del trattamento economico del personale di magistratura nei casi di congedo straordinario e di aspettativa per malattia, Dossier n. 221 - Schede di lettura 29 ottobre 2019.

3 Il magistrato dopo due mesi viene collocato fuori del ruolo organico con contestuale richiamo in ruolo se l’aspettativa non supera i 6 mesi continuativi; nel caso in cui il periodo di aspettativa superi i sei mesi, e quindi un periodo di 4 mesi di fuori ruolo, viene data comunicazione al Consiglio Superiore perché proponga il richiamo in ruolo e l’assegnazione della sede al predetto magistrato.

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stabilite modalità organizzative e fissati criteri e principi in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile.

Così, da ultimo, il decreto del Ministro per la Pubblica Amministrazione del 19.10.2020, all’art. 4, comma 2 ha stabilito che “nei casi di quarantena con sorveglianza attiva o di isolamento domiciliare fiduciario, ivi compresi quelli di cui all’articolo 21-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, il lavoratore, che non si trovi comunque nella condizione di malattia certificata, svolge la propria attività in modalità agile. Nei casi in cui ciò non sia possibile in relazione alla natura della prestazione, è comunque tenuto a svolgere le attività assegnate dal dirigente ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera b), del presente decreto. In ogni caso, si applica il comma 5, dell’articolo 21- bis, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126”.

L’art. 8 del medesimo D.M., nello stabilire che le misure previste si applicano alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e restano in vigore fino al 31 dicembre 2020 (misure prorogate fino al 30.4.2021 dal decreto del Ministro per la Pubblica Amministrazione del 20.1.2021), aggiunge che “Le altre amministrazioni pubbliche, gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché le autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, ciascuno nell'ambito della propria autonomia, adeguano il proprio ordinamento ai principi di cui al presente decreto”.

L’evoluzione del quadro normativo sopra tracciato rende evidente come le disposizioni relative alle prestazioni lavorative nelle pubbliche amministrazioni siano ispirate alla necessità, da un lato, di tutelare il più possibile la salute dei lavoratori e, dall’altro, di garantire l’erogazione dei servizi rivolti ai cittadini ed alle imprese con regolarità, continuità ed efficienza (cfr. art. 263 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n.

773).

La ratio dell’art. 87 citato è dunque chiara ed in linea con quanto da ultimo illustrato, avendo il legislatore inteso limitare il più possibile il rischio di contagio nei luoghi di lavoro individuando forme di lavoro agile ed offrendo al lavoratore, attraverso l’equiparazione della malattia, della quarantena e della permanenza domiciliare, al ricovero ospedaliero, la più ampia tutela economica possibile: il ricovero ospedaliero comporta, infatti, la mancata applicazione della decurtazione stipendiale prevista dall’art. 71 del D.L. n. 112/2008 (cd. decreto Brunetta), non contemplata per l’appunto, fra le altre ipotesi, per il caso del ricovero ospedaliero.

Ai fini di ricostruire puntualmente il quadro normativo di riferimento, preme rammentare anche il disposto dell’art. 26, comma 2 del citato D.L. n. 18 che contiene diposizioni riferibili oltre che ai dipendenti del settore privato a quelli del settore pubblico, definendo i cd. lavoratori fragili come “i dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104”4.

Per i lavoratori dei due settori, pubblico e privato, in condizione di fragilità, il periodo di assenza dal servizio finalizzato a preservarne la salute è equiparato al ricovero ospedaliero, così che i lavoratori non debbano subire decurtazioni stipendiali.

Il comma 2-bis del medesimo art. 26 (introdotto dal decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126) stabilisce inoltre che “a decorrere dal 16 ottobre e fino al 31 dicembre 2020, i lavoratori fragili di cui al comma 2 svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione

4 Tale nozione è contenuta anche nell’art. 2, comma 2 del decreto del Ministro per la Pubblica Amministrazione del 19.10.2020, ove si precisa che il “lavoratore fragile” richiamato nel predetto decreto viene definito tale con esclusivo riferimento alla situazione epidemiologica.

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ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto”5.

Il primo comma dell’art. 26 cit. dispone, poi, per i soli dipendenti del settore privato, che il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all'art. 1, comma 2, lettere h) e i) del D.L. n. 6/2020 (convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13), e di cui all’art. 1, comma 2, lettere d) ed e), del D.L. n. 19/2020, é equiparato alla malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto. Ciò significa che sarà l’INPS ad erogare al dipendente che versi in una delle condizioni individuate dal legislatore l’indennità di malattia.

Per l’individuazione del contenuto delle nozioni di isolamento, quarantena e positività al Covid menzionati dal D.L. in commento, occorre rinviare alle circolari del Ministero della Salute, quale da ultimo quella adottata il 12 ottobre 2020, in cui si specifica che: l’isolamento dei casi di documentata infezione da Sars-Cov-2 si riferisce alla “separazione delle persone infette dal resto della comunità per la durata del periodo di contagiosità, in ambiente e condizioni tali da prevenire la trasmissione dell’infezione”; la quarantena è il periodo di “restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodo di incubazione, ma che potrebbero essere state esposte ad un agente infettivo o ad una malattia contagiosa, con l’obiettivo di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e identificare tempestivamente nuovi casi”, individuando anche le regole da seguire per il caso di positività al Covid in assenza dei sintomi della malattia, ovvero per quello di positività con presenza di sintomi e per quello ancora di positività di cd. lungo termine6.

In merito all’interpretazione delle norme in parola, invece, appare opportuno richiamare il messaggio dell’INPS n. 2584 del 24 giugno, recante “Indicazioni operative per il riconoscimento della tutela previdenziale della malattia”, nel quale viene distinta la condizione del lavoratore in quarantena, in isolamento fiduciario e in malattia applicabili, come visto, anche ai lavoratori pubblici.

Con riferimento all’equiparazione alla malattia, ai fini del trattamento economico, della quarantena, isolamento e sorveglianza del lavoratore, l’INPS precisa che “il trattamento è lo stesso di quello spettante per ogni altra malattia sia in termini di tutela previdenziale che contrattuale” e che il periodo di quarantena non si computa per il raggiungimento del limite massimo previsto per il comporto nell’ambito del rapporto di lavoro.

Tuttavia, per il caso di malattia conclamata da Covid-19, l’INPS chiarisce che il lavoratore deve farsi rilasciare il certificato dal proprio medico curante senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica, rientrando tale fattispecie nella consueta gestione della malattia comune.

Con successivo messaggio n. 3653 del 9 ottobre 2020, l’INPS ha però chiarito che la quarantena e la sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili, di cui rispettivamente ai commi 1 e

5 Tale norma si colloca nel solco della previsione dell’art. 39 del D.L. n. 18/2020, a mente del quale fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (comma 1) ovvero i lavoratori immunodepressi e i familiari conviventi di persone immunodepresse (comma 2-bis) hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.

6 Per i casi positivi asintomatici è previsto: isolamento di almeno 10 giorni, al termine del quale va eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test); per i casi positivi sintomatici: isolamento di almeno 10 giorni accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test); per i casi positivi a lungo termine: interruzione dell’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi; per i contatti stretti con asintomatici: periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso oppure un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato il decimo giorno.

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2 dell’articolo 26 del D.L. n. 18/2020, non configurano un’incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta tale da impedire in assoluto lo svolgimento dell’attività lavorativa (presupposto per il riconoscimento della tutela previdenziale della malattia comune), ma situazioni di rischio per il lavoratore e per la collettività che il legislatore ha inteso tutelare equiparando, ai fini del trattamento economico, tali fattispecie alla malattia e alla degenza ospedaliera.

L’Ente previdenziale ha quindi specificato che non è possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera nei casi in cui il lavoratore pur in quarantena (art. 26, comma 1) o in sorveglianza precauzionale perché soggetto fragile (art. 26, comma 2) continui a svolgere regolarmente, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa presso il proprio domicilio, mediante le citate forme di lavoro alternative alla presenza in ufficio.

In questi casi, infatti, non si determina alcuna sospensione dell’attività lavorativa e deve quindi essere erogata la necessaria retribuzione.

È invece evidente che in caso di malattia conclamata (art. 26, comma 6) il lavoratore venga a trovarsi in una condizione di temporanea incapacità al lavoro, con diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno.

3. La retribuzione dei magistrati in quarantena, isolamento fiduciario e malattia conclamata

Come noto, i magistrati non rientrano nella categoria dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001, essendo espressamente ricondotti nell’ambito di operatività dell’art. 3 dello stesso decreto.

Tuttavia, ai sensi del disposto dell’art. 276, ult.co. dell’O.G., sono loro applicabili, nei limiti della compatibilità con le norme dell’ordinamento giudiziario, le norme sugli impiegati civili dello Stato e, per quanto d’interesse in questa sede, le disposizioni di cui al citato art. 26, comma 2 del D.L. n. 18/2020 relativo ai dipendenti pubblici affetti da fragilità.

Ciò significa, come peraltro evidenziato anche dal Consiglio Superiore nelle linee guida indirizzate agli uffici giudiziari in data 4 novembre 2020, che il magistrato in condizione di particolare fragilità potrà certamente presentare al dirigente dell’ufficio cui è assegnato un’istanza, documentata sotto il profilo della sua condizione di salute, per ottenere lo svolgimento del proprio lavoro in modalità da limitare il rischio cui egli, in quanto soggetto fragile, è particolarmente esposto (favorendo lo svolgimento dell’attività lavorativa “da remoto”, ovvero, ove ciò non sia possibile, in modalità in presenza capaci di ridurre i rischi di contagio, ovvero ancora esonerando il magistrato dallo svolgimento di determinate attività e individuando attività compensative dell’esonero, o infine prevedendone la temporanea assegnazione ad altro settore nell’ambito del medesimo ufficio, mantenendo il diritto del predetto a rientrare nel settore di appartenenza).

In questo caso, egli dovrà essere considerato a tutti gli effetti in servizio con diritto a percepire l’intera retribuzione.

Ad analoga conclusione può giungersi anche per i magistrati che si trovino in quarantena o in isolamento fiduciario e che continuino ad espletare le proprie ordinarie attività lavorative ad eccezione, ovviamente, di quelle che presuppongono una presenza in ufficio che non potrebbe essere garantita per l’impossibilità di violare la quarantena o l’isolamento.

In queste ipotesi, infatti, è ragionevole ritenere che possa trovare applicazione la disciplina desumibile dalla nota dell’INPS n. 3653 del 09/10/2020.

Detta nota, pur se relativa ai dipendenti pubblici e privati in condizione di fragilità, enuclea dei principi di carattere generale che consentono di affermare che nell’attuale stato di pandemia da Covid per determinare quale trattamento retributivo spetti ad un lavoratore che si venga a trovare in una delle condizioni contemplate dal legislatore, è dirimente stabilire quale sia la sua condizione fisica: se egli è affetto da Covid ed è quindi in stato di malattia conclamata, troverà applicazione la disciplina della malattia; se, invece, egli, pur se in quarantena o in isolamento fiduciario, per come definite dalle ordinanze ministeriali richiamate, non sia malato e sia perciò in grado di svolgere il

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proprio lavoro, seppur con le limitazioni di cui si è detto, dovrà essere considerato a tutti gli effetti in servizio con diritto a percepire l’intera retribuzione.

D’altra parte lo stesso Consiglio Superiore, nelle linee guida sopra menzionate, ha rammentato come anche la normativa “emergenziale” che disciplina l’attività giudiziaria nel periodo della presente pandemia ne favorisca lo svolgimento “a distanza”, consentendo, a tutti i magistrati, entro i limiti normativamente previsti, di partecipare anche all’udienza da un luogo diverso dall’ufficio giudiziario.

Se dunque già ordinariamente sussistono diverse attività (quale lo studio della documentazione e la redazione di gran parte dei propri provvedimenti) che il magistrato, ove non impegnato in udienza o nei turni, può svolgere al di fuori dell’ufficio giudiziario, risultano adesso aumentate le possibilità che i magistrati espletino la propria attività da remoto7.

In particolare, il Consiglio ha osservato che “… omissis … rimarcata la preminente finalità di assicurare una maggiore continuità al servizio giustizia, diversamente destinato a soffrire, inevitabilmente, di plurime interruzioni nonostante la legislazione emergenziale da ultimo adottata non preveda né sospensioni né rinvii generalizzati, può affermarsi che il magistrato che si trovi in quarantena o in isolamento fiduciario a causa del COVID, e non si trovi in stato di malattia certificata8, è da considerarsi in servizio. Come tale, egli sarà impegnato nello svolgimento di tutte le attività (di udienza e non) svolgibili da remoto secondo la legislazione vigente, ferma la necessaria tempestiva comunicazione al dirigente della condizione di quarantena o isolamento fiduciario al fine di consentire la pronta adozione delle misure organizzative eventualmente necessarie per il contenimento dell’emergenza sanitaria.

Laddove peraltro le diverse modalità organizzative del servizio nel – limitato – periodo di quarantena o isolamento fiduciario comportino l’esonero da determinate attività (quali anche le attività di udienza, ove non possibili da remoto e per cui, ove indifferibili, si dovrà ricorrere all’istituto della supplenza in ragione dell’impedimento temporaneo del magistrato), gli eventuali esoneri saranno compensati da attività maggiormente compatibili con la condizione del magistrato, dovendosi precisare che, ove necessario in relazione all’andamento dell’emergenza sanitaria, l’individuazione e l’assegnazione di attività compensative potrà essere differita anche oltre il termine semestrale fissato dall’art. 270, comma 2 della circolare sulla formazione delle tabelle per gli uffici giudicanti per il triennio 2020-2022”.

Alla luce di quanto esposto, il Consiglio delibera

di rispondere al quesito nel senso di ritenere che, ferma restando la competenza del Ministro della Giustizia in materia di trattamento economico dei magistrati, il magistrato per il quale l’Autorità Sanitaria abbia disposto l’isolamento fiduciario in seguito a contatto avuto con persona risultata positiva al test per la ricerca del virus Sars-Covid 19, nel caso in cui il magistrato non si trovi in stato di malattia certificata e continui a svolgere la propria attività lavorativa, possa considerarsi in servizio».

7 In proposito si segnala la Risoluzione ricognitiva della disciplina in tema di ferie dei magistrati, del 20 aprile 2016, con cui è stato chiarito in via generale che il magistrato, ove non abbia udienza o sia di turno, può svolgere la propria attività fuori dall’ufficio, salvo funzioni particolari che richiedono di provvedere quotidianamente sulle urgenze e di compiere atti che impongono la sua presenza e ferma la garanzia di pronta reperibilità.

8 Si veda l’art. 26, comma 6, decreto-legge 17 marzo 2020 , n. 18 convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

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