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TEMPO DI GIOIA DI RAV ADIN EVEN ISRAEL (STEINZALTZ)

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Academic year: 2022

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TEMPO DI GIOIA

DI RAV ADIN EVEN ISRAEL (STEINZALTZ)

La festa di Sukkòt (capanne) viene designata dalla

letteratura ebraica con diversi nomi; tuttavia, nessuno di essi sembra rifletterne l'essenza quanto quello attribuito nel libro di preghiere, che la chiama «il periodo della nostra allegria». Tale definizione, tuttavia, solleva alcune questioni fondamentali: come può una data specifica del calendario essere stabilita per la gioia? Come si può obbedire all'esortazione di gioire in una certa data, senza tenere conto del proprio umore e della propria condizone?

II fatto che ciò sia possibile è dimostrato dal modo in cui viene celebrata Simchat Torà, il culmine della festa di otto giorni.

Non solo i credenti gioiscono, ma spesso essi riescono a trascinare anche altri nelle loro gioie e danze. È difficile distinguere tra l'allegria obbligatoria e le manifestazioni spontanee di gioia individuale o comune.

II comandamento di gioire a Sukkòt, di fatto è solo uno di una serie di doveri simili che riguardano il proprio stato d'animo. II calendario ebraico stabilisce giorni di contemplazione, di dolore e di gioia. A prima vista potrebbe sembrare un paradosso. Si può dire che solo chi riesce a provare dolore il giorno di Tish'à Beàv (l'anniversario della distruzione del Tempio e di altre tragedie avvenute nel corso della storia ebraica), è capace di gioire a Simchat Torà. Nonostante l'apparente differenza delle due condizioni, tra di esse esiste un profondo legame, facendo ciascuna riferimento alla stessa forza interiore.

Questione di Autodisciplina

L'abilità di gioire in un giorno prestabilito deriva dall'autodisciplina, che è parte integrante della vita religiosa ed è una caratteristica essenziale dell'ebreo

praticante.

Anche quando le mitzvòt (precetti) vengono osservate in modo superficiale, rimane il bisogno di interiorizzare i valori e le richieste. Una pressione esercitata dall'esterno non può mai essere totalmente efficace, nemmeno nella più coercitiva delle società. Nessun funzionario di polizia potrebbe controllare le attività di ogni singolo per assicurarsi che vengano osservate tutte le mitzvòt. Per questo è necessaria la forza interiore per rispettare le mitzvòt in generale e per prendere particolari decisioni collegate con la loro osservanza in varie situazioni e in vari stati d'animo.

L'ebreo osservante prende questa forza dal comando di assumersi determinate responsabilità, il quale nel Talmud viene chiamato «il giogo del cielo». La profondità di questo incarico si differenzia chiaramente da una persona all'altra e non si può negare che la religiosità superficiale di colui che esegue senza riflettere ciò che gli è stato insegnato nell'infanzia, non è rara.

Tuttavia, anche quando il compito individuale non è più elevato di così - e una persona del genere è giustamente soggetta a delle critiche - essa possiede in misura Spunti di attualità ebraica. Per tutti. 8 Ott. 2014 - Sukkòt Anno 2, Numero 37 ד"סב

LATTE E MIELE

Un approfondimento su Sukkòt

Speciale Sukkòt

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considerevole la capacità di vivere in accordo con la propria coscienza, per quanto possa essere debole e poco sviluppata. L'osservante «semplice» può certamente essere il prodotto dell'indottrinamento avvenuto nella sua educazione; egli può essere in parte il significato e le implicazioni di ciò che afferma e pratica.

Egli vive comunque a un certo livello spirituale e la sua vita viene determinata da valori.

Solo abitudine?

Tutto questo può apparire ovvio, e l'enfasi con la quale viene ribadito piuttosto inutile.

L'ebreo osservante di oggi, comunque, spesso non è più religioso nel vero senso della parola e la sua personalità è in gran

parte influenzata dall'abitudine all'appartenenza ad un certo gruppo o settore della comunità. Malgrado questo, la forza interiore e la disciplina che rendono possibile una vera vita religiosa possono essere acquisite grazie al

«giogo del cielo».

Ogni persona che osserva le mitzvòt, porta il giogo del cielo, almeno in parte. Anche il filosofo o il mistico religioso che ha avuto le più profonde ed autentiche esperienze spirituali (con l'eccezione dello tzaddìk, una persona giusta), non ne può fare a meno, perchè non si può sempre identificare completamente con tutte le mitzvòt. Anche se può capire e sentire il loro significato, ed è capace di eseguirle senza riserve, per lui non è semplicemente possibile farlo con spontanea e naturale volontà in ogni occasione.

Anche se ci sono alcune attività umane che vengono eseguite spontaneamente, esse sono generalmente associate a specifiche funzioni fisiologiche, come la fame e la sete. Non possono esistere simili comportamenti spontanei per l'osservanza delle mitzvòt, dato che essi non vengono generati dai bisogni dell'individuo, ma sono la risposta ad una legge superiore che non si può completamente identificare e capire. Colui che crede, non può aspettarsi che essi provengano spontaneamente dal suo interno, dato che sa che la loro origine è sopra e oltre la sua persona. Quindi egli deve

costruire e sviluppare il suo orientamento verso la vita spirituale, e ciò richiede una preparazione. È necessario per lui portarsi a provare un trasporto per la mitzvà, sia nel complesso che in ogni azione individuale e in ogni singola occasione.

Il valore della kavanà

Questa formula non è quella data generalmente, ma è di fatto la base di una gran parte della letteratura contemplativa ebraica, la quale si rivolge alla questione dell'intenzione o dell'orientamento del cuore (in ebraico kavanà). Una persona che ha acquistato un livello superiore, più spirituale, non si preoccupa meno dei precisi dettagli dell'esecuzione della mitzvà, di quanto si preoccupi della preparazione della sua anima per una più intima identificazione con essa. Non è in larga misura noto il fatto che la meditazione come prassi religiosa non è limitata ai seguaci delle religioni orientali. Nel giudaismo essa viene praticata prima e durante l'esecuzione delle mitzvòt.

Queste procedure contemplative (kavanot) esistono in molte forme. Per coloro che hanno questa inclinazione, esistono dettagliati sistemi di esercizi mistici; per altri esistono procedure contemplative a livello intellettuale;

e tutti a prescindere dal loro stato spirituale sono tenuti quantomeno a recitare una benedizione prima di eseguire una mitzvà.

Inoltre, esistono molti atti intermedi nella preparazione spirituale, la quale non è vincolata al tempo, e il cui scopo è quello di portare la persona ad approntarsi per l'evento momentaneo: la mitzvà. L'azione stessa è ovviamente indispensabile e l'esecuzione fisica comporta sempre qualche tipo di esperienza spirituale. In ogni caso comunque, la preparazione dell'anima all'esecuzione della mitzvà è di primaria importanza. Questa disciplina acquisita comporta il miracolo del coordinare tutti gli elementi del proprio essere in vista dell'esperienza.

Certe correnti di pensiero contemporanee, saranno senza dubbio contrarie a questo tipo di approccio,

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HALACHÀ | 3

ritenendolo un ingiustificabile abbandono dell'esperienza, una perdita di spontaneità emotiva e spirituale.

Non solo ispirazione

Un intero mondo romantico è basato sulla supposizione che si dovrebbe coltivare la spontaneità del sentimento e respingere tutte le anticipazioni rigide o chiaramente definite, di un'esperienza spirituale o emozionale. Questo atteggiamento non è limitato solo alla vita religiosa, ma anche ad altri sentimenti come

l'emozione romantica, o la creatività artistica. Esso include concetti come I'«amore a prima vista» o l'«ispirazione artistica». Di fatto, è esattamente in questi campi che diviene chiara la illusorietà di questo approccio romantico. L'ispirazione come fonte primaria della creatività artistica non è altro che un'attraente finzione, dato che l'ispirazione ha un ruolo decisamente secondario nell'arte, rispetto a quello svolto dal pensiero scientifico e filosofico. L'attività creativa, risulta generalmente dalla combinazione di numerosi fattori, inclusa la preparazione individuale, l'allenamento professionale e una notevole componente di duro lavoro.

Un'osservazione più critica ed approfondita rivela che l'esistenza umana dipende in larga parte dal distanziarsi dalle pressioni della spontaneità fisiologica per focalizzare la consapevolezza di una azione.

Più la creatura è inferiore nella scala evolutiva, più essa è assoggettata alle richieste del suo istinto, cioè alla sua spontaneità naturale. Ogni livello di sviluppo superiore, richiede un maggior distacco da queste pressioni, e il loro superamento per mezzo di processi di apprendimento e di allenamento. Un bambino non può imparare a camminare senza un lungo periodo di preparazione.

Questa è solo una semplice attività motoria, ed è evidente che le attività psichiche, che sono più sottili e complesse, richiedono un maggiore allenamento e

condizionamento. Ad esempio, una completa spontaneità dell'amore ricorre molto raramente nell'uomo (negli animali essa è una funzione del ciclo sessuale), dato che i sentimenti coinvolti sono troppo complessi, ed in larga parte appresi.

Molti studiosi hanno evidenziato che le parole ebraiche emunà (fede) ed emun (allenamento) derivano dalla stessa radice, e hanno interpretato questo fatto come una dimostrazione che è necessario allenarsi per acquisire un'esperienza religiosa significativa. Questa necessità di allenamento non significa tuttavia che non esiste lo spazio per l'esperienza religiosa spontanea, ma piuttosto che una simile esperienza spontanea non può essere la base per una vita religiosa. Solo coltivando la consapevolezza e la comprensione, con una cosciente e perdurante preparazione, è possibile trarre dalle risorse interne la capacità di una esperienza profonda e significativa.

La persona religiosa è confrontata con il dovere di attingere coscientemente alle sue risorse interne per tutta la durata della sua vita; essa deve costantemente mantenere e rafforzare la disciplina interna, la stessa disciplina che mette l'artista in condizione di creare. E ovviamente, essa deve essere capace di ricevere da queste risorse interne, l'esperienza autentica che essa desidera e della quale ha bisogno. Queste esperienze religiose non conoscono la libertà della spontaneità, ma nonostante questo sono genuine, e per la loro virtù di essere guidate e preparate, sono ancora più umane.

Quindi, nella data assegnata dal nostro calendario alla gioia, la persona che si è preparata - la persona la cui vita è più di una serie di riflessi in risposta a stimoli interni ed estern,i può ottenere la vera allegria. Essa sa come gioire completamente.

Per gentile concessione di Lubavitch News/chabadroma.org

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HALACHÒT DI SUKKÒT

Si ricorda che a Sukkòt e a Simchàt Torà vigono le norme generiche che caratterizzano le festività, ossia: a differenza di Shabbàt, è permesso cucinare utilizzando un fuoco acceso in precedenza ed è permessa la quasi totalità delle attività legate alla preparazione dei pasti; è inoltre consentito portare fuori casa. Per il resto, vigono tutte le norme concernenti lo Shabbàt.

• Coloro che non risiedono in Israele e che quest'anno celebrano due giorni di festa immediatamente seguiti da Shabbàt, sono tenuti ad effettuare l'Erùv Tavshilìn, breve e semplice rituale che consente di cucinare di festa per Shabbàt. Vi invitiamo a contattare il vostro rav per le modalità.

• L'obbligo di consumare un pasto nella sukkà vige soprattutto per la prima sera, in cui si recitano le

berachòt di Leshèv Bassukkà e Shehekheyanu. È

comunque mitzvà consumare tutti i pasti in sukkà e possibilmente anche cibi la cui berachà è mezonot.

In generale, è opportuno trascorrere più tempo possibile in sukkà e gioirvi con la famiglia. Anche una bella partita a scacchi può diventare speciale se giocata in sukkà, per non parlare dello studio di una pagina di Ghemarà...

• Durante tutti i giorni di Sukkòt, escluso lo Shabbàt, si esegue la mitzvà di benedire H-shèm scuotendo le quattro speci. È opportuno farlo fin dal mattino e

preferibilmente in sukkà, ma qualunque momento della giornata e qualunque luogo sono consentiti.

Le berachòt sono le seguenti:

1) Barùch Attà Ad-này E-lohénu Melech Ha'olàm ashèr kiddeshanu bemitzvotav vetzivvanu 'al netilàt lulàv.

2) (la prima volta):

Barùch Attà Ad-này E-lohénu Melech Ha'olàm

shehekheyanu vekiyemanu vehighiyanu lazemàn hazé.

• Si faccia attenzione a non usufruire della sukkà di terzi senza prima chiederne il consenso. In tal caso, invece di compiere una mitzvà ci si macchierebbe di furto, e sarebbe un vero peccato.

• Nei giorni di Chol Hamo'èd, detti "di mezza festa"

non vigono le restrizioni concernenti lo Shabbàt e le festività. È tuttavia opportuno evitare il lavaggio della biancheria, il lavoro (a meno che la vacanza non comporti una perdita), la scrittura, la stampa e qualunque cosa non sia necessaria per la festa.

(da Latte e Miele num. 2) L'angolo della Halachà

Un abile mercante

Lo yètzer harà è simile a un mercante: all'inizio fa assaggiare la sua merce ai clienti senza richiedere nulla in cambio, ma poi riscuote il pieno prezzo!".

(Bà'al Shem Tov)

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SUKKÒT: ORIGINI E SIGNIFICATO

In diversi punti la Torà esprime e ribadisce il comandamento di osservare i Tre Pellegrinaggi, Péssach, Shavu'òt e Sukkòt. In ciascuna di queste tre ricorrenze gli ebrei si recavano al Bet Hamikdàsh, il Santuario. Ogni festa, tuttavia, è accompagnata da precetti propri soli ad essa. Riguardo a Sukkòt è scritto

(Devarìm 23, 42-43):

"Siederete nelle capanne (sukkòt) per sette giorni [...]

affinché le vostre generazioni sappiano che feci risiedere in capanne i figli di Israele quando li trassi fuori dalla terra d'Egitto".

Péssach e la consumazione delle matzòt ricordano alle

generazioni successive l'esodo dall'Egitto; così, anche Sukkòt ha lo scopo di ricordare le peregrinazioni degli ebrei nel deserto durante quarant'anni, circondati dalle nubi della Gloria. Il fatto di risiedere per un'intera settimana nelle capanne, in dimore provvisorie, ricorda quindi l'uscita dall'Egitto e i miracoli che l'accompagnarono.

Perché in autunno?

Di fatto si dovrebbe risiedere nelle capanne in primavera, nel periodo di Péssach, che è quello dell'uscita dall'Egitto.Perché quindi questa festività fu stabilita nel mese di tishré, in autunno?

La risposta è caratteristica di un popolo che nuota controccorrente quasi per definizione, di una nazione che non si trascina dietro alle maggioranze bensì segue una via propria: in primavera, dopo il freddo e le pioggie invernali, sarebbe naturale che l'uomo esca di casa a respirare l'aria primaverile, della natura in fiore.

Pertanto, se Sukkòt fosse in primavera non si tratterebbe di una novità e non saremmo coscienti del fatto che la capanna sia un ricordo del grande evento dell'esodo.

Sedendoci nella sukkà proprio in autunno, quando comincia già a far fresco di sera e si preferisce chiudersi in casa per ripararsi dalla pioggia e dal freddo, proviamo che siamo pronti ad uscire di casa a favore di un'abitazione provvisoria non per il piacere che questo

comporterebbe bensì

semplicemente per osservare la volontà di H-shèm.

Inoltre, la stagione autunnale segna il termine del periodo della raccolta agricola. In un periodo come questo, dinanzi ai risultati ottenuti, la persona può lasciarsi prendere dall'orgoglio e affermare "la mia forza e il potere della mia mano han realizzato tutto ciò". Affinché ciò non accada e affinché l'uomo capisca che i traguardi materiali raggiunti non sono uno scopo a se stante, l'ebreo lascia la casa a favore di una dimora provvisoria esposta ai capricci del clima. Seduto in sukkà, egli esprime la consapevolezza del fatto che tutta la nostra esistenza in questo mondo altro non sia che una "dimora provvisoria", una realtà effimera, e che ciò che detiene valore eterno sono solo l'osservanza delle mitzvòt e l'esecuzione della volontà di H-shèm.

Le quattro specie

Oltre a quella della sukkà, questa festività è caratterizzata un'altra mitzvà, ossia quella delle quattro specie, che comprendono il lulàv (ramo di palma), l'etròg (il cedro), l'hadàs (il mirto) e la 'aravà (il salice). Sono questi quattro elementi che vengono legati insieme (ad eccezione dell'etròg, che viene solo tenuto insieme agli altri) e sui quali ogni mattina di festa, oltre a Shabbàt, prima della tefillà, si recita questa berachà: "Barùch Attà... ashèr kiddeshanu bemitzvòtav vetzivvano 'al netilàt lulàv".

Festività e Ricorrenze

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La mitzvà delle quattro specie ci insegna il valore dell'unità. L'etròg, che ha

odore e sapore rappresenta l'ebreo che osserva le mitzvòt e studia la Torà; il lulàv, il cui frutto ha sapore ma non odore, è metafora di coloro che non studiano la Torà ma compiono i precetti. L'hadàs è il suo contrario: ha un ottimo profumo ma è del tutto privo

di sapore ed è simbolo di coloro che non compiono buone azioni ma studiano. Infine, la 'aravà rappresenta coloro che né osservano i precetti, né studiano la Torà.

A sukkòt li uniamo fra loro. Non a caso questa festa viene denominata il tempo della nostra gioia: quando il popolo ebraico è unito si raggiunge la vera felicità.

Il tempo della nostra gioia

Conclusosi il raccolto, soddisfatti dei prodotti e con alle spalle i Giorni Temibili - Rosh Hashanà e Yom Kippùr - non c'è momento migliore per dedicarsi alla gioia. Come è scritto: i retti godranno della gioia (Tehillìm 97, 11): dopo

gli sforzi investiti nella teshuvà e in seguito all'espiazione dei peccati, giunge ora il tempo della gioia. Da qui il nome tempo della nostra gioia.

Il settimo giorno di Sukkòt (in Israele) prende il nome di Hosha'nà Rabbà. Secondo la tradizione è il giorno in cui, per così dire, vengono mandati i

"biglietti" al tribunale celeste in cui figurano le sentenze di ciascuno di noi per il prossimo anno. A Rosh Hashanà si viene inscritti, a Yom Kippùr sigillati, mentre a Hosha'nà Rabbà vengono mandati i "biglietti" per l'esecuzione della sentenza.

Pertanto, in questo giorno ci si comporta come nei giorni Temibili. Ci si sforza di rimanere svegli per tutta la notte e recitare il tikkùn. Inalcune comunità si legge anche l'intero libro di Devarìm.

Tratto e adattato da Hanachàt Yessòd, di Rav Y.M. Lau, già rabbino Capo di Israele

Nel Libro dei Proverbi (27, 19) è scritto: "Come nell'acqua il volto (risponde) al volto, così dall'uomo

il cuore (risponde) al cuore".

Perché la Torà ricorre al termine acqua e non alla metafora dello specchio, ad esempio?

Perchè per vedere il viso nell'acqua bisogna piegarsi, mentre davanti a uno specchio la persona rimane eretta. Così, per irradiare il cuore del prossimo d'amore è necessario piegarsi.

Rabbi Simcha Bunem di Pshisscha

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DEDICATO ALLA PROTAGONISTA DELLA GIORNATA EUROPEA DELLA CULTURA EBRAICA DI QUEST’ANNO. E DI MIGLIAIA DI ALTRI ANNI.

Fiocco rosa sulla porta. È l’inizio di una nuova vita. La piccola creatura non indosserà i pantaloni, ma delle gonne a fiori. Non giocherà a calcio ma danzerà al ritmo dello Schiaccianoci, non lancerà macchinine sul tavolo appena apparecchiato ma vestirà bambole con pigiamini e cappelli. Non per questo però, non per questo suo essere diversa da quei nati sotto al segno del fiocco azzurro, che la nostra piccola principessa varrà di

meno. Non per questo suo superare indenne l’ottavo giorno di nascita, per questo suo mancato affrontare il brit mila’, la circoncisione, che questo essere non potrà avere un impatto importante, enorme, sul destino di un’intera nazione. È attraverso questo fiocco rosa che il popolo potrà continuare il proprio cammino, è attraverso di lei che si trasmette l’appartenenza alla nazione, per via matriarcale. Sarà la sua attenzione al cibo che compra e cucina, a garantire che in casa si mangi come D-o comanda. Sarà la sua volontà di non interrompere la catena tramandata fino a lei, a farla immergere ogni mese nelle acque del Mikvé, la vasca piena di acqua piovana. Sarà il suo sogno di vedere intere generazioni seguire le orme dei propri avi, a farla pregare con gli occhi coperti e l’anima rivolta al proprio Creatore, davanti alle fiamme danzanti delle

candele accese il venerdì sera. Sarà la sua radice spirituale elevata a renderla superiore al fiocco azzurro con cui molto la confronteranno. D- o l’ha creata in modo che non si perda mai d’animo, consapevole che non sarà certo quella gonna lunga a impedirle di saltare più in alto. Per merito delle donne giuste il popolo ebraico è stato tratto in salvo dall’Egitto. Per merito di quelle donne che risvegliavano i propri mariti quando rientravano stanchi dalla costruzione delle piramidi. Donne che ricordavano ai propri consorti il dovere di mandare avanti la nazione ebraica nonostante decreti crudeli ne minacciassero la sopravvivenza. Per merito di queste donne che non si persero mai d’animo e che nessuna difficoltà riuscì ad eroderne la fede, siamo ancora qui oggi. E per merito delle loro discendenti, della loro volontà, testardaggine, nel tramandare la Torà e le mitzvòt ai propri figli nonostante fuori si sia minacciati da ogni versante, che finalmente vedremo una luce, la Luce, alla fine di questo millenario tunnel.

Gheula Canarutto Nemni

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Con il nuovo anno, Latte e Miele dà alla luce anche una nuova rubrica – Casa Mia - tutta dedicata all'architettura, al rispetto dell'ambiente e alla casa - visti dall'ebraismo.

La rubrica è curata dall'Arch. Deborah Schor Elyasy, attiva in Israele e specializzata nel campo.

ARCHITETTURA SOSTENIBILE E RISPETTO DELL'AMBIENTE:

TREND DEGLI ULTIMI ANNI O IDEOLOGIE RADICATE NELL'EBRAISMO?

Una delle attività che maggiormente danneggiano e inquinano l'ambiente è quella costruttiva. L'impatto dell'industria delle costruzioni sull'ambiente è immane.

Smaltimento delle scorie di costruzione, uso del suolo, inquinamento dell'aria, aumento della biossido di carbonio, impiego di materiali altamente inquinanti e uso di acqua per la produzione dei materiali sono solo una piccola parte dei danni arrecati in fase di costruzione.

Per non parlare della vita degli edifici stessi:

utilizzo di fonti energetiche (per lo più non rinnovabili) per riscaldare e rinfrescare, produzione di spazzatura, aumento del traffico, dei trasporti e così via.

Per questo motivo negli ultimi 25 anni negli Usa e in Europa e più recentemente anche in Israele, si sono cominciate a sviluppare tecnologie e materiali rispettosi dell'ambiente nel campo della progettazione architettonica e ingegneristica.

Il mercato brulica di materiali cosiddetti

"verdi" che non inquinano l'ambiente e non danneggiano le persone che li utilizzano. I rifiuti vengono suddivisi per categorie e smaltiti in modo sano e, dove possibile, riciclati, dedicando notevole attenzione all'utilizzo di energie pulite e rinnovabili (come quella del sole e quella del vento). L'architettura bioclimatica (della quale parleremo nei prosimi numeri) è diventata una

moda oltre che una necessità per progettare edifici che siano sani sia per chi li costruisce, sia per chi ci vive e sia per l'ambiente dove sono situati.

Ambiente ed ebraismo

Il rispetto per l'ambiente e per la natura non sono concetti nuovi neppure nell'ebraismo. Esso aveva infatti già pensato al rispetto e alla qualità dell'ambiente molto prima che nascessero i movimenti a loro favore.

Seguono alcuni esempi:

Osservanza del Sabato:

Il riposo del settimo giorno della settimana, ricordandoci il riposo di D-o a settimo giorno della creazione del mondo, ci fa presente che il mondo non ci appartiene e che avendolo ricevuto "in prestito" dobbiamo rispettarlo e

preservarlo.

Fermandoci, poniamo un freno alle attività frenetiche settimanali e possiamo così ripensare e ricordare che il mondo è stato creato affinché ci possiamo vivere in modo rispettoso e sostenibile nel rispetto di tutti gli esseri del creato, vegetali e animali.

L'idea di riposo settimanale è stata poi adottata da altre religioni che l'hanno però privata del significato profondo che le conferisce l'ebraismo.

Casa Mia

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Protezione delle piante, degli alberi e delle foreste

Nel libro di Devarim, capitolo 20, la Torà vieta di tagliare alberi da frutto per utilizzarne il legno a scopi

bellici.

Potrà essere utilizzato solo un

albero non

fruttifero. Qual è la differenza? Usando l’albero da frutto, i frutti saranno

distrutti inutilmente, dato che lo stesso obiettivo può essere raggiunto altrettanto bene con un albero non fruttifero. Ciò mette in luce la prospettiva della Torà verso l’ambiente. L’uomo può sì usare il mondo per le proprie necessità, ma non può sprecarne alcuna risorsa inutilmente.

Un altro concetto che dimostra l'elevato rispetto della Torà per l'ambiente è

quello della Shemittà, del far riposare la terra il settimo anno (il cosiddetto ano sabbatico, che fra l'altro ricorre quest'anno). Questo concetto è estremamente ecologico. L'idea di dare la possibilità alla terra di riposare, di rigenerarsi,

contribuisce anche a migliorare la qualità di vita non solo dell'ambiente, ma anche dei suoi abitanti che possono riposarsi e dedicare il loro tempo a propositi spirituali di studio e crescita interiore.

Protezione dell'ambiente

Il Midrash Kohelet Rabà, capitolo 7, verso 28 dice: Quando D-o creò il primo uomo, gli disse: "Guarda le mie opere, quanto sono graziose e degne di lode.

Tutto quanto ho creato l'ho creato per te. Sappi di non rovinarlo e di non distruggere il mio mondo, perchè se lo rovinerai non vi sarà chi lo aggiusterà per te".

Il messaggio è chiaro: l’uomo deve prestare attenzione a non danneggiare il creato e non far sì che il mondo sia distrutto, poiché, una volta accaduto ciò, il danno è irreparabile.

Divieto di Bal Tashchit – Non Danneggiare

Questo precetto può essere considerato la radice ebraica da cui derivano i movimenti di rispetto dell'ambiente, sostenibiiltà, architettura bioclimatica.

Il Sefer Hachinuch spiega in proposito che ci dobbiamo astenere da ogni azione cattiva che porti a danni o sprechi, così come fanno gli uomini pii che si affliggono per ogni perdita o spreco e che tentano con ogni mezzo di impedire tali danni al creato.

Quanto scritto è solo un piccolo contributo per dare un'idea dell’approccio dell'ebraismo alle questioni ecologiche.

L'argomento è molto ampio e profondo.

Nei prossimi numeri parleremo nello specifico di architettura bioclimatica in Israele.

- Deborah Schor Elyasy

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Deborah Schor Elyasy, nata a Milano nel 1976, si laurea in Architettura con lode nel 2002 presso il Politecnico di Milano, discutendo una tesi progettuale sull'architettura bioclimatica nel deserto del Negev.

Svolge il suo apprendistato in studi di architettura a Barcellona e a Gerusalemme.

Nel 2009 apre il proprio studio professionale a Gerusalemme.

Si occupa di progettazione di case, appartamenti, uffici, negozi.

Scarica gratuitamente la tua guida in italiano "La casa dei miei sogni in Israele" sul sito www.dsearchitettura.com

Il Libro del Mese

In vista dell'inizio della lettura del libro di Bereshit- Genesi, oltre 800 pagine di Torà tradotta, approfondita e commentata. Un vero piacere per l'anima e la mente. Per informazioni, consultare www.mamash.it o contattare

avigail.dadon@gmail.com.

Volete saperne di più su Sukkòt?

Richiedete il numero dell'anno scorso in Redazione!

Questo numero è dedicato alla memoria di Pinchas ben Avrahàm Tzvi Netzer

scomparso prematuramente il 2 Cheshvàn 5768-2007.

Lo ricordano con affetto parenti e amici.

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ORARI DI ACCENSIONE DELLE CANDELE E DELL'USCITA DELLE RICORRENZE

Accensione delle candele - Prima sera di Sukkòt

8/10/2014 – 14 Tishré Tel Aviv / Ra'anana: 17:55

Yerushalayim: 17:40 Milano: 18:33

Roma: 18:22

Accensione delle candele - Seconda Sera di di Sukkòt (fuori da Israele)

9/10/2014 - 15 Tishré A partire da...

Milano: 19:33 Roma: 19:20

Uscita del primo giorno di Sukkòt (Israele) 9/10/2014 - 15 Tishré

Tel Aviv / Ra'anana: 18:53 Yerushalayim: 18:51

Accensione delle candele - Shabbàt Chol Hamo'èd Sukkot

10/10/2014 - 16 Tishré Tel Aviv / Ra'anana: 17:52

Yerushalayim: 17:37 Milano: 18:29

Roma: 18:19

Uscita di Shabbàt Chol Hamo'èd Sukkòt 11/10/2014 - 17 Tishré

Tel Aviv / Ra'anana: 18:50 Yerushalayim: 18:49

Milano: 19:29 Roma: 19:17

Si prega di rispettare il contenuto sacro della pubblicazione evitando di gettarla fra i rifiuti a lettura ultimata.

LATTE E MIELE

è un'iniziativa dello "Shiur delle Italiane di Raanana”.

Per informazioni: Nadine Funaro nadine.funaro@gmail.com o Avigail Dadon avigail.dadon@gmail.com

Questo numero alla completa guarigione di:

Mazal Gabriella bat Regina Rina Miryam bat Carmela Aviyà Hodayà bat Smadar

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Riferimenti

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