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NON-TOSSICITA DELLA VITAMINA D

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Academic year: 2022

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VITAMINA D

La vitamina D è la più importante delle vitamine liposolubili, perché attraverso il suo utilizzo si possono trattare un grande numero di patologie. Purtroppo negli anni passati è stata etichettata come vitamina potenzialmente tossica, ma vedremo tre aspetti fondamentali relativi proprio alle concezioni sbagliate. Il primo è quello riguardante i dosaggi ematologici e la posologia. Parleremo poi della non tossicità e dei campi di utilizzo terapeutico di questa vitamina.

La produzione della vitamina D in forma di pre-vitamina avviene principalmente sotto l’azione dei raggi Uv- B, attraverso la trasformazione non è del 7-deidrocolesterolo, sostanza che si trova sotto la cute. Viene poi trasferito a livello del fegato dove subisce una prima idrossilazione per poi essere trasportato a livello dei reni e subire una seconda idrossilazione, dopo la quale la vitamina D diventa attiva. Una minima attivazione avviene anche da parte di alcune idrossilasi in molti tessuti come il cervello, il muscolo liscio, la mammella e la prostata e anche in alcune cellule del sistema immunitario. Si comprende così che la vitamina D agisca anche come in un sistema paracrino, intracrino o autocrino. Il periodo dell’anno in cui è possibile produrre la vitamina D è soltanto quello dei quattro mesi estivi, in quanto la lunghezza d’onda dei raggi Uv-B che ci permettono di produrre la vitamina D è compresa fra i 290 e i 315 nm ed essendo quindi raggi corti, non riescono a raggiungere la crosta terrestre nei mesi invernali. Una minima produzione avviene anche, indipendentemente da questo meccanismo, a livello delle cellule del sistema immunitario, dei cheratinociti, degli enterociti, delle cellule prostatiche, mammarie, endometriali e della cervice e polmonari.

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Sappiamo che la vitamina D è una vitamina liposolubile e che viene assorbita a livello duodenale e digiunale. Il colecalciferolo ha una emivita di circa 12/18 giorni mentre la forma attiva ha una emivita brevissima (2/3 giorni) e non viene depositata nei tessuti. Consideriamo subito un aspetto legato alla efficacia funzionale delle idrossilasi. Essendo la loro capacità di idrossilare e quindi attivare la vitamina D estremamente limitata, è impossibile riuscire ad attivare una quantità di vitamina D tale da farle esercitare fenomeni di tossicità.

In questa tabella sono riportate nel concentrazioni di vitamina D negli alimenti. Come potete vedere la quantità di vitamina D presente è molto bassa. Se consideriamo che un adulto sano deve prendere circa 10.000 unità internazionali di Vitamina D al giorno, per arrivare a questa dose con l’olio di fegato di merluzzo che uno degli alimenti più ricchi di vitamina D, dovrebbe prenderne circa 6/7 cucchiai al giorno.

Uno dei concetti fondamentali che in Italia è rimasto fermo a circa un secolo fa, è quello dei dosaggi. In Italia si considerano normali valori di vitamina D nel sangue compresi fra 31 e 100 ng/ml e spesso troverete negli esami dei pazienti la dicitura per la quale viene indicato che al di sopra di 100 ng/ml si possono verificare fenomeni di tossicità. In realtà i corretti valori di vitamina d sono compresi fra 50 e 200 ng/ml.

I fenomeni di tossicità della vitamina D sono estremamente rari, possono avvenire soltanto quando la vitamina D è rimasta a livelli nettamente superiori a 200 ng/ml per lunghi periodi e si manifesta con sintomi sfumati come la diminuzione dell’appetito, lieve perdita di peso, aumento della diuresi, rari aritmie, ipercalcemia e iperfosfatemia, Tutti questi sintomi e segni regrediscono spontaneamente dopo circa 7 giorni dalla sospensione della somministrazione della vitamina D.

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Questa è una tabella che è stata pubblicata dalla Endocrine Society nel 2011. Come vedete i dosaggi da scegliere di vitamina D non vanno in base al peso, ma all’età. Questi dosaggi si riferiscono a soggetti sani, utili per mantenere dei corretti valori di vitamina D nel sangue, affinché si possa sfruttare al massimo il suo potere terapeutico e di regolazione del sistema immunitario. Considerate quindi che nei soggetti affetti da alcune patologie, i dosaggi di vitamina D da assumere possono essere assolutamente superiori, fino ad arrivare anche a 100.000 U.I. al giorno.

Da questa tabella si comprende bene il fatto che somministrando 10.000 U.I. di vitamina D al giorno si può arrivare, in tre mesi, ad un livello ematico di 70 ng/ml. Questo per noi sarà soltanto l’inizio, per portare il paziente al di sopra dei livelli minimi di vitamina D. Continuando a somministrare la stessa dose di vitamina D giornaliera si arriverà a livelli ematici sicuramente superiori a 100, ma mai superiori a 200, perché ogni organismo, in considerazione della capacità funzionale delle idrossilasi epatiche e renali, raggiungerà un livello ottimale e individuale e li si stabilizzerà. Continuare a assumere La vitamina D permetterà di mantenere questi valori nel tempo.

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IPOVITAMINOSI D

La carenza di vitamina D e purtroppo molto frequente. Il motivo per il quale questo avviene è principalmente legato a:

• Ridotta esposizione al sole, così come l’utilizzo di cosmetici per la protezione della cute e la ridotta attività all’aperto

• Produzione cutanea compromessa

• Cattive abitudini alimentari, considerando che comunque con la nostra normale alimentazione si arriva al massimo a coprire solo il 10% del fabbisogno di vitamina D. Anche l’educazione dietologica errata può contribuire alla ipovitaminosi.

• Obesità, perché essendo la vitamina D liposolubile, viene sequestrata nel tessuto adiposo.

• La presenza di alcune patologie come:

o Insufficienza epatica, per ridotta attivazione da parte delle idrossilasi

o Nefropatie come l’insufficienza renale cronica e la sindrome nefrosica, sempre per ridotta attivazione da parte delle idrossilasi

o Malattie da malassorbimento come la celiachia, morbo di Crohn, malattia di whipple, fibrosi cistica, pancreatopatie, ecc…

o Disordini genetici come la mutazione dei geni che codificano la 1-alfaidrossilasi, il recettore per la vitamina D e l’ FGF 23

o Disordini acquisiti come la produzione anomala di FGF 23 che può avvenire in alcune neoplasie, sarcoidosi, tubercolosi e linfomi

o Utilizzo di alcuni farmaci come gli antiepilettici, glucocorticoidi, rifampicina, iperico e statine.

NON-TOSSICITA’ DELLA VITAMINA D

Holick ricostruisce la storia di come si sia diffusa la percezione della vitamina D come sostanza potenzialmente tossica. Fin dagli anni ’40 si pensava che dosi elevate di Vitamina D potessero essere di aiuto per la terapia dell’artrite reumatoide. I dosaggi utilizzati erano molto elevati, dell’ordine di 200- 300.000 U.I./die. Tali terapie portarono alla comparsa di ipercalcemia, iperfosfatemia, calcinosi renale e dei tessuti molli. La pratica fu quindi abbandonata anche se rimase la percezione della vitamina D come

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ostanza potenzialmente pericolosa perché si accumula nei grassi e può rimane a lungo nell’organismo.

L’aggiunta di vitamina D agli alimenti fu invece abbandonata nel corso degli anni '50 a seguito della rilevazione di rari casi di malformazioni facciali e di danni cardiaci che vennero ipoteticamente attribuiti al sovradosaggio di vitamina D. Le autorità Britanniche ordinarono una indagine che non portò a nessuna conclusione. Holick ritiene che quei pochi casi di tossicità attribuita alla vitamina D fossero invece da ricondursi a malattie rare concomitanti, come la sindrome di William, o alla ipersensibilità alla vitamina D che si osserva in pazienti con sarcoidosi. La tossicità acuta da sovradosaggio di vitamina D è una delle emergenze mediche più rare da riscontrare e di solito avviene soltanto per ingestione volontaria o accidentale di dosi estremamente alte, oltre 50mila UI/die per mesi o anni.

RECETTORI (VDR) DELLA VITAMINA D

I recettori ai quali si lega la vitamina D sono di natura steroidea e si trovano sia a livello del nucleo che a livello della membrana cellulare. Quando il legame avviene con i recettori del nucleo , la vitamina D interagisce con delle specifiche sequenze del DNA e contribuisce alla sintesi di alcune proteine. Quando si lega ai recettori presenti sulla membrana cellulare porta invece alla formazione di secondi messaggeri e determina la fosforilazione di alcune proteine . I recettori della vitamina D sono presenti nella quasi totalità dei tessuti.

Il motivo per il quale è importante mantenere costante nel tempo la concentrazione di vitamina D nel sangue è proprio legato ai recettori specifici della vitamina D (VDR) e alle loro caratteristiche. Quando i livelli di vitamina D nel sangue sono bassi il recettore viene codificato con una alta capacità di percepire e legare la vitamina D. Questo purtroppo comporta il fatto che la sua responsività sia bassa e quindi l’effetto terapeutico sul metabolismo della cellula è ridotto alla minima capacità. Via via che il livello di vitamina D sale nel sangue, viene codificato un tipo di recettore con caratteristiche diverse, in quanto si riduce la sensibilità al legame con la vitamina D e così può aumentare la responsività. Dopo circa due o tre mesi che la vitamina D è costantemente a concentrazione corretta nel sangue, si arriva ad esprimere il VDR che avrà

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una minima sensibilità e finalmente una massima responsività, cioè la massima capacità terapeutica della vitamina D.

PATO-FISIOLOGIA

La vitamina D è importante per la regolazione del calcio, del magnesio e del fosforo nel loro assorbimento intestinale che avviene nel digiuno e nel ileo ed anche nel metabolismo dell’osso, quindi può essere implicata nel meccanismo dell’osteoporosi. Regola anche la produzione e la sensibilità all’insulina, per cui può essere utilizzata nel trattamento integrativo del diabete. Si deve utilizzare nel trattamento delle malattie immunitarie e del cancro, in quanto regola la crescita cellulare e l’angiogenesi. È fondamentale anche per il controllo del sistema renina-angiotensina e nella inibizione della proliferazione della

muscolatura liscia vascolare, con arresto della calcificazione vascolare; questo è il motivo per il quale può essere utile nella ipertensione e nelle malattie cardiovascolari. La vitamina D determina anche un aumento della sintesi proteica e del numero e delle dimensioni delle fibre muscolari di tipo 2. Può essere utilizzata anche per regolare l’infiammazione, perché esercita un controllo sulla produzione delle citochine pro- infiammatorie. E stato dimostrato un suo ruolo importante nel trattamento del declino cognitivo e della malattia di Alzheimer, in quanto inibisce la formazione di placche amiloidi idee nel cervello. Avendo anche un’azione antiproliferativa immunosoppressiva con effetti di pro-differenziazione nella cute è

fondamentale utilizzarla nel trattamento della psoriasi, della vitiligine e del melanoma. Questa vitamina è di grande aiuto anche nelle infezioni perché facilita l’espressione di potenti peptidi antimicrobici e determina un aumento dell’azione ossidativa dei macrofagi. Esercita anche una azione anti-proliferativa con pro- differenziazione, aumento dell’apoptosi e diminuzione dell’angiogenesi in specifiche cellule cancerose.

SISTEMA IMMUNITARIO

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Per ciò che riguarda la funzionalità della vitamina D sul sistema immunitario, si potrebbe affermare che la vitamina D e la regina del sistema immunitario. Attraverso dei meccanismi o di inibizione o di stimolazione a tutti i livelli del sistema immunitario, sia dell’immunità innata che di quella acquisita, La vitamina D esercita una regolazione tale da poter essere utilizzata con grande efficacia nella quasi totalità delle patologie che colpiscono questo sistema.

La vitamina D stimola la differenziazione da monociti da a macrofago e quindi gioca un ruolo fondamentale nelle fasi iniziali della risposta immunitaria non specifica sia verso organismi patogeni che verso un danno tessutale. L’espressione dei recettori TLR è regolata dalla vitamina D evitando quindi una over elaboration di questa risposta che potrebbe condurre ad un danno dei tessuti. Nelle cellule dendritiche della cute la vitamina D attenua la presentazione dell’antigene al linfocita T. Promuove inoltre la differenziazione dei linfociti verso Th2 invece che verso Th1 diminuendo il danno al tessuto dato dalla risposta immune Th1.

Stimola inoltre la generazione dei linfociti T regolatori e quindi la produzione di IL10, che ha degli effetti importanti nella autoimmunità e nel rigetto dei trapianti. Sappiamo inoltre che i linfociti B sia attivi che inattivi, esprimono il recettore per la vitamina D sulla loro superficie permettendo quindi a quest’ultima di regolare sia la proliferazione di queste cellule che la loro produzione di immunoglobuline. Sappiamo che in tutte le patologie autoimmunitarie c’è una reazione aberrante dei linfociti Th17. Buoni valori di vitamina D regolano l’attività di questi linfociti e quindi anche della loro produzione della IL17. Questo ci permette di ridurre l’infiammazione e il danno tissutale presenti nella malattia autoimmunitaria.

MALATTIE MUSCOLO SCHELETRICHE

MALATTIE CARDIO-VASCOLARI

Perciò che riguarda l’apparato cardiovascolare sappiamo che la carenza di vitamina D porta ad uno squilibrio tra le citochine antinfiammatorie e pro infiammatorie, riducendo l’attività di TNF-Kβ, aumentando la produzione di IL 10, diminuendo la IL6, IL1, interferone ϒ E TNFα. Si può avere una proliferazione delle

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cellule endoteliali perché viene meno l’inibizione data dalla stimolazione dei recettori specifici di queste cellule. Quando sussiste una carenza di vitamina D abbiamo una minor regolazione del sistema renina- angiotensina-aldosterone con sviluppo di ipertensione. Sappiamo infatti che dei buoni livelli di vitamina D attiva riduce l’attività della renina plasmatica con conseguente riduzione della concentrazione plasmatica di angiotensina II, della pressione arteriosa, dell’infiammazione dell’endotelio vascolare e della progressione dell’aterosclerosi. Nelle malattie cardiovascolari e sempre riportata la diminuzione e la sofferenza dei recettori della vitamina D nei cardiomiociti, situazione che determina una ipertrofia miocardica e un aumento della disfunzione dell’endotelio.

MALATTIE GINECOLOGICHE – OSTETRICHE

Ci sono molti lavori pubblicati che documentano l’efficacia della vitamina D in alcune patologie ginecologiche e ostetriche. Per esempio, sono state trattate 46 donne con sindrome da ovaio policistico e insulino resistenza con 20.000 u.i. di vitamina D per 24 settimane. Tutte queste donne hanno avuto un calo significativo del glucosio e del C-peptide, 37 hanno avuto un notevole miglioramento della frequenza mestruale partendo da amenorree e oligomenorree. In pazienti affetti da preeclampsia La vitamina D virgola in quanto soppressore della sintesi della renina e della proliferazione delle cellule muscolari endoteliali, ha determinato un notevole miglioramento. Ricordiamoci che non a caso la placenta produce e secerne vitamina D, a dimostrazione della estrema utilità della vitamina D all’inizio e durante la gravidanza.

Un’altra cosa che avviene all’inizio della gravidanza, rispetto all’endometrio normale, è l’espressione dell’1- α-idrossilasi, notevolmente aumentata. Questo ha significare l’importanza della Vitamina D per l’inizio della gravidanza e quindi la somministrazione può essere utile nei casi di infertilità. Nelle cellule uterine è espresso il recettore per la vitamina D e a livello dei mitocondri si trova l’1-α-idrossilasi. Inoltre la vitamina D riduce la sintesi delle prostaglandine infiammatorie ed è stato verificato che anche con una singola somministrazione di 300.000 U.I. di vitamina D 5 giorni prima del ciclo, si è ottenuta una notevole riduzione del dolore mestruale. Nel 2015 sono stati effettuati diversi studi che hanno dimostrato che un basso livello ematico di Vitamina D è associato ad un aumentato rischio di cancro al seno. Avendo una mancata attivazione dei recettori, si ha una minore induzione dell’apoptosi delle cellule e dell’inibizione della proliferazione delle cellule del cancro della mammella e quindi di sviluppo di metastasi. A seconda dei livelli di vitamina D nel sangue vengono espressi diversi tipi di VDR. Nelle carenze di vitamina D è maggiormente espresso il recettore RS 7975232 che associato ad un più alto rischio di cancro al seno e all’ovaio.

MALATTIE GASTRO-INTESTINALI

Nella malattia di Crohn sappiamo che una popolazione di linfociti t presenti nella mucosa intestinale reagisce esageratamente contro la flora batterica. Questo è determinato dalla presenza di mutazioni sul gene CARD 15, che porta alla sintesi della proteina NOD2 (Nucleotide Binding Oligomerization Domain Containing 2 è una proteina per la codificazione genica), localizzato sul cromosoma 16 nelle cellule dendritiche. Sappiamo che quando questa proteina è mutata provoca un rischio 40 volte maggiore di

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contrarre il morbo di Crohn. La vitamina D è inoltre implicata nell’espressione della defensina β2 mediata da questa proteina, cruciale nella patogenesi della malattia di Crohn.

DIABETE

Sappiamo che le β-cellule esprimono il VDR e la proteina legante la vitamina D punto questo è già sufficiente per farci capire l’importanza della vitamina D nella produzione dell’insulina. È stato infatti verificato che la carenza della vitamina D durante la gravidanza può comportare un maggior rischio di sviluppo di diabete di tipo 1 nel bambino, in particolare se la carenza è presente fra la dodicesima settimana di gestazione, durante la quale avviene la maturazione delle cellule beta e la ventesima settimana, dove inizia la secrezione di insulina. La vitamina D migliora inoltre l’impatto biochimico del diabete mellito tipo 2, aumentando la secrezione di insulina e la sensibilità, con un miglioramento della funzione delle β-cellule e diminuendo il numero delle citochine pro-infiammatorie e la resistenza insulinica.

E’ stata inoltre riscontrata una carenza di vitamina D nell 85% delle donne che hanno sviluppato un diabete gestazionale.

MALATTIE DRMATOLOGICHE

Nella psoriasi l’utilizzo della vitamina D può portare ha dei notevoli miglioramenti. Infatti in uno studio effettuato su 43 pazienti affetti da psoriasi è stata fatta una correlazione fra l’indice PASI (Psoriasis Area Severity Index) e i livelli di vitamina D, PCR ad alta sensibilità e albumina modificata. Più è basso il livello di vitamina D, più sono alti i livelli della PCR e dell’ albumina modificata e questo corrisponde ad un indice PASI gradatamente severo. Sappiamo che nella vitiligine l’utilizzo di una fototerapia (Uv-B 290-320nm) per 12 settimane, cioè indurre la produzione di vitamina D, ha determinato un miglioramento del VASI (Vitiligo Area Severity Index).

MALATTIE RESPIRATORIE

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Nella Fibrosi Cistica Polmonare l’utilizzo della vitamina D può dare molti benefici in quanto viene inibita la produzione di citochine pro-infiammatorie e chemio che promuovono la distruzione del tessuto. Non uno studio fatto su 90 pazienti affetti da BPCO è stato verificato che quei pazienti con deficienza di vitamina D avevano disturbi della funzionalità respiratoria e della funzionalità muscolare maggiore. In pazienti con affezioni polmonari ai quali è stata somministrata la vitamina D, si è verificato un miglioramento dei sintomi e di parametri ematologici come la PCR, la fosfatasi alcalina e la formula leucocitaria.

MALATTIE NEURO-DEGENERATIVE

Una delle patologie più studiate in relazione alla somministrazione di vitamina D, è la Sclerosi Multipla. In quasi tutti gli studi è riportata una diminuzione del 12% di rischio di ricaduta della malattia per ogni aumento di 4 ng/ml di vitamina D nel sangue. Alcuni pazienti con SM sono stati trattati con 40.000 U.I. di vitamina D per 28 settimane per poi passare a 10.000 U.I. per 12 settimane. Tutti questi pazienti hanno dimostrato un miglioramento nella scala e di SS, una diminuzione della proliferazione delle cellule T e dell’attività pro infiammatoria. L’importanza della vitamina D nelle malattie neurologiche degenerative è così riconosciuta oggi da utilizzare il dosaggio della DBP Proteina legante la vitamina D) nel liquido cerebrospinale come marker biologico dell’evoluzione della SM e della malattia di Alzheimer. Sappiamo che il 20% dei pazienti con SM hanno avuto un esordio della malattia con una neurite ottica. Il 50% dei pazienti con neurite ottica sviluppano SM entro 15 anni. In quei pazienti che hanno avuto la neurite ottica è stata somministrata settimanalmente la vitamina D alle dosi di 50.000 U.I. ottenendo la riduzione del 68,4% di riduzione del rischio. In un altro studio su 12 pazienti con SM sono state somministrate 4000 U.I. di vitamina D al giorno, aumentate fino a 40.000 U.I. al giorno, per 7 mesi. In tutti questi pazienti c’è stata una riduzione del numero delle lesioni attive, valutate con RMN. Siccome i VDR sono ampiamente espressi nel cervello e la loro attivazione regola i livelli di e la vitalità delle cellule neuronali, sono stati effettuati studi nei pazienti affetti da Alzheimer. La vitamina D stimola la clearance delle placche amiloidi inducendo la fagocitosi da parte dei macrofagi, riducendone la citotossicità. Riduce la risposta infiammatoria nei neuroni corticali primari e induce apoptosi. Questo ci suggerisce l’utilizzo della vitamina D anche in questa malattia, così come nella malattia di Parkinson. La vitamina D può essere assolutamente utile anche in altre malattie mentali come la sindrome da iperattività e deficit di attenzione (ADHD), depressione bipolare, disturbi del comportamento eccessivamente impulsivo. Questo perché la vitamina D regola l’attività del gene TPH2 responsabile della conversione del triptofano in serotonina. La sintesi, il rilascio e la funzione della serotonina vengono modulati dalla vitamina D e dall’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesanoico (DHA) che sono gli acidi grassi omega 3. In particolare l’EPA riduce le molecole infiammatorie a livello cerebrale e il DHA rende più sensibili e disponibili i recettori della serotonina grazie ad un aumento della permeabilità di membrana.

Riferimenti

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