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Introduzione

Questa tesi si occupa della presenza di italiani negli eserciti di età moderna nel periodo tra la fine delle guerre d’Italia e gli anni precedenti la Rivoluzione francese. L’indagine è nata da un’esigenza maturata nell’ambito degli studi di storia militare; una disciplina molto rinvigorita negli ultimi vent’anni che hanno visto colmare un forte deficit della storiografia italiana. Infatti per molto tempo la comunità scientifica italiana ha trascurato le dinamiche militari della vicenda storica. In parte perché a lungo si è ritenuta credibile l’idea che le popolazioni avessero delle predisposizioni naturali e che agli italiani mancasse totalmente quella per la guerra

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; convinzione che, a sua volta, ha portato all’elaborazione di un quadro storico che vedeva finire l’impegno italiano sui campi di battaglia con l’esaurirsi della generazione dei grandi condottieri delle guerre d’Italia; ma anche per la paura di essere associati, studiando tali temi, a posizioni guerrafondaie

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. Se escludiamo diversi contributi elaborati in epoca fascista, tutti scarsamente interessati al periodo compreso tra la fine delle guerre d’Italia e la Rivoluzione francese e chiaramente improntati all’esaltazione degli episodi e delle tracce di “indomita italianità”

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, prima degli ultimi decenni troviamo solo il lavoro di Piero Pieri, iniziatore di una rivalutazione delle vicende militari in chiave politica, sociale ed economica

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. Dagli anni Ottanta del secolo scorso,

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Virgilio ILARI, Il valore militare degli italiani, scaricabile dal sito Internet:

http://www.collezioni-f.it/museo/sto04.html.

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Claudio DONATI, Organizzazione militare e carriera delle armi nell’Italia di antico regime: qualche riflessione, in Maria Luisa BETRI e Duccio BIGAZZI (a c.), Ricerche di storia in onore di Franco della Peruta. Politica e istituzioni, Milano, Franco Angeli, 1996, vol. 1, p. 9.

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Piero DEL NEGRO, «La storia militare dell’Italia moderna nello specchio della storiografia del Novecento», in Cheiron, XII (1995), n. 23, p. 15; dello stesso articolo esiste anche un’altra versione, con pochissimi cambiamenti, pubblicata in Guida alla storia militare italiana, Napoli, E.S.I., 1997, pp. 97-122 e dal titolo: L’Età Moderna: eserciti e guerre.

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Ivi, p. 18.

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invece, lo sviluppo di questo genere storiografico è stato evidente; prendendo spunto dalle molte opere – anche riguardanti la penisola italiana – prevalentemente inglesi e francesi

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, hanno cominciato a proliferare studi, generalmente a carattere locale, che analizzavano le vicende e gli aspetti militari di età moderna da vari punti di vista. Abbandonata ormai l’ottica puramente evéneméntielle, si studiano gli eserciti come diretta espressione delle politiche statali; gli sviluppi delle tecniche belliche inseriti nel panorama della rivoluzione scientifica; la vita quotidiana all’interno delle caserme, o meglio, in quelle che erano la loro forma embrionale e altre ricerche di questo genere.

È in questo quadro, ancora in divenire, che si percepisce un certo livello di infondatezza nelle convinzioni più consolidate a proposito dell’irrilevanza della presenza di italiani in ambito militare in età moderna, dell’idea che, conclusasi l’epoca dei grandi condottieri delle guerre d’Italia, la tradizione militare sia totalmente sparita dalle famiglie italiane. Sono molte le ricerche che smentiscono questa tesi, molti i cenni non solo ad una forte resistenza dello

“spirito guerriero” negli Italiani, ma anche ad una profonda attenzione degli Stati – perfino i più piccoli – nei confronti delle politiche militari. Manca ancora, però, uno studio univoco che raccolga tutte le aree della penisola, per vedere quanto questo fenomeno la caratterizzi nella sua totalità, oppure quanto invece ogni Stato abbia le sue peculiarità e si definisca per le diverse vocazioni dei suoi abitanti. Così come manca anche un’analisi del fenomeno di coloro che non militarono per il proprio sovrano territoriale, spesso uscendo dai confini della penisola per porsi generalmente al servizio delle monarchie cristiane

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.

Ed è proprio su questo filone di certezze ancora da costruire che si inserisce questa nostra indagine. L’idea iniziale era di rintracciare, mediante lo spoglio del Dizionario Biografico degli Italiani

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(d’ora in poi Dbi), tutti gli “operanti nel militare” (dai combattenti ai fabbricanti di stoffa per uniformi, passando per

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Ivi, p. 22.

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C. DONATI, Organizzazione militare cit., p. 26.

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Dizionario Biografico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana. Ancora in corso di

stampa, il primo volume è uscito nel 1960, al momento di questo lavoro la pubblicazione era

giunta al numero 65, circa alla metà della lettera L.

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ingegneri, trattatisti e architetti) dalla fine delle guerre d’Italia agli anni che precedono la Rivoluzione francese, così da avere un’idea del numero di Italiani coinvolti in attività militari. Terminato lo spoglio avevamo raccolto circa 390 nominativi, ovviamente inclusi solo i cognomi con iniziali dalla A alla L. Il passo successivo è stato quello di verificare l’affidabilità di questo numero;

ovvero, utilizzando altri repertori, controllare se nel Dbi fossero presenti esclusioni importanti in ambito militare. I dati relativi a questi controlli saranno esposti con più attenzione nel primo capitolo, per adesso basterà dire che le lacune evidenziate sono state talmente ampie da non permetterci di considerare valido il campione e da spingerci a cercare altre fonti che ci portassero ad allargare la base statistica di riferimento. A questo proposito sono state individuate in particolare due opere, facenti entrambe parte dell’Enciclopedia Biografica Bibliografica degli Italiani (d’ora in poi E.B.B.I.): Condottieri, capitani e tribuni, a cura di Corrado Argegni e Condottieri e generali del Seicento, curato da Aldo Valori

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. Sono state scelte queste due fonti, pur con tutti i limiti che presentano e di cui parleremo in dettaglio nel primo capitolo, in quanto erano le uniche, tra tutti i repertori individuati, a comprendere tutta la penisola.

Concluso lo spoglio anche di questi repertori la mole dei nostri dati era quadruplicata, permettendoci così di svolgere le nostre indagini su più di 1700 persone.

Le informazioni raccolte attraverso lo spoglio dei dati sono state classificate in tre differenti database, così da poterne elaborare una rappresentazione grafica sia complessiva che suddivisa per repertorio. I risultati delle analisi con i relativi grafici sono raccolti, per argomento, in appendice.

Il lavoro di indagine è stato svolto sulle uniche notizie che riportano, per ogni voce, tutti e tre i repertori; infatti, come spiegheremo meglio in seguito, il Dbi fornisce informazioni ben più dettagliate rispetto alle altre due opere. Anche se in alcuni casi è stato necessario inserire la categoria “non classificabile” per

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Corrado ARGEGNI, Condottieri, capitani, tribuni, Milano, Istituto editoriale italiano Tosi, 1937, 3

voll. e Aldo VALORI, Condottieri e generali del Seicento, Roma, Istituto editoriale italiano Tosi,

1943. Sono rispettivamente le serie XIX e XX dell’Enciclopedia Biografica Bibliografica Italiana.

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indicare l’impossibilità di giungere ad un’informazione certa su quel soggetto, i dati raccolti hanno dato modo di affrontare adeguatamente quasi tutti gli interrogativi che ci eravamo posti.

Il confronto dei nostri risultati con le recenti opere di storia militare ci ha offerto, oltre ad un quadro abbastanza nitido della situazione complessiva della penisola, anche una panoramica dettagliata delle fonti che possono essere consultate per verificare adeguatamente i nostri risultati e lanciare nuovi temi di indagine.

La prima deduzione certa cui siamo giunti risulta coerente con la linea intrapresa dalla storiografia militare, ovvero quella che tende a smitizzare la scomparsa degli Italiani dai campi di battaglia. Possiamo anzi affermare con una certa sicurezza che il mestiere delle armi continua ad essere uno dei principali sbocchi non solo delle aristocrazie di tutte le aree della penisola, ma addirittura diventa un mezzo, per chi nobile non è, per avvicinarsi ai centri di potere.

Abbiamo anche dimostrato che l’interesse per la politica militare è condiviso da tutti gli Stati dell’età moderna, non solo, come avviene in particolare tra Cinque e Seicento, attraverso l’istituzione di milizie locali e la partecipazione con propri eserciti ai principali conflitti europei, ma anche tramite un progressivo interessamento al coinvolgimento dei propri sudditi in attività belliche, sia all’interno di strutture statali, che attraverso l’invito a prendere parte ad iniziative non promosse dal sovrano, ma ugualmente utili per il consolidamento del prestigio dello Stato.

Rimangono comunque alcuni punti da chiarire, a proposito di periodi – come il

Settecento – per i quali le nostre fonti non forniscono abbastanza dati, oppure

circa temi su cui sussiste ancora un certo disaccordo a livello storiografico. In

particolare ci stiamo riferendo alla questione della scomparsa della nobiltà dal

teatro guerresco individuata da Gregory Hanlon a partire dalla seconda metà

del Seicento, ma non riconosciuta, ad esempio, da Claudio Donati.

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Questo lavoro si apre con una lunga discussione critica delle fonti utilizzate, frutto di diversi raffronti operati tra loro, ma anche con altri celebri repertori di carattere generale, come il Litta

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, o più specifico, come l’opera del Filamondo

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sulla nobiltà militare napoletana. Abbiamo cercato anche di indagare sugli autori dei due repertori dell’E.B.B.I per valutarne l’affidabilità. In un caso, quello di Aldo Valori, non è stato difficile, mentre nell’altro ci siamo scontrati contro un ostacolo insormontabile che ci ha portato a dedurre che Corrado Argegni potrebbe essere solo uno pseudonimo e non ci ha dato nessuna certezza né sulla sua provenienza, né su un suo, anche vago, background culturale.

Risolta nel primo capitolo l’incombenza della presentazione delle fonti, i risultati del nostro lavoro sono stati espressi nel modo da noi ritenuto più chiaro. La prima linea di analisi che abbiamo scelto di esporre è quella che segue l’andamento temporale della presenza italiana in campo militare, e quindi il secondo capitolo mostra i militari italiani divisi per secoli e cerca di seguire la loro presenza nei principali eventi bellici dell’età moderna.

Il terzo e il quarto capitolo sono speculari. Uno si sofferma sugli eserciti, andando ad individuare quali fossero le destinazioni preferite degli Italiani, anche valutando, quando possibile, come e per quali motivi queste cambiassero a seconda dei periodi. L’altro invece cerca di individuare l’esistenza di bacini di provenienza più rappresentati di altri, cercando, in particolare, di capire se i dati potessero essere, in qualche modo, determinati da “pregiudizi storici” nati da erronee credenze sulla predisposizione o meno di un popolo nei confronti del mestiere delle armi.

Infine il quinto capitolo cerca di penetrare nel farraginoso mondo degli status sociali di età moderna; in questo caso la poca chiarezza delle nostre fonti ci ha portato ad appoggiarci prevalentemente ad altri studi, i quali però hanno in

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Pompeo LITTA, Celebri famiglie italiane, Milano, presso l’autore, 1819.

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FILAMONDO Raffaele Maria, Del genio bellicoso di Napoli; memorie istoriche d’Alcuni Capitani Celebri Napoletani, c’han militato per la fede, per lo Re’, per la Patria nel secolo corrente. Raccolte dal P.

Fra’ Raffaele Maria Filamondo dell’Ordine de’ Predicatori, Abbellite con cinquantasei Ritratti intagliati

in rame, In Napoli Nella nuova Stampa di Dom. Ant. Parrino, e di Michele Luigi Mutii, 1694, 2

voll.

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gran parte confermato idee già emerse anche durante l’analisi di altri aspetti,

come vedremo meglio nelle conclusioni.

Riferimenti

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