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Nel 1992 il Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros-Ghali affermò che “il prossimo conflitto nella regione del Medio Oriente riguarderà l’acqua” 1 .

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Introduzione

Nel 1992 il Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros-Ghali affermò che “il prossimo conflitto nella regione del Medio Oriente riguarderà l’acqua” 1 .

L’acqua nella regione medio orientale ed in particolare nell’area attraversata dal fiume Giordano, ha da sempre rappresentato una questione di primaria importanza, non solo vitale per le popolazioni, ma anche tecnica e politica per i governi a causa della convergenza di condizioni, che possiamo schematizzare come segue:

- una scarsità della risorsa in una zona arida e popolata;

- una crescita demografica, da natalità ed immigrazione, che ha comportato e comporta un sempre maggiore aumento dei bisogni idrici;

- un’alta complessità del sistema idrico del fiume Giordano e della struttura geologica del suo bacino;

- una inevitabile interdipendenza fra vicini che utilizzano lo stesso bacino fluviale;

- una disuguaglianza politica ed economica degli Stati corivieraschi.

Gli anni cinquanta, periodo sul quale si incentreranno le nostre ricerche nel settore, sono poi il momento in cui strategie e tattiche della Guerra Fredda hanno trovato ampio sviluppo e la gestione delle risorse idriche del fiume Giordano, si è inserita nelle più ampie questioni di politica internazionale. Attraverso un’iniziativa diplomatica, “la missione Johnston”, dal nome del mediatore americano nominato da Eisenohower per trovare un accordo regionale proprio sulle acque, gli Stati Uniti tentarono di consolidare la loro presenza in un area

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El-Ahram Weekly, 19-25 marzo 1992, citato da C. Chesnot, La Battaille de l’eau au Moyen Orient,

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ritenuta a rischio di influenza sovietica. Questa iniziativa diplomatica rappresenterà il fulcro delle nostre ricerche.

La tematica oggetto dello studio sarà affrontata alternando l’analisi dei rapporti regionali fra i paesi attraversati dal fiume Giordano (Libano, Siria, Giordania ed Israele), a questioni internazionali: l’analisi delle politiche locali non potrebbe infatti da sola inquadrare la situazione di questa zona, caratterizzata dall’intreccio delle relazioni delle potenze mondiali con Stati di recente creazione, e quindi bisognosi di aiuto economici esterni.

Gli interessi che hanno guidato le scelte in un campo che potremmo definire

“idro-politico”, risposero prima a strategie della Gran Bretagna, potenza mandataria in Palestina e successivamente degli Stati Uniti.

Considerando la centralità della “missione Johnston”, iniziata nell’ottobre del 1953 e terminata alla fine del 1955, analizzeremo la situazione anteriore e posteriore ai negoziati articolando la tesi in cinque capitoli: i primi due tratteranno le origini della questione idrica in Palestina-Israele, il terzo l’inizio della politica statunitese in Medio Oriente durante le amministrazioni Truman e Eisenhower, il quarto gli sviluppi dei dialoghi arabo-israeliani, mediati da Johnston nel tentativo di concordare uno sviluppo per la gestione regionale delle acque del Giordano, e il quinto le conseguenze del fallimento della missione, fino alla guerra del 1967.

Dopo una breve introduzione di analisi del sistema internazionale successivo alla fine della seconda guerra mondiale, il primo capitolo analizzerà specificatamente la gestione delle risorse idriche dell’area prima della creazione dello Stato d’Israele. Solo con l’inizio della pressione demografica dovuta all’immigrazione ebraica in Palestina, l’acqua diventerà un fattore politico centrale per l’approvazione o meno dell’applicazione della Dichiarazione Balfour in Palestina.

L’analisi delle politiche di un settore trasversale come quello dell’acqua

evidenzierà quali fossero i reali obiettivi, spesso occultati da dichiarazioni a

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avrebbe voluto conservare una certa influenza sulla regione, anche alla fine del proprio mandato, attraverso l’appoggio arabo conquistabile contrastando i desideri del movimento sionista. Vedremo se le conclusioni degli studi scientifici in merito alle possibilità di sviluppo idrico e quindi agricolo dell’area, abbiano coinciso o meno con le posizioni di coloro che avevano commissionato gli studi stessi, pro o contro la crescita di un focolare ebraico in Palestina.

Il secondo capitolo prenderà in considerazione la Palestina nel secondo dopo guerra, al termine del manadato britannico in favore dell’amministrazione delle Nazioni Unite e alla proclamazione dello Stato d’Israele, a cui seguirà la prima guerra arabo-israeliana.

Della situazione posteriore al conflitto saranno considerate soprattutto le conseguenze sulla distribuzione delle risorse idriche fra i paesi corivieraschi del fiume Giordano.

Israele considerava l’uso delle acque regionali indispensabile per il proprio sviluppo economico: se dopo la guerra del 1948 i territori sotto controllo israeliano risultarono essere più ampi rispetto a quelli assegnatole con il piano di spartizione deciso nel 1947 dall’Onu, ciò che mancava allo Stato ebraico era l’accesso alle sorgenti del Giordano e quindi la sicurezza del proprio approvvigionamento idrico. L’acqua risulterà essere al centro degli interessi del giovane Stato, ed anche la comunità internazionale, coinvolta nella nuova problematica, quella dei rifugiati arabi, considererà fondamentale il problema della quantità d’acqua disponibile nell’area.

Missioni economiche organizzate dall’Onu sottolineranno la necessità di

intraprendere piani di sviluppo idrico regionali, per ampliare la superficie dei

terreni coltivabili. Considerando l’impossibilità di forme di collaborazione fra gli

Stati dell’area, questa esigenza non potrà aver seguito; saranno ideati

rispettivamente da Israele e dalla Giordania insieme alla Siria, piani di sviluppo

unilaterali, per sezioni del fiume Giordano e non per il sistema idrico nella sua

integrità. I diversi tentativi di realizzazione causeranno tensioni tali, da suggerire

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al Dipartimento di Stato americano la necessità di un intervento diretto degli Stati Uniti nella regione proprio in merito alla gestione delle risorse idriche.

Per queste ragioni nel terzo capitolo sarà analizzato lo sviluppo della politica medio orientale americana, prima aderente a quelle che erano le scelte dell’alleata britannica e poi sempre più indipendente da quest’ultima. Alla fine dell’amministrazione Truman sorse alle Nazioni Unite l’ipotesi di creare una commissione che si interessasse al problema specifico della gestione delle acque del Giordano, allo scopo di individuare un possibile progetto che potesse rispondere alle necessità dei diversi paesi dell’area.

Il piano per la distribuzione delle risorse idriche messo a punto dall’Unrwa sarà il punto di partenza dei negoziati diretti dalla successiva amministrazione Eisenhower, che presentandosi in maniera critica rispetto alla precedente, tenterà di adottare una politica di aiuti economici tali da garantire l’appoggio arabo alle politiche occidentali contro l’espansione sovietica.

Come suggerito dal Segretario di Stato, John Foster Dulles, a conclusione di un suo viaggio in Medio Oriente, nel maggio del 1953, parte importante dei finanziamenti programmati avrebbe potuto esser diretta a migliorare la gestione delle risorse idriche. Uno sviluppo per la regione nel suo insieme rappresentava, nella visione del Diparimento di Stato americano, un primo passo verso la risoluzione del conflitto arabo-israeliano, che, considerato punto di debolezza, avrebbe permesso l’ingresso dell’Unione Sovietica nell’area.

La volontà di agire in un ottica regionale, a beneficio degli Stati e dei profughi arabi, spingerà l’amministrazione ad agire duramente contro progetti idraulici unilaterali, che avrebbero cioè favorito una sola parte; il tentativo israeliano di deviazione delle acque del fiume Giordano a Bnot’Yaacov, località che fra l’altro si trovava all’interno di un’area smilitarizzata, sarà la ragione della crisi fra Israele e Stati Uniti del settembre 1953.

In concomitanza con la minaccia statunitene di sospendere finanziamenti ad

Israele e all’attacco di quest’ultimo a Qibya, ebbe inizio la missione Johnston. Il

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puntualmente anche grazie all’apporto della documentazione inedita contenuta nei microfilm “Confidential U.S. State Department Central Files - Palestine- Israel - Foreign Affairs (1950-1954 e 1955-1959)”, in cui è presente lo scambio quotidiano di note fra le diverse ambasciate americane in Medio Oriente e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti a Washington. Vedremo che lo scarso seguito agli inviti degli Stati Uniti rivolti a Gran Bretagna e Francia per un maggiore appoggio alla missione Johnston, renderanno questa iniziativa esclusivamente statunitense.

Il capitolo sarà diviso in quattro parti, corrispondenti ognuna ad un viaggio, e quindi ad un round di negoziazioni, di Eric Johnston in Medio Oriente. In una quinta parte saranno analizzati i diversi tentativi ed ipotesi per rilanciare il piano regionale per lo sviluppo del sistema idrico del fiume Giordano, piano che il rinvio della decisione di accettazione da parte del Comitato politico della Lega araba, aveva fatto arenare.

L’analisi delle differenti tappe negoziali permetterà di evidenziare lo sviluppo della missione in cui vedremo, si succederanno proposte, contropoposte e compromessi che Johnston presenterà alle parti in separate sedi, come previsto dalla forma di negoziati indiretti. Oltre a recarsi nelle diverse capitali degli Stati corivieraschi del Giordano e quindi direttamente interessati alla gestione delle comuni risorse idriche, i mediatori americani incontreranno, spesso al Cairo, il Comitato Tecnico della Lega Araba creato proprio in occasione della missione statunitense, sotto raccomandazione dell’Egitto.

Questo paese, sebbene non corivierasco del fiume Giordano, ebbe un ruolo

capitale per l’andamento dei negoziati, che, dimostreremo, risulterà fortemente

influenzato dalle oscillazioni delle relazioni degli Stati Uniti con Nasser. La

partecipazione attiva dell’Egitto ai negoziati era considerata una necessità dal il

Dipartimento di Stato americano: se Nasser avesse espresso una coerente

accettazione del progetto regionale, avrebbe guidato nella medesima direzione

tutto l’insieme del mondo arabo.

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Il successo negoziale ottenuto inizialmente da Johnston farà sperare nella conclusione di un patto fra le parti, che nelle intenzioni americane avrebbe potuto rappresentare un primo passo verso il riconoscimento dello Stato d’Israele. Sono proprio questo tipo di considerazioni politiche in merito alle generali finalità dell’amministrazione Eisenohwer per il Medio Oriente, che comportarono il rifiuto arabo.

Dividere l’ambito tecnico-economico da quello politico, come il Dipartimento di Stato americano aveva tentato di fare per ottenere l’accordo delle parti sulla missione Johnston e il piano regionale sul Giordano, risulterà essere quindi una tattica inefficace per il Medio Oriente.

Il fallimento della missione Johnston comporterà, dopo l’invasione israeliana dell’Egitto nel 1956, l’ideazione di diversi piani statali di sviluppo del fiume Giordano, non più considerato nella sua integrità. Il quinto capitolo sarà dedicato allo studio dei progetti giordano ed israeliano e la reazione della Lega araba rispetto a quest’ultimo.

I finanziamenti americani, concessi alla fine dell’amministrazione Eisenhower, per la realizzazione del canale giordano dell’East Ghor e del National Water Carrier d’Israele dimostrerà come il così detto “approccio a porzioni” (piecemeal approch) alla questione delle acque del Giordano, abbia risposto ad una revisione della politica americana verso il Medio Oriente: non si sarebbe più tentato di ostacolare l’avanzata dell’Unione Sovietica nell’area solo attraverso la ricerca di una generale pacificazione dell’area, ma anche attraverso accordi bilaterali con tutti quei paesi che avrebbero dimostrato la loro disponibilità alla cooperazione con l’occidente. Questa visione comporterà anche un diverso atteggiamento verso Israele, che non sarà più considerato da Washington come ostacolo alle relazioni arabo-statunitensi, ma sempre più come alleato strategico nella regione.

L’ultima questione che ci porremmo verso le conclusioni della tesi è se il

controllo delle sorgenti del Giordano abbia poi comportato la guerra dei sei

giorni. Nel periodo compreso fra il 1964 e il 1967 la Siria e il Libano, sotto le

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delle acque del Giordano prima della loro confluenza nel territorio israeliano,

l’Headwater Diversion Project. Tensioni e reali scontri, anche con l’uso

dell’aviazione, comportarono il fallimento delle intenzioni arabe, fallimento che

diventerà definitivo dopo la guerra del 1967, quando Israele conquistando le

alture del Golan, diventerà Stato a monte del sistema idrico.

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