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L’Arma dei Carabinieri

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1.2: VINCOLI

1.2.1 SITUAZIONE INIZIALE E STATO DI FATTO

L’Arma dei Carabinieri

Cenni storici

La costituzione dei Carabinieri risale alle Regie Patenti del 13 luglio 1814, che hanno attribuito al “Corpo dei Carabinieri Reali” la duplice funzione di difesa dello Stato e di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Considerati primo Corpo dell’Armata di terra dalla loro origine, i Carabinieri hanno mantenuto questo attributo anche nell’ambito dell’Esercito del Regno d’Italia, come riconosciuto dal regolamento Organico, approvato con Regio Decreto nel 1934, e ribadito dalla Legge n. 368 del 1940, provvedimenti che regolano l’ordinamento del Regio Esercito. Si è affermata così nel tempo la doppia funzione dell’Istituzione, organismo militare ad ordinamento speciale, che già nel 1922 è stata definita “Forza Armata in servizio permanente di pubblica sicurezza”, anticipando la formulazione della Legge n. 121 del 1981. La nuova fisionomia organizzativa e funzionale dell’Arma, necessaria per aggiornare e dare organicità a questo corpo, è stata tracciata dai Decreti Legislativi n. 297

“Norme in materia di riordino dell’Arma dei Carabinieri” e n. 298 “Riordino del

reclutamento, dello stato giuridico e dell’avanzamento degli Ufficiali dei Carabinieri”,

entrambe del 5 ottobre 2001, che hanno costituito puntuale attuazione dei principi e

dei criteri fissati dall’art. 1 della Legge n° 78 del 31 marzo 2000, recante “Delega al

Governo per il riordino dell’Arma dei Carabinieri”. Si è trattato di una revisione che,

convalidando ed aggiornando gli adeguamenti normativi introdotti negli ultimi decenni

in ragione della rapida evoluzione della nostra società, ha definito un quadro

organizzativo meglio aderente ai radicali mutamenti intervenuti sia nelle Forze

Armate sia nelle stesse Forze di Polizia, profondamente innovate dalle Leggi n. 382

dell’11 luglio 1978 : “Norme di principio sulla disciplina militare”, n. 121 del 1° aprile

1981 : “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza” e n. 25

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del 18 febbraio 1997 : “Vertici militari” . Inoltre la Legge n. 78 del 31 marzo 2000 ha attribuito il ruolo storicamente svolto dall’Arma, collocandola ordinativamente, con il rango di Forza Armata, alle dirette dipendenze del Capo di Stato Maggiore della Difesa, puntualizzandone formalmente i compiti militari. Sotto il profilo operativo, il nuovo ordinamento fa perno sulle Stazioni, alle quali è destinato prioritariamente il significativo recupero di risorse derivanti dalla nuova e più efficiente configurazione dei reparti, riordinati con una più razionale ripartizione delle competenze tra i diversi livelli gerarchici.

Compiti istituzionali

In ragione della sua connotazione di Forza militare di polizia a competenza generale, all’Arma dei Carabinieri sono affidati i seguenti compiti:

n

militari ( secondo art. 1, co. 2, Legge n. 78 del 2000):

concorso alla difesa della Patria e alla salvaguardia delle libere istituzioni e del bene della collettività nazionale nei casi di pubbliche calamità;

partecipazione:

• alle operazioni militari in Italia ed all’estero sulla base della pianificazione d’impiego delle Forze Armate stabilita dal Capo di Stato Maggiore della Difesa;

• ad operazioni di polizia militare all’estero e, sulla base di accordi e mandati internazionali, concorso alla ricostituzione dei corpi di polizia locali nelle aree di presenza delle Forze Armate in missioni di supporto alla pace;

esercizio esclusivo delle funzioni di polizia militare e sicurezza per le Forze Armate;

esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria militare alle dipendenze degli organi della giustizia militare;

sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, ivi compresa quella degli uffici degli addetti militari all’estero;

assistenza ai comandi ed alle unità militari impegnati in attività

istituzionali nel territorio nazionale;

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concorso al servizio di mobilitazione;

n

di polizia ( secondo art. 3, co. 2 e 3, Decreto Legislativo n. 297 del 2000 ):

esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria e di sicurezza pubblica;

quale struttura operativa nazionale di protezione civile, assicurazione della continuità del servizio d’istituto nelle aree colpite dalle pubbliche calamità, concorrendo a prestare soccorso alle popolazioni interessate agli eventi calamitosi.

Dipendenze

L’Arma dei Carabinieri, collocata autonomamente nell’ambito del Ministero della Difesa con il rango di Forza Armata, è Forza di Polizia a competenza generale e in servizio permanente di pubblica sicurezza, con le speciali prerogative conferitele dalle norme in vigore, e dipende:

tramite il Comandante Generale, dal Capo di Stato Maggiore della Difesa per quanto attiene ai compiti militari;

funzionalmente dal Ministro dell’Interno, per quanto attiene ai compiti di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Per gli aspetti tecnico-amministrativi, l’Arma dei Carabinieri fa capo:

al Ministero della Difesa per quanto concerne il personale, l’amministrazione e le attività logistiche;

al Ministero dell’Interno per l’accasermamento ed il casermaggio connessi con l’assolvimento dei compiti di polizia, nonché per l’utilizzazione delle risorse finanziarie finalizzate al potenziamento delle Forze di Polizia.

I seguenti reparti dell’Arma sono costituiti nell’ambito di Dicasteri e dipendono funzionalmente dai titolari degli stessi:

Ministero della Salute, per la prevenzione e repressione dei reati attinenti la tutela della salute pubblica (Comando Carabinieri per la Sanità)

Ministero dell’Ambiente e tutela del territorio, per la prevenzione e repressione

delle violazioni compiute in danno dell’assetto ambientale (Comando

Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente);

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Ministero dei Beni Culturali, per la prevenzione e repressione dei reati connessi alla detenzione, commercio e trafugamento di beni e materiali d’interesse artistico, storico ed archeologico (Comando Carabinieri Patrimonio Culturale);

Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, per la verifica dell’applicazione delle normative in materia di collocamento, lavoro, previdenza ed assistenza sociale (Comando Carabinieri Ispettorato del Lavoro);

Ministero delle Politiche agricole e forestali, per il controllo, la prevenzione e repressione delle frodi nel settore agroalimentare e ai danni dell’Unione Europea (Comando Carabinieri Politiche Agricole);

Ministero degli Affari Esteri, per la tutela delle sedi delle Rappresentanze diplomatiche italiane all’estero, la prevenzione e la repressione delle violazioni alle leggi speciali sull’emigrazione (Comando Carabinieri presso il Ministero Affari Esteri).

Alcuni reparti costituiti nell’ambito di Organi o Autorità nazionali (Presidenza della Repubblica, Senato, Camera, Corte Costituzionale, Presidenza del Consiglio dei Ministri e C.N.E.L.) per l’assolvimento di compiti specifici, dipendono funzionalmente dai titolari degli stessi Organi o Autorità. I reparti e gli uffici dell’Arma costituiti in ambito interforze Difesa, nei Comandi e negli Organismi alleati in Italia ed all’estero, ovvero nelle singole Forze Armate, dipendono, tramite i relativi Comandanti, rispettivamente dal Capo di Stato Maggiore della Difesa e dai Capi di Stato Maggiore di Forza Armata. Per l’espletamento delle attività di Polizia Giudiziaria, infine, i Carabinieri dipendono funzionalmente dall’Autorità Giudiziaria, secondo quanto prescritto dal codice di procedura penale.

Ordinamento

L'Arma ha una forza, organico ed extraorganica, prevista dalle leggi di 117.282 unità di cui:

4.179 Ufficiali dei vari ruoli,

30.063 Ispettori (Marescialli),

20.338 Sovrintendenti (Brigadieri),

62.702 Appuntati e Carabinieri.

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La forza effettiva è di circa 112.000 unità, ripartita nelle Organizzazioni Centrale, Addestrativa, Territoriale, Mobile e Speciale, nonché Reparti per esigenze specifiche.

Organizzazione Centrale

Il Comando Generale è l'organo di direzione, coordinamento e controllo di tutte le attività dell'Arma, con particolare riferimento a quelle operative condotte dai reparti e di analisi dei fenomeni criminali. Nelle sue linee essenziali comprende:

n

Comandante Generale

Dirigente Generale responsabile dei Sistemi Informativi Automatizzati;

Commisione di Valutazione per l'Avanzamento

Ufficio rapporti con la Rappresentanza Militare

Segreteria ed Aiutante di Campo

n

Vice Comandante Generale

Ufficio del Vice Comandante

Ufficio storico

Museo Storico

n

Capo di Stato Maggiore

Ufficio del Capo di SM

Reparto Autonomo

Direzione di Amministrazione

Servizio Spirituale

Sotto Capo di stato Maggiore

• Centro Nazionale Selezione e Reclutamento

• Ufficio Legislazione

• Centro Nazionale Amministrativo di Chieti (CNA)

Stato Maggiore articolato su 6 Reparti.

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Organizzazione territoriale

L’organizzazione territoriale rappresenta il fulcro dell’attività d’istituto, assorbendo 87.134 unità, pari all'80% della forza, distribuite su un’ intelaiatura di reparti estremamente capillare articolata in:

5 Comandi Interregionali, retti da generali di corpo d'armata, che esercitano funzioni di alta direzione, di coordinamento e di controllo nei confronti dei Comandi regionali ed assicurano, attraverso i propri organi, il sostegno tecnico, logistico ed amministrativo di tutti i reparti dell'Arma dislocati nell'area di competenza, anche se appartenenti ad altre organizzazioni funzionali;

19 Comandi di Regione, retti da generali di divisione e di brigata, cui risale la responsabilità della gestione del personale e competono le funzioni di direzione, di coordinamento e di controllo delle attività dei comandi provinciali che hanno sede in ciascuno capoluogo di provincia della regione amministrativa (ad esclusione della Valle d'Aosta nella quale è presente un Reparto Territoriale competente sulla intera regione/provincia e che dipende dalla Regione Carabinieri Piemonte e Valle d'Aosta);

102 Comandi Provinciali, retti da generali di brigata, colonnello o tenente colonnello. Hanno competenza su una provincia amministrativa ed esercitano le funzioni di direzione, di coordinamento e di controllo dei reparti dipendenti (uno o più Reparti Territoriali, eventuale Reparto Servizi e Magistratura; Reparto Operativo; Nucleo Radiomobile; Sezioni di Polizia giudiziaria; un numero variabile di Gruppi e Compagnie). Hanno la responsabilità dell'analisi e del raccordo delle attività operative e di contrasto della criminalità condotte nella provincia anche dai reparti speciali ;

17 Comandi di Reparto Territoriale, retti da tenente colonnello. Si tratta di

organi demoltiplicatori delle funzioni di direzione, coordinamento e controllo dei

Comandi Provinciali nel cui ambito sono previsti. Sette di essi sono stati

costituiti recentemente con competenza sull'intera Provincia e si sono aggiunti

ai 9 preesistenti (Milano, Monza, Roma, Ostia, Frascati, Napoli, Castello di

Cisterna, Palermo e Monreale) che operano su parte delle Province di Milano,

Roma, Napoli e Palermo;

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535 Comandi di Gruppo o Compagnia, retti da tenente colonnello , maggiori , capitani e sono differentemente strutturati in rapporto alla loro estensione ed alla rilevanza operativa del territorio. Dirigono l'attività di un numero variabile di Tenenze e Stazioni ed hanno organi propri (Centrale Operativa e Nucleo Operativo e Radiomobile), che assicurano il pronto intervento nelle ventiquattro ore e sviluppano autonome capacità operative di contrasto delle manifestazioni di criminalità a rilevanza locale ;

29 Tenenze, rette da tenenti/sottotenenti e sono competenti su un solo comune con un numero elevato di abitanti. Sono in grado di svolgere un servizio di pronto intervento nelle ventiquattro ore ed un'autonoma attività di polizia giudiziaria. Hanno la responsabilità diretta del controllo del territorio e delle connesse attività istituzionali;

4645 Stazioni, peculiari articolazioni di base dell'Arma dei Carabinieri a livello locale, in relazione alla rilevanza dell'impegno operativo sono rette da luogotenente, maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza o Maresciallo Capo. Hanno la responsabilità diretta del controllo del territorio - di uno o più comuni o parte di comune di grandi città - e delle connesse attività istituzionali. Le Stazioni adottano un orario di apertura al pubblico diversificato (dalle dieci ore al giorno all'intero arco delle ventiquattro ore) in relazione anche alle specifiche realtà ambientali/operative.

Dell’organizzazione territoriale fanno parte anche una serie di supporti operativi: un Gruppo Operativo “Calabria”, un Comando Squadrone Eliportato, un Reparto Squadriglie, sette Squadriglie, Centro e Nuclei cinofili e subacquei e le Unità navali.

La Caserma

Alla voce “caserma”, il vocabolario della lingua italiana di G. Devoto e di G. C. Oli

riporta la seguente definizione: dal provenzale caverna, propriamente, in origine,

casetta per quattro soldati di guarnigione in una fortezza, a sua volta dal latino

quaterna, a quattro a quattro, incrementato con erma, casa solitaria. Tale termine

indica oggi un edificio destinato all’alloggio di reparti militari o di analoghe

organizzazioni. In senso figurato, con caserma si indica, spesso, un ambiente tetro e

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grigio, ed in generale un grosso edificio privo di valore architettonico; infatti di un brutto edificio, ancora oggi, si dice che “è un casermone”, proprio a sottolineare la trascuratezza sia sotto l’aspetto estetico – formale, sia in termini di materiali utilizzati che ha caratterizzato per anni questo tipo edilizio.

Cenni storici e tipi edilizi

La caserma intesa come organismo architettonico è un edificio prettamente moderno, non potendo essere considerati completamente rispondenti alle complesse esigenze degli alloggiamenti per uomini d’armi, così come si sono configurate in età moderna, i campi militari greci e romani, le cui tracce sono state individuate dagli archeologi nelle antiche città.

Nel Medioevo e nel Rinascimento le truppe alloggiavano nelle opere di fortificazione ed anche presso i privati, infatti fino al Settecento, per i cittadini di ogni rango, sussisteva l’obbligo di alloggiare un certo numero di militari. Questo costituiva una innegabile economia per lo stato, ma presentava dei notevoli inconvenienti, perché i soldati non erano soggetti ad alcun controllo e risultava difficile radunarli per le esercitazioni, per partenze improvvise o allarmi, unendo ai problemi logistici anche conseguenze dannose per le operazioni a carattere segreto.

Verso la fine del Settecento, in Francia si costruirono le prime caserme secondo i progetti e le indicazioni del Maresciallo Vauban: con la coscrizione obbligatoria, ingenti masse di cittadini di tutte le classi sociali cominciarono ad affluire alle caserme, rendendo urgente e pressante il problema della costruzione di tali edifici.

Dagli studi condotti in Spagna,Germania, Francia, Inghilterra e Italia si affermarono all’epoca diverse tipologie di caserme: dal tipo di caserma lineare secondo lo schema tradizionale del Vauban che si affermò in Francia, si passò al tipo con corpi di fabbrica simmetricamente disposti intorno ad un cortile centrale destinato alle istruzioni delle truppe, che costituì lo schema più antico adottato in Germania e Spagna.

Nel tipo lineare o tipo Vauban i vari ambienti che costituiscono la caserma ovvero gli

uffici per il Comando, gli alloggi per gli ufficiali e sottoufficiali, gli ambienti per la

truppa, le rimesse per gli automezzi, i magazzini, gli ambienti per i servizi generali e

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per gli impianti, si sviluppano contiguamente in linea retta, generalmente poco articolata. La caserma, in questo caso, si presenta come un edificio compatto, caratterizzato da un notevole sviluppo longitudinale con predominanza dei percorsi orizzontali lungo la direzione principale, evidenziati da lunghi corridoi, come si vede dalla figura 1 seguente.

FIG. 1 – PIANTA DELLA CASERMA TIPO LINEARE

Da notare che nel tipo Vauban, e nei tipi derivati, generalmente i dormitori per la truppa, in gergo camerate, vengono dimensionate mediamente per uno standard di minimo otto e massimo dodici uomini per camerata.

Nel tipo a corpi di fabbrica simmetrici, vedi figura 2 seguente, la caserma è invece

costituita da più edifici presenti in numero comunque limitato: in genere tre fabbricati

di dimensioni maggiori nei quali si localizzano gli alloggi per gli ufficiali e per la

truppa, i locali di servizio, i magazzini e le autorimesse, ed un quarto più piccolo

destinato a Palazzina di Comando ubicato in prossimità dell’ingresso principale. Essi,

indipendentemente dall’orientamento, vengono disposti in modo simmetrico ai lati di

un grande cortile centrale, di forma rettangolare, destinato alle istruzioni e alle

esercitazioni della truppa e alle funzioni di rappresentanza, facilmente sorvegliabile

dal padiglione di comando.

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FIG. 2 – PIANTA DELLA CASERMA TIPO A CORPI DI FABBRICA SIMMETRICI

In seguito apparve il tipo a padiglione, evoluzione del tipo a corpi di fabbrica simmetrici, studiato ed attuato in Francia e Inghilterra a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Queste caserme, costituite da piccoli edifici isolati, con servizi separati, permettevano l’alloggiamento della truppa frazionata in unità organiche più piccole e in tale senso rispondevano meglio alle esigenze fondamentali dell’igiene e della disciplina, per cui esse si diffusero successivamente anche in altri paesi. In questo tipo di caserma, vedi figura 3 seguente, si distinguono generalmente i seguenti padiglioni, individuati raggruppando in modo omogeneo gli ambienti in cui si svolgono le varie attività e organizzati in relazione alle esigenze distributive degli edifici:

- la Palazzina di comando in cui sono ubicati gli uffici per il comando;

- uno o più edifici destinati all’alloggio per gli ufficiali e sottoufficiali con famiglia;

- le casermette che rappresentavano il vero elemento modulare del complesso, ciascuna di esse infatti prevede l’alloggiamento di un certo numero di uomini divisi per unità, preferibilmente per compagnia ma anche per battaglione. Ogni casermetta, completa di tutti gli ambienti e funzionalmente indipendente, comprende i dormitori per la truppa, le camerette per i sottoufficiali celibi, i locali per i servizi igienici, i locali per servizi vari ed infine i locali per gli uffici del reparto;

- il padiglione con i locali per l’alimentazione ( cucina, refettori, lavatoi stoviglie…) generalmente annessi ai locali per lo svago e la ricreazione;

- il padiglione con i locali per l’istruzione, generalmente in prossimità dell’area adibita

per le esercitazioni e all’attività sportiva;

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- il padiglione per il servizio di guardia e disciplina;

- il padiglione per le rimesse per i mezzi;

- il padiglione dei magazzini e degli impianti.

FIG. 3.3 – PIANTA DELLA CASERMA TIPO A PADIGLIONE

In Italia, con la formazione del Regno e la conseguente fusione dei vari eserciti nell’

Esercito Italiano appena costituito, e con la coscrizione obbligatoria a ferma lunga, il problema delle caserme venne affrontato utilizzando in un primo momento le poche caserme costruite negli ex-Stati e poi gli edifici confiscati agli Ordini religiosi, adattandoli ai nuovi bisogni, ma quasi sempre con scarsi risultati. Queste caserme, dette atipiche, non risultavano evidentemente rispondenti alle esigenze dell’ Esercito, e inoltre comportavano ingenti spese di manutenzione che non venivano compensate da risultati favorevoli riguardo all’igiene e all’efficienza di rendimento del servizio.

Dall’ 1870 il Ministero della Guerra dette incarico al Comitato del Genio di procedere

allo studio di tipi di caserme a carattere economico che dovevano servire di base,

norma e direttiva per la costruzione di un adeguato numero di caserme in Italia. I

progetti riguardavano caserme a padiglioni per Fanteria e Cavalleria: ogni padiglione

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comprendeva i dormitori, i servizi igienici, gli uffici e gli alloggi di sottoufficiali per un reparto organico, di solito la compagnia o il battaglione. Queste caserme furono realizzate con una fedeltà encomiabile allo schema originale, con fondi quasi sempre limitate e con la tendenza a raggruppare, il più possibile, i vari edifici in complessi edilizi notevoli per garantire efficienza ed economia; nella maggior parte dei casi, questi edifici finirono per non rappresentare un esempio di architettura militare, ma realizzazioni edilizie di cattivo gusto che denotavano trascuratezza in termini compositivi, progettuali e di scelta del materiale. Da qui la denominazione di un edificio scadente sotto il profilo estetico con “casermone” o “brutto come una caserma”.

È interessante notare come, in passato, nelle casermette i dormitori venivano dimensionati per uno standard di 24 – 36 uomini per camerata progressivamente ridotto a 12 – 16 uomini/camerata nell’immediato dopoguerra, fino all’attuale 6 – 8 uomini/camerata in considerazione della necessità di realizzare le migliori condizioni ambientali in termini di igiene e qualità dell’aria, evitando un eccessivo affollamento degli ambienti. Questi standard sono comunque destinati a subire ulteriori cambiamenti legati alle necessità derivanti dal passaggio da un esercito di leva ad un esercito di professionisti, nonché all’introduzione del personale femminile nelle Forze Armate.

Attualmente, in Italia come nel resto dei paesi europei, si assiste ad un riesame dei

criteri della progettazione delle caserme: innanzitutto vengono ubicate fuori dal

centro urbano per la necessità di dotarlo di ampi spazi all’aperto per l’addestramento

militare e sportivo della truppa e per la disponibilità di poter disporre i vari edifici, non

vincolati dall’angustia dell’area, ma in relazione alle più adatte condizioni di

orientamento, insolazione e ventilazione, e alla migliore composizione dei corpi di

fabbrica tra loro e con la natura circostante. Il progetto è quindi finalizzato a creare

un organismo architettonico che sia valido dal punto di vista estetico – formale,

funzionale e gestionale, con la convinzione che si possa parlare di Architettura delle

Caserme.

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La Caserma dei Carabinieri

“La vocazione territoriale, soprattutto nei posti più isolati, da parte dell’Arma dei Carabinieri, è la ricerca della vicinanza ai bisogni ed alle esigenze dei cittadini, immedesimazione con la comunità stessa e coscienza di rappresentare lo Stato. Il carabiniere vede nella cittadinanza una moltitudine fraterna da proteggere e, proprio per questo, l’Arma è ovunque”. Come si può facilmente notare da queste affermazioni di rappresentanti dell’Arma, si definisce immediatamente una delle peculiarità delle Caserme dei Carabinieri derivante dalla necessità di assicurare una presenza capillare sul territorio connessa con le funzioni di salvaguardia della sicurezza dello Stato, di garanzia del rispetto della legge e di mantenimento dell’ordine pubblico loro assegnate.

Nel corso dell’evoluzione storica di questo particolare tipo di caserma è possibile rintracciare i criteri fondamentali per la sua progettazione fin dall’inizio della costituzione del Corpo, criteri che con il tempo si sono modificati per soddisfare al meglio le esigenze dell’Arma.

Inizialmente, dopo la costituzione del Corpo dei Carabinieri Reali nel 1814, è probabile che per un paio di anni, i nuovi comandi dei Carabinieri si siano installati in parte nei locali che erano stati sede della disciolta Gendarmeria piemontese ed in parte nei locali messi a disposizione dai comuni, essendo ancora vigente l'obbligo fatto a questi ultimi, dalla preesistente autorità militare francese, di fornire sede e suppellettili ai nuclei locali di gendarmi incaricati del mantenimento dell'ordine.

Successivamente, già in data 9 novembre 1816 Vittorio Emanuele I emanò delle Determinazioni, oggetto delle quali, tra l’altro, erano i criteri di scelta delle località in cui dovevano aver sede le caserme del Corpo dei Carabinieri Reali e le norme concernenti l'arredamento delle stesse caserme. Sull'argomento, le suddette Determinazioni sovrane prescrissero all'articolo n. 31: "...Ogni brigata di Carabinieri Reali dovrà essere accasermata nei luoghi di rispettiva sua residenza e diligenza delle Amministrazioni comunali. Le caserme per ogni brigata di fanteria (stazione carabinieri a piedi), dovranno contenere:

- una prigione di sicurezza per tenervi in deposito le persone arrestate, ed i prigionieri

di traduzione;

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- una camera di disciplina pel castigo degli individui della brigata;

- una cucina;

- una camera per il bass'Uffiziale comandante la stazione, e se è ammogliato, un camerino attiguo per tenervi i registri e carte d'Uffizio;

- una camera per ogni due Carabinieri e se ammogliati, una camera per caduno.

I locali per le caserme dovranno, per quanto possibile, essere a portata delle operazioni del servizio, cioè a dire di preferenza sulla strade maestre, piuttosto che in sito scartato, non trascurata la necessaria salubrità.”

Il successivo articolo n. 32 dettò le norme riguardanti gli Ufficiali:

"... Il bene del Regio servizio esigendo che gli Uffiziali de' Carabinieri Reali siano alloggiati, per quanto è possibile, nella stessa caserma, occupata dalle stazioni che comandano, il loro alloggio sarà fissato come segue: per i Capitani, quattro camere, per i Luogotenenti tre, e per i Sottotenenti due, oltre una camera per l'Uffizio, ed una scuderia.“

Le Regie Patenti dell'11 settembre 1818 tornarono sull'argomento, per determinare che la sovrintendenza delle caserme dei Carabinieri venisse trasferita, dalla

"Segreteria di Guerra", alla "Segreteria di Pulizia" (equivalente al Ministero dell'Interno), istituita da Vittorio Emanuele I il 15 ottobre 1816, in luogo della Direzione Generale di Buon Governo. Tali Patenti non modificarono quanto era stato stabilito con le Determinazioni del 9 novembre 1816.

Alcune innovazioni vennero invece apportate dal primo Regolamento generale dei Carabinieri, emanato il 16 ottobre 1822, che stabilì innanzitutto come principio: «La caserma deve essere gelosamente conservata immune, e preservata da qualunque evento che possa turbarvi la tranquillità od attentare a quel rispetto che vi si deve», per stabilire poi, ad esempio, l'obbligo di apporre sulla porta esterna di ogni caserma

"Lo Stemma di S.M. coll'iscrizione Carabinieri Reali". Il citato Regolamento generale

del 1822 venne sostituito in data 1° maggio 1892 da un nuovo Regolamento, le cui

norme dimostrano il progressivo adattamento delle caserme alle mutevoli esigenze

del personale e del servizio: "... I militari di truppa hanno possibilmente una camera

ciascuno, affinché quelli che hanno vegliato durante la notte per servizio, possano

riposare di giorno. I sottufficiali ammogliati, oltre una camera, almeno, per ciascuno,

hanno anche una cucina. Gli alloggi dei sottufficiali ammogliati devono essere

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appartati in modo di assicurare la convenienza delle famiglie e l'indipendenza dei carabinieri, esigendosi che vi sia fra quelle e questi il minor contatto possibile.

Nell'impossibilità, per mancanza di ambienti, di assegnar una camera ad ogni militare, potranno questi essere alloggiati in numero maggiore di uno per camera e nelle stazioni molto numerose anche in dormitori comuni, purché l'ampiezza delle camere e dei dormitori sia tale da soddisfare alle esigenze igieniche.

In ciascuna caserma di stazione non sede di comando d'ufficiale, oltre le camere o dormitori sufficienti pei sottufficiali e carabinieri ed i locali necessari agli uffici, vi sarà:

una sala, detta di riunione, per la mensa ed istruzione del personale della stazione;

una cucina adatta; una camera di disciplina pei carabinieri in punizione; due camere di sicurezza, una per gli uomini, l'altra per le donne in arresto; una camera per i militari dell'Arma di passaggio o comandati provvisoriamente in rinforzo alla stazione;

un cortile con pozzo o fontana provvisti di buona acqua potabile a sufficienza e di tutto l'occorrente per attingerla; uno o più cessi secondo il bisogno, avvertendo che quello dei sottufficiali ammogliati deve essere annesso al loro alloggio.”

Al predetto Regolamento, abrogato con Regio Decreto del 24 dicembre 1911, si sostituì nel contempo altro Regolamento Generale, che non modificò nella sostanza le disposizioni sopra riportate. Queste ricevettero, invece, notevole aggiornamento dal Regolamento emanato in data 1° settembre 1953 dal Comando Generale, che le adattò puntualmente alle variazioni intervenute nell'ordinamento e nel servizio d'istituto dell'Arma in relazione ai nuovi mezzi tecnici posti a sua disposizione e stabilì tra l’altro che:” …Ogni caserma deve avere affisso al di sopra dell'ingresso principale uno scudo recante l'emblema dello Stato con la leggenda CARABINIERI.”

Dopo avere dettato le condizioni "cui devono soddisfare le caserme" tra le quali l'assoluta indipendenza dei loro ambienti dalle abitazioni private eventualmente esistenti nel medesimo corpo di fabbrica, il Regolamento prescrisse:

"... Gli alloggi degli ufficiali dell'Arma devono essere distinti e liberi, disporre,

possibilmente, di ingresso separato da quello della caserma e comprendere: dieci

vani per il comandante generale; otto vani per ogni generale di divisione; sette vani

per ogni generale di brigata; sei vani per ogni comandante di legione; cinque vani per

ogni comandante di gruppo, di battaglione mobile o aiutante maggiore; quattro vani

per comandante di compagnia; tre vani per ogni comandante di tenenza e di sezione.

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Gli alloggi dei sottufficiali e dei militari di truppa coniugati devono possibilmente disporre di ingresso separato e comprendere: tre vani per i marescialli dei tre gradi;

due vani per i brigadieri, vicebrigadieri e militari di truppa. Nel numero dei vani non sono inclusi l'ingresso, i servizi, e gli ambienti privi di finestra e comunque non igienicamente abitabili, come la legnaia e la cantina. I singoli ambienti, oltre ad essere tappezzati convenientemente o dipinti decorosamente, devono essere provvisti dei necessari mezzi di riscaldamento e degli impianti di luce elettrica, eccettuate le lampade. Ogni alloggio deve essere inoltre fornito di gabinetto e di impianto per l'erogazione di acqua potabile. Quelli degli ufficiali e dei sottufficiali devono anche essere provvisti di bagno con scaldabagno; gli altri di bagno a doccia".

Oggi, la progettazione delle Caserme dei Carabinieri è regolata dalla Legge 6 febbraio 1985, n. 16 “Programma quinquennale di costruzione di nuove sedi di servizio e relative pertinenze per l’Arma dei Carabinieri” e successivi programmi attuativi, esaminati attentamente nei prossimi capitoli.

È importante sottolineare come, nel corso della storia, sia sempre stata sentita da parte dell’Arma, la necessità di specificare i criteri di progettazione delle Caserme per lasciare al libero arbitrio solo gli aspetti non essenziali, questo per rispondere alle esigenze dei Carabinieri stessi e per assicurare ai cittadini un buon servizio. Si nota così, come fin dagli inizi dell’Ottocento fossero prese in esame le esigenze dell’igiene, della salubrità e della privacy che trovano risposta nella previsione di progettare camere per due persone al massimo, ingressi indipendenti e alloggi separati per Ufficiali con famiglia, e l’attenzione anche all’arredamento e al decoro degli ambienti; questi aspetti, che non sono presenti ad esempio nella progettazione delle Caserme per l’Esercito, fanno della Caserma dei Carabinieri un tipo di caserma veramente peculiare fin dalle sue origini, e sicuramente un sistema edilizio che necessita, nel suo complesso, di avere una valenza architettonica propria, sia dal punto di vista estetico - formale, che funzionale - organizzativo.

La Caserma dei Carabinieri del Comune di Borgo a Mozzano

Purtroppo ad una legislazione molto attenta alle necessità dell’Arma e ai criteri di

progettazione, non è corrisposta negli anni una eguale efficienza nel realizzare le

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sedi territoriali. Infatti, anche da quanto constatato personalmente nei comuni limitrofi, spesso le Caserme dei Carabinieri sono state ricavate in edifici destinati ad altri scopi, soprattutto in fabbricati di proprietà privata, come nel caso del Comune oggetto della presente tesi, risultando così essere nella maggior parte dei casi sedi non idonee a svolgere le funzioni cui sono destinate.

Nel particolare caso della Caserma dei Carabinieri del Comune di Borgo a Mozzano,

questa è ubicata nella centralissima via Roma , in una palazzina su due piani di

proprietà privata, nata come residenza bifamiliare.

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Il luogo

Il contesto

L’area dell’intervento si trova nel Comune di Borgo a Mozzano, Provincia di Lucca, il cui territorio si estende per 72,41 kmq nella bassa Valle del Serchio e, in parte, su alcune colline comprese tra ripide pendici montane e il letto ghiaioso del fiume;

l’altitudine è di 97 metri s.l.m. e la popolazione è di 7800 abitanti per una densità di circa 110 abitanti per kmq.

Il comune è capoluogo di mandamento e sede della Comunità Montana della Media Valle del Serchio.

Dopo numerose modifiche territoriali nel corso dell'ultimo secolo, ha raggiunto l'assetto attuale nel 1962 con l'aggregazione della frazione di Motrone, staccata dal comune di Pescaglia.

FIG. 3.5 – VEDUTA AREA DEL COMUNE DI BORGO A MOZZANO

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Borgo a Mozzano ha diciassette frazioni oltre al capoluogo, quest’ultimo si estende per una fascia di territorio lunga e stretta lungo la riva destra del fiume Serchio; a ridosso s’innestano le più vicine delle sue frazioni: Cerreto, Oneta, Rocca e più in alto Cune. Sempre su questo versante del fiume si trovano le restanti frazioni di Piano della Rocca, dove è presente un’importante centrale idroelettrica, e più distanti Motrone e Gioviano San Romano; seguendo il corso del fiume, ma non distanti, Diecimo, simile al Borgo allungato e tortuoso, Dezza, alle pendici del colle, e ancora più a sud Valle di Ottavo o Valdottavo e i centri collinari di Domazzano Tempagnano e Partigliano. Sono soltanto tre le frazioni del comune del Borgo sulla riva sinistra del Serchio: Chifenti, con un’ imponente area industriale, Corsagna e infine Anchiano.

Centro di tutti questi paesi è il campanile in pietra brunita e intorno a questo si distribuiscono gli edifici; collega i centri abitati un tessuto rado di casolari e monumenti d’arte, come le chiese romaniche di San Martino in Greppo, le pievi di Cerreto, Diecimo, Valdottavo, ed altri cui accenneremo in seguito. Il territorio comunale è attraversato da una linea ferroviaria, la Pisa – Aulla, e da due strade di grande comunicazione: la strada statale del Brennero sulla sponda sinistra del fiume Serchio, e la provinciale Lodovica, che in diversi punti ricalca il tracciato della romana Via Clodia.

FIG. 3.6 – CARTOGRAFIA DEL COMUNE DI BORGO A MOZZANO

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Il territorio, nonostante sia prevalentemente montuoso, non presenta alture di particolare rilevanza, le vette più alte sono il Bargiglio, 875 m, e il Gallione, 800 m.

Sul fondovalle si aprono, lungo il corso del fiume o negli estuari dei torrenti, vaste aree pianeggianti come quelle di Valdottavo, Diecimo e Anchiano.

FIG. 3.7 – PIANTA DEL COMUNE DI BORGO A MOZZANO

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Il territorio si innesta tra i comuni di Coreglia Antelminelli, Bagni di Lucca, Villa Basilica, Capannori, Lucca, Pescaglia, Fabbriche di Vallico e Gallicano. Come si vede dalla riproduzione cartografica il territorio del comune ricorda vagamente la forma di un rene.

L’economia del territorio fino dai tempi remoti basata sull’agricoltura esercitata su piccoli fondi, sullo sfruttamento dei boschi, su una florida attivita’ artigianale, mulini e frantoi azionati ad acqua, e commerciale, negli ultimi 30 anni ha vissuto una vera e propria rivoluzione. Infatti, a partire dagli anni Sessanta, sulle aree disponibili del fondovalle vi e’ stato un fiorire di piccole, medie e grandi imprese che hanno trasformato l’economia del territorio da agricola ad industriale. Di importanza notevole dal punto di vista economico è stato, lo sviluppo di complessi cartari oggi rinomati, di stabilimenti per imballaggi in plastica e cartone, e di industrie per confezioni, vetrerie e una serie di fabbriche piccole e grandi per la produzione di statue e soprammobili in genere. Queste industrie hanno sicuramente garantito un ritorno remunerativo alle frazioni interessate, ma non hanno garantito il rispetto dell’ambiente, poiché oltre alla notevole quantità di verde sacrificata, la maggior parte di queste opere non si può dire che abbiano avuto uno scarso impatto ambientale.

Evoluzione storica dell’insediamento di Borgo a Mozzano

È naturale che una regione, come questa, di clima temperato e di suolo fertile fosse abitata da antichissimi tempi. Nelle caverne delle Valli del Serchio e della Lima si trovano tracce di abitazione umana fino dall’età neolitica, da quando cioè l’Italia aveva acquistato l’aspetto geografico attuale.

FIG. 3.8 – VEDUTA DI BORGO A MOZZANO, primi anni 1900

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L’importanza di questo insediamento già dall’epoca dei romani la deduciamo dal nome, Borgo a Mozzano, che deriva, infatti, dal latino “Mutianum Castrum” ovvero Grosso Borgo. L'origine di questo Borgo è sconosciuta, per quanto il suo antico nome possa in qualche maniera derivare dall’essere stato un fondo romano appartenuto probabilmente a qualcuno dei coloni dedotti a Lucca. Gli scavi archeologici effettuati nella Media Valle del Serchio dimostrano che nel territorio di Borgo a Mozzano esistevano già al tempo dei Liguri e dei Romani numerosi agglomerati urbani; ai Liguri infatti appartiene quasi sicuramente la tomba ritrovata a Piano della Rocca nel 1974. Quest’ultimo ritrovamento conferma, infatti, che questa terra sia stata di confine e di incontro tra Liguri ed Etruschi; più tardi, dopo la sconfitta dei Liguri Apuani, i Romani colonizzarono la zona e costruirono le strade di comunicazione tra Lucca, la Garfagnana e la Pianura Padana, come la Via Clodia sulla destra del fiume Serchio. Dopo la caduta dell’impero Romano di occidente, la Regione fu invasa dai Longobardi, che hanno lasciato un impronta ancora leggibile attraverso le strutture architettoniche degli antichi centri storici.

All’età longobarda e carolingia risalgono anche le prime chiese cristiane,

successivamente distrutte e poi ricostruite, più grandi, nei secoli XI e XII. In questo

periodo ebbe grande importanza politica, commerciale e religiosa quella rete di

sentieri, mulattiere e brevi tratti di strada carrozzabile chiamata la Via Francigena,

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che passava anche attraverso il Borgo e toccando diversi paesi, raggiungeva infine Roma.

Borgo a Mozzano, è menzionato per la prima volta con il nome di “Mutianum” in una pergamena dell'Archivio Arcivescovile Lucchese del 991, in occasione della concessione da parte del vescovo Gherardo di un titolo di feudo ai nobili Soffredinghi, signori di Anchiano, e ai loro consorti di Corvaja: terre e case poste a Granajola, Lugnano e Bugnano, Fornoli, Chifenti, Oneta, Motrone, Mutiano, Bargi e in molti altri luoghi posti nel distretto del Borgo a Mozzano. A partire dal X secolo, infatti, i Vescovi di Lucca cominciarono a dare a livello i loro beni e quelli delle pievi ad alcune famiglie (Rolandinghi, Gherardinghi, Soffredinghi, Porcaresi), permettendo loro anche di riscuotervi le decime e di gestire "de facto" tali beni come se ne fossero i proprietari. All’epoca il paese di Borgo a Mozzano era sorto intorno ad una fortezza indicata con il nome generico di “prope Decimo”; distrutto questo castello e andata in rovina la pieve, le abitazioni si raggrupparono intorno all’altra torre di difesa eretta sulla Via Clodia dalla Contessa Matilde, che dal 1055 era rimasta l'unica erede dei vastissimi beni feudali e allodiali del padre Bonifacio di Toscana.

Circa due secoli è durato in questo territorio il dominio feudale, fino a quando cioè la

vicina e potente Lucca s’impossessò di queste terre, non prima del secolo XII, infatti,

comincia a comparire Mozzano negli annali della Repubblica di Lucca, di cui passa a

far parte nel 1227, che l'assegnò alla Vicaria di Coreglia, sotto il consortato degli

Antelminelli. La storia di questo periodo, rammenta una sanguinosa battaglia, datata

1169, nelle strette gole di Mozzano dei Lucchesi contro i nemici pisani uniti ai nobili

della Garfagnana, della Versilia e di Mozzano, dichiarati ribelli di Lucca. Nella stessa

circostanza furono distrutti i fortilizi di Cuna e di Anchiano, difesi dai vassalli dei

Soffredinghi, i quali più tardi vennero espulsi anche dalla rocca di Mozzano per

nuove ribellioni. Dopo questi avvenimenti il territorio di Mozzano fu riunito al contado

della Repubblica Lucchese e i villaggi, che erano sorti attorno alle chiese, si

trasformarono in comuni rurali. Allora i contadini si sottrassero alla servitù della gleba

e presero ad organizzarsi secondo forme democratiche elaborando, già dalla metà

del 1300, severi statuti per la regolamentazione della vita religiosa e della convivenza

civile, per la salvaguardia del territorio e per la protezione e l’incremento delle

colture. Sotto il dominio della Repubblica, il Borgo stette ligio sino agli avvenimenti

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politici, di cui Lucca fu bersaglio dopo la morte del potente e valoroso suo capitano Castruccio; quando quello Stato fu mercanteggiato per darlo al maggiore offerente.

Non si era ancora giunti ad una spartizione definitiva, che, col favore dei Pisani e dei Visconti di Milano, la Vicarìa di Coreglia con il Borgo a Mozzano cadde in potere di Francesco Antelminelli capitano distinto dell’epoca, cui fu confermata la stessa signoria con uno dei tanti diplomi di Carlo IV (12 maggio 1355), col quale investiva l'Antelminelli e i suoi discendenti della contea di Coreglia e suo distretto compreso il Borgo. Questa porzione di territorio ritornò sotto la signoria degli Anziani di Lucca, dopo che questi nel 1369, ricomprarono dallo stesso imperante il libero dominio della città e del suo distretto, non esclusa la Vicaria di Coreglia. Nuove discordie politiche si riaffacciarono nel secolo XV a danni di Lucca, nel periodo in cui sosteneva un secondo assedio contro i Fiorentini, che avevano occupato il suo territorio, e in parte lo restituirono dopo la pace del 1438. Fu stabilito in uno di quegli articoli che la Vicaria di Coreglia, ad eccezione della Terra di tal nome, fosse ceduto al conte Francesco Sforza con facoltà di rivenderla a chi più gli fosse piaciuto, egli ne mantenne la proprietà sino all'anno 1441, quando la riconsegnò ai suoi antichi padroni. D'allora in poi Borgo a Mozzano, già capoluogo di quella Vicaria, restò costantemente unito alla Repubblica Lucchese, della quale seguì passivamente il destino sino ai giorni nostri.

Nell’anno 1562 la Repubblica di Lucca elevò Borgo a Mozzano al rango di capoluogo di Vicaria, distaccandolo da quella di Coreglia. La Vicaria del Borgo aveva giurisdizione su ben ventisette comunità, alcune delle quali appartengono oggi ai comuni di Pescaglia, Bagni di Lucca e Coreglia. Tra il 1615 e il 1616 avvenne la definitiva fondazione del Comune, con la stesura degli Statuti nel 1618. Nel 1637 si eresse l’ospedale e fu consacrata la chiesa, infine il nuovo comune ebbe anche un certo numero di soldati, e nel 1641 la propria cuoieria.

Caduta la Repubblica di Lucca nel 1799, Napoleone Buonaparte, che aveva

ridisegnato l’assetto territoriale, politico e amministrativo dello Stato, assegnò al

Borgo il ruolo di capitale del Circondario, o Cantone, degli Appennini e ne fece la

sede di un Commissario di governo. Infatti, dopo l’arrivo dei francesi, il 26 dicembre

1801 un decreto del governo provvisorio di Lucca abolì le antiche vicarie ed, al loro

posto, divise il territorio lucchese in tre cantoni, quello del Serchio con capitale

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Lucca, quello del litorale con capitale Viareggio e quello degli Appennini con capitale Borgo a Mozzano. Le comunità paesane però restavano in piedi con tutto il loro valore di autonomia amministrativa e con i loro governatori eletti autonomamente.

Una nuova riforma fu fatta dal principe Felice Baciocchi, marito di Elisa Bonaparte, il 27 gennaio 1806: abolì i tre cantoni e divise il territorio lucchese in 15 cantoni con 286 comunità corrispondenti alle circoscrizioni parrocchiali, ogni cantone alla pari del Borgo, ebbe così a capo un commissario nominato da Lucca. Due anni dopo il 29 ottobre 1808, il principe Felice abolì i cantoni e suddivise il territorio lucchese in prefetture, viceprefetture e municipalità, dette anche Mairie. Alla guida di queste ultime pose un giudice di pace, con l' incarico di dirimere le questioni giudiziarie, e, come capo politico-amministrativo, istituì il Maire figura esattamente corrispondente a quella che oggi si chiama Sindaco. Le comunità venivano ridotte di numero, inoltre perdevano enormemente di autonomia: al posto del governatore le comunità avevano a capo un presidente, non più eletto dai cittadini del paese, ma nominato direttamente dal governo di Lucca entro una rosa di tre nominativi segnalati a Lucca dal Maire del Borgo, il quale doveva anche segnalare liste di nominativi, comunità per comunità, formate da tre quarti da possidenti e per un quarto da non possidenti, affinché il governo di Lucca potesse nominare di autorità i consiglieri di ogni singola comunità. Il Maire quindi mandava ad ogni comunità le sue direttive, che erano poi quelle del governo e i Presidenti le dovevano far applicare ripartendo i carichi tra gli abitanti secondo gli estimi.

L'organizzazione politico - amministrativa data dai francesi continuò per tutto l'anno 1815 ma restò sostanzialmente identica, ancorché diversa nei nomi dati alle cariche, sia per il periodo del Ducato di Lucca (1816-1847), sia per il periodo in cui il territorio del Borgo appartenne al Granducato di Toscana (1834-1859), sia anche per i primi anni del Regno d'Italia, almeno fino al luglio 1865. Con la costituzione del Regno d’Italia, Borgo a Mozzano divenne capoluogo di un Collegio elettorale che comprendeva altri cinque grossi comuni.

Con l’arrivo delle truppe alleate nel settembre 1944 e con la fine del conflitto nel

1945, ebbe inizio il periodo della ricostruzione; la grande miseria del momento

costrinse tante persone ad ingrossare la seconda grande ondata di emigrazione

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estremamente numerosa dopo quella degli ultimi decenni del 1800 e dei primi del 1900.

Con l’avvento della Repubblica, venne nominato Capoluogo di mandamento, sede di importanti uffici amministrativi come l’ufficio imposte, l’Ufficio del registro, la Pretura, le Carceri; Borgo a Mozzano mantenne questi servizi fino ai primi anni ’70, periodo in cui, per una nuova riforma amministrativa, molti di questi uffici furono soppressi. Ma negli anni ’70 ’80 assistiamo ad una vera ripresa socio-economica del Comune con l’insediamento di importanti complessi industriali e artigianali su tutto il territorio.

I caratteri del luogo

Borgo a Mozzano, importante centro mercantile, è sorto nei pressi di un castello, la Rocca di Mozzano e di una Pieve, quella di Cerreto: intorno a queste si disponeva l’insediamento altomedievale. La formazione di borghi lungo le principali direttrici stradali è un fatto molto frequente in Toscana nei secoli XI-XII, sorgendo talvolta ad una certa distanza dai castelli e dalle strutture territoriali precedenti. La struttura urbanistica dell’abitato del borgo a Mozzano è tipica dei borghi di strada, poiché è formata da due allineamenti di case che si affacciano alla strada, tranne nel punto dove si trova l’attuale piazza del mercato. In questo modo, la crescita del centro si è sviluppata longitudinalmente, seguendo il tracciato della strada, che può essere definita perfettamente come l’asse generatore di questo abitato. Può essere significativo indicare come alla metà nel XVII secolo c’erano settantaquattro botteghe su un totale di centoventidue strutture edilizie, ed è dimostrata l’esistenza del mercato settimanale del grano che si teneva, intorno al 1500, sotto il loggiato della piazza principale: piazza XX Settembre.

FIG. 3.9 – VEDUTA AEREA DI BORGO A MOZZANO

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I comuni rurali del passato si sono trasformati, oggi, in piccole frazioni situate, quasi tutte, sulle colline fiancheggianti la media valle del Serchio sulle cui pendici crescono ulivi e viti, e più in alto castagni, faggi e ontani. L’organizzazione del territorio risente quindi dell’orografia su cui sorge oltre ai tracciati viari di antichissima origine. La Media Val di Serchio era caratterizzata da numerosi nuclei abitati di origine medievale diffusi sul territorio che gestivano accuratamente il proprio ambiente attraverso un accurato sfruttamento delle risorse naturali e un equilibrato rapporto tra l’uomo e la campagna; ogni aggregato e relativo territorio costituiva un sistema autosufficiente che scambiava le proprie merci anche con i centri maggiori. A causa dell’indebolimento del potere centrale carolingio, cui era sottomesso questo territorio, e l’affermazione delle signorie rurali, famiglie di origine longobarda, le comunità contadine passarono sotto un potere più vicino e più diretto. Furono realizzati castelli e rocche che si possono così definire: i castelli sono costituiti da mastio, cinta, abitazione e costituiscono la residenza feudale, mentre le rocche rappresentano la residenza signorile fortificata capace di ospitare modeste guarnigioni di milizie locali.

La cinta murata e la rocca hanno non solo lo scopo difensivo, ma anche quello di

rappresentare il potere e controllo del signore sul contado. Per queste motivazioni

sono ancora numerose le testimonianze di fortificazioni medievali, i Castelli e le

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Rocche come la Rocca di Mozzano, il Castello di Motrone ed il Castello di Anchiano, e le torri medievali come la torre delle camminate a Borgo a Mozzano.

FIG. 3.10 – LA CHIESA, PRIMA CASTELLO, DI ANCHIANO

Sia il Castello di Anchiano che la Rocca di Mozzano sono state luogo di abitazione della famiglia dei Soffredinghi; il primo, sul versante sinistro del fiume sopra uno sperone di roccia, garantiva la sicurezza nei riguardi dei tentativi di penetrazione dei lucchesi, mentre, sul versante destro, dallo strapiombo della Rocca, era possibile contrastare i movimenti delle soldatesche provenienti dalle valli del Serchio e dalla Lima. Di queste fortificazioni restano ancora oggi tracce evidenti: le mura perimetrali del mastio e il largo basamento di quello che è diventato il campanile di Anchiano, e per la Rocca di Mozzano le mura perimetrali dell’intera fortezza, anche se di altezza ridotta, un tratto di torrione e il grosso coperchio di pietra di quella che certamente era la cisterna.

FIG. 3.11 – LA ROCCA DI MOZZANO

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La Torre Medievale delle Camminate, nata come fortificazione a guardia della via Clodia al tempo della Contessa Matilde di Canossa, è oggi il campanile della Chiesa di San Jacopo.

Come dimostrato da alcuni studi, il castello è in grado di promuovere lo sviluppo dell’abitato richiamando popolazione, favorendo la differenziazione di attività economiche e il costituirsi di una più articolata stratificazione sociale. Quindi accanto ai castelli si formano agglomerati di abitazioni aperti, non difesi da mura e sparsi sul territorio si trovano poi aggregati minuscoli ed elementari formatisi gradualmente a partire da singole case, più importanti sui suoli più favorevoli, e subaree con prevalenza di nuclei accentrati e separati da vaste zone disabitate. Nel trecento le rocche passate sotto il dominio lucchese furono demolite o mutate.

Da questo periodo in poi le mutazioni sociali determinarono demolizioni, sostituzioni

e rifacimenti generando nuovi modelli abitativi: la popolazione pur rimanendo quasi

interamente contadina manifestava al suo interno differenze per condizioni di

dipendenza signorile, di status personale dei coltivatori e di titoli di possesso. Di

conseguenza avvennero importanti trasformazioni del tessuto abitativo, nelle

morfologie e nei tipi edilizi, nella presenza di edifici a carattere cittadino. La

popolazione viveva probabilmente in case erette dagli stessi abitatori e frutto forse di

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lavoro comune e della collaborazione interfamiliare e non di specialisti, costruite in legno o con tecniche murarie povere.

Accanto all'edilizia minore compaiono con varia frequenza tipologie edilizie, distinte da quelle più diffuse ed uniformi, costituite da palazzi o palazzetti difficilmente definibili in modo univoco, per i quali non è sempre possibile distinguere i vari livelli di ruralità, la cui planimetria si adatta spesso a quella dell'edilizia seriale. Tranne che in alcuni centri maggiori non sono mai localizzati in settori dell'abitato gerarchicamente distinti. Essi indicano la presenza più o meno consistente di ricchezze forse di origine locale, di cui non è noto il processo di formazione, e di un ceto di benestanti, di proprietari fondiari, di contadini agiati, insomma di una piccola borghesia rurale.

Queste costruzioni riflettono generalmente gli orientamenti della cultura urbana;

quando sono rielaborate secondo un linguaggio locale, le forme architettoniche sono connotate da estrema essenzialità, da aperture piccole e rare, dalla ridotta altezza dei piani, da contrazioni dimensionali e da un uso misurato di manufatti decorativi in pietra. Spesso tradotti in valenze espressive di notevole efficacia, i modelli sono applicati coerentemente alla gerarchia sociale, a sua volta riflessa nelle tipologie edilizie.

La grande diffusione di logge ad arcate, sia nell'edilizia di maggior prestigio che in quella minuta, non giustificata da sole esigenze funzionali e da necessità colturali, deriva anche in questo caso da matrici lucchesi riprodotte con notevole cura formale.

Ballatoi e logge architravate, con pilastri in pietra o mattoni e con orizzontamenti lignei spesso a più piani, frequenti nella Garfagnana, provengono invece probabilmente da influenze emiliane e lombarde e trovano impiego nell'edilizia più decisamente contadina.

FIG. 3.12 – ESEMPIO DI EDILIZIA LOCALE (logge e soluzioni architravate)

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Per quanto riguarda l’edilizia religiosa, grande importanza artistica e storica rivestono le molte Pievi Medievali presenti nel territorio, rappresentavano le circoscrizioni ecclesiastiche in cui era diviso il territorio di una diocesi; per la Lucchesia gli studiosi ritengono addirittura che l'istituzione e l'organizzazione delle pievi risalga al V secolo anche se un primo elenco è datato IX secolo, mentre per il resto d’Italia le prime furono realizzate tra VII e VIII secolo.

Il costituirsi del sistema capillare di pievi e parrocchie segue i tempi di formazione

delle strutture signorili, lo sviluppo delle autonomie comunali, la variazione dei

rapporti fra i due poteri sovrapposti laico ed ecclesiastico e l'acquisizione di diritti da

parte delle chiese subalterne alla pieve. Il rapporto delle pievi con gli insediamenti

presenta caratteri costanti. Poste prevalentemente lungo le principali vie di comuni-

cazione e centri di accumulo di beni e rendite, la loro area di influenza territoriale si

estendeva all'ambito di più villaggi e chiese soggette. La localizzazione della pieve,

che sorgeva in luoghi aperti per consentire il libero accesso e il disbrigo degli affari

anche in periodo di conflitti, non coincideva con quella degli abitati rimanendo ad

essi estranea senza influenzare la formazione dei tessuti insediativi. Dalle pievi

dipendevano gli ospedali, tappe obbligate lungo la rete viaria della valle ed i più

importanti collegamenti a scala regionale fra gli opposti versanti montani, il cui

tracciato è rimasto pressoché inalterato fino al secolo XIX.

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Le più antiche sono la Pieve di Santa Maria Assunta di Decimo, l’originale del VI secolo è stata distrutta e poi ricostruita tra il XII e XIII secolo, e la Pieve di Cerreto.

FIG. 3.13 – LA PIEVE DI SANTA MARIA ASSUNTA A DIECIMO

Nel centro di Borgo a Mozzano vi sono, inoltre, due importanti chiese ricche di opere:

la Chiesa di San Rocco e San Jacopo. La Chiesa di S.Jacopo, con la facciata interrotta nella sua simmetria dalla massiccia torre campanaria detta in antichità

“Delle Caminate" ha l'interno suddiviso in tre navate con colonne doriche in pietra di Cardoso, risale al 1600 e sorge su un antico tempio del XI e XII secolo.

La Chiesa di San Rocco, la cui semplice struttura risale al 1527, quando l'oratorio allora esistente, intitolato a San Sebastiano, assunse il nome di S. Rocco a Sebastiano, subì dei restauri e degli ingrandimenti notevoli dal 1600 agli ultimi anni del 1700.

Sempre a Borgo a Mozzano, è da ricordare il Convento di San Francesco edificato nella prima metà del cinquecento interamente a spese dei borghigiani, ora adibito a casa di riposo per anziani, ma rimane ancora visitabile il chiostro affrescato da Domenico Manfredi , il giardino e la chiesa.

FIG. 3.14 – LA CHIESA DI SAN JACOPO

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Tra le opere infrastrutturali, ancor oggi ben visibili, realizzate nel territorio del Comune troviamo due ponti di particolare importanza: il Ponte medievale della Maddalena ed il Ponte delle Catene.

FIG. 3.15 – IL PONTE DELLA MADDALENA, stampa del 1843

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Il Ponte della Maddalena, detto "Del Diavolo", è senza dubbio il più suggestivo monumento del Comune di Borgo a Mozzano.

L’appellativo “del Diavolo” gli è derivato dalla nota leggenda che ne attribuirebbe al Demonio la realizzazione totale o parziale al prezzo di un’anima umana: in verità queste tradizioni ricorrono frequentemente in Europa per spiegare la realizzazione di strutture audaci per l’epoca medievale. La più nota tra le leggende sulle origini del ponte narra che venne costruito da San Giuliano, il quale, non riuscendo a terminare l'arco più alto, chiese aiuto al Diavolo che accettò di finire il lavoro in cambio dell'anima del primo passante che l'avesse attraversato. Quando l'opera fu terminata, San Giuliano prese un cane e lanciandogli una focaccia lo attirò sopra il ponte. Il Diavolo, in attesa della sua ricompensa, prontamente lo afferrò, ma resosi conto che non si trattava di un uomo ma di un semplice cane, lo scaraventò a terra con tanta forza che fece un buco nel pavimento del ponte appena costruito.

Sulla base del pilone minore è scolpita una data di costruzione: 1101, ma il periodo esatto della sua realizzazione non si hanno precise notizie; non è chiaro neppure chi sia stato il committente di tale opera, se la Contessa Matilde o altri. Con buona probabilità si può comunque affermare che la sua costruzione è da collocare tra la fine dell’ XI e gli inizi del XII secolo d.C. La lettura stratigrafica della struttura ha permesso, infatti, di evidenziare l’esistenza di otto fasi diverse, delle quali soltanto quella iniziale si può datare, in base alla tecnica costruttiva, nel periodo medievale. A questa fase appartengono le quattro arcate ancora oggi presenti, realizzate con grandi cunei di calcare bianco e arenaria, e probabilmente una quinta distrutta nel secolo scorso dalla costruzione della ferrovia.

Il ponte, con una struttura asimmetrica il cui profilo osservato da settentrione segue quello della montagna retrostante, il Gallione, di oltre 90 metri di lunghezza, presenta un tracciato leggermente diagonale rispetto all’andamento del letto fluviale ed è costituito da quattro luci semicircolari via via più ampie fino a raggiungere gli oltre diciotto metri di raggio di quella maggiore. Benché la carreggiata stradale sia ampia (2,8 m), la forte pendenza del ponte a schiena d’asino non permetteva l’uso dei carri.

Tuttavia, il ponte era usato anche per il passaggio di merci ingombranti se nell’anno

1670 fu necessario per la vicaria del Borgo proibire il passaggio con ceppi o macine

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da molino, che indubbiamente potevano recare danni ai parapetti e alla struttura del ponte.

È documentato che dopo circa 300 anni dalla sua costruzione, si rese necessario un intervento di restauro, voluto fortemente da Castruccio Castracani degli Antelminelli, capitano della truppe ghibelline del Borgo. Inoltre sono documentate almeno quattro fasi di restauro databili nei secoli XVI-XIX, per queste si può ipotizzare che l’arco maggiore, con la sua notevole altezza, non abbia rappresentato un ostacolo ai detriti e ai materiali che trascina il fiume nelle piene, i quali avranno colpito, invece, le strutture più basse, causando notevoli danni.

FIG. 3.16 – IL PONTE DELLA MADDALENA DOPO GLI INTERVENTI DEL ‘900

Nei primi anni del '900, l'architettura originale del ponte fu notevolmente alterata: per

far posto alla strada ferrata si aprì un nuovo arco sulla parte sinistra. Anche lo

sbarramento artificiale del Serchio, eseguito negli anni '50 a poche centinaia di metri

a valle del ponte, oltre a minare pericolosamente i suoi piloni, ha contribuito a ridurne

in parte il suo meraviglioso slancio verso l'alto.

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Il Ponte delle Catene, che dista poco più di un chilometro dal precedente, attraversa il torrente Lima prima della sua confluenza nel Serchio e collega due paesi antistanti:

Chifenti e Fornoli. Fu disegnato, su commissione del Duca di Lucca Carlo Lodovico di Borbone, dall’architetto Lorenzo Nottolini; la realizzazione fu iniziata nel 1840 e i lavori si protrassero, tra periodiche interruzioni, fino al 1860. La struttura è composta da due monumentali archi alle estremità collegate da un impalcato mobile sostenuto da tiranti e catene di ferro.

E’ un’opera di importanza notevole soprattutto considerando la sua reale funzione, l’attraversamento di un semplice torrente in un contesto chiuso e defilato; volle, però, essere simbolo del ducato di Lucca per i tanti aristocratici e personaggi illustri d’Europa che si recavano alle terme di Bagni di Lucca giungendovi, appunto, da Lucca attraverso la strada carrozzabile che proseguiva su questo ponte.

FIG. 3.17 – IL PONTE DELLE CATENE

Di più recente realizzazione, è la Linea Gotica un poderoso sistema di fortificazioni

che aveva su questo territorio la sua parte centrale. Tra il 1943 e l'agosto del 1944 i

comandanti dell'esercito tedesco stabilirono, come ultimo baluardo all'invasione

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dell'Italia Settentrionale di costruire una formidabile linea difensiva dall'Adriatico al Tirreno, ovvero circa 300 km di fortificazioni che congiungevano Viareggio a Rimini.

L'opera fu affidata all'organizzatore Todh che, con la mano d'opera di migliaia di uomini tutti prelevati di forza dai territori in cui passava il tracciato, in circa un anno costruì questo enorme sbarramento.

FIG. 3.18 – IL MURO ANTICARRO DELLA LINEA GOTICA

Nella Media Valle del Serchio, all’altezza di Borgo a Mozzano più precisamente nei

pressi del paese di Anchiano, dove fu costruito attraverso il fiume un formidabile

muro anticarro a sua volta protetto da numerose case matte, sono ancora esistenti e

ben conservati bunker, piazzole, camminamenti, valli anticarro e gallerie scavate per

chilometri dentro la roccia delle colline. Questo sito è rimasto praticamente l'unico

intatto di tutta la Linea Gotica e per questo rappresenta un importantissimo

patrimonio documentario.

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Localizzazione geografica dell’area di intervento

La scelta della localizzazione della caserma è derivata dalla disponibilità dei lotti destinati alla realizzazione di servizi pubblici, previsti dallo strumento urbanistico, e da altre esigenze della struttura stessa come: l’ubicazione nelle zona centrale del comune, la vicinanza al Municipio ed agli altri servizi, la facile accessibilità.

FIG. 3.19 – IL PALAZZO DEL MUNICIPIO

Attualmente il Palazzo del Municipio si trova in Via Umberto I, prosecuzione di Via Roma, dove è ubicata la Caserma dei Carabinieri esistente.

Davanti al Municipio si trova la centralissima Piazza XX Settembre.

L’area destinata all’intervento è stata individuata, quindi, nei due lotti destinati alla

costruzione della caserma adiacenti alla Strada vicinale dell’Ortolano, indicati negli

allegati dal numero 821 e 331, regolati dall’ articolo numero 28 del Regolamento

Urbanistico Comunale: servizi di interesse pubblico.

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Il Regolamento Urbanistico Comunale stabilisce i seguenti parametri ed indici urbanistici per gli ambiti di intervento destinati a recepire o consolidare complessi edilizi per una o più attività di interesse pubblico:

• Indice di fabbricabilità = non superiore a 2.00 mc/mq ;

• Rapporto di copertura = 0.50 ;

• Altezza massima dei fabbricati = 6.00 m ;

• Distanza minima dei fabbricati dai confini = 5.00 m ;

• Distanza minima dei fabbricati dalla sede stradale = 8.00 m ;

• Distanza minima dei fabbricati tra loro = 10.00 m ;

• Superficie da destinare a spazi pubblici, verde pubblico e parcheggio = 10mq/100 mc di volume edificato a stretto servizio dell’edificio, in più dovranno essere garantiti spazi di parcheggio e verde pari all’ 80% della superficie lorda di pavimento di cui almeno la metà destinati a parcheggio.

FIG. 3.20 – ESTRATTO PLANIMETRIA CATASTALE, in evidenza i lotti destinati all’intervento

(41)

Inoltre l’Arma ha richiesto di assicurare una fascia di protezione per la Caserma di 10 metri dalla linea ferroviaria Lucca – Castelnuovo

Il lotto numero 821 è di proprietà privata, mentre l’adiacente lotto numero 331 è di proprietà comunale.

FIG. 3.21 – ESTRATTO DEL PRGC, in evidenza l’area destinata all’intervento

Stato di fatto e accessibilità dell’area

L’area è ubicata in adiacenza al centro storico del Comune di Borgo a Mozzano come auspicato dalla Legge 16/’85, al quale è collegata a mezzo di un tratto di strada, a senso unico, che passa sotto il tracciato ferroviario, a poche decine di metri, si trovano infatti sia il palazzo comunale, davanti alla Piazza XX Settembre, che le altre attività del borgo.

L’area attualmente si presenta come un terreno incolto, confinante con altri terreni

già edificati e con la Strada vicinale dell’Ortolano. Inoltre in adiacenza alla strada, in

posizione sopraelevata, si trova la linea ferroviaria che congiunge Lucca a

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Castelnuovo, e dalla quale l’Arma ha richiesto una distanza minima dalla Caserma per esigenze di privacy e sicurezza.

FIG. 3.22 – FOTO DELL’AREA DESTINATA ALL’INTERVENTO

Per quanto riguarda l’accessibilità carrabile, l’area è in diretta comunicazione con la strada Statale 1° Maggio, dalla quale dista circa 200 m, e attraverso questa si collega a tutta la rete viaria della zona, ovvero alla strada Provinciale Ludovica e alla Statale del Brennero, le quali rappresentano un’importanza fondamentale nei trasporti perchè collegano la piana di Lucca con Modena.

In adiacenza esiste un’ area di utilizzo pubblico che l’ amministrazione prevede di

sistemare come parcheggio pubblico, divenendo così un’ ulteriore area a servizio

della caserma; e proseguendo al termine della Strada vicinale dell’Ortolano si trova

un altro parcheggio pubblico abbastanza ampio.

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Geologia e geomorfologia

Per quanto riguarda la qualità del terreno, questo è generalmente costituito sul lato sinistro del Serchio da arenaria schistosa e marna fissile, mentre sul lato destro prepondera la calcarea compatta e lo schisto argilloso; queste due rocce verso la Turrite Cava si modificano in schisto lucente e in calcarea subgranulare.

FIG. 3.23 – ESTRATTO DELLA CARTA DI FRANOSITA’ DEL BACINO DEL FIUME SERCHIO, in evidenza l’area destinata all’intervento

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