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Come raccontare Libambos Paolo Groppo, 1 luglio 2016

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Come raccontare Libambos Paolo Groppo, 1 luglio 2016

Potrei raccontarlo limitandomi al livello internazionale, una storia tipo quella narrata da Stefano Liberti nel suo libro “Land Grabbing”: qualche cifra

sull’entitá del fenomeno, le dimensioni planetarie che sta assumendo, gli interessi che ci sono dietro. Forse con la mia esperienza nel settore avrei potuto fare un secondo Land Grabbing per completare il suo.

Ma secondo me, fermarsi a quel livello non era sufficiente, e comunque non era quello che volevo trasmettere. Per me quello che contava era di far sentire il respiro della vita quotidiana, scendere nella vita della gente di tutti i giorni.

Cosa vuol dire vivere sulla propria pelle dei fenomeni che scappano alla nostra comprensione? Cosa senti quando sei minacciato in quel pezzetto di terra che per te significa la differenza tra la vita e la morte?

Per questo ho provato a mettermi nei panni di Julia Mwito e di sua figlia

Pureza. Il libro l’ho scritto partendo da loro, dalla storia di Julia e dei mariti che ha avuto, dei momenti belli e quelli piú complicati. Come ha potuto accedere alla terra e come l’AIDS le abbia portato via il marito facendo di lei una

“tenant” precaria, particolarmente quando le terre della comunità cominciano a rarificarsi a causa dell’arrivo dei bianchi e del loro Progresso.

L ‘imbranato ispettore James Culone é arrivato quasi subito dopo. E il libro ha preso una piega diversa da quella che avevo in mente. Mi ha convinto di farne una cosa più personale, raccontare un po’ la mia storia e un po’anche quella della famiglia di mia moglie. James diventa il tramite attraverso cui ho letto questi fenomeni di sviluppo-sottosviluppo, di accaparramento e di violenze,

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attraverso i miei occhi e le mie orecchie, nei racconti dei tanti amici e amiche che hanno lavorato e lavorano su questi temi in giro per il mondo.

James é imbranato e ingenuo, si avvicina a quello che era il suo sogno

professionale, un vero caso di omicidio dove potrà dimostrare le sue indubbie capacità investigative. Ma sarà un percorso molto tortuoso, che lo porterà a scontrarsi con realtà politiche molto complicate, e pian piano l’ingenuità inizierà a scivolargli via, costringendolo a fare i conti con una complessità che non si aspettava, e al dover decidere di fronte a quello specchio dove ci guardiamo tutti la mattina, cosa vuol fare da grande.

Attraverso quindi la sofferenza di Julia e gli occhi di James ho costruito un racconto che prende spunto dal tema del land grabbing, ma che va ben al di là di questo. Un racconto che è scritto per me innanzitutto, per il bisogno che periodicamente sento di dover fare i conti con me stesso, la mia storia, passata, presente e futura, ma anche un racconto scritto per voi, per chi

compra e legge queste pagine, per simpatia nei miei confronti, per interesse al tema e, nei due casi, lo scopo è lo stesso: avvicinarsi a un tema complesso attraverso un prisma molto personale, cercando di portare il lettore dentro la storia, a forzarlo a immedesimarsi con quello che sta succedendo nei diversi piani di lettura, locale, nazionale e internazionale, farlo partecipe dei momenti topici, quando delle decisoni devono essere prese, decisioni che possono far male a qualcuno, come è il caso dell’ex Presidente Reyes nel primo capitolo.

Portare dentro il lettore per far sì che pian piano inizi a capire veramente di cosa stiamo parlando e cominci a chiedersi lui, o lei, cosa avrebbe fatto al posto del personaggio in quel momento, in quella pagina del libro.

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Questo grabbing, che si tratti di terra, acqua, sabbia, foreste o risorse genetiche, risponde a logiche complesse, ma alla fine lo scopo resta abbastanza semplice da capire: come far soldi con qualsiasi mezzo. In un mondo dove il capitale finanziario vale oramai tre volte, almeno, la totalità del capitale reale in circolazione, la questione centrale é come far fruttare quei quattrini, dove investirli e, una volta prodotto qualcosa, dove vendere per continuare a guadagnarci.

Quelle sono comunque faccende complicate, potrei provare a spiegarvi da dove trae origine il fenomeno, che va molto al di là del 2008 come si vuol far credere... andremmo addirittura alla fine deglianni 60.. ma credo vi farei

morire di noia.. quindi ecco il perchè ho scelto di partire da un villaggio, da una storia di donne, quelle i cui diritti non sono al centro delle preoccupazioni vere.

Partiamo da come si vive in una di queste zone, l’intento non è quello di mostrare la loro povertà o il modo un po’ brancaleonesco di certi interventi delle ONG. Raccontando la storia di Julia si mostra in tela di fondo come l’HIV si stia diffondendo nelle campagne e le conseguenze, al di là della morte delle persone, che questo sta causando nei rapporti legati ai diritti alla terra. Sono situazioni vere, che molti amici mi hanno raccontato e con cui vari progetti hanno dovuto farci i conti.

I parenti del marito vogliono riprendersi questa terra che lei sta lavorando, con base nella tradizione. Ma anche le tradizioni cambiano, soprattutto quando l’intervento esterno non è invasivo e cerca di incidere con calma, stimolando un cambiamento lento ma progressivo, attraverso quelle che sono le mie parole d’ordine da molti anni: dialogo, negoziazione e concertazione.

Le cose iniziano a cambiare anche nel villaggio di Julia, verso un maggiore rispetto dei suoi diritti, anche se il tutto resta ancora precario.... Julia é

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cosciente di vivere in questa indeterminatezza. Sua figlia Pureza pure.

Capiscono ancora poco di questi grandi discorsi che gli facciamo noi, esperti internazionali: noi parliamo di sviluppo, il governo parla di progresso, ma alla fine spesso e volentieri queste parole sono coniugate localmente in un modo diverso: fregature. Per cui non basta ripeterle, bisogna farle diventare parole vive, concetti applicati nella vita di tutti i giorni.. e questo sta succedendo nella comunità dove lei vive. La ricerca di nuovi equilibri, fra conservatori e

progressisti, in un mondo che cambia a una velocitá incontrollata per tutti loro.

Come adattarsi, queste idee nuove che vegono stimolate da fuori, dai bianchi, ONG, Nazioni Unite.. cosa porteranno dentro la loro vita.. ancora fregature?

Julia cerca una soluzione, accompagnando lo sviluppo della bella Pureza. Altri cercano anche loro di fermare l’orologio del tempo.

Il tutto succede a poche miglia da un grande programma di sviluppo, uno dei casi piú grossi di land grabbing, negoziato al di sopra delle loro teste, imposto come al solito dalle autorità che sperano ricavarci dei grossi guadagni

personali. E da lí parte la storia che andrà a finire a Londra: si muore vicino al fiume, ma anche a Londra... come siano legate queste storie lo scoprirete leggendo ovviamente...

Ci sono altri attori importanti, ovviamente quello che ho visto e quello che in tanti mi hanno raccontato in questi anni mi ha permesso di farmi un’idea, personale ovviamente, che ho messo nel libro. Il primo riguarda il ruolo dei movimenti sociali, che troverete nel libro in preda a divisioni interne che li porteranno a sviluppi difficili da gestire, come credo stia succedendo nella vera vita... Non li troverete in prima fila a difendere i diritti di Julia, arrivano tardi calando dall’alto le loro interpretazioni che, in questo caso, daranno il via a una catarsi interna che li porterà su strade diverse: una crisi che io credo stia

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vivendo il movimento contadino internazionale, spesso oramai troppo

arrendevole, per cui ho immaginato che qualcuno al suo interno avesse deciso di prendere una strada diversa, più violenta. E da lí parte una riflessione sul come fare per opporsi a questi fenomeni: la strada da prendere è quella dello scontro violento? Nel libro se ne discute molto, ma non dimentico, al di là di queste dimensioni internazionali, di tornare al villaggio e al mio caro James.

Cosa penso di poter fare io rispetto a tutto ciò? A che livello cercare di portare avanti una lotta che abbia qualche possibilità di riuscire? Riuscire a ricreare quella fiducia che si sta sfilacciando e si sta trasformando in conflitti sempre più acuti. Chi conosce un po’ il mio pensiero, che ho cercato di portare dentro l’organizzazione per cui lavoro, nei progetti che ho ispirato in questi trentanni di lavoro, conoscerà già la risposta. Ripartire dal basso, andare verso l’altro, contribuire a ricreare fiducia da sotto, per sperare riuscire poi a cambiare le cose anche sopra.

Buona lettura.

Riferimenti

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