• Non ci sono risultati.

I DIFENSORI: GIORNO ZERO - UN RACCONTO INEDITO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "I DIFENSORI: GIORNO ZERO - UN RACCONTO INEDITO"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

Metallum Rubro

I DIFENSORI: GIORNO ZERO - UN RACCONTO INEDITO

Questo racconto è un omaggio dell’autore ai suoi lettori. Può essere scaricato gratuitamente e gratuitamente distribuito. L’autore non ammette la vendita di questo racconto e di altri presenti sul sito www.metallumrubro.it.

Per l’acquisto delle opere pubblicate, l’autore raccomanda di rivolgersi alla libreria di fiduciaw e/o al sito dell’editore Porto Seguro (www.portoseguroeditore.com).

L’autore ringrazia per il tempo dedicatogli.

«Lo sa che io ho perduto due figli?»

«Signora, lei una donna piuttosto distratta.»

(Fabrizio De André – “Amico Fragile”)

NOTA: Da qui in poi «*...*»=«tradotto dal moho»

Aveva l’impressione che l’Uovo lo guardasse. Credeva che, dopo die- ci anni passati a fissare quella superficie bianca, vi si potesse aprire una pupilla. Dieci anni, abbastanza per vedere suo figlio entrare alla scuola geomanzia alchemica, abbastanza per vedere sua moglie indossare il manto di alta Levatrice. Gli faceva male pensare a Myoraza. Prima lui era troppo

occupato per essere intimo con lei. Ora erano entrambi troppo occupati per essere intimi e gli faceva male.

Qualcuno bussò alla porta «*Avanti...*»

La porta si aprì ed entrò Polieno, suo figlio. L’adolescenza lo stava cambiando: le spalle si erano allargate, i lineamenti si erano fatti più affilati. Lovorio sentì lo stesso dolore che sentiva per Myoraza: stare barricato in un laboratorio di alchimia gli avrebbe fatto sprecare la gioventù. Sarebbe dovuto uscire e dare la caccia alle ragazze.

«*Vuoi dirmi qualcosa, Polieno?*»

«*Sono venuto ad effettuare il controllo periodico. È la sesta clessidra da...*»

Lovorio si batté il palmo sulla fronte «*Madre Terra! Se non ci fossi tu…*» corse a prendere un piccolo

“auscultatore”, un cilindro alto venti centimetri, con strati di pelle di fungo tesi all’interno. Fece cenno a Polieno di fare silenzio e aspettò

Qualcosa?

No…

Sì?Continua… Parlami…

«*Polieno… Corri a chiamare gli altri e porta un martello e uno scalpello. CORRI!*»

La sala fu gremita di alchimisti in pochi minuti. Qualcuno porse il martello e lo scalpello a Lovorio

«*Signori, fate silenzio… E cercate di mantenere la calma: Briareos potrebbe avere una forma aberrante!*»

Toccò l’uovo, ma prese la scossa «*Si sta agitando.*» poggiò lo scalpello tenendolo con un panno isolan- te e colpì. Si udì un piccolo urlo da dentro l’uovo. Gli alchimisti faticavano a mantenere il contegno. Alcuni

(2)

si premevano le mani sulla bocca, le gambe tremavano.

Lovorio colpi ancora lo scalpello causando una lunga crepa nel guscio di alabastro. Indossando i guanti isolanti spalancò la crepa.

Briareos cacciò un urlo mentre cadeva sul tavolo di marmo gelido. Lovorio stette in silenzio.

Una sua collega nel gruppo fece un passo avanti. Lovorio la bloccò con un cenno della mano «*Datemi un asciugamano.*»

Polieno gli passò un grande panno di lino pulito. Quando riuscì a vedere Briareos alle spalle del padre ebbe un moto di terrore «*Non è quello a cui stavamo lavorando! Cos’è quello?*»

«*Dici che non stavamo lavorando a questo? Ne sei sicuro?*» prese una bacchetta di onice e la avvicinò a Briareos: ci furono delle scintille tra la mano che Briareos tendeva e la bacchetta. «*Maestro Lovorio, cosa è successo?*» era stata un giovane alchimista di nome Salgadora a parlare.

Lovorio sospirò poi disse due parole per abbassare le luci. Si tolse i guanti e cercò di calmare Briareos

«*Shhh… Shhh… Tranquillo… Sei tra amici...*» si sarebbe volentieri tagliato la lingua per quell’afferma- zione. Poi si spostò. Gli alchimisti lo videro circondare le spalle di un bambino umano di circa dieci anni, completamente nudo, eccetto per l’asciugamano che gli circondava le spalle. Aveva due grandi occhi neri come quelli di tutti i moho e gli stessi capelli neri lisci, lunghi fino ai piedi. Lovorio glieli aveva pettinati con le dita, ma ora l’essere cerca di nascondere il viso nella giacca di Lovorio.

«*Portategli qualcosa da mangiare.*»

Salgadora scosse il capo «*Maestro, sta davvero dicendo che...*»

«*C’è del pane di cereali nella dispensa. Portatelo qui!*»

Salgadora corse fuori.

Molforio era un alchimista grande, grosso, estremamente intelligente, ma dotato di scarsa empatia «*Ma- estro Lovorio, lei si rende conto che quest’essere deve essere ucciso...*»

Briareos cacciò un urlo e corse in fondo alla stanza dietro alcuni grossi vasi.

Lovorio sapeva cosa lo aspettava. Si rimise i guanti guardando Molforio con disapprovazione. Polieno si avvicinò prima di lui ai vasi seguito dall’altra alchimista più giovane del laboratorio, Neferavia «*Mae- stro...*»

«*Chiamami “Padre”, non ho tempo per “Maestro”.*»

«*L’ess… Briareos… Può capire la nostra lingua?*»

Lovorio aggrottò la fronte «*Come può? Ha passato dieci anni in…*» fu costretto ad ammettere a se stesso che nella camera di sviluppo non si parlava mai a bassa voce.

«*Ci ha sentiti parlare… Fin da quando il suo cuore ha cominciato a battere ci ha ascoltati. Eravamo nei suoi sogni?*» senza togliersi i guanti prese il pane che Salgadora aveva porto Si inginocchiò davanti ai vasi

«*Briareos?*»

Dall’ombra dei vasi vide la testa girarsi e mostrare gli enormi occhi di ossidiana.

Sussurrò a Polieno e Neferavia «*Conosce il suo nome.*» una pausa «*Cosa abbiamo creato?*» provò a indicare se stesso «*Chi sono io?*»

La voce di Briareos giunse in sussurro «*Ma… es… tro… Lovo… rio...*»

Gli alchimisti mormoravano in preda all’inquietudine. Qualcuno fu costretto a uscire per andare a bere dell’acqua.

Lovorio porse il pane su di un panno pulito «*Hai fame, Briareos?*»

«*Se io fuori… Voi muore me… Io sentito.*»

Lovorio deglutì. Si guardò indietro pensando a sua moglie, la Levatrice Myoraza. Tornò a guardare ver- so Briareos «*Briareos non morirà.*»

«*Maestro… Promesso?*»

Lovorio si mise una mano sul cuore «*Il Maestro promette.*»

Briareos uscì da dietro i vasi come un topolino. Senza smettere di fissare Lovorio, prese il pane e lo finì in due bocconi.

Molforio chiese di poter parlare con Lovorio. Lo portò fuori dalla stanza «*È stato molto coraggioso,

(3)

Maestro. Ora bisogna mantenere l’inganno fino a…*»

«*Non c’è nessun inganno.*»

Molforio cercò di capire se aveva afferrato. Quando rispose di sì, disse «*Lei non può dire sul serio. En- tro le prossime cinquanta ore...*»

«*La Terra è una creatura resistente, Molforio. Abbiamo minimo vent’anni per ritentare. Basterà variare il composto iniziale.*»

«*Maestro, salvare quell’homunculus è perfettamente inutile. Anche se vive morirà tutta la terra!*»

«*Molforio, guardami negli occhi! Tua moglie ha partorito da poco, dico bene?*»

«*Cosa centra…?*»

«*Tua moglio, Molforio.*»

«*Abbiamo una bambina, sì. Lei sta pensando che…*»

«*Cento otto Geomanti le aprono la pancia e le asportano i genitali. Poi gli arti. Perfettamente cosciente finché non le aprono il cranio e le asportano il cervello.*»

«*Lei vorrebbe mettere mia figlia al posto di Briareos?*»

«*Io voglio togliere Briares da quei coltelli, e metterci il bitorsolo di carne senza mente di cui parlano i manuali.*»

«*Sa cosa succederà quando arriverà il Generale Vergerus?*»

«*Vergerus non lo deve sapere, dobbiamo far arrivare Briareos al cospetto di mia Moglie, l’Alta Levatri- ce Myoraza!*»

«*E come facciamo…*»

«*Quanto è alta Neferavia?*»

Molforio guardò in direzione della porta aperta. Briareos aveva avuto un’altra pagnotta e rispondeva alle domande degli alchimisti. Alcuni si azzardavano a toccarlo, per sentire se l’elettricità continuava. Nevera- via era l’unica che poteva guardarlo negli occhi senza chinarsi. Giocherellava con i suoi capelli e la bacchetta

«*Tecnomanzia allo stato puro. Un solo individuo lavora come un dipolo tecnomantico.*»

Lovorio continuò «*Ci vorrebbero anche un paio di forbici. Non di metallo, possibilmente.*»

Qualcuno bussò alla porta. Lovorio corse ad aprire. Era un militare, lo si capiva dall’uniforme in pelle di velogorogoro ricamata in argento. Aveva un viso sottile, lunghi capelli neri striati di bianco, una folta barba nera anch’essa striata di bianco «*Buongiorno, Maestro Lovorio. Perdoni l’intrusione di questo vecchio soldato nei suo laboratorio.*»

«*Lei non ha niente di cui farsi perdonare, Generale Vergerus. Prego, entri pure, lasci che le offra da bere. Ho scoperto che ad Ardea fanno un rosolio di boleto acidulo che sembra benedetto da Madre Terra.

Lovorio portò il Generale nella stanza degli ospiti e apparecchiò subito il tavolo con la bottiglia e i bicchieri.

Vergerus brindò cordialmente alla loro salute «*Maestro, lei sa quando detesti metterle fretta. Ma devo chiederle come procedono i lavori per l’homunculus.*»

«*Sarà tutto pronto in pochi giorni. Stavo giusto andando a riferire alla Levatrice Myoraza.*»

«*Maestro, il tempo che ha richiesto scadrà tra meno di un giorno.*»

Una porta si aprì e ne uscirono due adolescenti. Vergerus riconobbe Polieno, il figlio di Lovorio «*Chi è questo piccolo geomante?*»

Lovorio cercò di modulare la voce per non far trasparire la paura «*È mio nipote. È entrato nella forma- tura di alchimia ieri, ci darà grandi soddisfazioni!*»

Il nipote aveva i capelli tagliati corti e un’espressione stupita negli occhi.

Lovorio disse a Polieno «*Ragazzo, vai alla taverna vicino al Santuario e dì all’oste che Lovorio ha biso- gno di riscuotere quel favore. Ti darà una bottiglia di quello buono!*»

Il Santurario si trovava a destra dell’uscita del laboratorio di alchimia. A Polieno non sfuggì che il padre aveva fatto un cenno a sinistra, in direzione della Taverna degli Alchimisti, chiamata così perché il proprie- tario era un geomante dismesso che a tratti usava l’alchimia per i suoi distillati.

Quel gesto sbagliato non sfuggì neanche a Vergerus.

Lovorio continuò «*Prendi pure il velogorogoro qui davanti.*»

(4)

Polieno annuì e portò fuori il cugino, che non smetteva di guardare il generale.

Quando la porta si fu chiusa Vergerus si carezzò la barba «*Lovorio, ho bisogno di vedere il vaso.*»

Gli altri alchimisti si diressero verso la porta d’ingresso salutando educatamente. Lovorio contraccambiò

«*Non vi preoccupate, ci penso io al vaso. Oh, Vergerus… Mi chiedi del vaso? Certo… Vieni con me.*»

condusse il generale fino alla Sala dell’Uovo. La stanza era immersa nella penombra. Vergerus accese il cri- stallo geomantico e osservò con orrore il vaso spaccato il liquido amniotico alchemico sparso tutt’intorno.

Ciocche di capelli neri sparsi nel fluido.

«*Lovorio… LOVORIO!!*» si voltò in tempo per vedere il muro alzarsi sulla porta e Lovorio che spa- riva dietro di esso.

Polieno entrò di corsa nella taverna deserta. Zamorius, l’oste, stava lucidando i bicchieri. Le forme erano tutte diverse, perché con la geomanzia si divertiva a modificarli.

«*Zamorius, sono Polieno, il figlio di Lovorio.*»

Zamorius sembrò interessato «*Il figlio di… Quanto ti sei allungato! Eri un funghetto lungo...*»

«*Mio padre dice che ha bisogno di riscuotere un debito. Vuole una bottiglia di quello buono.*»

Zamorius divenne subito serio «*Vieni qui, nel retrobottega.*» condusse i bambini attraverso una por- ticina, poi lungo una scala. I cristalli si accendevano mano mano che scendevano. Percorsi molti metri sbucarono in una stanza piena di bottiglie e di prodotti per la taverna. Zamorius trascinò via una stuoia di fungo e pelle di sauro rivelando una botola. Scesero ancora: uno stanzone pieno di parti metallo alchemico e vetro plasmato con la geomanzia. Zamorius andò verso quello che sembrava la riproduzione di un essere umano stilizzato «*Siete dei geomanti, vero?*»

«*Un alchimista. Lui è un tecnomante.*»

«*Un tecnomante? Stava lavorando anche lui a Briareos?*»

Il tecnomante indicò se stesso «*Briareos! Io Briareos!*»

Zamorius sorrise. In un primo momento si rifiutò di capire. Poi cominciò a mettere insieme i pezzi

«*No… No… Non dovrebbe essere qui.*»

«*Non è un homunculus, non è neanche un toccato dalla terra. Se lo… Se portiamo a termine il rito ucc… Sarà una vittima innocente.*»

Zamorius guardò i grandi occhi neri di Briareos «*Dov’e Lovorio, ora?*»

Lovorio e gli alchimisti cavalcarono dei velogorogoro verso la Taverna. Lovorio era a torso nudo, aveva dato la propria casacca a Neveravia, che aveva dato i propri abiti a Briareos. Lovorio poteva essere molto sensuale, in realtà la pancia tonda e i muscoli inesistenti rovinavano l’effetto. Giunti davanti alla taverna di Zamorius smontarono e ripresero fiato.

Mozarro era poco più di un addetto alle pulizie, ma Lovorio lo ringraziava ogni giorno per l’ottimo la- voro che svolgeva così bene in un ambiente così delicato. Si rivolse a Lovorio offrendogli un abito da lavoro per coprirsi «*Cos’ha fatto con Vergerus?*»

«*Ho murato la porta con della roccia alchemica. Sicuramente si è già liberato. Devo arrivare da mia moglie e parlarle di quello che sta succedendo.*»

Vergerus si parò davanti a lui come uno spettro «*Dov’è?*»

I geomanti cercarono di disporsi intorno a Lovorio, ma lui alzò una mano per dire loro di stare indietro

«*Generale, non abbiamo mai inteso ingannarla. Ma sono sorti degli imprevisti. bbiamo creato un essere umano. Dobbiamo ripetere l’esperimento. Quando potrò parlare con la Levatrice Myoraza, capirà sicura- mente.*»

«*Avete lavorato all’homunculus per dieci lunghi anni. L’esemplare che chiamate “Briareos” è idoneo al nostro scopo?*»

«*Sviluppa tecnomanzia senza il supporto di altri esseri. Se dovesse raggiungere la forma di adulto, dicia- mo tra dieci o venti anni, potrebbe generare energia tecnomantica potenzialmente illimitata. Quindi sì, il suo sacrificio potrebbe donare a Madre Terra il nutrimento di cui ha bisogno.*»

(5)

«*E perché non è in viaggio per il Santuario della Terra.*»

Lovorio aprì una borsa fissata al fianco del velogorogoro e ne cavò un faldone pieno di fogli di fungo e di erba-cuoio intrecciata. Sui fogli erano disegnate figure raccapriccianti di orrendi mutanti con gli arti e gli organi sensoriali nei posti più strani «*Ci aspettavamo qualcosa del genere. Questo, l’esemplare creato dall’Alchimista Benaderon seimila anni fa, urlò di dolore fino alla morte. Ma questo è diverso, non è mai stato creato un homunculus come questo. Briareos parla, è intelligente, vuole vivere!*»

«*Avete scambiato una bambola di carne per un figlio...*»

«*Briareos non è una bambola.*»

«*È nascosto nella Taverna, giusto?*»

«*Lo cerchi pure, Generale. Briareos sta andando a vivere la sua esistenza da essere umano.*»

Vergerus guardò la porta della Taverna «*Entrate voi...*»

«*Senz’altro, discuteremo la faccenda davanti a un distillato. Entriamo.*»

Zamorius era al bancone «*Generale Vergerus! Che piacere averla nel mio locale. Lovorio, flglio di una lucertola volante, cosa ti porta qui?*»

Vergerus si avvicinò al bancone «*Il Toccato dalla Terra, quello che chiamano “Briareos”. Dove l’hai nascosto?*»

«*Avrei un Toccato dalla Terra? E come sarebbe fatto?*»

«*Parla ora e sarà tutto perdonato. Sto cercando un tecnomante naturale. Hai un magazzino?*»

«*Sì, ma non c’è niente che non veda qui.*»

«*Se non ha niente da nascondere non ha niente di cui preoccuparsi. Mi conduca verso il magazzino.*» si voltò verso i geomanti «*Voi, venite con me.*» mentre Zamorius prendeva la chiave, Vergerus lo apostrofò

«*Lei era un geomante, un alchimista. Perché ha lasciato?*»

«*Le mie teorie erano troppo avanti per Moho.*»

«*Per esempio?*»

La chiave saltò fuori «*Sappiamo che l’universo è un infinito blocco di roccia e terra. Giusto?*»

«*È conoscenza elementare, sì. Moho è una bolla in un punto di Madre Terra.*»

«*Esatto Generale. Ora: cosa ci fa pensare che non ci siano altre bolle?*» aprì la porta del magazzino.

Tutti i presenti scesero le scale. Vergerus era in fondo.

Zamorius prese una bottiglia dalla rastrelliera «*Se mi permette un consiglio, questo distillato frizzante di amanita crepuscolare è perfetto per...*»

Vergerus afferrò la stuoia scoprendo la botola «*Dove va?*»

«*Ho… Avevo un piccolo laboratorio di scultura. Ma non lo uso da tempo.*»

Vergerus aprì la botola e invitò gli altri a scendere. Entrarono nel laboratorio di Zamorius «*Come vede generale, qui ci sono solo vecchie sculture.*»

Vergerus si guardò intorno. Vide un segno sul pavimento di pietra nuda «*Geomanzia elementare.

Hanno aperto il pavimento e l’hanno richiuso. Talmente grezzo che hanno lasciato la cicatrice. Dove sono andati?*»

Zamorius rise «*Generale, davvero: venga su. Beviamo qualcosa tutti insieme e...*»

«*Le ossa umane sono fatte di calcio. Sono minerali. Mi chiedo cosa potremmo fare se usassimo la geomanzia su di esse.*» carezzò il viso di Neveravia. Uno schiocco e l’alchimista cadde a terra. Gli unici movimenti furono gli spasmi della morte.

Lovorio prese al volo il cadavere e tastò le cervicali deformate «*Non aveva neanche vent’anni! Perché doveva morire?*»

Vergerus guardò Zamorius. Contò in silenzio fino a dieci. Mozarro vomitò una schiuma rossa mentre le costole gli entravano nei polmoni.

Lovorio urlò «*BASTA! TI PREGO, SIAMO AMICI! ABBIAMO FREQUENTATO IL CORSO DA GEOMANTI INSIEME.*»

«*Se non fermi la tua follia, miliardi di figli della Madre Terra moriranno per nutrirla. Ti ricordi il prin-

(6)

cipio base della geomanzia? Madre Terra è sarcofaga, vuole la carne! Se non volete darci Briareos sarete voi a nutrirla.*»

Zamorius si aggrappò al suo braccio «*Sono nel sottosuolo, nel ventre di Madre Terra! Non so dove siano arrivati… Sicuramente hanno lasciato aperto un canale per l’aria!*»

Vergerus parlò al pavimento. Questo si spalancò rivelando un grezzo cunicolo nero come la pece.

Prima di entrare guardò Lovorio «*Come hai potuto essere così… CIECO!*» le ossa delle orbite sfonda- rono la pelle e schiacciarono gli occhi. Prima che Lovorio potesse urlare, Vergerus aprì la terra sotto i loro piedi e li chiuse con le teste all’esterno. La terra soffocò il suono delle ossa che si frantumavano insieme alle urla. Rimasto solo con Zamorius lo guardò inespressivo «*Tornerò presto. Non ti muovere!*» senza aspettare una risposta si calò nel cunicolo. Chinò la schiena, il cunicolo era abbastanza alto da far passare due ragazzini, ma Vergerus era un gigante di quasi due metri.

La scultura di metallo che era Polieno fece alcuni passi per girarsi «*È Vergerus.*» guardò in basso verso Briareos. Controllò la lancetta sul petto. Se Zamorius aveva detto il vero adesso, senza la tuta i suoi occhi sarebbero esplosi senza quell’armatura «*Andiamo, Briareos. Sento qualcosa, forse Zamorius aveva visto giusto. Forse c’è davvero un’altra cavità oltre questa roccia.*» ritornò a scavare. Sempre più a fondo, sem- pre di più… La roccia divenne terriccio. Scavare ancora con la geomanzia. Qualcosa: della roccia non natu- rale, Polieno aprì anche quella. Dei fasci di tralicci variopinti. La geomanzia aveva difficoltà a dissolverli.

Briareos mise la testa nel buco «*...manzia… ...tecno...*»

«*C’è della tecnomanzia qui dentro? Puoi fare qualcosa?*»

Briareos toccò i fasci e cominciò a caricarli con la tecnomanzia. Dopo pochi minuti il fascio esplose in un turbine di scintille. Dentro alle guaine variopinte c’erano dei fili di metallo.

Dall’altra parte Polieno vide altra roccia la dissolse e mandò avanti Briareos.

Dalle loro spalle giunse la voce di Vergerus «*È finita! Tornate al Monastero e vi salverete almeno voi!*»

Polieno fece cenno a Briareos «*Vai, vai!*»

Richiuse il la falsa roccia da cui era entrato lasciando Briareos da solo nel cunicolo

«*È finita, Generale. Briareos è morto!*»

Vergerus barcollava. Gli occhi e le orecchie sanguinavano copiosamente. Si teneva in piedi con una forza di volontà eccezionale «*Consegnamelo!*»

«*Ho seppellito il suo corpo nella roccia. Verrà trovato tra migliai di anni.*»

«*Bugiardo!*» Vergerus lanciò un incantesimo geomantico. La corazza pressurizzata di Polieno si accar- tocciò. Il cristallo del casco si riempì di sangue e materia cerebrale.

Vergerus cercò di avanzare, ma cadde a terra. Sputò un grosso grumo di sangue. Decise solo allora che doveva tornare indietro.

Briareos scavò il terriccio con le dita. Per qualche motivo la terra gli finiva sul casco. Eppure stava an- dando verso il basso! Continuò a scavare per un tempo che sembrò infinito, piangendo e invocando i nomi di Lovorio e di Polieno. Un scatto e la sua corazza si scompose. Sotto era nudo. Il terriccio continuava a cadergli in faccia e sul corpo. Il sangue delle dita e delle unghie lacerate, si impastava con la terra. Il suo respiro si fece pesante: l’aria nel cunicolo stava finendo. Dei ciottoli gli finirono sul viso e in bocca. Sputò quello che poté e finalmente riuscì a respirare nuovamente.

Era freddo. Alzando gli occhi vide una grande asta di metallo. Non capì cosa c’era in cima. Guardando oltre c’era una superficie nero-bluastra tempestata di migliaia di piccole luci. Si issò sul suolo cercando di capire dov’era finito. Sulle labbra ancora i nomi di Lovorio e Polieno. Chiedeva loro cosa fare.

«*Solo… Lasciato… Solo*»

Era buio.

Era freddo.

Un rumore simile al ronzio di milioni di insetti. Due luci che lo accecarono quando giunsero a venti centimetri dalla sua faccia. A diciannove centimetri dalla fanghiglia che lo copriva.

(7)

Dei rumori. dei passi. Delle persone che parlavano una lingua che non aveva mai sentito. Uno di loro cercò di toccarlo. Briareos lo toccò e sfogò un po’ di tecnomanzia.

Gli altri furono più cauti. Gli parlavano piano in quella lingua sconosciuta. Briareos poté vedere i suoi lineamenti: occhi chiari, capelli castani.

Polieno…

Lovorio…

«*LI HA UCCISI TUTTI!!*»

Myoraza Katrishka Motaravia era diversa rispetto al resto della popolazione di Moho. I capelli color rame erano una caratteristica pressoché unica a Moho. Li portava lunghi dietro la nuca, una frangia sulla fronte. Senza muovere un muscolo ascoltava il racconto di Vergerus. Guardava gli occhi del geomante e capiva che non mentiva. Guardava il viso del geomante, ma vedeva i visi di suo marito Lovorio e suo figlio Polieno.

Vergerus appariva stremato dalla perdita di sangue.

«*Come avrebbero fatto il bambino e l’Homunculus ad arrivare fin lì?*»

«*Zamorius ha progettato e assemblato delle corazze che proteggono dal cambiamento di pressione e rendono la pressione del corpo idonea a quella dell’ambiente. Ne ha date due ai ragazzi e in cambio della propria vita ci ha fornito gli schemi per poterle riprodurre.*»

Myoraza prese un appunto «*Generale Vergerus. Queste sono le sue istruzioni: curi le sue ferite; scopra l’ubicazione di Briareos e lo riporti qui.*»

«*Ai suoi ordini, Levatrice.*»

«*Un ultimo ordine: fatto tutto questo raggiungerà gli alchimisti Lovorio e Polieno.*»

Vergerus accennò un inchino «*Sarà un onore, Levatrice. Sono stati uomini coraggiosi.*» Myoraza con- gedò Vergerus e, finito il turno nel suo studio tornò in carrozza ai suoi appartamenti, Entrata in casa entrò in punta di piedi nella stanza di Polieno e si sedette sul suo letto vuoto. Nascose il viso nel cuscino e pianse fino a che non ebbe più forze.

Omega bevve l’ultimo sorso dalla bottiglia. Scoprì che non gli girava neanche la testa «*Per vent’anni ho desiderato essere qui.*» aprì un’altra bottiglia «*Guarda che ti ho portato, Poli. Ormai sei grandicello, puoi bere.*» vuotò la bottiglia sulla lapide di Polieno. Fece di nuovo i conti con il fatto che non poter piangere.

Senza pensarci si rivolse alle due lapidi in italiano «Potevate far uccidere me e salvarvi. Un uomo e un bam- bino uccisi per far vivere un homunculus.» si alzò in piedi e baciò entrambe le lapidi «Perché lo avete fatto?»

Voltandosi vide la Formatrice Valentina con sua figlia Martina in braccio.

«Perché?»

Riferimenti

Documenti correlati

Il primo fuso è quello che ha come meridiano centrale Greenwich (ora di Londra: longitudine 0° E 0° W): quan- do a Londra è mezzogiorno, in tutte le località situate nel

domani, lunedì, alle 18, del penultimo incontro della rassegna online «Un Filò tra Oblomov e Quantum», organizzata dalla Città di Gardone Val Trompia per mantenere vivo il legame con

ELENCO AVVOCATI DIFENSORI. approvato con determinazione

Addiu chiesa ti la Cuneddra, addiu Santa Lucia, addiu Santu Frangiscu e addiu, puru, a Santu Girolamu a

Prendendo spunto dal film e da una pagina del libro di testo intitolata “Una lettera sul Giorno della memoria”, i ragazzi hanno discusso insieme dell’olocausto e dopo aver

[r]

[r]

9:40 11:20 Ingresso carrabile cortile scalette (Via Aquilonia) 1M Informatica Telecomunicazioni 9:40 11:20 Via Teano 223. MINISTERO DELLA ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E RICERCA UFFICIO