Il mio amore per Vasco Pratolini è nato un giorno d'estate, durante le vacanze, quando iniziai a guardare, per caso, un film con Marcello Mastroianni; mi commosse a tal punto che quando vidi che era tratto da un romanzo volli assolutamente leggerlo: era Cronaca Familiare. Il libro non tradì le mie aspettative: trovai il modo di scrivere e di raccontare di Vasco Pratolini semplice, fluido e coinvolgente e da questo primo romanzo passai agli altri, apprezzando sempre di più il lavoro di questo scrittore. È stato per tali motivi che ho voluto chiedere di poter scrivere la mia tesi di laurea magistrale su di lui. Dell'ampia produzione dello scrittore, quelle teatrale e cinematografica sono tra le meno studiate, nonostante l'apprezzamento di grandi registi come Rossellini, Visconti, Zeffirelli e Zurlini; tali opere mostrano non solo la sua poliedricità (non tutti gli scrittori sono infatti in grado di cimentarsi nella scrittura di racconti, romanzi, drammi, pezzi giornalistici, poesie, soggetti e sceneggiature cinematografiche), ma anche la sua modernità, il suo essere capace di stare al passo con i tempi. Il lavoro si è rivelato più complesso del previsto: a parte le due opere teatrali, brevi e relativamente semplici da analizzare, mi sono trovata a dover studiare sceneggiature e soggetti, testi con cui non mi ero mai confrontata prima. Ed è stata un'operazione non molto semplice: essi presuppongono infatti un approccio diverso da quello dei romanzi o delle poesie, dato che sono concepiti non per la lettura privata, ma in funzione di una loro trasposizione in immagini, su uno schermo; nascono per il cinema, e questo implica un diverso modo di pensarli e di produrli; non sono tutti della stessa natura: alcuni infatti sono soggetti originali, come quello di Rocco e i suoi fratelli, altri invece sono stati tratti da romanzi, come La Viaccia; inoltre non si tratta mai di opere scritte da un solo autore, ma da due o più sceneggiatori ed è quindi difficile stabilire quale sia stato l'apporto di Pratolini in essi; le sceneggiature, poi, non sono tutte reperibili ed ho dovuto limitare il mio studio a quelle che sono state pubblicate. Ho cercato di superare il problema posto dalla natura stessa dei testi basandomi soprattutto sulle interviste e sulle dichiarazioni rilasciate non solo da Vasco Pratolini, ma anche dagli sceneggiatori e dai registi con cui lo scrittore aveva collaborato. Ho quindi cercato di puntare l'attenzione su quelle parti in cui l'apporto dello scrittore mi è sembrato
più evidente, basandomi sui temi delle sceneggiature che si ritrovano anche nei romanzi di Pratolini, o partendo dalle sue esperienze biografiche che possono essere state utili per la stesura di certe scene. Molto interessante è stato leggere e studiare i lavori di Pratolini che non hanno avuto trasposizione cinematografica: si tratta di tre soggetti e di una sceneggiatura originale che permettono di capire ancora meglio il modo in cui Pratolini lavorava per il cinema. Ciò che ho notato è che, sia per quanto riguarda i soggetti che per quanto riguarda le sceneggiature, lo scrittore non tradì mai i suoi ideali: sono per lo più storie di giovani innamorati o di giovani rivoluzionari, contornati da un coro di voci amiche, le cui vicende si snodano sullo sfondo della guerra, della ricostruzione o del boom economico. Come i suoi romanzi, anche i suoi scritti cinematografici contengono un'analisi realista e profonda del mondo, e dispiace che nessun regista e nessun produttore abbia voluto dar vita a questi progetti. La sua voce si fa comunque sentire nei film a cui ha collaborato e in cui vengono affrontati temi e problemi in linea con la sua poetica.
Nel corso di questo studio mi sono anche imbattuta in un genere ormai praticamente estinto: il radiodramma. A metà tra il teatro e il cinema, esso mi ha portata indietro nel tempo e la sua capacità di suggestione, a più di cinquant'anni dalla sua messa in onda, è ancora forte: il potere evocativo del suono e della parola non può essere soppiantato, a parer mio, dalle immagini, e quelle voci ci fanno rivivere quella domenica romana che ruota tutta intorno ad un'importantissima partita di calcio. L'opera ebbe tanto successo da essere trasformata in un film con attori del calibro di Sofia Loren e Nino Manfredi; ma anche gli altri film che portano, tra le altre, la firma di Vasco Pratolini, hanno cast stellari: Alain Delon, Claudia Cardinale, Lucia Bosè, JeanPaul Belmondo; indizio, anche questo, della qualità del lavoro dello scrittore.
Un lavoro apprezzato dai registi che, oltre a volerlo accanto come collaboratore, vollero anche dar vita alle avvincenti storie dei suoi romanzi: da tutti gli scritti di Vasco Pratolini sono stati tratti film e/o sceneggiati televisivi, tranne che da Allegoria e Derisione, che per sua stessa natura si presta meno alla conversione cinematografica. Anche questo è indice della qualità della scrittura di
questo autore e della sua capacità di comporre storie interessanti e avvincenti, adatte ad una trasposizione in immagini.
Il mio lavoro vuole dunque dimostrare che Vasco Pratolini è stato uno scrittore capace di muoversi in più campi, di passare dalla carta alla radio e alla pellicola senza tradire le idee di fondo della sua poetica e anzi arricchendo molto la cultura del suo tempo. Non ha demonizzato il cinema, non l'ha considerato un'arte minore, ma un'arte sorella della letteratura, da cui imparare, a cui insegnare e su cui riflettere; per questi motivi il titolo della mia tesi è tratto dall'articolo intitolato Per un saggio sui rapporti fra letteratura e cinemaa, fondamentale per capire il modo in cui Pratolini considerava la relazione tra letteratura e cinema, di cui sottolinea sia gli aspetti comuni che quelli peculiari: mi è sembrato significativo che lo scrittore abbia puntato l'attenzione sul movimento, aspetto fondamentale per la pellicola che la distingue nettamente dal libro stampato.
Uno scrittore che dunque meriterebbe maggior spazio sui libri di scuola, maggiore considerazione in Toscana e soprattutto a Firenze. Per questo lavoro ho dovuto recarmi spesso alla Biblioteca Nazionale di Firenze che sorge proprio dietro piazza Santa Croce, uno dei quartieri della città in cui il giovane Vasco visse e in cui sono ambientate molte delle sue storie. Una mattina di ottobre, molto presto, ho deciso di non fare la solita strada per recarmi in biblioteca, ma di compiere una piccola deviazione per passare in Via del Corno, la strada protagonista delle Cronache di poveri amanti: sono rimasta male nel constatare che neppure una lapide sia stata posta in quel vicolo a ricordare la fama da esso raggiunta grazie a Pratolini.
Portando alla luce questa parte ancora poco nota della sua produzione spero di aprire la strada a una riconsiderazione della sua opera da un diverso punto di vista. Il cinema potrebbe essere un nuovo modo di conoscerlo, nell'attuale società dell'immagine; peraltro, lo studio di questa parte della produzione artistica pratoliniana è stato recentemente promosso dal convegno di studi tenutosi a Firenze dal 16 al 19 ottobre 2013, in occasione del centenario della nascita dello scrittore, segno dell'importanza che questo settore ricopre nel mondo di Pratolini.
a Apparso per la prima volta nel luglio del 1948 sulla rivista Bianco e Nero (n. 4).