CAPITOLO 1
1. Migrazioni in Italia: flussi migratori dagli anni '70 ad oggi
Negli ultimi decenni l'Italia ha subito una profonda trasformazione
relativamente alla composizione del suo tessuto sociale, passando da terra di
emigrazione a territorio di immigrazione. A partire dal 1973, dopo oltre un
secolo di intensa emigrazione (27 milioni di partenze dal 1876 al 1988), il
numero di italiani che emigravano si ridusse al di sotto di quello degli italiani
che rientravano dall'estero.
Negli anni '80 del secolo scorso iniziò invece un aumento dei flussi migratori.
In quegli anni l'Italia dovette affrontare per la prima volta il fenomeno di
consistenti ondate migratorie provenienti da paesi in via di sviluppo. Il motivo
di tutto ciò è da ricercare in vari fattori:
•
L'applicazione della così detta «politica delle porte aperte» dovuta al
vuoto legislativo in tema di immigrazione (i primi flussi migratori
avvennero in un contesto anomalo poiché al riguardo non vi era in
Italia una legislazione di riferimento che regolasse questo fenomeno o
avviasse dei controlli sulla popolazione in ingresso nel nostro paese)
1;
•
Il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta che diede l'avvio
a sostanziali trasformazioni sociali e lavorative;
•
una politica più restrittiva in tema d'immigrazione attuata da molti
altri paesi europei.
Dagli anni '80 al 1991 gli stranieri in Italia raddoppiarono, passando da
321.000 a 625.000. Col censimento del 1991, vennero registrati 11 stranieri
ogni 1.000 abitanti contro i 6 ogni 1.000 del 1981.
2I dati dell'ultimo censimento (2011) svolto dall'Istituto Nazionale di Statistica
(ISTAT), addetto al calcolo ufficiale dell'inflazione e di altri parametri
economici e demografici nazionali, non fanno altro che avvalorare questo
trend positivo:
•
Nel 2001 si registra una presenza di popolazione straniera residente in
Italia pari a 1 milione e 334 mila unità.
•
Nel censimento successivo il dato viene aggiornato al 9 ottobre 2011
con la presenza nel territorio italiano di 4 milioni e 27 mila residenti
stranieri.
La popolazione straniera residente nel paese è aumentata ogni anno, con una
crescita maggiore negli anni 2003-2004 e 2006-2007.
Anche la composizione è mutata: si va da una situazione del 2002 in cui gli
uomini sovrastavano le donne (+14 mila residenti) ad una in cui prevale
invece la presenza femminile (+246 mila residenti).
Altra caratteristica di questa composizione è l'età media degli stranieri
residenti in Italia, che si attesta all'incirca sui 31 anni.
I numeri aumentano se si prendono in considerazione anche tutti gli
immigrati che vivono nell'ombra poiché ritenuti dalla legislazione italiana,
con l'approvazione della legge del 15 luglio 2009, colpevoli del reato di
clandestinità e quindi non registrati da nessun organo ufficiale. Per quel che
concerne la presenza di immigrati regolari, i dati disponibili sono abbastanza
precisi, non è possibile dichiarare lo stesso riferendosi ai dati relativi alla
presenza di immigrati irregolari:
3La presenza, degli irregolari,a differenza di quella dei regolari residenti, ha
avuto forti oscillazioni, stimata nel 2012 in 326mila unità e, riferendosi al
Diciannovesimo rapporto sulle migrazioni pubblicato dalla Fondazione Ismu a
cavallo del 2013 e 2014, giunta al numero di 294 mila unità nell'ultimo anno
(2013)
4.
I numeri esigui relativamente alla presenza di irregolari sono da attribuire, a
vari fattori tra cui l'aumento di immigrati in possesso di permesso di
soggiorno ma anche (e soprattutto) al fatto che molti irregolari transitano nel
nostro paese per un periodo di tempo limitato poiché, secondo l'Osservatorio
Regionale per l'Integrazione e la Multietnicità, un gran numero di essi lascia o
è intenzionato a lasciare l'Italia entro dodici mesi dal suo ingresso.
Le nazionalità di provenienza sono varie ma il fattore che accomuna la
maggior parte di questi individui è la scarsa conoscenza della lingua italiana. È
difficile reperire dei dati al riguardo, ma possiamo far riferimento alle
prenotazioni effettuate nel 2011 per sostenere il test di lingua italiana
(considerando che solo 400 mila soggetti erano in possesso dei requisiti per la
richiesta del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo
5): il
numero totale di prenotazioni richieste è di 99.152, quelle effettivamente
inviate sono 97.306.
Il dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione fornisce questi dati
relativi al 3 ottobre 2011 prendendo in considerazione le nazionalità con più
4 Diciannovesimo rapporto sulle migrazioni, Franco Angeli Editore, dicembre 2013. 5
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-05-16/stranieri-test-italiano-online-richieste
6:
Questi dati mostrano che nell'anno 2011 circa il 25% degli aventi diritto
ancora non era in possesso di un titolo che attestasse la propria conoscenza
della lingua italiana.
La conoscenza della lingua italiana, rientra anche tra i requisiti richiesti per
coloro che intendono far domanda di permesso di soggiorno CE per
soggiornanti di lungo periodo. Questo tipo di documento, a tempo
indeterminato, può essere richiesto solo da coloro in possesso di un permesso
di soggiorno in corso di validità da 5 anni, che dimostrano la disponibilità di
un reddito minimo non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale, e di
non essere pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. In
aggiunta a questi requisiti è stato introdotto anche il superamento da parte
dell'interessato di un test di conoscenza della lingua italiana.
Il decreto del 4 giugno 2010, previsto all'interno del cosiddetto "Pacchetto
sicurezza", articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, ha
introdotto, infatti, per la prima volta in Italia, il requisito linguistico
nell'ambito delle procedure inerenti la richiesta di Carta CE.
L'Articolo 2 di tale decreto dichiara:
2. Disposizioni sulla conoscenza della lingua italiana
1. Per il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo
periodo, lo straniero deve possedere un livello di conoscenza della lingua
italiana che consente di comprendere frasi ed espressioni di uso frequente in
ambiti correnti, in corrispondenza al livello A2 del Quadro comune di
riferimento europeo per la conoscenza delle lingue approvato dal Consiglio
d'Europa.
2. Al fine della verifica della conoscenza della lingua italiana, conforme al
livello indicato al comma 1, lo straniero effettua un apposito test, secondo le
modalità indicate dall'art. 3.
7Chiaramente non sottostà a queste disposizioni chi è già in possesso di titoli di
studio che certifichino una conoscenza della lingua italiana pari o superiore al
livello A2, richiesto dal decreto.
Per far fronte all'esigenza di fornire istruzione ad adulti italiani ma anche
stranieri, vennero istituiti, con l’Ordinanza Ministeriale n. 455 del
29/7/1997 del Ministero della Pubblica Istruzione i Centri Territoriali
Permanenti [CTP] per l’istruzione e la formazione in età adulta, nei cui
compiti rientrava anche quello di inserire gli immigrati adulti in un percorso
di formazione ad hoc.
Dopo 10 anni di attività, a causa di alcune criticità emerse all'interno della
struttura organizzativa di questi organismi, il loro status è stato riformulato
attraverso un iter iniziato con la legge n° 296 del 27/12/2006 (finanziaria
2007). Il comma 632, che riorganizza la rete dei CTP su base provinciale, li
rinomina in Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) articolati
in reti territoriali. Il percorso di riorganizzazione è giunto finalmente a
conclusione con l’ultimo tassello depositato con la pubblicazione del DPR n.
263 del 29/10/2012 sulla G.U. n. 47 del 25/02/2013, con il quale si ha la
costituzione definitiva dei nuovi centri e la conseguente uscita di scena di quei
luoghi culturali che, per 15 anni, hanno rappresentato l’essenza della
formazione per adulti in Italia, i CTP. Oltre a questi centri, numerosi sono
anche i progetti portati avanti da province e regioni nell'istituzione di corsi
d'italiano in praesentia e in absentia (online). Inoltre, in aggiunta a tutte queste
iniziative che, comunque, non riescono a reggere l'imponente domanda
proveniente dal gran numero di immigrati presenti sul territorio italiano, un
grosso lavoro per aiutare gli stranieri nell'apprendimento della lingua è svolto
dalle numerose associazioni di promozione sociale e culturale che si trovano
dislocate sull'intero territorio nazionale. Queste associazioni contribuiscono
con forza all'inserimento sociale dei cittadini stranieri, occupandosi
soprattutto della fascia di popolazione più disagiata, costituita dagli immigrati
irregolari che, molto spesso, non trovano possibilità di venire accolti
all'interno dei corsi istituzionali in quanto considerati dei fuorilegge.
I corsi che si trovano disseminati in tutto il nostro paese si occupano, quindi,
di far sì che gli stranieri apprendano l'italiano inteso come seconda lingua
(L2). Si parla di L2 e non di lingua straniera perché fondamentale è la
differenza che intercorre tra le due. Con seconda lingua si fa riferimento a
varie accezioni: si definisce con questo termine l'acquisizione di ogni lingua
oltre la lingua materna o prima lingua o, in maniera più specifica e accettata
unanimemente dai glottodidatti, viene definita L2 la lingua insegnata in un
particolare contesto situazionale in cui la lingua in questione è utilizzata come
lingua di comunicazione quotidiana. La seconda lingua è, infatti, una lingua
appresa nel paese dove essa viene parlata abitualmente. In alcuni casi si usa la
dicitura “Italiano L2” per il fatto che, a livello di competenza, nella lingua in
questione, essa è minore rispetto a quella posseduta nella propria lingua
madre. Questo concetto è spesso contrapposto a quello di Lingua straniera
(LS) che è invece una lingua appresa tipicamente in contesti scolastici, in un
paese dove essa non viene usata come lingua usuale per la comunicazione tra
individui.
8Fino a qualche anno fa veniva considerata sostanziale la differenza
tra l'acquisizione di una lingua in situazione di L2 o LS; oggi non è più così e si
ritiene che una modalità di apprendimento mista sia la più fruttuosa in
termini di risultati positivi.
3.Formulazione del target di riferimento dei corsi d'italiano L2 in
Italia
I corsi d'italiano disponibili sul web che analizzerò si rivolgono ad un target
molto variegato: alcuni corsi sono specificatamente rivolti a migranti adulti
che necessitano di sostenere l'esame di conoscenza della lingua per accedere
alla documentazione necessaria per ottenere il permesso di soggiorno CE;
altri, invece, si rivolgono a un target non specifico, che non sottostà a
caratteristiche e necessità ben definite. Questi ultimi sono i corsi che
genericamente vengono pensati per apprendenti stranieri che desiderano
imparare la lingua italiana, siano essi studenti, lavoratori o persone comuni
che hanno la volontà di apprendere l'italiano per passione o motivi personali,
non legati a necessità lavorative o formative specifiche.
Le caratteristiche sulle quali, invece, cercherò di soffermarmi nel corso della
mia analisi, sono quelle proprie dei corsi d'italiano rivolti ad un target
particolare: i migranti adulti presenti sul territorio italiano in cerca di lavoro
o già occupati.
Prendendo in considerazione gli ultimi dati forniti dal Diciannovesimo rapporto
sulle migrazioni 2013
9, edito dalla Fondazione Ismu, viene evidenziata la portata
del fenomeno delle migrazioni nel nostro paese oggi e si fa una previsione di
ciò che accadrà fino al 2035. Nonostante la popolazione straniera sia tuttora in
crescita, la velocità con cui ciò avviene ha subìto una sorta di decelerazione
dovuta a vari fattori, primo fra tutti la profonda crisi economica. Nonostante
sia diminuita la forza attrattiva esercitata dall'Italia, l'aumento di popolazione
straniera è comunque notevole e non accenna a diminuire. Questo è
sicuramente dovuto al maggior numero di ingressi piuttosto che di
emigrazioni di questi individui dall'Italia verso altri paesi europei e non.
Al 1° gennaio 2013 vengono attestati in Italia quasi 4,4 milioni di stranieri di
cui 4 milioni e 388 mila residenti, 219 mila regolari non residenti e 294 mila
irregolari
10; le nazionalità maggiormente presenti sono quella rumena,
marocchina e albanese. Per quel che riguarda le previsioni sul futuro,
certamente esse non possono essere precise o certe in quanto sarebbe
necessario comprendere e prevedere i possibili sviluppi dell'economia globale,
però, per quel che riguarda l'aspetto demografico, è possibile cercare di
azzardare dei numeri riferendosi ad un futuro relativamente vicino. Secondo il
rapporto Ismu succitato, dal 2011 al 2035 vi sarà un aumento della
popolazione straniera residente in Italia di circa 6 milioni di unità; si passerà,
infatti, dai 4,5 milioni del 2011 ai quasi 10 milioni del 2035. In un contesto
tale, diventa necessario iniziare ad occuparsi di questa fetta sempre più
consistente di popolazione, avviando delle politiche di inserimento sociale
specifiche e valide per un bacino demografico così eterogeneo e stratificato al
suo interno.
Sicuramente il potenziamento dei corsi di lingua esistenti, sia sul web che nei
territori, sarebbe auspicabile per un sostanziale miglioramento delle sue
condizioni di vita.
L'utenza degli immigrati è ben diversa da quella formata da chi decide di
imparare l'italiano per motivi culturali o di piacere poiché la necessità
primaria che induce all'apprendimento e all'acquisizione di competenze nella
lingua italiana è quella di inserirsi nel mondo del lavoro. Questo target è
caratterizzato per il contesto di apprendimento spontaneo e raramente
guidato, per il fatto che la sua competenza si sviluppa direttamente nel paese
in cui la lingua viene parlata, e per i contesti d'uso in cui viene utilizzata,
spesso totalmente estranei alla vita personale degli individui, all'interno della
quale è più probabile che si mantenga, come lingua di riferimento, la lingua
madre.
Sono adulti stranieri che hanno raggiunto il nostro paese per motivi
economici o di ricongiungimento familiare, il cui grado d'istruzione varia
dall'analfabetismo ad un'istruzione di grado universitario.
È bene tener presente che la motivazione che spinge questi numerosi,
eterogenei e consistenti gruppi di parlanti non nativi ad apprendere l’italiano
non è tanto finalizzata all’arricchimento personale, quanto piuttosto
all’acquisizione di uno strumento indispensabile per la loro inclusione sociale
e professionale. La costruzione dei corsi d'italiano deve seguire delle direttive
specifiche che, più che basarsi sull'apprendimento corretto delle strutture
grammaticali, almeno nel livello da me preso in considerazione (A2), si
preoccupino di far acquisire una capacità comunicativa all'apprendente.
11Certamente la conoscenza della grammatica è un aspetto che non dovrebbe
essere tralasciato totalmente, ma ad un livello del genere, definito dal QCER
(Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue) di
“sopravvivenza” è più utile focalizzare l'attenzione sugli aspetti
socio-comunicativi della lingua, per consentire un primo approccio di interazione
sociale, e su quella competenza che Carlo Serra Borneto definisce di azione,
11 Sillabo di riferimento per i livelli di competenza in italiano L2: livello A2,a cura degli Enti certificatori dell'italiano L2,
cioè quella competenza «che permette al discente di usare la lingua non soltanto per
esprimere determinati atti comunicativi […] ma anche, e soprattutto, per interagire in
modo partecipativo con gli altri interlocutori usando la lingua fattivamente per il
raggiungimento di determinati scopi, di determinati “saper fare”».
12Schede di approfondimento
1. Immigrazione: ricongiungimenti familiari, alunni stranieri e
natalità
I migranti che si trovano sul territorio nazionale, molto spesso, sono
accompagnati dalla famiglia e hanno necessità di avere informazioni relative
all'istruzione a cui i propri figli possano accedere vivendo in Italia. Per
comprendere quanto questo sia un bisogno diffuso basta analizzare i dati
relativi ai ricongiungimenti familiari, alla presenza di alunni stranieri nelle
scuole italiane e alla natalità relativa alle famiglie straniere.
Relativamente ai ricongiungimenti familiari i dati aggiornati al 21 Marzo 2013
raccolti dal sistema informatico dello sportello unico per l'immigrazione
riportano che
13:
Nel 2012 sono state presentate 63.779 domande per un totale di 90.826
familiari da ricongiungere (una media di 1,42 familiari per domanda). Di
queste solo 400 (lo 0,6%) riguardavano familiari al seguito di straniero
entrante in Italia, mentre la quasi totalità, il 99,4%, ha chiesto il nullaosta per
12 Serra Borneto Carlo, C'era una volta il metodo, Carocci editore, Roma 1998. p.138
13 http://www.libertaciviliimmigrazione.interno.it/dipim/site/it/documentazione/statistiche/politic
he_immigrazione_asilo/2014/1_2014_statistiche_ricongiungimento_familiare_-ricongiungimento di familiari residenti all’estero. Il 47% dei familiari di cui si
richiede il ricongiungimento è costituito da figli dei richiedenti, il 45% da
coniugi e solo l’8% da genitori.
I familiari da ricongiungere si concentrano in due fasce d’età: quella dei
minori di 18 anni (38% del totale) e quella dei familiari di età compresa fra i
18 e 44 anni (49% del totale). La categoria degli stranieri di età superiore ai
60 anni costituisce invece solo il 6,2% dei familiari da ricongiungere.
I dati dell'ultimo censimento Istat (2011) riportano un aumento significativo
della percentuale di alunni stranieri nelle scuole italiane. Di seguito la tabella
relativa ai dati disponibili dal 2001 al 2011.
Fig.1 Alunni di cittadinanza straniera nelle scuole
14Relativamente ai dati sulla natalità, invece, abbiamo i seguenti dati provenienti
dal censimento del 2011.
Fig.2 Nati da genitori stranieri tra il 1992-2011
Il grafico riporta un aumento della percentuale della natalità riguardante
bambini con genitori immigrati: si è passati dal 1% del 1992 al quasi 15% del
2001.
2. Immigrazione e lavoro
Prendendo in considerazione i dati diffusi dall'ultimo censimento Istat, relativi
alla presenza di immigrati regolari sul territorio italiano, viene definito che di
questi il 58.1 % (di età compresa fra i 15 e i 64 anni) risulta occupato.
il sito Istat riporta inoltre un interessante inserto relativo agli occupati e ai
disoccupati che delinea in maniera accurata la situazione lavorativa degli
immigrati adulti presenti sul territorio italiano.
Nel secondo trimestre 2014 rallenta la riduzione tendenziale del numero di occupati
(-0,1%, pari a -14.000 unità in un anno), dovuta all'aumento nel Nord (+0,3%, pari
a +36.000 unità) e nel Centro (+0,8%, pari a 40.000 occupati) a fronte del nuovo
calo nel Mezzogiorno (-1,5%, pari a -90.000 unità). Si interrompe la flessione per gli
uomini a cui si associa una lieve riduzione per le donne (-0,2%, pari a -15.000
unità). Al persistente calo degli occupati di 15-34 anni e dei 35-49enni (-4,0% e
-1,6%, rispettivamente) continua a contrapporsi la crescita di quelli con almeno 50
anni (+5,5%).
La riduzione tendenziale dell'occupazione italiana (-105.000 unità) si
accompagna alla crescita di quella straniera (+91.000 unità). In confronto al secondo
trimestre 2013, il tasso di occupazione degli stranieri (58,7%) segnala un aumento di
0,6 punti percentuali a fronte della stabilità di quello degli italiani (55,4%).
Nell'industria in senso stretto riprende la crescita dell'occupazione (+2,8%, pari a
124.000 unità), dovuta solo alla componente maschile, mentre prosegue la contrazione
di occupati nelle costruzioni (-3,8%, pari a -61.000 unità) e nel terziario (-0,6%,
pari a -92.000 unità).
Non si arresta la flessione degli occupati a tempo pieno (-0,5%, pari a -89.000 unità
rispetto al secondo trimestre 2013), che in quasi due terzi dei casi riguarda i
dipendenti a tempo indeterminato (-0,5%, pari a -57.000 unità). Gli occupati a
tempo parziale continuano ad aumentare (+1,9%, pari a 75.000 unità), ma la
crescita riguarda esclusivamente il part time involontario che riguarda il 64,7% dei
lavoratori a tempo parziale.
Dopo cinque trimestri consecutivi di calo, riprende la crescita dei dipendenti a termine
(+3,8%, pari a 86.000 unità nel raffronto tendenziale) a cui si accompagna per il
settimo trimestre la diminuzione dei collaboratori (-8,3%, pari a -36.000 unità).
Nel secondo trimestre 2014 anche l'aumento tendenziale del numero dei disoccupati
rallenta (+2,2%, pari a 69.000 unità in un anno), coinvolgendo le donne e le persone
in cerca del primo impiego. L'incremento è concentrato nel Nord e nel Mezzogiorno. Il
62,1% dei disoccupati cerca lavoro da un anno o più (55,7% nel secondo trimestre
2013).
Nel secondo trimestre 2014 il tasso di disoccupazione è pari al 12,3%, in crescita di
0,2 punti percentuali su base annua; per gli uomini l'indicatore rimane stabile
all'11,5%; per le donne sale dal 12,8% di un anno prima all'attuale 13,4%.
Aumentano i divari territoriali, con l'indicatore pari all'8,4% nel Nord (+0,3 punti
percentuali) e al 20,3% nel Mezzogiorno (+0,5 punti), mentre rimane stabile al
10,8% nel Centro.
Nel secondo trimestre 2014 continua la diminuzione del numero di inattivi 15-64
anni (-1,0%, pari a -151.000 unità), dovuto ai 55-64enni e alimentato in oltre otto
casi su dieci dalle donne. Il tasso di inattività scende al 36,3%, dal 36,6% del secondo
trimestre 2013.
16CAPITOLO 2
1. E-learning e blended-learning: strategie per l'apprendimento
linguistico in rete.
Negli ultimi anni numerosi corsi online offrono agli immigrati la possibilità di
apprendere l'italiano stando direttamente a casa, in modalità e-learning o in
blended learning. Queste modalità d'insegnamento e apprendimento sono
sempre più diffuse anche nel nostro paese: dai master online, ai corsi per
l'apprendimento delle lingue straniere, ai corsi universitari fino appunto ad
arrivare ai corsi d'italiano L2.
Ma procediamo gradualmente e iniziamo a cercare di capire di cosa parliamo
quando ci riferiamo all'e-learning o al blended- learning.
2. Che cos'è l'e-learning?
L'e-learning rientra nelle attività che si definiscono di formazione a distanza,
cioè in quei processi formativi attuati a distanza con finalità pedagogiche e
educative. Non bisogna pensare che l'idea di formazione a distanza sia di
recente acquisizione. Spesso si fa l'errore di ritenere che essa nasca grazie ai
supporti tecnologici e che quindi questa sia una pratica ancora agli albori, ma
in realtà così non è: già dall'Ottocento queste pratiche si diffusero sia nei paesi
europei che oltreoceano. Innanzitutto è necessario definire le condizioni che
devono essere create affinché si possa parlare di formazione a distanza: la
separazione fisica tra insegnante e studente e che si realizzi lo svincolo
dell'attività formativa dalla contemporaneità rispetto all'erogazione.
Un tipo di formazione di questo tipo si sviluppò già agli inizi dell'Ottocento:
il supporto di cui usufruiva era il servizio postale poiché essa avveniva per
corrispondenza.
Il primo corso a distanza di cui si ha testimonianza fu tenuto a Londra, dove
l'inventore del sistema fonografico di stenografia, Isaac Pitman, nel 1840
iniziò a diffondere il proprio metodo di scrittura con lezioni tenute per
corrispondenza. Si ebbe poi lo sviluppo negli Stati Uniti dei ''correspondence
studies'', che successivamente si diffusero anche in Europa. Dagli anni '60 del
Novecento viene fondata addirittura la Open University nel Regno Unito, con
la caratteristica di riuscire ad integrare al loro interno metodi di
insegnamento che si avvalgono di vari strumenti: dalla corrispondenza alle
video-audiocassette.
In Italia è dagli anni '50 che si inizia a muovere qualcosa nell'ambito
dell'istruzione a distanza. Nel 1951 venne istituita la Scuola Radio Elettra, che
da Torino iniziò ad erogare corsi di formazione in tutta Italia; negli anni '70
venne istituito a Roma il Centro sperimentale per l'applicazione della
televisione e delle tecniche d'istruzione a distanza e negli anni '80, a Cosenza,
l'Università di Calabria fondò il Consorzio per l'Università a Distanza (Cud).
Negli anni '90 nacque, invece, dalla collaborazione tra il Ministero
dell'Università e della Ricerca Scientifica e vari atenei italiani il consorzio
universitario Nettuno. Questo consorzio iniziò ad utilizzare soprattutto i
canali televisivi ma, in effetti, negli ultimi anni ha fatto anche degli strumenti
tecnologici e della rete i propri mezzi d'azione.
17Osservando lo sviluppo dei corsi di formazione a distanza, si può notare che
esso va di pari passo con le innovazioni apportate in campo tecnologico. In un
17Eletti Valerio , Che cos’è l’ e-learning, Carocci, Roma, 2009primo momento si ebbe, quindi, la formazione attraverso la corrispondenza,
poi fu il turno della radio, un mezzo che, permetteva che potessero prendere
parte alle lezioni così tenute più individui dislocati anche a notevole distanza
fra di loro. Si ebbe così, in qualche decennio, il passaggio da una
comunicazione one-to-one ad una one-to many o few-to many. Rimase, però,
un nodo fondamentale da sciogliere, cioè la possibilità di interazione tra
discente e insegnante e tra i vari discenti, problema che non si riuscì a
risolvere usando solo supporti tecnici come la radio o il televisore anche se,
eccezionalmente, a questi mezzi veniva affiancata la possibilità di utilizzare il
telefono.
Con l'uso del televisore si entrò in quella che viene definita la formazione a
distanza di seconda generazione, che si sviluppò, quindi, dalla metà del
Novecento in poi e che verrà supportata da nuovi mezzi di comunicazione che
utilizzavano il televisore, come ad esempio il VHS o che si servivano della
rete telefonica, ad esempio telefono e fax.
L'avvento dei personal computer negli anni '80 segna un salto di qualità
sostanziale per questo tipo di didattica: si creano i presupposti per uno
sviluppo dell'apprendimento totalmente differente sia dalla didattica
tradizionale che dal tipo di formazione a distanza fino ad ora illustrato.
18L'interattività e la multimedialità travolgeranno i ruoli classici di insegnante
e alunno, soprattutto quando vi sarà il passaggio dall'offline all'online, con la
diffusione di internet. É proprio in un contesto del genere che si è avuto lo
sviluppo di quello che anni prima era stato auspicato dai costruttivisti:
l'utilizzo delle macchine per un tipo di apprendimento che prevedeva la
possibilità di collaborazione e interazione tra i diversi individui ma anche un
percorso individualizzato, improntato sulle esigenze e le pulsioni del soggetto
18Calvani, Antonio/ Rotta, Mario (2000), Fare formazione in Internet. Manuale di didatticacoinvolto. Si affermò così quel modello di didattica che verrà definito in
e-learning, cioè la formazione mediata dal web. Un tipo d'istruzione che
finalmente è riuscito a superare uno dei limiti principali che la formazione a
distanza aveva fino a quel momento avuto: la mancanza della dimensione
sociale dell'apprendimento.
Il termine è coniato anteponendo a learning (apprendimento) la e- di electronic
che contraddistingue la versione telematica di varie attività (es. mail,
e-banking, etc.). Questo sistema di apprendimento rappresenta il superamento
di quello che erano i sistemi CBT (Computer baised training), nei quali basi di
dati memorizzati su floppy-disk o cd-rom facilitavano l'apprendimento in una
situazione di distanza fisica con il docente o tutor.
Maria Ranieri definisce l'e-learning come:
l'insieme di metodologie e tecnologie che consentono di attuare percorsi di formazione
a distanza, avvalendosi prevalentemente, anche se non esclusivamente, della rete.
19Si tratta quindi di percorsi di formazione particolari in cui, a differenza della
comunicazione in praesentia o a distanza, si assiste a quella mediata dal
computer. Ma vediamo in maniera approfondita cos'è che differenzia questi
tipi di formazione e perché quella on-line è così particolare.
3. Relazioni tra formazione in praesentia/in absentia e nuove
tecnologie.
La formazione in praesentia è la più tradizionale: vi è una condivisione
spazio-temporale tra i personaggi coinvolti in questo ambiente comunicativo. Essa si
svolge in un determinato contesto, quindi, che viene condiviso tra tutti i
partecipanti ed è per questo che è caratterizzata da elementi che, invece, non
si ritrovano nei tipi di comunicazione a distanza o online. Innanzitutto un
aspetto particolare è quello legato ai codici paralinguistici (aspetto, tono
voce), alle movenze mimico-gestuali (espressioni, mimica facciale) e
prossemici (vicinanza o lontananza fisica). Questi sono tutti elementi
importantissimi in un tipo di comunicazione che avviene in presenza,
determinano il significato e modificano la percezione degli input ricevuti. Il
tipo di didattica che si attua all'interno di contesti del genere è perlopiù
rivolto a far sì che il gruppo, se si tratta di lezioni rivolte a molti e non faccia a
faccia con un singolo, interagisca e collabori; raramente, in un contesto del
genere, è possibile seguire percorsi individualizzati.
Per quel che riguarda invece i tipi di comunicazione a distanza che avvengono
con mezzi tradizionali, per intenderci quelli con i quali si effettua un tipo di
formazione a distanza che prima ho definito di prima e seconda generazione,
essi avvengono soprattutto con il supporto di materiale a stampa o
audio-visivo. In essi è prevista un'interazione dinamica tra docenti e studenti; una la
modalità di apprendimento è quindi individuale. Il soggetto è autonomo nella
scelta dei tempi e dei luoghi di erogazione della conoscenza. La caratteristica
positiva di una tale modalità è la possibilità che l'alto grado di autonomia dà a
ciascuno di scegliere i tempi e i modi che più preferisce e anche la possibilità
di seguire percorsi didattici strutturati ad hoc per le esigenze di ogni singolo.
Certamente un tale tipo di approccio rende però più soggetto a distrazioni e a
fallimenti il lavoro dell'utente che, non essendo inserito in un contesto sociale
che gli permetta di interagire o di ottenere gratificazioni, è più propenso ad
abbandonare il percorso o comunque a compierlo con tempi più lunghi e a
volte con risultati meno efficaci (e-dropouts).
L'ultimo tipo di comunicazione è quella che maggiormente c'interessa e che
negli ultimi anni ha avuto maggiori consensi: è la comunicazione mediata dal
computer. Numerose sono le peculiarità di questo settore che lo rendono così
apprezzato. La caratteristica fondamentale è la possibilità di essere svincolati
dalla necessità di una condivisione fisica spazio-temporale, ma il pregio è che
in ogni caso la condivisione e l'interazione tra i soggetti coinvolti avviene
comunque in uno spazio comune, seppur virtuale. Questo approccio necessita
di strumenti particolari in grado di supportarlo, in particolare di un personal
computer e, quindi, di competenze specifiche per il suo utilizzo e della
possibilità che esso sia collegato ad una rete internet. S'instaura tra i
partecipanti a questo processo formativo un rapporto di interazione
reciproca, e con il docente-tutor, che consente di trasferire le caratteristiche
positive della comunicazione in presenza, in questo nuovo tipo di relazione.
Mancano, certamente, tutti quegli elementi prossemici fondamentali in una
comunicazione in praesentia ma s'instaura un clima di appartenenza sociale e
di partecipazione ad una comunità che permette all'utente di contribuire allo
scambio comunicativo nel migliore dei modi e in maniera dinamica.
L'indipendenza spazio-temporale accresce la possibilità che possano
partecipare a questi piani formativi anche soggetti che non potrebbero invece,
per motivi ad esempio lavorativi o logistici, partecipare ad una interazione
didattica tradizionale.
Vista la sempre maggior diffusione di questo tipo di formazione, vari sono gli
studiosi che si sono occupati dell'e-learning e che hanno cercato di
individuarne le tipologie o le caratteristiche. Molti di questi studiosi partono
dall'assunto che, in realtà, non è corretto parlare di e-learning come se ci si
riferisse ad un approccio singolo, che non presenta al suo interno varie
sfaccettature.
Nei primi anni del XXI secolo, in particolare, ritroviamo le teorie di Robin
Mason
20e Sandra Bellier formulate rispettivamente nel 1998 (revisionata poi
nel 2002) e nel 2001. Per Robin Mason, esperta internazionale di educazione
online e a distanza, docente e ricercatrice alla Open University's Masters in
Online and Distance Education, bisogna distinguere tra tre tipi di
e-learning
21:
•
content and support model: questo è il tipo di e-learning che,
secondo la teorie della Mason, si è sviluppato per primo ed è inoltre
il più diffuso e il più economico. Si basa sulla separazione tra i
contenuti del corso (spesso materiali stampati o pagine web) e sul
supporto di un tutor (che avviene per e-mail o computer conferencing).
In questo modello non più del 20% del tempo di studio degli
studenti è rappresentato da attività online e inoltre fondamentale è la
distinzione tra contenuto e supporto;
•
wrap around model: consiste in una combinazione di attività in rete,
discussioni e attività on-line con libri, cd-rom e tutoriali. Viene
definito un modello 50/50 poiché le interazioni online e le
discussioni occupano lo stesso tempo dello studio individuale per lo
studente. Questo è un modello che tende a responsabilizzare e a
fornire maggiore libertà all'iniziativa dei soggetti coinvolti. Il ruolo
del tutor o dell'insegnante è più disteso rispetto a quello da lui
ricoperto nel primo modello perché vi è maggiore interazione con
gli studenti e spesso le varie tappe del corso vengono stabilite in
corso d'opera attraverso le discussioni e le attività che avvengono in
tempo reale online, il ruolo del docente è, quindi, quello di
facilitatore;
•
Integrated model: il corso consiste in attività collaborative in piccoli
gruppi. Il nucleo della attività si svolge online attraverso discussioni e
l'utilizzo di contenuti fluidi e dinamici. In questo modello sono quasi
nulle le distinzioni tra contenuto e supporto poiché il contenuto
nasce dell'interazione della learning community che viene animata e
moderata dall'intervento del tutor/docente.
Nel 2002 questa teoria subì una revisione da parte della sua stessa ideatrice.
La Mason infatti riformulò il tutto allargando la sua prospettiva in base alle
evoluzioni che in quei quattro anni si erano avute nell'e-learning e
distinguendo tra:
22•
Web based training: usato nella formazione industriale e basato
sull'erogazione di materiale con un'interazione tra tutor e utenti quasi
pari a zero;
•
Supported on-line learning: vi è profonda interazione con il tutor e
all'interno della stessa community learning; forte è quindi la
collaborazione all'interno del gruppo. Per permettere ciò vengono
utilizzati strumenti quali la posta elettronica, le chat o i forum. Il tutto
non avviene però solo online: si ha, infatti, la possibilità di incontri
periodici faccia a faccia con il tutor e altri tipi di supporto.
•
Informal e-learning: è un tipo di interazione tra pari che avviene al
di fuori di un corso di apprendimento istituzionale, ad esempio si basa
sulla condivisione di saperi e esperienze tra colleghi.
Vi è anche un'altra studiosa Sandra Bellier che propone una distinzione
interessante tra le varie tipologie di e-learning e arriva a distinguere cinque
modalità di e-learning.
in tutti i processi che caratterizzano il corso online: dall'iscrizione al
suo accesso ai contenuti.
•
A distanza ma con il supporto di un tutor: l'apprendimento è sì
a distanza ma i soggetti coinvolti vengono seguiti individualmente da
un tutor che si avvale di vari strumenti e procedure come chat, posta
elettronica o forum.
•
Misto distanza/presenza con auto-formazione a distanza: vi
è formazione a distanza ma periodicamente vi è l'organizzazione di
incontri in praesentia. Abbiamo, quindi, sia la presenza di
auto-formazione a distanza col supporto di un tutor che si occupa di ciascun
partecipante individualmente, sia l'interazione online tra il gruppo e
l'attivazione di interazioni fisiche.
•
Misto distanza/presenza con attività complementari a
distanza: il corso di apprendimento è strutturato in modo che le
attività avvengano perlopiù in presenza e le attività a distanza vengono
viste come complementari. L'impronta del corso è quindi piuttosto
tradizionale ma vi è il supporto di materiale tecnologico.
•
Lavoro collaborativo a distanza: si ha ad esempio all'interno di un
forum o di una chat in cui vi è uno scambio di sapere e quindi si attua
un processo di apprendimento condiviso. Il tutor modera ma non
controlla e non interferisce con i contenuti proposti.
Non è un mistero che non molto tempo fa fosse il tipo di formazione
in
praesentia a venire considerato la soluzione formativa più efficace, l'unica
degna di essere presa in considerazione. Oggi, invece, si ritiene che la
formazione in e-learning abbia la stessa validità di quella tradizionale e anzi
che le due modalità siano complementari. Molte sono le ragioni che hanno
contribuito alla diffusione di questo nuovo approccio nei confronti della
modalità didattica in e-learning e in blended learning. Innanzitutto questo è
un campo che tocca ambiti formativi diversi perché si fa formazione online a
vari target: dai bambini ai dipendenti di un'azienda sottoposti a cicli di
formazione periodici, quindi, come prima motivazione possiamo ritrovare la
molteplicità degli utenti ai quali essa è e può essere rivolta. Gli esperti del
settore individuano, però, altre ragioni per cui comunque negli ultimi anni si
è avuta una massiccia diffusione di questo tipo di insegnamento.
Il cambiamento della società è stato radicale negli ultimi decenni: la
globalizzazione dei mercati, la diffusione delle nuove tecnologie
dell'informazione e la diffusione dell'economia dell'informazione, hanno
contribuito alla necessità di incrementare i momenti di formazione, tanto che
oggi si parla di lifelong-learning, formazione costante, durante tutto l'arco della
vita ed ininterrotta. Per far fronte a questa necessità di dosi imponenti e
costanti di formazione in tutti gli ambiti della vita sociale, è stato naturale che
venissero favoriti quei settori che maggiormente potevano permettere un tipo
di apprendimento svincolato dalle categorie spazio-temporali. Ma trattiamo,
anche se brevemente, in maniera più dettagliata le prerogative di un tal tipo di
proposta formativa. Questi sono gli aspetti messi in evidenza dallo studio di
Monica Banzato ( 2002)
23:
•
Costi: permette una notevole diminuzione dei costi di comunicazione
rispetto ai mezzi tradizionali, poiché un fattore come quello della
distanza non contribuisce a determinarli.
•
Continuità: l'efficacia didattica è dimostrata dalla continuità tra
momenti di studio individuale e di confronto tra studenti e tutor che
all'interno del gruppo di apprendenti.
•
Comunicazione dinamica e flessibile
: i maggiori benefici dipendono dalla
capacità di realizzare nuove forme di interazione più dinamiche e
flessibili.
•
Quale tipo di apprendimento?: Queste dinamiche creano condizioni
favorevoli e necessarie per un apprendimento basato sulle dinamiche di
interazione fra gli attori del processo formativo. Studenti e docenti si
scambiano informazioni, si confrontano sugli argomenti e rafforzano
l'apprendimento in una logica di condivisione.
•
Superamento delle distanze non solo fisiche ma anche sociali: vengono
superate le distanze che separano il singolo studente dalle altre
componenti del corso che caratterizzano il processo formativo,
distanze intese non solo in senso geografico ma anche socio-cognitivo.
•
Accesso alle risorse informative e umane: la formazione in rete permette
l'accesso alle sorgenti d'informazione e ai luoghi deputati alla
produzione del sapere; vi è la possibilità di accesso sia alle risorse
umane (esperti, docenti) che alle risorse informative (banche dati).
•
Materiali di studio: diversamente dai corsi tradizionali, i corsi online
non dipendono esclusivamente dai materiali di studio. È normale che
vi siano materiali simili a libri o manuali, ma solo una parte della
formazione dipende da essi.
•
Flessibilità: i corsi online si adattano e modificano in base alle necessità
didattiche e metodologiche del corso.
è la possibilità di adattare la proposta formativa attraverso un'efficace
comunicazione a più livelli. L'interazione tra gli studenti e tra questi e
il tutor permette a quest'ultimo di monitorare/aggiornare in tempo
reale sia lo stato di avanzamento del corso sia il processo di
acquisizione delle conoscenze da parte di ogni partecipante. Questo
era uno di quei fattori ritenuti fondamentali nel tipo di formazione in
presenza.
•
Valutazione in itinere: l'interazione permette una valutazione in itinere
del corso, permettendo al docente di modificare, rinforzare e
modellare l'intervento didattico formativo sulle esigenze dei
partecipanti che giornalmente possono essere rilevate dalle discussioni
che si svolgono in rete.
•
Verba volant scripta manent: dover comunicare per via testuale in tempi
differiti richiede uno sforzo di sintesi e di chiarificazione maggiore
rispetto a una comunicazione orale e in presenza. I contributi degli
studenti diventano un importante strumento di valutazione.
•
Difficoltà intrinseche: la valutazione del corso è un aspetto molto
delicato. È possibile reperire tutto il materiale agevolmente ma difficile
rimane il processo di valutazione.
•
Metodi qualitativi e quantitativi: la valutazione si basa su metodi sia
quantitativi (quantità documenti prodotti) che qualitativi (qualità dei
documenti prodotti).
•
Aspetti non risolti: il controllo costante permette di avviare in qualsiasi
momento percorsi d'insegnamento e attività di recupero,
consolidamento e potenziamento delle conoscenze.
A questi elementi se ne aggiungono altri che costituiscono un ulteriore valore.
L'interfaccia grafica permette di realizzare ambienti di apprendimento
dinamici attraverso la comunicazione non solo in forma scritta ma con
l'utilizzo di messaggi audio, filmati etc.; vi è, inoltre, la possibilità di un
aggiornamento continuo dei processi di apprendimento e degli obiettivi.
4. Che cos'è il blended learning?
Il processo formativo che più ha trovato sostenitori è quello in modalità
blended learning; attraverso la sua attuazione si consente che a tutti i fattori
positivi legati alla formazione a distanza si aggiungano le peculiarità che
facevano parte della formazione tradizionale, cioè un ravvicinato rapporto con
il formatore, che fornisce input e supporto continuo. È per questo che per
quel che riguarda l'erogazione di attività educative a distanza, un tipo di
strategia che viene ritenuto molto proficuo è quello misto.
La modalità blended consente un risparmio notevole in termini di costi. È
più dispendioso, infatti, progettare e organizzare un percorso completamente
online che uno in cui a determinate problematiche si può sopperire
attraverso l'integrazione di soluzioni normalmente previste da un tipo di
didattica tradizionale. Oltre al risparmio in termini monetari, vi è anche un
notevole risparmio nei tempi non solo nella fase di progettazione, ma anche in
quella di studio, poiché il contatto con il formatore incentiva il discente a
migliorare le sue performance anche online: questa sensazione di controllo,
ma anche di continua relazione con il gruppo incrementa la voglia dello
studente di riuscire nel migliore dei modi nelle attività didattiche. Un
sostanziale e rilevante valore aggiunto è, quindi, insito nella possibilità che il
discente ha di non sentirsi alienato e isolato, come quando viene inserito in un
sistema individuale di formazione, ma parte integrante di un sistema che
costituisce una vera e propria esperienza sociale che lo sprona a rendere al
massimo delle sue capacità. Elemento di sostanziale importanza in una
modalità di apprendimento in blended-learning è quindi il docente: è da
questa figura e dall'interazione con essa che dipende il grado di successo o
insuccesso del processo di formazione poiché sono gli input trasmessi da
quest'ultimo che riescono o meno a coinvolgere il gruppo e il singolo
soggetto. È per questa ragione che molteplici sono i compiti che egli deve
ricoprire: valutare i risultati ottenuti, proporre strategie di studio, supportare
lo studente nella risoluzione di eventuali problemi nonché orientare l'attività.
Per svolgere queste attività è fondamentale che egli abbia delle capacità
precise: è indispensabile che conosca le piattaforme e-learning, i sistemi di
comunicazione e le strategie di progettazione pedagogica di un tale tipo di
corso. È indispensabile inoltre la capacità di lavorare in team e di riuscire ad
essere a disposizione degli studenti quotidianamente, agendo in maniera
dinamica e creativa, riuscendo, quindi, a incentivare e assecondare gli stimoli
che provengono dai partecipanti.
Un testo molto importante, che testimonia come in effetti l'idea
dell'importanza dei mezzi tecnologici e in particolare dei computer
nell'insegnamento delle lingue fosse ormai riconosciuto a livello mondiale già
negli anni '80, è quello che venne pubblicato nel 1984 da John Higgins e Tom
Johns
24nel 1984 in Inghilterra, dal titolo Computers in language learning.
Questo testo ebbe notevole impatto nel settore didattico ma venne anche
molto apprezzato perché, pur riconoscendo l'importanza della possibilità di
applicazione educativa dei nuovi home e personal computer nella didattica delle
lingue, proponeva un equilibrio tra il tipo d'insegnamento tradizionale e
quello con supporto tecnologico. Il ruolo dell'insegnante in presenza veniva,
infatti, ritenuto insostituibile ma si riconosceva la possibilità, attraverso l'uso
di programmi anche molto semplici e poco costosi, di avere moltissime
attività utili ed efficaci.
Molte sono infatti le attività multimediali che rendono questi strumenti utili
nelle classi di lingue grazie agli stimoli che da essi vengono offerti agli
studenti. Le attività linguistiche che, in effetti, possono essere svolte
attraverso il loro utilizzo sono molteplici e soprattutto alla portata di tutti ed
eseguibili in qualsiasi luogo e in totale autonomia temporale, svincolati da
luoghi fisici quali, ad esempio, i laboratori linguistici. Da attività di ascolto a
comprensioni di testi scritti o orali, ad esercizi legati alla fonologia e alla
pronuncia dei suoni o ad esercizi di stampo tradizionale, tutto può essere
svolto con l'aiuto di programmi ad hoc spesso anche personalizzati in base alle
esigenze di studio o ai livelli di ciascun soggetto.
Dagli elementi fin qui trattati, emerge a chiare lettere come sia diventato un
campo indispensabile e di fondamentale importanza, nella didattica delle
lingue, quello relativo all'applicazione delle tecnologie e della rete nel loro
insegnamento. Questo campo ricopre ancora più importanza nel settore
andragogico piuttosto che in quello pedagogico. L'adulto, coinvolto nella
società odierna a un processo di continua formazione o aggiornamento, ha
proprio la necessità di essere svincolato da una formazione di tipo classico che
obbliga il soggetto ad essere sottoposto a tempi e luoghi determinati.
Certamente anche gli immigrati presenti sul territorio italiano appartengono
a questa categoria di adulti che, per necessità lavorative o logistiche, necessita
e ritiene più facilmente fruibile un tipo di formazione del genere. Il settore
dell'insegnamento online delle lingue, in un contesto del genere, ha delle
peculiarità che lo rendono competitivo rispetto i corsi tradizionali. Si parla di
competitività riferendosi a ben precise caratteristiche che questi tipi di corsi
presentano:
•
Costi: molti sono i corsi online organizzati da province, regioni o
singole associazioni che sono totalmente gratuiti in rete e quindi
fruibili anche da chi verrebbe eliminato dalla possibilità di frequentare
corsi tradizionali a causa di problemi economici;
•
Tempo: i migranti a cui questi corsi sono rivolti sono di età adulta e
quindi spesso lavoratori che non hanno a disposizione tempo libero da
spendere nella frequentazione di corsi tradizionali;
•
Luogo: la possibilità di poter frequentare corsi a distanza fa sì che
anche chi, per problemi di lavoro o logistici, non può recarsi
fisicamente nei luoghi predisposti ai corsi tradizionali possa
tranquillamente frequentare corsi online direttamente da casa propria.
È per questi fattori che in rete è sempre più facile trovare corsi di lingua
italiana che si propongono di rivolgersi ad un bacino d'utenza formato dagli
stranieri e dei quali si servono per reperire materiale anche gli insegnanti che
si occupano dell'insegnamento dell'italiano come L2 agli adulti stranieri
distribuiti nel nostro territorio.
CAPITOLO 3
1. Linee guida per la costruzione di un corso d'italiano
Nella costruzione di un corso d'italiano, numerose sono le variabili che
intervengono e che determinano la struttura e le attività che in esso vengono
organizzate e in seguito proposte agli apprendenti. Il primo passo è,
certamente, cercare di individuare a quale tipo di utenti il corso propone di
rivolgersi e, prendendo in considerazione questo, è necessario che vengano
selezionate e predisposte delle attività adeguate.
Bisogna che gli esercizi offerti vengano strutturati e organizzati in modo da:
•
prendere in considerazione il livello del target prescelto (così da
evitare che lo studente in difficoltà decida di abbandonare il percorso
avviato e che quindi l'obiettivo del corso fallisca) ;
•
avere dei testi e delle modalità di esecuzione che siano di facile
comprensione per l'utente (in modo che dall'impossibilità di capirne lo
svolgimento non nasca un sentimento di scoraggiamento nei fruitori);
•
risultare coinvolgenti e interessanti;
•
permettere all'apprendente di acquisire nozioni e capacità che
incrementino il suo livello di conoscenza della lingua e che rendano
questo miglioramento percepibile e riconosciuto dagli studenti stessi,
attraverso verifiche periodiche proposte dal tutor/insegnante.
Fino a qualche decennio fa, i corsi di lingua proposti venivano organizzati
prendendo in considerazione la variabile del target per il quale il corso era
pensato, ma non vi era nessun accordo che permettesse di capire, attraverso
l'utilizzo di nozioni riconosciute internazionalmente, il livello al quale i
frequentanti del corso pervenivano una volta giunti al termine del percorso
avviato.
Per sopperire a questo stato di precarietà e per fornire delle coordinate
riconosciute a livello europeo che fornissero una griglia di riferimento alla
quale rifarsi per riconoscere il livello di conoscenza delle lingue della
comunità europea, è stato messo a punto, nel 2001, il
Common European
Framework of Reference for Languages (CEFR) conosciuto in Italia come Quadro
comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (
QCER).
2. Il Quadro europeo di riferimento per la conoscenza delle
lingue: nascita e obiettivi
L'obiettivo del QCER è stato delineato fin dalla dichiarazione d'intenti del
capitolo I del documento finale, pubblicato nel 2001, anno europeo delle
lingue, con il titolo Common European Framework of Reference for Languages:
Learning, Teaching and Assestment
(CEFR), e nella sua versione in lingua italiana
edito nel 2002 dalla “Nuova Italia” a cura del Ministero della Pubblica
Istruzione e tradotto da Daniela Bertocchi e Franca Quartapelle. Questo è
quanto viene dichiarato:
Il Quadro comune europeo di riferimento fornisce una base comune in tutta l'Europa
per l'elaborazione di programmi, linee guida curricolari, esami, libri di testo per le
lingue moderne ecc. descrive in modo esaustivo ciò che chi studia una lingua deve
imparare per usarla per comunicare e indica quali conoscenze e abilità deve sviluppare
per agire in modo efficace. La descrizione riguarda anche il contesto culturale nel quale
la lingua si situa. Inoltre il quadro di riferimento definisce i livelli di competenza che
permettono di misurare il progresso dell'apprendente a ogni stadio del percorso, nella
prospettiva dell'educazione permanente [… ] Fornendo una base comune per la
descrizione esplicita degli obiettivi, dei contenuti e dei metodi, il Quadro di riferimento
può assicurare la trasparenza dei corsi, programmi e certificazioni e favorire in tal
modo la cooperazione internazionale nel campo delle lingue moderne. L'esistenza di
criteri oggettivi per descrivere la competenza linguistica faciliterà il riconoscimento
reciproco di certificazioni ottenute in contesti di apprendimento diversi e agevolerà di
conseguenza la mobilità in Europa.
25Si è giunti alla formulazione di questo documento dopo accordi e studi durati
decenni. Il percorso di promozione dell'apprendimento e dell'insegnamento
delle lingue da parte del Consiglio d'Europa venne avviato già nel 1954,
quando venne firmata, a Parigi, la Convenzione culturale europea (alla quale
ad oggi aderiscono 50 differenti paesi)
26che prevedeva delle misure per
formare cittadini europei con un elevato grado di competenza in più lingue,
favorendo così la multiculturalità e un agevole accesso alle informazioni e alla
mobilità dovuta a motivi di studio o lavoro.
Il proposito era, inoltre, quello di incoraggiare e riformare l'insegnamento
linguistico e la formazione della classe degli insegnanti promuovendo una
metodologia coerente, centrata sull'apprendente, integrando obiettivi,
contenuti, insegnamento, apprendimento e valutazione in un approccio
armonico basato su principi comuni.
27Gli obiettivi che venivano auspicati
erano quindi la formazione di una società plurilingue e la creazione di un
approccio comune, basato su presupposti teorici comuni nei vari ambiti di
insegnamento, apprendimento e valutazione della conoscenza delle lingue.
Il primo passo che porterà alla formulazione del QCER sarà l'istituzione nel
1957, in Francia, di un comitato di esperti con il compito di pianificare
l'insegnamento delle lingue in Europa e, all'interno del Consiglio d'Europa,
della creazione del Consiglio per la cooperazione culturale che si proponeva
tre obiettivi principali:
•
promuovere la cooperazione tra sistemi educativi operanti in tale
25 Consiglio d'Europa, Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue: apprendimento,
insegnamento, valutazione , La Nuova Italia, 2002, pag.1-2