INTRODUZIONE
PROFILI COSTITUZIONALI: L'ART. 32 E I DIVERSI
SIGNIFICATI DEL DIRITTO ALLA SALUTE
Il prendersi cura dei malati nasce come manifestazione di un afflato caritatevole di matrice non soltanto religiosa ma più latu sensu filantropica. Non occorre dilungare troppo sulle prime forme di assistenza ai malati e ai bisognosi per accorgersi come in questo settore l'intervento di soggetti e istituzioni private, estranee a qualsiasi logica pubblicistica, abbia preceduto non soltanto un analogo intervento dei pubblici poteri, stato centrale e suoi organi, ma anche ogni tipo di dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Attraversando i secoli bui del Medioevo, incontriamo più ordini del monachesimo europeo che, ispirati dalla parabola del buon samaritano che si ferma a prestare aiuto a chi è rimasto ferito dalla violenza altrui, pongono come propria regola quella di prendersi cura degli infermi. Un panorama dominato dal moltiplicarsi di istituzioni private e religiose, fornitrici, per loro spontanea iniziativa, di assistenza ai bisognosi, attecchì in tutto l'Occidente diversi secoli prima che l'aiuto a combattere le infermità diventi parte di un più ampio quadro di protezione sociale in grado di assicurare tutela dalla culla alla tomba, come nelle parole di Lord Beveridge1.
L'assistenza sanitaria alla collettività è diventata infatti una funzione di pertinenza pubblica solo con la trasformazione dello Stato in senso
1 Lord William Henry Beveridge (1863-1968) è stato un economista e sociologo britannico che redasse un rapporto sulla sicurezza sociale e i servizi connessi nel 1942. Il “rapporto Beveridge” ispirò la riforma laburista dello stato sociale britannico del 1945
sociale e con la codificazione di principi che vengono trasfusi in diritti soggettivi inviolabili e fondamentali.
Nel nostro Paese, il primo riconoscimento di una concezione più ampia di sanità venne attuato con l’art. 32 della Costituzione il quale pone la salute come diritto fondamentale dell'individuo ma dà ad essa anche una forte valenza sociale dichiarandola “interesse della collettività”.
L'art. 32 recita infatti: “La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Il diritto alla salute così invocato si
inquadra nel disegno costituzionale di promozione del benessere e dello sviluppo della persona umana e presenta più di un significato. In un primo senso il diritto alla salute è preso in considerazione come un diritto soggettivo a non subire lesioni della propria integrità psico– fisica, intesa come stato di benessere complessivo della persona. In questo contesto, il diritto alla salute è riconoscibile nei rapporti pubblicistici come diritto di libertà individuale, cioè come divieto di ingerenza sullo stato psico–fisico dei singoli da parte dei pubblici poteri. Questo diritto soggettivo alla salute riguarda anche un interesse della collettività e per tanto deve necessariamente arricchirsi di contenuti ulteriori rispetto alla mera tutela dell'integrità psico-fisica dell'individuo. La tutela costituzionale dell'art. 32 deve infatti ricoprire ogni aspetto, non soltanto direttamente ma anche indirettamente, attinente alla salute dell'individuo quale, per esempio, il diritto alla salubrità dell'ambiente, all'assenza di inquinamento nell'aria, nell'acqua, nel suolo, alla protezione piena della salute nei luoghi di
lavoro. La tutela della salute come interesse della collettività è stata riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale come situazione essenziale, che si sostanzia nella <<generale e comune pretesa a condizioni di vita, di ambiente e di lavoro che non pongano a rischio il bene salute2>>.
In un secondo senso il diritto alla salute richiede per la propria tutela un intervento necessario dei pubblici poteri, in maniera diretta o indiretta, non potendo disinteressarsi della tutela dello stesso, come in parte era avvenuto in passato. Si è dunque alla presenza di un vero e proprio diritto sociale.
La qualificazione come diritto sociale del diritto alla salute discende dalla sua individuazione come diritto fondamentale degli utenti, della cui tutela si deve occupare la Repubblica o, in altre parole, l’insieme composito dei soggetti pubblici. Il costituente, così delineando i compiti della Repubblica nel campo della sanità come vere e proprie funzioni pubbliche, ha creato lo Stato sociale di diritto, in cui è lo Stato che assume in capo a se stesso una serie di compiti e di funzioni che non attengono più semplicemente a servizi di tipo economico ma anche ad altri settori.
Dalla previsione di cui all’art. 32 della Costituzione, oltre a derivare il riconoscimento della salute come diritto soggettivo pubblico, si traggono anche due principi ulteriori. In primo luogo la tutela della salute non può essere affidata solo alle dinamiche privatistiche, quindi, come era parso avvenire sino a quel momento, unicamente all’iniziativa dei privati. In secondo luogo si ha una compresenza nel sistema sanitario delle due iniziative, sia quella pubblica che quella privata.
2 Tra le varie sentenze che si esprimono in tal direzione si veda Corte Cost., 2 giugno 1994, n. 218 (sull'obbligatorietà del test HIV in situazioni di rischio) e Corte Cost., 30 dicembre 1996, num. 399 (sul fumo passivo).
Infatti, con le prescrizioni di cui all’art. 32 della Costituzione, il legislatore costituzionale, pur obbligando i pubblici poteri a farsi carico di un diritto costituzionalmente protetto quale quello alla salute, non ha voluto conferire in via esclusiva e monopolistica agli apparati pubblici la gestione dei servizi sanitari. Si deve ritenere quindi che abbia voluto consentire anche ad operatori privati la possibilità di intervenire nella gestione del servizio sanitario che si delinea, quindi, come un servizio a costituzione necessaria ma caratterizzato dalla compresenza di soggetti pubblici e privati.
Il concorso degli erogatori privati al servizio sanitario può dirsi fornito di garanzia anche in base all'operare di altre norme costituzionali. Da un lato l'art.41 sancisce come libera l'iniziativa economica privata mentre ai commi 2 e 3 prevede che tale iniziativa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana e che <<la legge determina
programmi e controlli opportuni perchè l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata a fini sociali>>; mentre dall'altro
l'art.38 sancisce la libertà dei privati nella prestazione di taluni servizi di significativa rilevanza sociale quali l'istruzione e l'assistenza3. Lo
strumento decisivo che il sistema costituzionale offre a difesa dell'intervento attivo di soggetti privati in materia di servizi pubblici è senza dubbio il principio di sussidiarietà orizzontale contenuto nel nuovo art.118, comma 4, di cui si tratterà ampiamente in seguito4. La
Costituzione dunque non impone affatto che l'erogazione delle prestazioni sanitarie sia interamente affidata ai pubblici poteri ma lascia aperta la porta anche alla possibilità di un intervento di operatori privati nelle forme e nei modi previsti dal legislatore.
3 Cfr. art.38 Cost.,ul. Comma <<l'assistenza privata è libera>> 4 V.infra cap.2.