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Capitolo III L’ambito di applicabilità dell’amministrazione straordinaria: dinamica

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Capitolo III

L’ambito

di

applicabilità

dell’amministrazione

straordinaria: dinamica

SOMMARIO: 3.1. La conversione: ratio e fondamento- 3.2. L’art. 11 del decreto legislativo n. 270/1999, la conversione a seguito dell’accoglimento dell’opposizione per mancanza dei requisiti dimensionali dell’impresa- 3.3. L’art. 35 del decreto legislativo n. 270/1999, la conversione del fallimento a seguito di accoglimento dell’opposizione- 3.4. L’art. 69 del decreto legislativo n. 270 del 1999, la conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento in corso di procedura- 3.5. Procedura con programma di ristrutturazione- 3.6. Procedura con programma di cessione- 3.7. L’art. 70 nel decreto legislativo n. 270 del 1999, la conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento al termine della procedura- 3.8. Procedura con programma di cessione dei complessi aziendali- 3.9. Procedura con programma di ristrutturazione- 3.10. L’art. 71 e l’art. 72 del decreto legislativo n. 270 del 1999- 3.11. Il gruppo di imprese: coordinamento degli artt. 69 e 70 con l’art. 87 del decreto legislativo n. 270 del 1999- 3.12. La procedura prevista dalla legge Marzano, art. 4, comma 4 della legge 18 febbraio 2004, n. 39- 3.13. Ulteriori fattispecie di conversione in fallimento dell’amministrazione straordinaria previste dalla legge Marzano, art. 4, comma 1-bis legge n. 39/2004- 3.14. Conseguenze giuridiche della conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento

3.1. La conversione: ratio e fondamento

Il termine “conversione” è un termine atecnico che descrive la trasformazione di una fattispecie in un’ altra alla scopo di conseguire un effetto diverso non consentito dalla fattispecie originaria: da una finalità conservativa del patrimonio produttivo dell’imprenditore

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insolvente, si passa ad attuare una finalità meramente liquidativa.1 Le

norme sulla conversione si collocano all’interno della disciplina della cessazione dell’amministrazione straordinaria del decreto legislativo 270/1999; la conversione può avvenire sia nel corso della procedura ( art. 69) sia al termine della stessa (art. 70). La conversione assume rilevanza in quanto è prevista come “figura autonoma di subprocedimento”, disciplinato in modo organico e concernente l’impresa in genere.

Nello studio e nella ricostruzione della conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento l’interprete ha il compito di verificare la specifica connotazione del fenomeno in esame e tener conto degli interessi in esso coinvolti. Per fare questo è opportuno partire dallo studio della ratio e del fondamento dell’istituto de quo.

La previsione legislativa della conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento costituisce una logica conseguenza del venir meno del carattere necessario ed esclusivo della prima procedura rispetto alla seconda.

L’art.1, comma 1, della legge 3 aprile 1979, n. 95 ( Legge Prodi) disponeva con tutta chiarezza che le imprese di cui all’art. 1 della legge fallimentare fossero “soggette alla procedura di amministrazione straordinaria con esclusione del fallimento” quando sussistevano l’insolvenza qualificata e i requisiti dimensionali previsti dalla medesima disposizione. La norma non ammetteva altra interpretazione se non quella della alternatività tra fallimento e vecchia amministrazione straordinaria. La procedura, quindi, contemplata

1 ALBERTO MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare,

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nella legge Prodi aveva una doppia anima, risanatoria, da un lato, e liquidatorio-satisfattiva dall’altro; circostanza, questa, che aveva alimentato il dibattito sulla natura e funzione che ruotava attorno ai due aspetti coesistenti della procedura, quello conservativo e quello liquidativo. La coesistenza di tali aspetti antitetici poneva, poi, rilevanti problemi all’interprete nella ricostruzione della disciplina positiva dell’istituto , in particolare con riferimento alla cessazione della procedura. La legge Prodi nulla disponeva espressamente in ordine alla cessazione della procedura. Anche il legislatore del 1987, pur apportando correttivi alla disciplina della chiusura, aveva fatto nuovamente ricorso alla tecnica della estensione alla amministrazione straordinaria di casi previsti per il fallimento. Da qui si erano posti problemi interpretativi con riferimento alla legge Prodi.

Il carattere necessario ed esclusivo della procedura di amministrazione straordinaria è venuto meno in seguito alla riforma, grazie all’intervento del decreto legislativo n. 270/1999. La nuova legge rappresenta, innanzitutto, una risposta alle problematiche generate dalla legge Prodi ed anche alla sua inadeguatezza rispetto ai principi comunitari in materia di aiuti di Stato.

Va sottolineato, soprattutto, il venir meno del carattere esclusivo della procedura in esame e la conseguente possibilità che ad essa siano ammesse soltanto le imprese meritevoli, quelle cioè che presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico dell’attività imprenditoriale, nelle due forme della cessione dei complessi aziendali o della ristrutturazione economica e finanziaria, sulla base di una valutazione, operata dall’autorità giudiziaria nella fase prognostica della procedura, che, in caso di esito negativo, conduce

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straordinaria e fallimento non si escludono più a vicenda ed anche la fase terminale della procedura risulta caratterizzata dall’alternatività tra chiusura e conversione in fallimento.

Nella prospettiva del tutto nuova segnata dalla legge di riforma, la conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento si presenta non soltanto come conseguenza inevitabile del fatto che le due procedure non si escludono a vicenda ma anche come fondamentale momento di bilanciamento e riequilibrio degli interessi coinvolti nella crisi della grande impresa.

La nuova procedura di amministrazione straordinaria persegue chiaramente scopi conservativi e risanatori del patrimonio produttivo, da conseguire tramite prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali. In linea con questi obiettivi programmatici, l’art. 27 precisa che il risultato cui tende la nuova procedura è rappresentato dal recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali e che tale risultato deve potersi realizzare attraverso due strade: a) un programma di cessione dei complessi aziendali, fondato sulla prosecuzione dell’esercizio dell’impresa; b) un programma di ristrutturazione economica e finanziaria. Inoltre, dal coordinamento dell’art. 27 con l’art. 30 del decreto legislativo 270/1999 emerge che, nella strategia diretta a porre rimedio alla crisi della grande impresa attraverso la previsione di diverse procedure concorsuali ( amministrazione straordinaria e fallimento), il momento del risanamento e della conservazione delle attività aziendali diventa centrale.

Prima di dichiarare il fallimento, con conseguente disgregazione del complesso produttivo, è necessario esplorare se vi siano concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico dell’impresa, intesa

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come insieme delle attività imprenditoriali. Ove queste prospettive sussistano, verrà aperta la procedura di amministrazione straordinaria e per il fallimento vi sarà spazio soltanto nel caso in cui il programma diretto a consentire il recupero dell’equilibrio economico non darà risultati ovvero si dimostrerà inidoneo allo scopo già nel corso della sua attuazione. ( art. 69 e 70 decreto legislativo n. 270/1999).

La legge di riforma tende, quindi, a salvaguardare il “bene impresa” quale entità distinta dall’imprenditore.2

3.2. L’art. 11 del decreto legislativo n. 270/1999, la conversione a

seguito dell’accoglimento dell’opposizione per mancanza dei requisiti dimensionali dell’impresa

DECRETO LEGISLATIVO N. 270 DEL 1999 Art. 11

Accoglimento dell’opposizione per mancanza dei requisiti per l’ammissione all’amministrazione straordinaria

1. L’accertamento della mancanza dei requisiti indicati nell’art. 2 non comporta la revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza.

2. Quando è passata in giudicato la sentenza che accoglie l’opposizione per tale motivo, il tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza dispone, con decreto, la conversione della procedura in fallimento, sempre che questo non sia stato già dichiarato a norma degli articoli 30, 69 e 70.

3. Si applicano le disposizioni dell’art. 71, commi 2 e 3

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L’articolo in commento disciplina uno dei possibili esiti del giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza. La particolarità della norma consiste nel fatto che all’accoglimento dell’opposizione per mancanza dei requisiti previsti dall’art. 2 non segue la revoca della sentenza dichiarativa di insolvenza, la quale mantiene fermi i suoi effetti, ma segue la “conversione della procedura in fallimento, da disporsi con decreto dello stesso tribunale.3 La norma in commento si riferisce alla mancanza dei requisiti previsti dall’art. 2, ma è da ritenere che sia sufficiente per l’accoglimento dell’opposizione anche la mancanza di uno solo dei requisiti richiesti.

Il presupposto della conversione è, qui, costituito dall’erronea apertura del procedimento riservato alle grandi imprese, avendo il tribunale provveduto alla dichiarazione dell’insolvenza ex art. 3 nonostante la mancanza dei requisiti c.d. “dimensionali” previsti dall’art. 2. Così come il mancato conseguimento dell’obiettivo del recupero dell’equilibrio economico determina la conversione in fallimento, allo stesso modo la mancanza dei requisiti dimensionali determina la trasformazione del procedimento nell’ordinaria procedura liquidatoria. La dichiarazione di fallimento quando venga riscontrato il difetto del requisito dimensionale rappresentato dal numero dei dipendenti del debitore appare in linea con la ratio della disposizione in esame e con l’idea del legislatore di riservare la procedura alle imprese di certe dimensioni. Lascia, invece, perplessi, la possibilità che la conversione in fallimento possa essere disposta solo perché sia stata accertata la

3 A cura di ANGELO CASTAGNOLA e ROBERTO SACCHI, La nuova

disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, 2000, cit., 73

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mancanza del duplice requisito dell’indebitamento proporzionale rispetto all’attivo patrimoniale e rispetto ai ricavi, previsto dall’art. 2, lett. b).

Si è , in effetti, rilevato che i parametri menzionati alla lett. b) dell’art. 2 non valgono a definire le dimensioni dell’impresa, ma rappresentano degli indicatori tecnici-economici di natura oggettiva, ai quali deve essere affidata la funzione di qualificare in termini di crisi e non di mera illiquidità o insolvenza, lo stato patologico dell’impresa costituente il presupposto per l’ammissione alla procedura riservata alle grandi imprese. Ci si deve chiedere, però, se di fronte ad una sentenza passata in giudicato che abbia accolto l’opposizione per il solo motivo costituito dalla mancanza dell’indebitamento proporzionale ex art. 2, lett. b), il tribunale debba comunque procedere alla conversione della procedura in fallimento, ovvero vi siano margini per una soluzione diversa. Va precisato che, nel sistema normativo in esame, l’accertamento dei presupposti per l’ammissione alla procedura è compiuto, con pienezza di cognizione, nel giudizio di opposizione alla sentenza che ha dichiarato lo stato di insolvenza: per cui, in sede di conversione del procedimento, non è possibile dedurre motivi che hanno formato o avrebbero dovuto formare, oggetto del menzionato giudizio. Ciò risulta anche dallo stesso art. 11 D.lgs. n. 270, secondo cui la conversione in fallimento va disposta con decreto solo dopo che si sia formato il giudicato in ordine alla inesistenza dei requisiti previsti dall’art. 2 e, per converso, in ordine all’esistenza degli altri presupposti già accertati nella sentenza dichiarativa ex art. 8, vale a dire lo stato di insolvenza dell’impresa e la qualità di imprenditore soggetto alle disposizioni sul fallimento.

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Il comma 2 dell’art. 11 prevede che la “fase diagnostica” disciplinata dal titolo II del d.lgs. n. 270/1999 venga convertita in fallimento, quando sia “passata in giudicato la sentenza che accoglie l’opposizione” .

Il tribunale, che ha dichiarato lo stato di insolvenza, dispone con decreto la conversione della procedura in fallimento “sempre che questo non sia stato già dichiarato a norma degli articoli 30, 69 e 70”. L’accoglimento dell’opposizione per i motivi di cui si discute non revoca, né sostituisce la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, provoca unicamente la emanazione del decreto di fallimento. Tale decreto deve sicuramente essere ricompreso nella categoria dei provvedimenti decisori. Il problema di maggior rilievo che la norma pone sta nella mancata previsione di qualsiasi impugnazione nei confronti del provvedimento di conversione: il rinvio operato dal comma 3 dell’art. 11 all’art. 71 d.lgs. n. 270/1999, è limitato ai soli commi 2 e 3, con esclusione dei commi 4 e 5 dell’art. 71, nei quali si prevede, per l’ipotesi di conversione della amministrazione straordinaria in fallimento, la possibilità di proporre reclamo alla Corte d’appello.

In virtù del comma 3 della norma in commento, nell’ipotesi di conversione della procedura in fallimento, si applicano le disposizioni dell’art. 71, commi 2 e 3, vale a dire: con il decreto il tribunale nomina il giudice delegato e il curatore, l’accertamento dello stato passivo prosegue “sulla base delle disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza”, il decreto è comunicato ed è affisso a norma dell’art. 8, comma 3.

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3.3. L’art. 35 del decreto legislativo n. 270 del 1999, la conversione

del fallimento a seguito dell’accoglimento dell’opposizione

DECRETO LEGISLATIVO N. 270 DEL 1999 Art. 35

La conversione del fallimento a seguito dell’accoglimento dell’opposizione

1. L’accertamento del possesso, da parte dell’impresa fallita, dei requisiti indicati dall’art. 2 non comporta la revoca della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata in base alle disposizioni della legge fallimentare.

2. Quando è passata in giudicato la sentenza che accoglie per tale motivo l’opposizione prevista dall’art. 18 della legge fallimentare, il tribunale che ha dichiarato il fallimento, ove non sia esaurita la liquidazione dell’attivo, invita con decreto il curatore a depositare in cancelleria ed a trasmettere al Ministro dell’industria entro trenta giorni una relazione contenente una valutazione motivata circa l’esistenza delle condizioni previste dall’art. 27 ai fini dell’ammissione dell’impresa fallita alla procedura di amministrazione straordinaria.

3. Il tribunale, entro trenta giorni dal deposito della relazione, con decreto motivato dispone la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, ovvero dichiara che non sussistono le condizioni per farvi luogo.

4. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 28, comma 4 e 5, 29, 30, comma 2, e 33, sostituito al commissario giudiziale il curatore.

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L’art. 35 disciplina l’ipotesi in cui l’impresa debitrice, pur avendo i requisiti dimensionali indicati nell’art. 2, sia stata ciò nonostante dichiarata fallita ai sensi delle norme fallimentari.

Nel comma 2 della norma in commento si prevede che, qualora sia stata proposta opposizione ai sensi dell’art. 18 della legge fallimentare e “per tale motivo la sentenza che accoglie l’opposizione” sia passata in giudicato, il tribunale può disporre la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria.

La conversione è, però, subordinata a due condizioni: nel momento in cui passa in giudicato la sentenza che accoglie l’opposizione non deve essere ancora esaurita, in sede fallimentare, la liquidazione dell’attivo: l’impresa deve soddisfare le condizioni previste dall’art. 27 del d.lgs. n. 270/ 1999.

Con una tecnica già utilizzata nell’art. 11 del d.lgs. n. 270/1999, l’art. 35 prevede che l’accoglimento dell’opposizione non determini la revoca della sentenza impugnata, ma provochi l’apertura di una sorta di subprocedimento, che può, ricorrendone i presupposti, sfociare nell’apertura della amministrazione straordinaria oppure chiudersi con una pronuncia nella quale il tribunale “ dichiara che non vi sono le condizioni per farvi luogo” (art. 35, comma 3).

Per quanto riguarda la procedura di conversione da seguire, il comma 2 dell’art. 35 dispone che, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che accoglie l’opposizione per la sussistenza dei requisiti previsti nell’art. 2, il tribunale deve attivare la procedura che conduce alla valutazione relativa all’ammissibilità dell’impresa alla procedura di amministrazione straordinaria, tenendo conto, però, che non venga esaurita la liquidazione dell’attivo.

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La liquidazione dell’attivo può ritenersi esaurita facendo riferimento all’art. 116, comma 1, della legge fallimentare, in cui si menziona la “ compiuta liquidazione dell’attivo”.

A tal proposito, è opportuno osservare come parte della dottrina sia incline a ricomprendere nella liquidazione dell’attivo solo le attività disciplinate dagli artt. 104-108, altra parte della dottrina ritiene, invece, che in tale fase rientrino tutte le attività giudiziali e stragiudiziali attraverso le quali si possono produrre delle attività, come la conclusione di una transazione, si parla quindi di una liquidazione in senso lato.

Una volta verificata la condizione di cui si è detto, il tribunale provvede agli adempimenti necessari per la verifica delle condizioni di apertura della procedura di amministrazione straordinaria ex artt. 28 e 29 del d.lgs. n. 270/1999.

Entro trenta giorni dal deposito della relazione del curatore, il tribunale dispone con decreto motivato la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria ovvero emette un provvedimento di tenore negativo, nel quale dichiara che non vi sono le condizioni per farvi luogo.

Il comma 4 dell’art. 35 dispone che debba essere dato avviso del deposito della relazione del curatore e che l’imprenditore insolvente, i creditori e ogni altro interessato abbiano la facoltà di prendere visione della relazione, di estrarne copia e di depositare in cancelleria osservazioni scritte; inoltre, in virtù del rinvio all’art. 29 il Ministro dell’Industria è chiamato a redigere un parere sulla relazione del curatore; ed infine contro i provvedimenti che il tribunale emette ai

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sensi del comma 3, è ammesso reclamo alla Corte d’appello nel termine di quindici giorni.4

3.4. L’art. 69 nel decreto legislativo n. 270 del 1999, la conversione

dell’amministrazione straordinaria in fallimento in corso di procedura

DECRETO LEGISLATIVO N. 270 DEL 1999 CAPO VII

CESSAZIONE DELLA PROCEDURA SEZIONE I

Conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento Art. 69

Conversione in corso di procedura

1. Qualora, in qualsiasi momento nel corso della procedura di amministrazione straordinaria, risulta che la stessa non può essere utilmente perseguita, il tribunale su richiesta del commissario straordinario o d’ufficio, dispone la conversione della procedura in fallimento.

2. Prima di presentare la richiesta di conversione, il commissario ne riferisce al Ministro dell’industria.

L’art. 69 prende in esame il caso di conversione della procedura nel corso della stessa, qualora risulti che non può più essere utilmente proseguita. Dunque l’amministrazione straordinaria cessa di rappresentare una “via senza ritorno”: il tribunale d’ufficio o su

4 A cura di ANGELO CASTAGNOLA E ROBERTO SACCHI, La nuova

disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza,2000, cit., 190 e ss.

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richiesta del commissario straordinario, il quale deve prima riferirne al Ministero dello sviluppo economico ( già Ministero delle attività produttive e prima ancora Ministero dell’industria), qualora rilevi che il prosieguo dell’amministrazione straordinaria sarebbe infruttuoso, dispone la conversione della procedura in fallimento.

Non è facile stabilire in che cosa si concreti il presupposto dell’impossibilità di proseguire utilmente l’amministrazione straordinaria, in quanto appare formulato in maniera volutamente generica e pertanto il margine di valutazione del tribunale appare ampio.

Secondo autorevole dottrina, la procedura non può essere utilmente proseguita qualora maturi la convinzione che non si possa ottenere la cessione a terzi dei complessi aziendali o la ristrutturazione dell’attività d’impresa , ovvero allorché venga a mancare la copertura finanziaria per la prosecuzione dell’attività d’impresa.

Secondo altra opinione, si deve disporre la conversione in fallimento quando si raggiunge la ragionevole certezza che il risanamento economico non è più realizzabile, quindi il presupposto oggettivo si traduce nell’impossibilità di recupero dell’equilibrio economico dell’impresa, la cui esistenza determinò l’apertura della procedura: così come l’amministrazione straordinaria non può essere disposta se non esiste una concreta prospettiva di risanamento dell’azienda, parimenti deve cessare laddove tale prospettiva venga meno, in quanto l’amministrazione straordinaria non può e non deve diventare lo strumento per sottrarre al fallimento un’impresa in decozione irreversibile.

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stato approvato tra i due previsti dall’art. 27, giacché l’utilità della prosecuzione dipende dalle finalità che la procedura si pone, sebbene tali finalità risultino sempre compendiate nel recupero dell’equilibrio economico dell’attività imprenditoriale.5

3.5. Procedura con programma di ristrutturazione

Il risultato a cui tende la procedura con programma di ristrutturazione è costituito dal recupero dell’equilibrio economico. Rapportando il termine previsto dal legislatore per l’esecuzione del programma ( due anni) con la durata media e le diverse fasi in cui si attua un piano di risanamento, tale risultato può essere individuato nel recupero di una redditività operativa positiva. Quando, alla scadenza del programma, il recupero della solvibilità non si accompagni ad un recupero della redditività si dovrebbe escludere che il risultato sia stato conseguito e quindi si dovrebbe procedere alla conversione in fallimento. Viceversa, quando vi sia stato recupero della redditività, ma non della solvibilità, sussistono non poche incertezze in ordine alla scelta tra l’alternativa secca posta dal legislatore tra chiusura della procedura con ritorno in bonis dell’imprenditore e conversione in fallimento. La valutazione prevista dall’art. 69 D.lgs. n. 270/1999 deve essere effettuata alla stregua del programma elaborato dal commissario ed autorizzato dal Ministro che rappresenta l’unico parametro in base al quale accertare la realizzabilità dell’obiettivo della ristrutturazione e quindi la possibilità di un’utile prosecuzione della procedura.

5 ALBERTO MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare,

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3.6. Procedura con programma di cessione

La valutazione della possibilità di “utile prosecuzione” dell’amministrazione straordinaria presenta , poi, delle peculiarità in caso di procedura con programma di cessione. In questo caso, la funzione conservativa della procedura riguarda essenzialmente l’impresa come struttura aziendale. Scopo del programma di cessione è quello della conservazione dell’utilità economico-funzionale dei complessi aziendali, trasferendone la titolarità a terzi che siano in grado di garantire la prosecuzione dell’attività e il recupero dell’equilibrio economico. Tale programma assume, quindi, anche un carattere liquidatorio, nel cui ambito la finalità del recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali assume anche un carattere tendenzialmente liquidatorio, nel cui ambito la finalità del recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali viene proiettata soprattutto in capo all’eventuale acquirente dell’azienda. In questa prospettiva, il metro per valutare il conseguimento dell’obiettivo è indicato dalla legge nella realizzazione della cessione integrale, relativa cioè a tutti i beni ricompresi nel programma.

Da ciò, si deduce che non vi siano più possibilità di utile prosecuzione quando sussistano elementi certi ed oggettivi da cui risulti che la cessione non sia più realizzabile. Anche qui, il concreto parametro alla stregua del quale compiere tale accertamento è chiaramente costituito dal programma elaborato dal commissario straordinario ed autorizzato dal ministro. La realizzazione dell’obiettivo della cessione integrale costituisce espressamente il metro per valutare la buona riuscita dell’amministrazione straordinaria. Nell’ambito del contenuto del

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indicazioni relative alle modalità della cessione rispetto alle previsioni economiche e finanziarie connesse alla prosecuzione dell’esercizio dell’impresa.6

3.7. L’art. 70 nel decreto legislativo n. 270 del 1999, la conversione

dell’amministrazione straordinaria in fallimento al termine della procedura

DECRETO LEGISLATIVO N. 270 DEL 1999 CAPO VII

CESSAZIONE DELLA PROCEDURA SEZIONE I

Conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento Art. 70

Conversione al termine della procedura

1. Il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d’ufficio, dispone la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento:

a) quando, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, tale cessione non sia ancora avvenuta, in tutto o in parte, alla scadenza del programma, salvo quanto previsto dall’articolo 66;

b) quando, essendo stato autorizzato un programma di ristrutturazione, l’imprenditore non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni alla scadenza del programma.

6 ROBERTO MARTINO, La conversione della amministrazione straordinaria in

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Ai sensi dell’art. 70 del decreto legislativo n. 270 del 1999, la conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento può essere disposta al termine della procedura, vale a dire alla scadenza del programma: a) se è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, quando tale cessione non è avvenuta, in tutto o in parte, nel termine annuale, eventualmente prorogato ai sensi dell’art. 66; b) se è stato autorizzato un programma di ristrutturazione , quando nel termine biennale l’imprenditore insolvente non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Parallelamente, l’art. 74, comma 1 lett. b), D.lgs. n. 270/1999 prevede che la procedura debba chiudersi, con ritorno in bonis dell’imprenditore, quando la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni sia stata recuperata anche prima del termine di scadenza del programma.

3.8. Procedura con programma di cessione dei complessi aziendali

Quando nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria viene autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali tramite prosecuzione dell’esercizio dell’impresa per un periodo non superiore ad un anno la conversione in fallimento è disposta ove tale cessione non sia ancora avvenuta, in tutto o in parte, salvo quanto disposto dall’art. 66 . Quest’ultima disposizione contempla la possibilità che il termine di scadenza del programma, pari ad un anno, possa essere prorogato per una sola volta e per un periodo non superiore a tre mesi, quando alla scadenza la cessione dei complessi aziendali non sia ancora avvenuta, in tutto o in parte, ma risultano in

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Il metro per valutare il conseguimento del risultato è quindi costituito dalla realizzazione della cessione programmata nel termine stabilito, eventualmente prorogato. Ciò è dovuto al fatto che nella procedura con programma di cessione la finalità conservativa dell’amministrazione straordinaria riguarda essenzialmente il patrimonio produttivo, in quanto la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa è evidentemente finalizzata a favorire la più conveniente alienazione dei complessi aziendali o, più semplicemente, della singola azienda.

Il metro di valutazione del conseguimento del risultato è, dunque, innanzitutto quello della realizzazione della cessione nel termine annuale, eventualmente prorogato. L’art. 70, lett. a) usa al riguardo una formula non del tutto chiara, riferendosi alla circostanza che la cessione dei complessi aziendali “non sia ancora avvenuta in tutto o in parte”. Tale formula potrebbe far pensare che anche una esecuzione parziale del programma di cessione sia tale da impedire la conversione in fallimento.

Dall’art. 66 del D.lgs. n. 270 del 1999 risulta che il programma deve essere realizzato entro rigidi limiti temporali, dato che il termine annuale può essere prorogato per una sola volta e per non più di tre mesi. Quindi, una volta scaduti il termine e l’eventuale proroga, la procedura non può continuare senza limiti temporali in attesa della cessione. Viceversa, quando è avvenuta la cessione integrale dei complessi aziendali secondo il programma autorizzato viene dichiarata la cessione dell’esercizio di impresa e la procedura di amministrazione straordinaria continua come procedura concorsuale liquidatoria. Conseguentemente, la scadenza del termine previsto per l’attuazione del programma di cessione, eventualmente prorogato,

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acquista un ruolo decisivo relativamente alle prospettive di sviluppo della procedura: ove nel termine si sia realizzata la cessione integrale la procedura prosegue con finalità liquidatorie; ove tale cessione non si sia realizzata, la procedura non può proseguire in attesa della cessione e quindi se ne deve disporre la conversione in fallimento. In definitiva l’art. 70 si riferisce ad una cessione dei complessi aziendali che può essere parziale, se considerata con riferimento all’intero patrimonio produttivo dell’impresa al momento dell’apertura della procedura, ma deve essere sempre totale, se considerata con riferimento ai beni aziendali ricompresi nel programma di cessione. La realizzazione del programma di cessione, quindi, costituisce l’elemento discriminante tra prosecuzione della procedura con finalità esclusivamente liquidatorie e conversione della stessa in fallimento. Una volta assodato che, ai sensi dell’art. 70, lett. a), D.lgs. n. 270/1999, la conversione in fallimento va disposta quando, alla scadenza del programma, non sia stata realizzata la cessione di tutti i beni aziendali in esso ricompresi, bisogna prendere in considerazione una problematica ulteriore.

Il legislatore delegato ha in teso disciplinare la fase terminale della procedura di amministrazione straordinaria sulla base di una impostazione che contempla l’alternatività tra chiusura e conversione in fallimento. Il coordinamento della disciplina in tema di conversione con quella in tema di chiusura ,prevista all’art. 74, si presenta in molti casi problematico. Il dato che se ne ricava è che la mancata realizzazione del programma non conduce inevitabilmente alla conversione in fallimento, nel caso in cui si verifichino alcune delle

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ipotesi ex art. 74, in presenza delle quali il tribunale deve disporre la chiusura del fallimento.7

3.9. Procedura con programma di ristrutturazione

Prendendo in considerazione la seconda ipotesi disciplinata dall’art. 70 lett. b), emergono delle dissonanze rispetto all’art. 27 del D.lgs. n. 270 del 1999.

Secondo quest’ultima disposizione il risultato a cui tende l’amministrazione straordinaria consiste nel “recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali” e va perseguito tramite la “ristrutturazione economica e finanziaria” dell’impresa sulla base di un programma di risanamento. Il risultato del programma di risanamento consiste appunto nel recupero dell’equilibrio economico, cioè della redditività dell’impresa.

Tuttavia, l’art. 70 lett. b) D.lgs. n. 270/1999 prevede che la conversione in fallimento venga disposta quando l’imprenditore non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le obbligazioni alla scadenza del programma. La valutazione del conseguimento del risultato cui tende il programma di risanamento dovrebbe, quindi, essere compiuta secondo un metro diverso costituito dal recupero della solvibilità, da intendersi, secondo la lettera della legge, come possibilità dell’integrale soddisfacimento delle ragioni dei creditori.

7 Tra le ipotesi contemplate all’art. 74 del decreto legislativo n. 270 del 1999,

quelle che destano maggiori problemi di coordinamento sembrano essere, da un lato, il recupero della capacità di soddisfare le obbligazioni r , dall’altro, l’eliminazione del passivo mediante pagamento integrale o estinzione in altro modo dei debiti ammessi. In questi casi sembra preferibile la chiusura della procedura.

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La discrasia tra obiettivo del programma di ristrutturazione ( recupero dell’equilibrio economico) e metro per valutare il suo conseguimento ( recupero della solvibilità) appare evidente. Tale discrasia pone il grave problema se procedere o meno alla conversione in fallimento nel caso in cui il recupero della redditività non si accompagni al recupero della solvibilità e viceversa.

I problemi possono sorgere quando alla scadenza del programma di risanamento risulti che l’impresa abbia recuperato, quanto meno, una redditività operativa positiva, riequilibrando costi e ricavi relativi alla sua attività ordinaria e caratteristica, ma non abbia recuperato la solvibilità.

Parte delle dottrina ritiene che la lettera dell’art. 70, lett. b) del decreto legislativo n. 270 del 1999 non lascia spazio ad una soluzione diversa dalla conversione in fallimento.

La conclusione per cui il recupero della redditività operativa dell’impresa esclude la conversione in fallimento consente di coerenziare l’apertura del fallimento per conversione con l’apertura del fallimento nella fase prodromica della procedura. Nella fase prognostica che segue alla dichiarazione di insolvenza il tribunale deve procedere all’apertura dell’amministrazione straordinaria se sussistono concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico, in caso contrario deve invece procedere all’apertura del fallimento. Dalla disciplina della fase prognostica discendono due considerazioni: 1) il presupposto della nuova procedura non può consistere nel mero fatto esteriore della cessazione dei pagamenti, ma in uno stato di crisi dell’impresa. Tale crisi può essere reversibile e quindi consentire di procedere tramite l’amministrazione straordinaria, oppure può essere

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2) nel caso in cui l’amministrazione straordinaria sia stata aperta e nel biennio abbia condotto al recupero della redditività sul piano economico, la conversione del fallimento si porrebbe in netta contraddizione proprio con l’impostazione delle disposizioni sopra menzionate.

Il legislatore ha, però, ritenuto che la tutela degli interessi pubblicistici legati alla conservazione dell’impresa potesse imporre il sacrificio degli interessi del ceto creditorio soltanto entro un certo periodo di tempo limitato.

Se, alla scadenza del programma, non vi sia stato recupero della solvibilità, la tutela dei creditori alla soddisfazione paritaria delle obbligazioni imporrebbe l’apertura del fallimento, anche ove l’azione di risanamento abbia conseguito lo scopo del recupero di una redditività positiva.

Ove sia stata recuperata la redditività ma non la capacità di fronteggiare l’esposizione debitoria, al rientro dell’impresa sul mercato potrebbe seguire l’immediata ripresa delle azioni esecutive, dei procedimenti ingiunzionali ecc. In tal caso, verrebbe subito compromesso il risultato conseguito con il programma di risanamento.

3.10. L’art. 71 e l’art. 72 del decreto legislativo n. 270 del 1999

DECRETO LEGISLATIVO N. 270 DEL 1999 CAPO VII

CESSAZIONE DELLA PROCEDURA SEZIONE I

Conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento Art. 71

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Decreto di conversione

1. La conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento, a norma degli articoli 69 e 70, è disposto dal tribunale con decreto motivato, sentiti il Ministro dell’Industria, il commissario straordinario e l’imprenditore dichiarato insolvente.

2. Con il decreto il tribunale nomina il giudice delegato per la procedura e il curatore; a seguito di esso cessano le funzioni del commissario straordinario e del comitato di sorveglianza. L’accertamento dello stato passivo, se non esaurito, prosegue sulla base delle disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.

3. Il decreto è comunicato e affisso a norma dell’articolo 8, comma 3. 4. Contro il decreto che dispone la conversione o rigetta la richiesta del commissario straordinario chiunque vi abbia interesse può proporre reclamo alla Corte d’appello nel termine di quindici giorni. Il termine decorre, per l’imprenditore insolvente e il commissario straordinario, dalla comunicazione del decreto e , per ogni altro interessato, dalla sua affissione.

5. La corte provvede in camera di consiglio, sentiti il commissario straordinario, l’imprenditore e il reclamante. Il decreto che accoglie il reclamo è comunicato e affisso a norma del comma 3.

Art. 72

Applicazione delle disposizioni relative alla chiusura

1. In tutti i casi in cui è disposta la conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento, il commissario straordinario presenta il bilancio della procedura con il conto della gestione a norma

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Gli articoli 71 e 72 si occupano dei profili procedurali della conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento, al verificarsi di una qualsiasi delle condizioni contemplate dagli articoli 69 e 70. In tutti i casi in cui viene disposta la conversione, il relativo decreto attua il passaggio da una procedura amministrativa ad una procedura giudiziaria.

Questo è uno dei momenti in cui si attua una delle direttrici fondamentali della legge: il contemperamento dei poteri discrezionali dell’autorità amministrativa con il riconoscimento di un più significativo ruolo dell’autorità giudiziaria, cui vengono riservate le decisioni fondamentali in tema di accesso, utile proseguibilità e cessazione dell’amministrazione straordinaria.

In entrambe le ipotesi degli articoli 69 e 70, la conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento avviene mediante decreto motivato pronunciato dal tribunale su richiesta del commissario straordinario o anche d’ufficio. Tale provvedimento può essere pronunciato solamente dopo che si è dato modo all’imprenditore di esporre le proprie osservazioni ed obiezioni. Necessario è altresì il parere del Ministro dello sviluppo economico ( prima Ministero delle attività produttive e prima ancora Ministero dell’industria) e del commissario straordinario. Trattandosi di provvedimento pronunciato in camera di consiglio, il tribunale può disporre l’assunzione delle informazioni a norma dell’art. 738 c.p.c. La dottrina si è domandata entro quali limiti il tribunale possa disporre accertamenti istruttori prima di emettere il provvedimento: gli elementi di valutazione sono forniti principalmente dalle relazioni del commissario; tuttavia, sebbene l’art. 71 non contempli esplicitamente

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la possibilità per il tribunale di disporre accertamenti istruttori, tutti gli elementi necessari per una corretta valutazione in merito all’esistenza dei presupposti della conversione devono comunque essere acquisiti, anche al di là di quanto indicato dal commissario.

Il tribunale è chiamato a compiere una valutazione complessiva della situazione, che coinvolge profili giuridici e tecnico-contabili-aziendali8.

Il tribunale dovrebbe basare la propria decisione soprattutto sulla consulenza tecnica, al fine di verificare le analisi fatte dal commissario.

Il decreto deve essere motivato e deve avere lo stesso contenuto della sentenza con cui il tribunale dichiara il fallimento dell’imprenditore insolvente: con il decreto, il tribunale nomina il giudice delegato per la procedura e il curatore, cessano le funzioni del comitato di sorveglianza e del commissario straordinario. Ovviamente la successione del curatore al commissario riguarda anche le vicende processuali pendenti.

Con il decreto di conversione si produrranno tutti gli effetti propri della sentenza dichiarativa dello stato di fallimento che non siano già prodotti con l’ammissione alla amministrazione straordinaria.

Qualora non sia terminato, l’accertamento del passivo prosegue in conformità a quanto previsto nella sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.

Un ulteriore effetto del decreto di conversione è la cessazione dell’esercizio dell’impresa, che era proseguito senza soluzione di continuità dopo l’accertamento dello stato di insolvenza.

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Il decreto è comunicato e affisso a norma dell’art. 8, cui si rinvia. La procedura per l’adozione del decreto è quella camerale e difatti contro tale provvedimento, sia che disponga la conversione sia che rigetti la richiesta, chiunque vi abbia interesse può proporre reclamo alla Corte d’appello entro il termine perentorio di quindici giorni. La legittimazione spetta, quindi, a chiunque abbia un interesse giuridico ad impugnare il decreto che accoglie ovvero respinge la richiesta di conversione.

Il termine di quindici giorni decorre, per l’imprenditore e per il commissario, dalla comunicazione del decreto e, per ogni altro interessato, dalla sua affissione.

La Corte d’appello provvede in camera di consiglio, garantendo il pieno contraddittorio fra i soggetti interessati e pertanto sentendo il commissario, l’imprenditore de il reclamante. Al procedimento deve partecipare anche il curatore.

Nel caso in cui il decreto accolga il reclamo, produrrà l’inefficacia del decreto di conversione, per cui andranno ripristinati nelle loro funzioni gli organi dell’amministrazione straordinaria.

Ogni qual volta venga disposta la conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento, dato che cessano gli organi della procedura amministrativa e vengono nominati quelli della procedura giurisdizionale, il commissario straordinario è tenuto a presentare il bilancio con il conto della gestione a norma dell’art. 75 che disciplina il bilancio finale della procedura e il rendiconto del commissario straordinario in caso di chiusura della procedura.

In particolare, il commissario straordinario sottopone al Ministro per lo Sviluppo Economico il bilancio finale della procedura con il conto della gestione, insieme ad una relazione del comitato di sorveglianza,

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affinché, esaurita una fase della procedura, L’amministrazione possa essere sottoposta al vaglio degli interessati.

Il Ministro ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale e liquida il compenso al commissario. All’imprenditore insolvente viene comunicato un avviso dell’avvenuto deposito, avviso che viene inoltre affisso entro tre gironi. Gli interessati possono proporre eventuali contestazioni nel termine di venti giorni con ricorso al tribunale. Decorso tale termine, il bilancio ed il conto della gestione si intendono approvati.

3.11. Il gruppo di imprese: coordinamento degli artt. 69 e 70 con

l’art. 87 del decreto legislativo n. 270 del 1999

DECRETO LEGISLATIVO N. 270 DEL 1999 Art. 87

Conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento

1. La conversione in fallimento e la chiusura della procedura madre a norma degli articoli 11, 69, 70 e 74, comma 1, determinano la conversione in fallimento della procedura di amministrazione straordinaria delle imprese del gruppo in rapporto alle quali non sussistono le condizioni previste dall’articolo 27.

Nell’ambito della peculiare disciplina dedicata al gruppo di imprese, la legge detta un’apposita disposizione che incide sul tema in esame. La disposizione si spiega in ragione della particolare disciplina dettata dalla legge, per cui l’apertura dell’amministrazione straordinaria relativa ad un’impresa che abbia i requisiti previsti dall’art. 2 e

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l’estensione dell’amministrazione straordinaria alle altre imprese del gruppo che siano assoggettabili a fallimento e si trovino in stato di insolvenza, anche nel caso in cui non presentino i c.d. requisiti dimensionali previsti dall’art. 2.

L’estensione dell’amministrazione straordinaria alle altre imprese insolventi del gruppo è consentita, in via alternativa, quando l’impresa presenti concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico ai sensi dell’art. 27 D.lgs. n. 270/1999 o quando risulti opportuna la gestione unitaria dell’insolvenza nell’ambito del gruppo in quanto idonea ad agevolare, per i collegamenti di natura economica e produttiva esistenti tra le singole imprese, il raggiungimento degli obiettivi della procedura ( art. 81, comma 2 D.lgs. 270/1999). Ai sensi dell’art. 87 le imprese ammesse all’amministrazione straordinaria in presenza dei requisiti di cui all’art. 27 proseguono la procedura anche in seguito alla conversione in fallimento o alla chiusura della procedura madre. Se, poi, il risultato sperato nelle diverse forme del programma di cessione o del programma di ristrutturazione non viene conseguito alla scadenza del programma o, ancor prima, non appare più conseguibile, la procedura si convertirà in fallimento secondo le regole generali ex artt. 69 e 70 del D.lgs. n. 270 del 1999. Viceversa, le imprese ammesse all’amministrazione straordinaria in carenza di quei requisiti ma solo al fine della gestione unitaria dell’insolvenza non proseguono la procedura a seguito delle vicende che colpiscono la procedura madre, e per esse va dichiarato il fallimento per conversione. E’ infatti venuto meno il motivo della loro ammissione all’amministrazione straordinaria ed essendo insolventi va disposta la conversione della procedura in fallimento. L’art. 87 costituisce

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applicazione della regola generale posta dall’art. 69, tale affermazione appare non del tutto corretta.

Le finalità di agevolazione di altra procedura del gruppo non necessariamente devono essere rivolte alla procedura madre, ma possono riguardare qualsiasi altra impresa ammessa ad amministrazione straordinaria con programma di cessione o di ristrutturazione ( art. 86, comma 2, D.lgs. n. 270/1999). Se si verifica quest’ultima ipotesi, va considerata rilevante non la chiusura o conversione della procedura madre, bensì la chiusura o conversione della amministrazione straordinaria cui è rivolta la procedura ancillare; in caso contrario, tale procedura verrebbe convertita in fallimento pur proseguendo la procedura, diversa da quella madre, per agevolare la quale era stata aperta e , viceversa, resterebbe in piedi anche quando la procedura ausiliata sia venuta meno, per conversione o per chiusura. Il combinato disposto degli artt. 87 e 69 D,lgs. n. 270/1999 induce a ritenere che, nel caso in esame, la conversione in fallimento della procedura c.d. ancillare debba essere una conseguenza della conversione o della chiusura non della procedura madre ma della diversa procedura in relazione alla quale è stata valutata l’opportunità di una gestione unitaria dell’insolvenza ai sensi dell’art. 81.

Va ulteriormente precisato che l’art. 87 può trovare diretta applicazione quando l’impresa collegata sia stata già ammessa all’amministrazione straordinaria al momento in cui si verifichino, relativamente alla procedura madre, le vicende indicate dalla norma. Ove, invece, in tale momento sia stato dichiarato lo stato di insolvenza dell’impresa collegata ma non sia stato ancora pronunciato il decreto di apertura ex art. 30, bisogna ritenere che il tribunale dovrà dichiarare

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la dichiarazione dell’insolvenza dell’impresa collegata fosse finalizzata alla sua ammissione all’amministrazione straordinaria per consentire la gestione unitaria dell’insolvenza con la procedura madre. L’art. 87 prevede la conversione in fallimento della procedura relativa all’impresa priva delle condizioni previste dall’art. 27, nel caso di conversione in fallimento e di chiusura della procedura madre a norma degli artt. 11, 69, 70 e 74, comma 1. Le ipotesi richiamate dal legislatore, nell’ambito dell’art. 87, possono essere inquadrate in due categorie: la prima riguarda i casi di conversione della procedura madre in fallimento; mentre la seconda ricomprende le ipotesi di chiusura della procedura madre senza conversione in fallimento.

Nell’ambito della prima categoria il legislatore richiama le fattispecie previste e regolate dagli artt. 11, 69 e 70. Con riferimento a tali ipotesi, risulta chiara la ratio sottesa alla previsione in esame: il legislatore ritiene che la conversione in fallimento della procedura madre faccia venir meno l’opportunità di una gestione unitaria dell’insolvenza.9

Infine, quanto alla chiusura della procedura madre l’art. 87 si limita a richiamare soltanto le ipotesi previste dall’art. 74, comma 1 e non anche quelle previste dall’art. 74, comma2. Non per questo si può ricavare dall’omissione che, laddove si riconduca la previsione dell’art. 87 nell’alveo dell’art. 69 e ove la procedura madre sia chiusa ai sensi del comma 2, non debba disporsi la conversione in fallimento della procedura c.d. ancillare.10

9 A cura di ANGELO CASTAGNOLA e ROBERTO SACCHI, La nuova

disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, 2000, cit., 456 e ss.

10 ROBERTO MARTINO, La conversione dell’amministrazione straordinaria in

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3.12. La procedura prevista dalla legge Marzano, L’art. 4, comma 4

della legge 18 febbraio 2004, n. 39

LEGGE 18 FEBBRAIO 2004, N. 39 Art. 4, comma 4

Accertamento dello stato di insolvenza e programma di ristrutturazione

4. Qualora il Ministro non autorizzi l’esecuzione del programma di ristrutturazione e nel caso non sia possibile adottare il programma di cessione dei complessi aziendali di cui all’art. 27, comma 2 lettera a), del decreto legislativo n. 270, il tribunale, sentito il commissario straordinario, dispone la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento, ferma restando la disciplina dell’art. 70 del decreto legislativo n. 270.

Il comma 4 dell’art. 4 descrive la disciplina della procedura per l’ipotesi in cui il programma di ristrutturazione non venga autorizzato dal Ministro. In questo caso il legislatore ha previsto una disciplina che degrada verso il fallimento dell’imprenditore, passando per una tappa intermedia, rappresentata dalla possibilità di presentare un piano di cessione dei complessi aziendali, ai sensi dell’art. 27, lettera a), d.lgs. n. 270/1999.

A seguito della mancata autorizzazione del programma di ristrutturazione 11 e/o del programma di cessione dei complessi

11 Le motivazioni in presenza delle quali il Ministro non autorizza il piano di

ristrutturazione sono le più varie: mutamenti del mercato, un’offerta particolarmente vantaggiosa, e tutti i motivi, che nel loro insieme concorrono

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aziendali, il tribunale, sentito il commissario straordinario dispone la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento. Una volta constata l’impossibilità di ogni tentativo di risanamento, la sorte dell’impresa non può che essere la liquidazione del patrimonio, vale a dire il fallimento.12

Stessa sorte spetta all’impresa, a norma dell’art. 70 d.lgs. n. 270/1999 ( richiamato esplicitamente dall’art. 4 comma 4) anche quando essendo stato autorizzato un programma di ristrutturazione, l’imprenditore non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni alla scadenza del programma oppure quando, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, tale cessione non sia ancora avvenuta, in tutto o in parte, alla scadenza del programma, salvo quanto previsto dall’art. 66.

Nel primo caso la conversione in fallimento avviene per la mancanza di autorizzazione del programma; nel secondo caso ( ex art. 70 d.lgs. n. 270/1999), tale conversione avviene invece a causa dell’esito negativo del programma perseguito.

La norma in questione disciplina, quindi, due diverse ipotesi: la conversione della procedura di amministrazione straordinaria speciale dell’equilibrio economico per tramite della ristrutturazione proposta dal commissario straordinario.

12 Una volta negata l’autorizzazione al programma di ristrutturazione,

obbligatoriamente il commissario straordinario deve approntare una proposta di programma di cessione dei complessi aziendali, senza che si proceda direttamente al fallimento (art.4, comma 4-bis, “entro sessanta giorni dalla mancata autorizzazione del programma di ristrutturazione” il commissario straordinario presenta il programma di cessione). Ciò, però, non esclude l’eventualità di un’apertura di fallimento, che segua direttamente la mancata autorizzazione del piano di ristrutturazione. Se questo non accade e il Ministro valuta, però, che non sia possibile adottare il programma di cessione dei complessi aziendali, il tribunale, quale extrema ratio, deve dichiarare il fallimento dell’impresa.

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in fallimento in corso di procedura e la conversione della procedura di amministrazione speciale in fallimento al termine della procedura, ai sensi dell’art. 70 d.lgs. n. 270/1999.

Per quanto riguarda la conversione in corso di procedura, occorre osservare che l’ipotesi, descritta dalla norma in commento, è più ristretta rispetto a quella contenuta nell’art. 69 d.lgs. n. 270/1999. Manca nella normativa in esame, qualsiasi previsione esplicita riguardo alla possibilità di una conversione della procedura di amministrazione speciale in fallimento una volta che il programma sia stato autorizzato ma prima della sua scadenza.

La vera differenza tra l’art. 4 comma 4 della legge Marzano e l’art. 69 del decreto legislativo n. 270/1999 sta nel potere di iniziativa per l’adozione del provvedimento di conversione: nel primo caso esso è attribuito esclusivamente al commissario straordinario; nel secondo caso esso è riconosciuto anche al tribunale, potendo il giudice procedere d’ufficio.

Si tratta di una differenza di non poco conto, in quanto viene riservato all’autorità amministrativa e all’organo gestorio da questa nominato il controllo sull’attuazione del piano e la decisione di sostituire al programma di ristrutturazione quello di cessione o, in via residuale, chiedere al tribunale la conversione della procedura in fallimento. L’art. 4 comma 4 regola la materia in maniera diversa rispetto a quanto fatto dall’art. 69 D.lgs. n. 270/1999.

Guardando queste differenze, l’art. 69 del D.lgs. n. 270/1999 risulterebbe sotto il profilo formale inapplicabile alla procedura di amministrazione straordinaria speciale. Da un punto di vista sostanziale, però, sorge il problema della sua compatibilità con i

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nell’ambito delle procedure concorsuali e con lo stesso principio di uguaglianza.13

3.13. Ulteriori fattispecie di conversione in fallimento dell’amministrazione straordinaria previste dalla legge Marzano, art. 4, comma 1-bis, legge n. 39/2004

La disamina dei casi e dei presupposti della conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento va estesa ad ulteriori fattispecie relative alla speciale procedura prevista dalla legge Marzano.

Innanzitutto bisogna partire esaminando l’art. 4, comma 1-bis della legge n. 39/2004. Secondo tale disposizione, qualora il tribunale accerti l’insussistenza dello stato di insolvenza, ovvero anche di uno solo dei requisiti previsti dall’art. 1, cessano gli effetti del decreto di cui all’art. 2, comma 2.

La norma si riferisce alla fase della pronuncia della sentenza dichiarativa e si limita a prevedere l’inefficacia del decreto ministeriale di ammissione ove sia accertata la mancanza dello stato di insolvenza ovvero anche uno solo dei requisiti previsti dall’art. 1 legge n. 39/2004.

La disposizione in esame afferma che nell’ipotesi dell’inesistenza dello stato di insolvenza o della qualità dell’imprenditore, il ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza che l’imprenditore ha proposto contestualmente all’istanza di ammissione alla procedura speciale deve essere rigettato e la speciale procedura in esame si deve

13 ROBERTO MARTINO, La conversione dell’amministrazione straordinaria in

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arrestare, non è nemmeno possibile dar luogo ad altre procedure concorsuali quali l’amministrazione straordinaria prevista dal decreto legislativo n. 270/1999 o il fallimento che presuppongono l’esistenza delle menzionate condizioni.

Il significato dell’art. 4, comma 1-bis, della legge n. 39/2004 è meno chiaro in relazione all’ipotesi in cui, pur sussistendo lo stato di insolvenza e la qualità di imprenditore commerciale, manchi anche uno solo dei requisiti dimensionali previsti dall’art. 1 della legge n. 39/2004. Il legislatore non ha espressamente chiarito se il tribunale possa procedere alla dichiarazione dello stato di insolvenza ai sensi degli artt. 3 ss. D.lgs. n. 270/1999, ove ricorrano i diversi requisiti c.d. dimensionali previsti dall’art. 2 del decreto citato; ovvero alla dichiarazione di fallimento, ove non sussistano nemmeno tali requisiti. Sia nell’uno che nell’altro caso il tribunale può procedere d’ufficio. Secondo la speciale disciplina di cui alla legge Marzano, la decisione sul ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza deve essere adottata dopo aver sentito il commissario straordinario. Il tribunale, ove verifichi, in questa fase preliminare il difetto dei requisiti dimensionali previsti dall’art. 1 legge n. 39/2004, deve attivare d’ufficio il procedimento previsto dagli artt. 7 ss. D.lgs. n. 270, in particolare provvedendo alla convocazione in camera di consiglio dell’imprenditore e del ministro. Si profilano, al riguardo, i seguenti possibili esiti: a) il tribunale dichiara l’inesistenza dei requisiti dimensionali previsti dall’art. 1 legge n. 39/2004 e contestualmente dichiara, con sentenza, lo stato di insolvenza ai sensi degli artt. 3 e 8 D.lgs. n. 270, ove riscontri la presenza dei requisiti previsti dall’art. 2 del citato decreto; b) il tribunale dichiara l’inesistenza dei requisiti

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D.lgs. n. 270 e contestualmente provvede, con sentenza, alla dichiarazione di fallimento, sul presupposto dell’esistenza dell’insolvenza e della qualità di imprenditore commerciale.

Quindi, in mancanza dei requisiti dimensionali previsti dall’art. 1 legge n. 39/2004 il tribunale deve, alternativamente, pronunciare la dichiarazione dello stato di insolvenza ex art. 8 D.lgs. n. 270/1999 o la dichiarazione di fallimento, in entrambi i casi, si determina una conversione della procedura speciale prevista dalla Legge Marzano in quella aperta successivamente.

Accanto a questa ipotesi di conversione, se ne affianca una ulteriore che consente la conversione dell’amministrazione straordinaria speciale in fallimento.

Contro la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza ex art. 4, comma 1, legge n. 39/2004 è esperibile il rimedio dell’opposizione prevista dall’art. 9 D.lgs. n. 270, risultando tale norma applicabile anche alla speciale procedura in esame in forza del generale rinvio contenuto nell’art. 8 legge n. 39/2004.

Il problema che si pone è quello relativo al possibile esito del giudizio di opposizione nel caso in cui il tribunale accerti l’esistenza dello stato di insolvenza e della qualità di imprenditore commerciale e contestualmente accerti la mancanza dei requisiti dimensionali previsti dall’art. 1 della legge Marzano e degli ulteriori requisiti previsti dall’art. 2 D.lgs. n. 270 per l’ammissione alla ordinaria procedura di insolvenza regolata dal decreto legislativo n. 270.

Nell’ipotesi in questione, il tribunale deve revocare la sentenza dichiarativa dell’insolvenza, determinando il venir meno della procedura; ovvero disporre la conversione dell’amministrazione

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straordinaria in fallimento? La seconda soluzione sembra essere quella preferita.

In questo caso sembra che sia applicabile, in via analogica, l’art. 11 D.lgs. n. 270/1999.14

3.14. Conseguenze giuridiche della conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento

La conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento rappresenta un fenomeno caratterizzato dall’unicità dell’accertamento dello stato di insolvenza contenuto nella sentenza dichiarativa con cui si apre la procedura della grande impresa ( art. 3 e ss. D.lgs. n. 270/1999), dando luogo a quella fase prognostica che può condurre all’apertura dell’amministrazione straordinaria ( art. 30 D.lgs. n. 270/1999), la quale, a sua volta, può essere convertita in fallimento. L’accertamento dell’insolvenza può essere contestato con il mezzo dell’opposizione (art. 9 D.lgs. n. 270/1999), ma se quest’ultima viene rigettata con sentenza passata in giudicato o addirittura non viene nemmeno proposta, tale accertamento assume carattere di definitività. Esso costituisce il presupposto iniziale, che cristallizza la situazione attiva e passiva, su cui può, successivamente, fondarsi la conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento.

Dalla nuova impostazione della legge di riforma emerge anche una nuova e diversa nozione di insolvenza. Ciò trova conferma anche nel coordinato disposto degli artt. 27 e 30 del D.lgs. n. 270 del 1999, secondo cui nella fase prognostica che segue alla dichiarazione dello

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stato di insolvenza, il tribunale deve procedere all’apertura dell’amministrazione straordinaria se sussistono concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico; in caso contrario deve, invece, procedere all’apertura del fallimento. Ne deriva che il presupposto della nuova procedura deve coincidere con lo stato di crisi dell’impresa. Tale crisi può essere reversibile e in tale caso conduce all’apertura dell’amministrazione straordinaria; può essere, invece, irreversibile e in tal caso conduce all’apertura del fallimento.

Amministrazione straordinaria e fallimento sono procedure che pongono rimedio, secondo modalità differenti, all’insolvenza dell’impresa. L’unicità del presupposto implica la conservazione degli atti e degli effetti che già si sono realizzati nell’ambito della prima procedura in maniera tale che questi vengano utilizzati anche nella seconda procedura.

La regola della conservazione degli atti e della continuità degli effetti costituisce la chiave di lettura al fine di interpretare compiutamente le disposizioni espressamente dettate dal legislatore per regolamentare i rapporti tra le due procedure in sequenza e il criterio direttivo per risolvere casi e questioni non espressamente regolati dalla legge.

Per quanto riguarda i contratti che il commissario ha sciolto rimangono sciolti, mentre gli altri sono sottoposti alla disciplina fallimentare e quindi entrano nella fase di sospensione.

Con riferimento ai giudizi pendenti, secondo le regole generali, essi devono essere interrotti e poi riassunti da o contro il curatore.

Problemi particolari, relativamente alla conversione , riguardano la retroattività o meno della disciplina del fallimento rispetto alla procedura minore con riferimento alla prededuzione dei debiti sorti durante la prima procedura, alla retrodatazione del periodo sospetto

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nelle azioni revocatorie al decreto di ammissione alla prima procedura e alla sospensione della decorrenza degli interessi durante l’amministrazione straordinaria.

Sotto il profilo della prededuzione dei crediti sorti in costanza di amministrazione straordinaria, l’art. 52 del decreto prevede che i crediti originati per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore siano soddisfatti in prededuzione ai sensi dell’art. 111, comma 1, n. 1, legge fallimentare.

Con riferimento alla retrodatazione del periodo sospetto nelle azioni revocatorie, si rinvia all’art. 49 del decreto. Il dies a quo per il computo del periodo sospetto decorre dalla data delle sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.

La sospensione degli interessi opera nella successione tra amministrazione straordinaria e fallimento con decorrenza dalla dichiarazione iniziale dello stato di insolvenza,

Restano valide le operazioni di accertamento del passivo compiute nell’amministrazione straordinaria.

L’art. 71 prevede che l’accertamento dello stato passivo, se non esaurito, prosegue sulla base delle disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza. Da tale disposizione, la dottrina ricava un principio di continuità degli effetti con riferimento alle fasi di accertamento del passivo, principio già implicito nella nozione stessa di conversione.15

Riferimenti

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di approvare l'esito dell'istruttoria condotta dall'ufficio competente relativa alle istanze di rinnovo dell'iscrizione al registro regionale delle guide turistiche

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La Deliberazione della Giunta della Regione Sardegna numero 22/1 del 07/06/2007, recante le direttive e linee guida per l’esercizio della professione di guida ambientale