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2. ANALISI DEI TESTI

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Academic year: 2021

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2. ANALISI DEI TESTI WIR WAREN WIMPO, MÖNCH UND RÄUBER E

HAUSFRIEDENSBRUCH DI HEINRICH BÖLL

Nel capitolo precedente si è presentato il genere del radiodramma: ne sono state esplorate possibilità e declinazioni, ne sono state fornite interpretazioni, sono stati menzionati alcuni autori che hanno scritto radiodrammi, molti dei quali già scrittori affermati al di fuori del mondo radiofonico.

Heinrich Böll è uno di loro: egli si cimenta con il genere a partire dal secondo dopoguerra, più precisamente a partire dai primi anni Cinquanta, anni che conoscono, soprattutto grazie a Günther Eich, la seconda fioritura del radiodramma. Eich reinterpreta, all’insegna del Worthörspiel il radiodramma degli anni Venti ma dopo pochi anni il genere, che si apre, come visto, a molte possibilità, subisce delle trasformazioni radicali.

Nei radiodrammi di Böll non c’è traccia di queste possibilità, tantomeno delle trasformazioni e sperimentazioni che hanno segnato il genere radiodrammatico: nonostante negli anni Cinquanta si diffondano nuove forme come il feature, che dà al radiodramma il taglio del reportage, e lo Schallspiel, che privilegia il ruolo del suono, i testi di Böll qui tradotti non sembrano essere inclini a questo tipo di varietà di forme. Sembra piuttosto che l’autore si sia avvalso del radiodramma, che negli anni Cinquanta era ancora comunque una forma nuova, per ribadire le tematiche a lui care, espresse esclusivamente tramite la parola (e non, per esempio, dal rumore). Nella fattispecie dei radiodrammi di cui tratta il presente lavoro di tesi, ad esempio, vengono criticati il sistema e la società dietro lo scudo di una trama dialogata. Lo stile dei tre testi è molto simile a quello di cui Böll si serve in tutte le sue opere, che sono sempre comprensibili, immediate e che trattano tematiche da ascrivere al suo tempo e al suo paese, ovvero la Germania. Anche Hausfriedensbruch, scritto nel 1969, ossia nell’anno del primo esempio di

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Neues Hörspiel, (Fünf Mann Menschen di Ernst Jandl e Friederike Mayröcker),

non è influenzato dalle sperimentazioni di quell’epoca: nonostante il genere si stia evolvendo e trasformando, Böll continua a servirsene in un modo più “tradizionale”. Inoltre la struttura in dialoghi caratterizza molte delle opere di Böll, soprattutto i racconti brevi, molti dei quali sono simili ai radiodrammi. Si può dire, quindi, che nonostante l’autore sia sicuramente a conoscenza delle potenzialità del radiodramma, utilizza questa forma, che gode di visibilità e che ha provocato entusiasmo nell’ambiente culturale del suo tempo, per dare la stessa visibilità alle sue tematiche.

In questo capitolo si procede a un’analisi dal punto di vista tematico e strutturale dei tre radiodrammi Wir waren Wimpo, Mönch und Räuber e

Hausfriedensbruch. Nei tre paragrafi in cui è diviso il capitolo, dedicati

rispettivamente ai tre testi citati, sono affrontati sia aspetti comuni a tutti e tre i testi (ad esempio il breve riassunto della vicenda, la presentazione della struttura del radiodramma e l’analisi dei personaggi), sia aspetti peculiari di ogni radiodramma.

Di Wir waren Wimpo vengono approfonditi, in particolare, la critica post-bellica alla corsa al consumismo in Germania, il tema dell’imbroglio e il carattere ironico che caratterizza il radiodramma. Di Mönch und Räuber, che a differenza degli altri radiodrammi qui analizzati non è ambientato in Germania, si tenta di dare una localizzazione della vicenda, si analizza il significato dei nomi ipotizzando dei collegamenti con i personaggi a cui sono attribuiti e si confrontano i due tipi di figure ecclesiastiche descritte, cercando di stabilire se essi sono descritti in quanto tali o come simboli, ad esempio, di una realtà politica che l’autore osserva, rappresenta e critica. In Hausfriedensbruch, invece, viene affrontata la lettura di una tematica che sta molto a cuore all’autore: quella della religione, che spesso, nelle sue opere, confluisce nella critica della Chiesa in quanto istituzione.

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2.1.1. La vicenda

Hans Elbertz, narratore della vicenda, vive con sua moglie Anita e i loro sei figli in un piccolo appartamento; la loro situazione economica è precaria, ma questo non impedisce a sua moglie di dare vitto alloggio a mendicanti e animali senza rifugio e di acquistare le merci più svariate dai venditori ambulanti e dai rappresentanti porta a porta, tanto che ogni sera, quando Hans torna dal suo lavoro di insegnante, non solo trova sconosciuti in casa sua, ma vede anche accatastati i nuovi, superflui acquisti della moglie, per pagare i quali l’uomo è costretto a fare più lavori. Hans asseconda il comportamento di Anita anche quando scopre che quest’ultima ha deciso di ospitare Wimpo, un giovane elefante proveniente da un circo il cui proprietario è andato in bancarotta e ha promesso di tornare presto per portare l’animale in un posto sicuro. Gli Elbertz ospitano Wimpo per qualche giorno finché non trovano un biglietto di scuse lasciato dai coniugi Schreck, una coppia di anziani che aveva finto di essere Wimpo. Qualche ora dopo l’accaduto gli Schreck si presentano in casa Elbertz chiedendo di riavere la pelliccia che avevano lasciato agli altri come risarcimento e manifestano l’intenzione di continuare a fingersi Wimpo, stavolta all’interno dello zoo della città. Anita, convince Hans a intercedere per gli Schreck e Hasengrün accetta con sorpresa e non si accorge dell’imbroglio. Allo zoo gli Schreck fanno una vita tranquilla e confortevole ma corrono il rischio di essere scoperti perché non riescono a simulare una buona digestione elefantesca e il direttore ha intenzione di sottoporre Wimpo a dei controlli approfonditi se la stuazione non migliorerà. La narrazione termina con le parole di Hans che dichiara di essere in cerca di appartamento per gli Schreck, in qualche modo responsabili del cambiamento di Anita: da quando Wimpo se n’è andato, infatti, la donna non fa più acquisti inutili, non stipula assicurazioni e non ospita nessun mendicante.

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Wir waren Wimpo è un radiodramma del 1953 ed è compreso nel primo volume

della raccolta Heinrich Böll Werke, pubblicata alla fine degli anni Settanta dalla casa editrice Kiepenheuer & Witsch di Colonia. Come indica il sottotitolo,

Hörspiele, Theaterstücke, Drehbücher, Gedichte 1952-1978, la raccolta riunisce i

radiodrammi, le pièces teatrali, le sceneggiature e le poesie che Böll scrive tra il 1952 e il 1978. Il primo volume contiene trentasei testi, diciotto dei quali catalogati come Hörspiele. Gran parte di questi radiodrammi è ispirata ad altre opere, alcune dello stesso Böll, altre di altri autori137.

Nonostante la vicenda narrata in Wir waren Wimpo non sia ispirata a nessun’altra opera già esistente, la descrizione che Hans Elbertz fa di sua moglie all’inizio del testo è molto simile alla descrizione che Fred Bogner fa di sua madre in una delle prime pagine del già citato romanzo Und sagte kein einziges Wort, contemporaneo al radiodramma. Inoltre il radiodramma è molto simile al racconto breve Unberechenbare Gäste, che dà il titolo all’omonima raccolta di racconti pubblicata per la prima volta nel 1956. In questo testo, tradotto in italiano con il titolo Gli ospiti sconcertanti, Walter parla di sua moglie e dei suoi sette figli. La moglie ha l’abitudine di ospitare soprattutto animali, ma anche persone, di comprare articoli inutili da venditori ambulanti e di stipulare assicurazioni. Tra i tanti animali che occupano la casa, tra cui un ippopotamo e un dromedario, ci sono anche Wollo e Bombilus, un elefante e un leone provenienti da un circo il cui proprietario è andato in bancarotta. Quando quest’ultimo torna a prendere l’elefante e il leone, Walter è triste perch si era affezionato non all’elefante, che, anzi, gli dava un certo fastidio, bensì al leone. Successivamente Walter comincia ad andare a vendere per pochi soldi tutte le cianfrusaglie della moglie per comprare cibo ai suoi sette figli.

Le differenze principali sono innanzitutto il genere letterario: mentre Wir

waren Wimpo è, naturalmente, un radiodramma, Unberechenbare Gäste è un

137

Un esempio del primo caso è Ein Tag wie sonst, scritto nel 1953 e ispirato all’ultimo capitolo del romanzo Und sagte kein einziges Wort dello stesso anno. Un esempio del secondo caso è Eugénie Grandet, scritto nel 1958 e ispirato all’omonimo romanzo di Honor de Balzac del 1883.

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racconto. Inoltre Wollo, nome che richiama parzialmente Wimpo per la lunghezza e per le lettere iniziale e finale, è un vero animale, a cui per altro il protagonista sembra non affezionarsi. In questo testo, poi, prendono la parola anche alcuni dei sette (non sei come in Wir waren Wimpo) bambini della coppia. Alcune frasi sono praticamente identiche e creano un collegamento evidente fra i due testi. Il proprietario del circo, infine, torna a prendere gli animali ospiti dalla famiglia. La carica ironica di Unberechenbare Gäste è sicuramente forte e anche qui vengono narrate situazioni paradossali, che però in Wir waren Wimpo raggiungono un livello decisamente più alto, così come la critica che si cela dietro le parole dei personaggi. Alcune frasi sono riprese puntualmente, ma il ruolo di Wimpo è svolto non da Wollo, bensì dal leone, ironicamente chiamato die Katze. A lui vengono riferite alcune delle frasi che in Wir waren Wimpo sono attribuite a Wimpo.

Secondo l’archivio della rivista «Die Zeit» consultabile on-line, il radiodramma è stato trasmesso il 9 agosto 1953 alle 17.00 dalla radio di Stoccarda138.

Questo radiodramma prevede un narratore, Hans Elbertz, che è anche un personaggio interno alla vicenda di cui tratta il radiodramma. Wir waren Wimpo non presenta una classica divisione in scene ma si percepisce comunque una ripartizione. I dialoghi del radiodramma, che si svolgono in luoghi diversi, sono inframmezzati dalla narrazione di Hans, che è inserita direttamente nella rappresentazione della vicenda, come se Hans fosse già nel luogo in cui sta per avvenire ciò che egli stesso racconta. Un esempio di questo meccanismo si trova in una delle scene iniziali, in cui il signor Elbertz dichiara di essere sempre inquieto quando torna a casa; l’ascoltatore intuisce che il motivo della sua agitazione è che non sa cosa lo aspetta una volta entrato nell’appartamento ma Hans Elbertz non lo dice apertamente: la sua frase rimane grammaticalmente

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incompiuta e alle sue parole subentra subito il rumore di una chiave che gira in una serratura, poi la porta si apre e la scena inizia139.

È proprio con le parole di Hans che comincia il testo: l’uomo descrive al pubblico sua moglie Anita, anticipandone le caratteristiche singolari che poi saranno rappresentate in maniera “estrema” all’interno di tutto il radiodramma; l’ascoltatore è preparato al carattere e ai comportamenti stravaganti e curiosi di Anita.

In questo radiodramma non ci sono date che possano collocare la vicenda in un tempo preciso, ma il testo è stato scritto solo otto anni dopo la fine della guerra e si capisce bene che quelle di cui si stanno parlando sono le famiglie medie tedesche, che cercano, anche attraverso inganni di ogni tipo, di arrabattarsi in un mondo che va veloce. Hans deve gestire due lavori principali e una classe di sessanta alunni, numerosi lavoretti secondari, e cercare di mantenere i suoi sei figli rimediando ai danni economici causati da sua moglie. Gli Schreck, invece, si arrendono, perdono un lavoro e una casa e vivono di espedienti e sulle spalle degli altri.

Anche sulla collocazione geografica della vicenda abbiamo poche informazioni ma si intuisce facilmente che essa si svolge in Germania. Un ulteriore indizio è dato in una battuta di Hans in cui egli, in veste di narratore, esprime le sue perplessità sul modo in cui gli elefanti vogliano essere trattati nei bagni mitteleuropei140. La frase è sicuramente ironica ma probabilmente Böll vuole indicare una cultura comune e vuole estendere le problematiche della Germania dell’immediato secondo dopoguerra all’area dell’Europa in generale, colpita in blocco dagli eventi del Nazismo e della seconda guerra mondiale. Inoltre viene specificata la strada in cui vive la famiglia Elbertz, cioè la

139

«[U]nd wenn ich auch Überraschungen gewohnt bin, immer ergreift mich Unruhe, wenn ich den Schlüssel ins Schloβ unserer Wohnung stecke, denn ich weiβ nie… // (Schlüssel wird ins Schloβ gesteckt, herumgedreht)», H. BÖLL, Wir waren Wimpo, in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, 1979 (?), p. 100.

140

«Man hat eben doch viel zu enige Erfahrung, wie junge Elefantenbullen in mitteleuropäischen Badezimmern behandelt sein wollen», BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, 1979 (?), p. 104.

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Hüllerstraβe 99 141. Il nome della strada contiene al suo interno il sostantivo Hülle che designa un involucro esterno e assume un valore simbolico relativamente alla situazione economica dei signori Elbertz: tutto, nel loro stile di vita, farebbe presupporre una situazione economica stabile e florida, quando in realtà non è così, anzi è proprio il contrario. Il loro “involucro” è un po’ come la pelle di Wimpo per gli Schreck: un nascondiglio, un rifugio per far credere di essere ciò che non si è.

2.1.3. Personaggi principali: gli Elbertz e gli Schreck

I personaggi del radiodramma sono otto. I ruoli principali sono quelli dei coniugi Elbertz e dei coniugi Schreck. Gli Elbertz sono una coppia giovane, o almeno così si presume. Nonostante nel testo non venga esplicitata la loro età, il pubblico sa che essi hanno sei figli piccoli. Hans ha un posto fisso, lavora come insegnante, ma la situazione economica della sua famiglia è precaria ed egli cerca di arrotondare lo stipendio dedicandosi a varie occupazioni occasionali; nonostante questo la famiglia fa fatica anche a mangiare.

Anita sembra sorda ai richiami del marito alla ragione, è una donna che appare frivola nella sua generosità: non capisce che con il suo atteggiamento manderà in rovina la situazione economica familiare, già instabile, e che espone i suoi stessi figli a una condizione di precarietà che sta diventando sempre più urgente. Quando Hans la mette di fronte al problema lei ammette le sue colpe e piange, promette grandi cambiamenti ma poi ricomincia a comprare e stipulare assicurazioni, come dice lo stesso Hans:

So ist nun meine Frau: mit wirklicher Inbrunst schwört sie auf Reformen: und mit einer Kraft Selbstüberwindung, die nur der beurteilen kann, der sie einmal ihre Bestellungen aufgeben sah, bestellte sie nach unserer Aussprache für zehn Mark Zeitschriften ab. Ich liebe Anita. Jeder Mensch hat seine Eigenheiten. Und Anita sieht ja alles ein, wenn man lange mit ihr darüber spricht. Nun ist es allerdings mit dem Darübersprechen bei Anita

141

Cfr. H. BÖLL, Wir waren Wimpo, in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, 1979 (?), p. 118.

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moistens schon zu spat, weil sie dann immer schon eine neue Ratenzahlung, ein Abonnement oder eine phantastiche Versicherung perfekt gemacht hat142.

Gli Schreck, l’altra coppia del radiodramma, sono anziani, hanno perso il loro lavoro al circo dell’italiano Campi e non hanno di che sostentarsi, tanto che escogitano uno stratagemma a dir poco singolare che gli consente di trovare un rifugio caldo e del cibo: fingere di essere un elefante e passare la vita all’interno di una pelle animale. Dato che sono anziani e non riescono a trovare un lavoro, il loro sogno è vivere nello zoo della città, dove avrebbero meno preoccupazioni e una vita tranquilla, come si capisce dalle parole della signora Schreck: «Es ist so herrlich im Zoo. Die Häuser sind im Winter geheizt, die Dächer sind alle repariert worden, alles ist neu gestrichen. Im Zoo wäre es leichter»143, perché «Es ist viel leichter als Elefant»144. A una vita umana, fatta anche di ostacoli e tentativi di superarli, gli Schreck preferiscono una vita animale ed è significativo che il signor Elbertz definisca il loro piano menschenunwürdig145. Gli Schreck si lamentano delle della loro condizione di anziani senza lavoro, non sembrano credere in una soluzione e, nelle loro condizioni disagiate, approfittano della bontà degli Elbertz, soprattutto di Anita, che non si rende conto di essere, in qualche modo, sfruttata. I signori Schreck approfittano di una famiglia che di fatto vive in condizioni non molto migliori della loro, tanto che addirittura i figli degli Elbertz portano a Wimpo anche la cioccolata, nonostante essi stessi, con rammarico del padre, non ne mangino quasi mai146, con rammarico del padre. Una volta trovata la sistemazione presso gli Elbertz, gli Schreck, sempre dietro l’identità di elefante, avanzano pretese, esigendo alimenti costosi: rifiutano la verdura e gradiscono

142

H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, 1979 (?), p. 110.

143

Ibidem, p. 116.

144

H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, 1979 (?), p. 116.

145

Ivi.

146

«Meine Kinder besuchten sie oft, brachten Schokolade mit, die sie so selten zu essen bekommen», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 119.

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molto le salsicce e la marmellata147, prodotti non propriamente economici, nel secondo dopoguerra.

Chi si accorge, ancor prima di sapere che Wimpo è la coppia Schreck, dell’amore dei coniugi per il consumo è proprio Hans Elbertz, che di tutti i personaggi sembra essere quello più acuto e realista. Nel modo ironico che l’ascoltatore impara a conoscere e che il personaggio conserva per gran parte del testo, Hans ci dice: «Ihm [Wimpo] merkte man an, daβ er unter Menschen aufgewachsen war, die Genuβ über alles schätzen»148. Amano così tanto il piacere da far sacrificare, volontariamente, anche i sei bambini Elbertz: «Die Kinder waren vernarrt an ihn. Sie bemerkten nicht, daβ ihre Rationen manches Mal geschmälert werden muβten, weil Wimpo noch hungrig trompetete. Und Wimpo konnte das natürlich auch nicht bemerken». Soltanto a posteriori ci si rende conto del significato amaro di questa frase.

I signori Schreck, quindi, svolgono anche il ruolo di Wimpo. Dall’inizio del radiodramma il lettore riconosce un solo personaggio, quello di Wimpo, che poi si scopre non essere reale; il fatto singolare è che anche dopo l’autodenuncia dell’imbroglio, spesso i signori Schreck sono chiamati ancora Wimpo, soprattutto dalla signora Elbertz, che non distingue più la coppia dal (finto) elefante. In realtà accanto a questo sdoppiamento si ha anche un unione: i signori Schreck, che sono due individui, sono trattati, in qualità di Wimpo, come un solo personaggio. Le idee di Willy ed Erna Schreck non sono trattate separatamente; i due hanno un obbiettivo comune e sono accomunati dalla stessa “pelle”. Inevitabilmente si crea una confusione in cui al personaggio Wimpo-Schreck vengono attribuite talvolta caratteristiche umane, anche se si continua a pensarlo e a riferirsi a lui come

147

«Ich habe den Eindruck, daβ er Marmelade mehr liebt als Krautblätter und Saitenwürstchen mehr als Rüben!», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 105.

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animale. È un caso di zwiespältige Seele149, come afferma ironicamente Hans Elbertz quando si rende conto dell’inganno subito ad opera degli Screck.

Le due coppie sono accomunate da una difficile situazione economica ma tra esse c’è una differenza di base: mentre i signori Schreck sono trattati come se fossero un unico personaggio, gli Elbertz hanno idee diverse l’uno dall’altra, hanno battibecchi e scambi di opinioni (spesso anche inconcludenti), ma tra loro c’è amore. Degli Schreck non si può affermare lo stesso, ma neanche il contrario: l’unica caratteristica evidente che emerge di questi personaggi è la loro complicità nel decidere di fare una vita da elefante. In realtà la presentazione di questi (e degli altri) personaggi è in parte filtrata dal punto di vista di Hans Elbertz e della sua narrazione.

2.1.4. Nomi dei personaggi

Per Böll i nomi, così come i cognomi, rivestono una grande importanza, tanto che spesso l’autore li inventa, come egli stesso ebbe modo di affermare in un’intervista: «Sie sind für mich sehr wichtig, die Namen, weil sie einfach eine ungeheure – nennen wir es pathetisch-poetische Qualität für mich haben, die Namen, Vornamen und die Nachnamen sind sehr wichtig, und deshalb erfinde ich sie»150. In genere Böll utilizza i nomi in tre modi diversi: si serve dell’associazione sonora di nomi diversi per creare un parallelismo o una connessione tra loro; utilizza un nome per esprimere, in modo più o meno diretto, delle caratteristiche o delle qualità del personaggio a cui il nome è attribuito; oppure sfrutta le qualità musicali del nome in sé151.

In Wir waren Wimpo il nome, o meglio, il cognome che attira maggiormente l’attenzione è Schreck, che in tedesco è un sostantivo che significa spavento. La dimensione dello spavento è più volte ribadita nel testo e frasi come «Deshalb hat

149

«Sei froh, wenn Wimpo endgültig seine zwiespältige Seele ausgehaucht hat!», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 114.

150

JAMES HENDERSEN REID, B ll’s Na es, in «The Modern Language Review», Vol. 69, n. 3, luglio 1974, pp. 575-583, qui p. 575.

151

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es nichts Erschreckendes für uns, an den Zoo zu denken»152 e «Hans, es klingt schrecklich, aber vielleicht…»153 ne sono l’esempio. La prima frase è una parte di una battuta del signor Schreck che cerca di spiegare al signor Elbertz che non c’è niente di male o terribile nel vivere in una pelle di elefante. La seconda, invece, è pronunciata da Anita Elbertz, che incita il marito a intercedere per gli Schreck e aiutarli a farli entrare nello zoo cittadino nei panni di Wimpo. Inoltre, verso la fine del radiodramma, Hans racconta che ogni tanto sua moglie, pensando a Wimpo trasale e usa il verbo schrecken154. Nel testo compaiono altre volte termini collegati alla parola Schreck, che però non si rifanno propriamente alla vicenda di Wimpo, come ad esempio il vocabolo Schrecknisse, riferito alle Unendliche

Wasser che Hans Elbertz usa come pretesto per cercare di vendere assicurazioni

sulle inondazioni e sulle alluvioni a persone che non ne hanno bisogno.

I nomi di battesimo degli Schreck sono Willy ed Erna e vengono resi noti soltanto quando Hans legge ad alta voce il biglietto di scuse che i coniugi hanno lasciato dopo aver abbandonato la casa; dopo quell’occasione non vengono più ripetuti155. Willy è un diminutivo del nome proprio maschile tedesco Wilhelm, in cui è riconoscibile la forma willja, cioè “volontà”156. Come vedremo, in questo testo l’ironia ha un ruolo importante e probabilmente il nome Willy è attribuito all’anziano signor Schreck proprio in senso ironico: per tutto il testo, infatti, i coniugi Schreck non fanno altro che lamentarsi della loro situazione e solo poche ore dopo aver abbandonato la casa degli Elbertz ritornano dichiarando di non riuscire a trovare un posto dove stare, né un lavoro e in nessun punto del testo sembra che facciano sforzi per condurre una vita economicamente stabile e dignitosa; ciò che li caratterizza è un atteggiamento di passività e non la forza di volontà.

152

H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 116.

153

Ibidem, p. 117.

154

«Oft, wenn ich abends heimkomme, sitzt sie sinnend da, dann schreckt sie plötzlich auf», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 122.

155

Cfr. H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 113.

156

Cfr. nome Willy in ENZO LA STELLA T., Santi e fanti: Dizionario dei nomi di persona, Zanichelli, Bologna 1993.

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Il nome di sua moglie Erna, dovrebbe invece essere la variante femminile di

Erno, diminutivo di Ernst, nome di origine germanica attestato a partire dal Basso

Medioevo e oggi presente anche nelle lingue francese e inglese. Questo nome, presente in lingua tedesca anche come aggettivo con il significato di “serio”, al suo interno nasconde la radice arni, cioè “battaglia” ma non è escluso che possa derivare anche da arnu, ossia “aquila”157. Sebbene il rimando all’aquila potrebbe riferirsi al fatto che gli Schreck fanno finta di essere un animale, la prima ipotesi di provenienza sembra più calzante: come nel caso del significato di “volontà”, nascosto in Willy, anche l’idea di lottare per la propria vita, celato, secondo questa ipotesi, in Erna, sembra velato di ironia, dato che, come già detto, gli Schreck elemosinano aiuto, non creandosi un’alternativa per mantenersi con le proprie forze.

Anche i nomi di battesimo della coppia Elbertz sono significativi: il radiodramma, come vedremo, fa luce su delle problematiche connesse all’immediato secondo dopoguerra che coinvolgono il tedesco medio. E il nome del signor Elbertz, cioè Hans, è proprio uno dei nomi tedeschi più comuni. Hans Elbertz, quindi, con i suoi problemi economici, le sue preoccupazioni e il suo tentativo di stare al passo con la frenesia di consumo di sua moglie, rappresenta il tedesco del secondo dopoguerra e tutte le sue angosce. Inoltre il nome Johannes, alternativa più elegante, più antica e meno diffusa di Hans, deriva dall’ebraico

Yehohanan, composto dalla forma abbreviata di Yaweh, che corrisponde a “Dio”,

e hânan, ossia “avere pietà”158.

L’unione tra i coniugi Elbertz è anche indicata dai loro nomi, poich il termine hânan è anche la base lessicale del nome Anna, della cui variante spagnola e portoghese Ana Anita è il diminutivo159. Come Hans, anche Anna (presente in tedesco anche in altre numerose varianti, la maggior parte delle quali “prese in prestito” da altre lingue), è un nome che veniva dato come

157

Cfr. nome Erno in ENZO LA STELLA T., Santi e fanti,1993.

158

Cfr. nomi Giovanni, Hans e Johannes in ENZO LA STELLA T., Santi e fanti, 1993.

159

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ringraziamento a Dio per aver concesso figli insperati. Anche qui c’è dell’ironia, quindi, se si pensa che la coppia Elbertz, che non è anziana, ha ben sei figli, probabilmente tutti piccoli, che non riesce a sfamare in modo adeguato. Inoltre Anna è anche la madre della vergine Maria e Anita è caratterizzata da qualità che, se non portate all’estremo, come invece succede proprio al personaggio di questo radiodramma, sono generalmente positive, come ad esempio la carità e la generosità.

Interessante è il fatto che mentre i signori Schreck sono spesso identificati con il nome di Wimpo, anche dopo essere usciti allo scoperto, l’elefante che sta accanto alla stalla del presunto Wimpo si chiama Erich, nome tedesco di persona.

2.1.5. Vari livelli di Betrug

In questo radiodramma si può identificare il nucleo tematico dell’imbroglio. Esso è presente a tre livelli: c’è l’imbroglio tra le persone, quello a fin di bene e, infine, l’imbroglio più grande quello del sistema (simboleggiato, in questo radiodramma, dall’azienda assicurativa per cui lavora Hans Elbertz), nei confronti della società.

L’inganno centrale è relativo ai signori Schreck nei confronti degli Elbertz, ossia quello di fingersi un elefante per ottenere cibo, cure e un posto caldo dove dormire. In realtà i signori Schreck non ingannano soltanto gli Elbertz, ma anche, per esempio, gli spettatori del circo. Il fatto che il direttore del circo, il signor Frederico Campi, sapesse della truffa rimane dubbio, sebbene l’ipotesi risulti verosimile, dato anche che il signor Schreck dichiara di aver avuto a disposizione una radio all’interno della pelle di elefante, quando le cose andavano meglio al direttor Campi160. In realtà, però, non si spiega perché Campi avrebbe dovuto affidare a qualcun altro la custodia dell’animale se avesse saputo che questo era in realtà un essere umano che poteva badare a se stesso.

A monte dell’imbroglio di Wimpo c’è quello proprio del signor Campi, il quale approfitta dell’ingenuità di Anita Elbertz, confondendola con dei biglietti

160

«[U]nd als es Campi gutging, hatten wir sogar einen Radioapparat drin», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, 1979 (?), p. 116.

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omaggio per un circo che stava per fallire. Anche qui si nota una sorta di “ansia da consumo”: i biglietti omaggio sembrano una specie di garanzia di buona fede, in realtà non è così, dato che il signor Campi non si farà più vedere.

Anche Hans Elbertz cede all’inganno, nonostante all’inizio si schieri contro il piano degli Schreck, al quale reagisce per la prima e unica volta nel testo in un modo che viene definito sehr energisch161; in un secondo momento introduce addirittura i propri figli a quello che poco prima aveva definito kompletter

Betrug162. Il termine Betrug compare soltanto due volte in tutto il testo, entrambe nella stessa battuta del signor Elbertz, pronunciata nell’occasione appena descritta. Lo stesso Hans, poi, decide di intraprendere la rappresentanza di un’assicurazione contro danni causati da inondazioni e alluvioni, ma lui stesso dichiara di non avere il permesso dell’azienda con cui collabora di rivolgersi a persone che potrebbero davvero averne bisogno163, a meno che questi eventuali clienti, comunque piuttosto poveri, non siano disposti a pagare una somma indicibile. Qui quindi la truffa è a un livello ancora più alto: quello che si vuole fare è speculare sulla gente, non c’è un reale interesse verso le problematiche ambientali, sociali ed economiche; non c’è alcun tipo di solidarietà n nel caso di grandi aziende che forse potrebbero permettersi di fare qualcosa di buono per la società, né nel caso di famiglie che si trovano in simili condizioni di disagio. L’unica persona a provare una genuina solidarietà, che difende a costo di trovarsi in mezzo a una strada, sebbene sembri che il pericolo non le sia ben chiaro, è

161

Cfr. didascalia relativa alla quinta battuta di Hans Elbertz, p. 116.

162

«Das ist doch Betrug, kompletter Betrug, liebes Kind, ich kann doch nicht», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 117.

163

«Kunden, die nahe am Wasser wohnen, durfte ich ja nicht zu werben versuchen, weil sie der wirklichen Gefahr einer Überschwemmung ausgesetzt sind. Oder Fischerdörfer, die zu arm sind, sich Dämme bauen zu lassen, – kommt alles nicht in Frage. Oder die Besitzer gewagt angelegten Basteien, die in jedem Frühjahr nach der Schneeschmelze unter Wasser stehen – nichts. Es sei denn, sie wären bereit, jährlich einen Betrag zu zahlen, der weit oberhal ihres wahrscheinlichen Schadens liegen würde. Aber wer tut das?», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 114, 115.

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Anita, che si meraviglia moltissimo quando Hans le dice che se denunciasse la scomparsa di Wimpo potrebbe essere punibile legalmente164.

2.1.6. Critica al sistema e al consumismo

Wir waren Wimpo è un testo che a primo acchito può sembrare divertente. In

realtà dietro l’ironia, la comicità dei personaggi e le situazioni al limite della realtà che si vengono a creare, si nasconde una forte critica alla corsa al consumo che si delinea poco dopo la fine della seconda guerra mondiale. Siamo nel 1953 e la guerra è ancora una realtà vicina e dolorosa. Anita continua a comprare da venditori ambulanti articoli che non le servono, si ostina a ospitare persone che reputa meno fortunate di lei ma non si rende conto che l’unica cosa che lei e la sua famiglia possiedono in più di loro è una casa che lei stessa sta mettendo in pericolo, riempiendola di cianfrusaglie e intasando gli spazi vitali suoi e altrui. La donna giustifica i suoi comportamenti sconsiderati dicendo che sente il dovere di aiutare i più bisognosi165. In realtà capiamo che non è così già dalle prime battute pronunciate da suo marito Hans: nell’introduzione alla vicenda, in cui il narratore parla di sua moglie e dei suoi comportamenti, specifica che il loro appartamento è piccolo166, informazione che sarà ripetuta altre volte nel testo167, e che capita che

164

«HE ELBE TZ: […] aber denk doch, durch deine Gutmütigkeit hast du dich strafbar gemacht! // FRAU ELBERTZ: Ich, strafbar? // HERR ELBERTZ: Begünstigung bei der Unterschlagung von Konkursmasse», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 114.

165

FRAU ELBERTZ: Und die Hausierer müssen auch leben, Hans! // HERR ELBERTZ: Und wir? // FRAU ELBERTZ: O Hans, es gibt Leute, die noch weniger haben als wir. // HERR ELBERTZ: Noch weniger, ich weiβ nicht. Auf jeden Fall gibt’s kaum jemanden, der mehr hat von diesen Hausiererartikeln als wir, H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 109.

166

«Platz ist nicht viel bei uns», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 100.

167

«Die Schrecks wohnten erst einmal acht Tage bei uns, aber unsere Wohnung ist wirklich zu eng, als daβ wir ständige Gäste aufnehmen könnten», «Acht Tage sind eine lange Zeit und unsere Wohnung ist wirklich eng: nach einer Woche gab ich nach und rief Hasengrün an», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 117.

(16)

in casa non ci sia più nulla da offrire ai mendicanti se non un bicchiere d’acqua e un sorriso168.

Il veicolo della critica alla corsa al consumo è soprattutto Hans Elbertz, che con le sue battute acute e ironicamente amare, condanna, anche se non lo fa mai esplicitamente, il comportamento della moglie, che sta mettendo la sua famiglia in serio pericolo. Nel testo sono moltissimi i punti in cui emerge chiaramente l’assurda situazione in cui si trovano gli Elbertz; porterò uno dei tanti possibili esempi che chiariscono il nucleo del problema:

HERR ELBERTZ: […] Aber schau: im Badezimmer stapeln sich zum Beispiel an die hundert verschiedene Arten von Bürsten. Aber wir haben bald nichts mehr, was man bürsten könnte. Unsere Kleider sind so dünn und verbraucht, daβ sie uns nach einen Bürstenstrich vom Leibe fallen würden. Deshalb rate ich, jetzt andere Dinge zu kaufen. FRAU ELBERTZ: Und die Staubsauger und die Waschmaschinen? Das waren doch höchst lohnende Anschaffungen, Hans!!

HERR ELBERTZ: Ja schon. Aber wenn du mir nicht böse bist, möchte ich behaupten, daβ wir mit einem Staubsauger und einer Waschmaschine gut ausgekommen wären. FRAU ELBERTZ: Nun, Hans, die Waren warden billiger, je mehr man davon nimmt! HERR ELBERTZ: Aber die Raten werden höher, Anita!

FRAU ELBERTZ: Das stimmt auch. Alles hat eben zwei Seiten!

Anche quando Hans cerca di mettere Anita di fronte al problema, lei non capisce (o fa finta di non capire). Qui la situazione viene chiaramente portata all’estremo per problematizzare una tendenza comune. Anita compra addirittura più di un elettrodomestico per tipo dichiarando che il prezzo si abbassa per ogni articolo se se ne comprano più d’uno. Sembra che si tratti di un’ossessione per il risparmio, che paradossalmente diventa una causa di spreco inutile di denaro. In realtà Anita si circonda di articoli superflui quando sono quelli necessari che le mancano, come lo stesso Hans sottolinea a proposito del nutrimento dei bambini, che non sembra preoccupare molto Anita, ma che rende molto pensieroso suo marito. I due

168

«Sie weist niemanden von der Tür, gibt den Bettlern Brot, wenn wir welches haben, gibt ihnen Geld, wenn wir welches haben, läßt sie wenigstens eine Tasse Kaffee trinken; und wenn wir nichts mehr im Hause haben, gibt sie ihnen frisches Wasser in einem sauberen Glas und den Trost ihrer lächelnden Augen», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 100.

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si trovano in una situazione non solo pericolosa per la loro salute e per la sopravvivenza della loro famiglia, ma anche contraddittoria: come lo stesso signor Elbertz sottolinea, Anita continua a stipulare assicurazioni per tutto ma la loro condizione non è sicura affatto, né stabile.

HE ELBE TZ: […] Sieh mal, Anita: wir kaufen eine Menge Zeug an der Tür: Stopwolle, Rasierklingen, Reiβbrettstifte, Postkarten, Versicherungen alle Art! Wir nehmen von allem mehr, als wir brauchen können. Gut. Auch Seife haben wir massenhaft: aber der menschliche Bedarf an Seife ist ja nicht unbegrenzt. […]. Ich frage mich nur, ob nicht einmal jemand auf die Idee kommen könnte, wirklich nützliche Dinge, brauchbare Dinge an der Tür feilzubieten: sagen wir, so einfache wunderbare Sachen wie Brot oder Käse, Wein oder Kartoffeln – meinetwegen Zigaretten oder so etwas durchaus Brauchbares wie Butter oder – Porzellan. Denk dir, es käme jemand, der billige Tasse an der Tür verkauft!

FRAU ELBERTZ: Das wäre wirklich groβartig. Die könnten wir ja so gut brauchen. HERR ELBERTZ: Nicht wahr? Oder Obst! Die Kinder bräuchten es, und wir haben dafür kaum noch Geld, weil die Vertreter dich nicht mehr zum Einkaufen lassen. […]

F AU ELBE TZ: Aber diese Versicherung, Hans…

HERR ELBERTZ: Beste, wir können die Kinder ja nichts bis zu ihrem Hochzeitstage oder bis zur Ablegung des zweiten Staatsexamens mit Versicherungspapieren füttern oder mit Seife […] Auch asierklingen sind nur in Ausnahmenfällen eine Nahrung, die dem menschlichen Organismus zuträglich ist, verstehst du?

FRAU ELBERTZ: Oh, nun bist du wirklich böse!

HERR ELBERTZ: Böse? Wer spricht von böse? Keine Spur böse bin ich – nur, ich mach emir Sorgen und werde nachdenklich: die Kinder verlangen nach einfacher Nahrung: nach Brot, nach Milch, nach Kartoffeln – nach Butter. […] Unsere Situation ist recht merkwürdig, Anita – während wir gegen alle versichert sind, was es gibt, steigt das Maβ unserer Unsicherheit täglich.

In passaggi del testo simili si legge un’aperta critica anche al tipo di prodotti che vengono commercializzati. Sembra che sia diventato indispensabile il superfluo, forse perché si vuole dimostrare, come la stessa Anita, di aver raggiunto una stabilità economica che spazzi via l’incubo della guerra. Come se la prosperità economica, che si cerca disperatamente, significasse la chiusura di un’epoca di instabilità e stenti.

In generale, nelle sue opere, Böll non nasconde un atteggiamento critico nei confronti del capitalismo postbellico, che ritiene responsabile di un inasprimento dell’individualismo che rende più difficile la cooperazione tra uomini appartenenti

(18)

alla stessa società169. In questo caso la società è rappresentata dalla famiglia Elbertz: sebbene Anita voglia aiutare altre persone, sembra si dimentichi di aiutare la sua famiglia.

In realtà la critica dell’autore si rivolge non tanto ai singoli individui, quanto al sistema, che dà l’avvio ad un meccanismo all’interno del quale le persone si perdono. La colpa quindi non è dell’uomo, ma del sistema, rappresentato, per esempio, dalla compagnia assicurativa con cui collabora Hans e che vieta a quest’ultimo di proporre l’assicurazione contro i danni causati da alluvioni e assicurazioni a clienti che ne hanno davvero bisogno e che farebbero quindi perdere denaro all’azienda. È il sistema che inganna l’uomo, che opera il

kompletter Betrug di cui egli diventa vittima: si ha l’illusione di vivere in un paese

economicamente prospero, quando in realtà non è così: l’uomo si illude di essere ricco, di potersi concedere il lusso della corsa al consumo, ma si rende conto, troppo tardi di vivere in un mondo diverso da quello che gli è stato presentato come reale.

Sulla stessa linea sembra che l’autore voglia denunciare anche una forma di appropriazione “sbagliata” della cultura veicolata, ancora una volta, dal sistema. Questo lato emerge in tre punti nel testo: il primo, ricorre quando Anita Elbertz parla erroneamente di metamorfosi, catalogando come Metamorphose la fuga degli Schreck e il loro imbroglio, come se l’elefante si fosse, a un certo punto, trasfigurato nella coppia dei coniugi Schreck. Subito dopo Hans si riferisce agli Screck-Wimpo, come abbiamo già accennato, con l’espressione zwiespältige

Seele, espressione che sembra quasi ridicolizzare il concetto di anima. Mentre nel

primo caso l’errore sembra involontario, nel secondo l’espressione è detta con cognizione di causa: Hans si rende conto di quello che succede, come anche in altre occasioni, Anita invece no. Il terzo momento riguarda la previsione di un

169

DONALD SCHOONMAKER, Novelist & Social Scientists: Contrasting Views of Today’s West German Political System, in «Polity», vol. 14, n. 3, primavera 1982, pp. 414-440, qui p. 419.

(19)

cambiamento climatico piuttosto invasivo, e ad Hans vengono consegnate delle tavole con grafici molto complicati che egli non riesce a leggere170.

2.1.7. L’accessorio “religione”

Come vedremo in relazione agli altri due radiodrammi qui tradotti, Mönch und

Räuber e Hausfriedensbruch, la religione e la critica ad essa svolge un ruolo

importante nel panorama delle tematiche a cui Böll si interessa. In Wir waren

Wimpo essa è presente, sebbene sullo sfondo. Ogni tanto l’autore inserisce

qualche riferimento ad essa, come se non volesse far dimenticare all’ascoltatore che la sfera religiosa è presente nella vita del tedesco medio. Lo fa precisamente in tre punti del testo: la prima volta abbiamo un riferimento alla preghiera serale dei piccoli Elbertz, che, su incitazione della madre, completano con la frase, che viene definita Floskel dal narratore, «O Herr, schicke uns Bettler!»171. La seconda volta c’è il riferimento al Bittgottesdienst172

, a cui Hans Elbertz assiste, e durante il quale i “fedeli” pregano Dio perch arrivi la pioggia a lenire la situazione di siccità che sta colpendo il Paese. Il terzo momento si inserisce all’interno del tentativo di Hans di lavorare come rappresentante assicurativo contro i danni causati da alluvioni e inondazioni: egli, per convincere eventuali clienti a stipulare il contratto, usa il pretesto del diluvio universale, scomodando die unendlichen

Wasser e paragonando l’azienda con cui collabora all’arca di Noè173.

L’ultimo momento, infine, si trova in una delle scene finali ed è inserito nel dialogo tra i coniugi Schreck vestiti da Wimpo e i coniugi Elbertz, che vanno a trovare i primi allo zoo. Quando Hans chiede agli Schreck se hanno bisogno di

170

« Man spricht von einer grundlegenden klimatischen Veränderung unserer Erdbreite; manche glauben, unser Land wird zur Wüste werden. Mir hatte man ein paar schwierige graphische Darstellungen mit auf die Reise gegeben. Anhand dieser Kurven und Zahlen sollte ich den Bauern auf dem Lande erklären, daβ die Trockenheit von einer Überschwemmung abgelöst warden würde. Aber ich verstand die Tafeln selber nicht ganz. Ich bediente mich meiner eigenen Sprache!», 170

H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 114.

171

H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, 1979 (?), p. 100.

172

Ibidem, p. 114.

173

(20)

qualcosa, essi chiedono di avere, insieme ad altre cose, come sapone e sigarette, un rosario, motivando la richiesta con il tanto tempo libero a disposizione174.

In tutti questi casi, in cui la religione sembra fare capolino, si percepisce una religione “esteriore”, quasi di convenienza. Il solo fatto che la frase che i bambini inseriscono, per volere di Anita, nelle loro preghiere serali, venga definita

Floskel175 fa capire il valore che le viene dato. Anche la preghiera per chiedere la pioggia sembra quasi un rituale tribale più che una vera dimostrazione di fede, per non parlare della richiesta del signor Schreck di avere un rosario come passatempo per l’inverno.

Una vera dimostrazione di carità potrebbe essere il comportamento degli Elbertz, soprattutto di Anita, che ospitano, senza chiedere niente, persone bisognose. In realtà dalla narrazione non emerge un vero senso di solidarietà o di carità da parte di Anita, forse piuttosto una voglia di dimostrare a se stessi e agli altri di poter aiutare qualcuno, nonostante la donna sia sicuramente mossa da buona intenzioni, come dimostra anche lo sguardo consolatorio, che, nel caso non abbia nient’altro da offrire, dispensa con gentilezza ai suoi ospiti occasionali176

.

2.1.8. Dimensione comica

A differenza degli altri due testi che tratterò in questo lavoro di tesi, Wir waren

Wimpo è caratterizzato da una dimensione comica e ironica piuttosto evidente,

tanto che è difficile, per l’ascoltatore, non sorridere al sentire alcuni dialoghi tra i personaggi e, in alcuni casi, le considerazioni di Hans Elbertz nei suoi monologhi. Alcuni aspetti del radiodramma, in cui comunque vengono trattate tematiche piuttosto serie, contribuiscono a creare il lato umoristico del testo, che spesso

174

«Einen Rosenkranz – jetzt im Winter haben wir so viel Zeit, wir möchten beten», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 120.

175

«[N]ichts sagende Redensart; formelhafte, leere Redewendung», definizione del termine Floskel in Duden: Deutsches Universalwörterbuch, a cura della Dudenredaktion, IV edizione, Mannheim – Leipzig – Wien – Zürich 2001.

176

«[U[nd wenn wir nichts mehr im Hause haben, gibt sie ihnen frisches Wasser in einem sauberen Glas und den Trost ihre lächelnden Augen», H. BÖLL, Wir waren Wimpo in B. BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke, p. 100.

(21)

sfocia in un’ironia amara che trova il suo apice nella frase finale, quasi una sentenza e una previsione per il futuro: «[I]ch zittere, weil ich die Welt kenne: denn wenn man herausbekommt, daβ sie Menschen sind, wird es ihnen schlecht ergehen»177. In un primo momento potrebbe risultare comica, in quanto assurda, l’idea che delle persone stiano meglio travestite da elefante piuttosto che vivere come uomini, ma in realtà è un pensiero profondamente scoraggiante.

Questo pensiero si collega al primo, grande elemento che stabilisce comicità nel testo: il piano, quasi grottesco, degli Schreck e l’idea che per dieci anni nessuno si sia accorto che sono degli esseri umani.

Particolarmente comici sono i dialoghi tra i coniugi Elbertz. Nei passaggi in cui marito e moglie parlano tra loro si capisce che Hans, nonostante formalmente assecondi sua moglie, in realtà la sta rimproverando. Anita, da parte sua, risponde alle provocazioni del marito con una tale ingenuità da risultare divertente, anche se solo in un primo momento; dopo il primo dialogo, infatti, l’atteggiamento di Anita sembra quasi di estraneazione dalla realtà e più che comico diventa ridicolo. Un esempio è quando Hans chiede per cena soltanto un tè, un uovo e pane e burro perché la situazione di indigenza economica in cui si trova non gli permette di poter pretendere di più, nonostante motivi la sua richiesta con la stanchezza del lavoro; la moglie non lo capisce (e soprattutto non capisce di essere la causa della loro “povertà”) e si lamenta per la scarsa alimentazione di Hans, come se lei non facesse parte della famiglia. La stessa sensazione si percepisce quando Hans cerca di parlare seriamente alla moglie, tentando di farle capire che presto non sarà più in grado di mantenere la loro famiglia a causa dell’ammontare di spese inutili di cui Anita sobbarca la famiglia; la donna, dal canto suo comprende che per lui la situazione è insostenibile come se la situazione economica della famiglia Elbertz non fosse affar suo.

In questo testo Böll usa la tecnica dell’esagerazione per estremizzare i comportamenti di tutti i personaggi, in particolare di Anita, che addirittura compra

177

(22)

più di una lavatrice e più di una lavastoviglie per risparmiare sul prezzo del singolo articolo. Sembra che nulla possa essere preso sul serio, come quando Hans si complimenta con la moglie per l’ottimo uovo sodo che ha cucinato (comunque con qualche difficoltà, dato che temeva di aver fatto cuocere l’uovo troppo a lungo).

Anche il personaggio marginale di Hasengrün è ridicolo: seppure Hans è sicuro che l’amico, in quanto zoologo, capirà che Wimpo non è un vero elefante, egli non se ne accorge e contento della donazione degli Elbertz non effettua un esame approfondito dell’animale.

La comicità del testo è data da una molteplicità di fattori, in primis dalle situazioni assurde che vi vengono presentate, come il fatto stesso che nessuno si sia mai accorto che Wimpo non è un vero elefante; i personaggi del testo poi sembrano vivere in un'illusione perenne data dal sistema, ognuno vive nella sua illusione e reagisce ad essa in modi differenti che creano fraintendimenti e incomprensioni con gli altri personaggi, che a loro volta vivono nella propria illusione. Basti pensare al diverso modo di concepire la vita di Anita e Hans, che provoca una difficoltà evidente di comunicazione e, di conseguenza, conversazioni grottesche e assurde.

2.2. Mönch und Räuber 2.2.1. La vicenda

Il radiodramma inizia con le parole del monaco Eugen ormai anziano, che oltre ad essere uno dei personaggi principali della storia, ha la funzione di narratore e compare in tutti i dialoghi. Le narrazioni di Eugen si alternano alle parti dialogate per tutto il testo ed è proprio con un passaggio narrativo che inizia il radiodramma: il monaco annuncia al pubblico la sua volontà, quasi un’esigenza178

, di raccontare degli eventi particolari che gli sono capitati.

178

«Alles zu berichten würde lange dauern, aber ein wenig muβ ich erzählen», H. BÖLL, Mönch und Räuber, in B. BALZER (a cura di) Heinrich Böll Werke: Hörspiele, Theaterstücke, Drehbücher, Gedichte 1952-1978, Kiepenheuer & Witsch, Köln 1979 (?), p. 126.

(23)

Comincia quindi a narrare un episodio della sua adolescenza legato alla Baitha, zona di montagna segnata dalla povertà e dal freddo, presso la quale Eugen, da giovane, ha il compito di far pascolare il bestiame di suo padre. Talvolta gli fa compagnia il figlio del ladro del circondario, il giovane Mulz, anche lui quindicenne e ancora più povero di Eugen. I due ragazzi, rannicchiati in una modesta capanna, condividono i pasti, le sigarette e un falò, mentre Mulz canta o racconta storie all’altro. L’ultima sera in cui i due ragazzini hanno occasione di stare insieme Mulz è taciturno per via di alcune incomprensioni con il padre, che aveva donato tutto il guadagno della giornata appena trascorsa ad Agnes la meretrice della zona.

Dopo quella sera Eugen trascorre l’inverno a casa e successivamente comincia a studiare per diventare prete. Non torna più alla Baitha, perde i contatti con l’amico Mulz e passa la vita in un convento. Anni dopo si rivolge a lui il padre di Mulz, Bunz, che riporta al monastero dove risiede Eugen, per volere di Agnes, dei soldi rubati dalla cassetta delle offerte e che dichiara di non avere più notizie di suo figlio. Con poche frasi Eugen provoca in Bunz il desiderio di cambiare stile di vita e il ladro rimane nel convento ad aiutare i frati fino alla sua morte. Eugen continua il cammino per diventare monaco fino a diventare rettore del monastero di Suntor; durante questi anni si diffondono voci che lo paragonano a un santo, soprattutto dopo il proverbiale pentimento di Agnes, che tempo prima aveva bruciato pubblicamente tutti i suoi averi e aveva proseguito la sua vita in preghiera e rinuncia fino alla sua morte. Questa fama di santità provoca in Eugen un profondo senso di solitudine che lo spinge a chiedere a Dio di mostrargli la persona più simile a lui sulla terra. Poco tempo dopo, un suo confratello, Raimund, gli svela che un uomo senza volto vestito da prete apparsogli in sogno gli ha ordinato di comunicare a Eugen che l’uomo che sta cercando si chiama Milutin e vive a Beguna. Eugen decide di partire per questo villaggio che in pochi conoscono e che via via scopre godere di pessima fama. Durante il suo percorso è ospite prima di un vescovo, poi di un parroco ed entrambi si dimostrano scettici nei confronti di Eugen e del sogno di Raimund, poiché gli abitanti di Beguna non

(24)

godono di una buona reputazione. Dopo molti giorni di ricerche anche lo stesso Eugen si scoraggia, ma ritrova la piena fiducia in Dio dopo un sogno in cui vede il vecchio ladro Bunz vestito da prete nell’atto di redarguire il vescovo ricordandogli le sue malefatte. Non molto tempo dopo Eugen trova quello che cerca: Milutin, che non è altri che Mulz, l’amico d’infanzia. L’uomo lavora come musicista in una locanda e Eugen scopre che a Beguna è molto amato da tutti ed è considerato quasi un santo. Contento di non essere più solo chiede all’amico di seguirlo a Suntor ma gli abitanti del villaggio e lui stesso esprimono il desiderio di rimanere a Beguna, dov’è il suo posto. Tornato al convento Eugen ritrova la stessa atmosfera di scherno in cui si era imbattuto durante il suo viaggio, e, intristito, si ritira in solitudine nel convento che in precedenza aveva fatto costruire presso la Baitha, il luogo in cui era nata la sua amicizia con Mulz.

2.2.2. Informazioni sul testo

Mönch und Räuber è un radiodramma del 1953, quindi contemporaneo a Wir waren Wimpo, compreso nel primo volume della raccolta Heinrich Böll Werke, a

cui si è già accennato nel paragrafo precedente. Questo testo è un esempio di radiodramma che Böll ha scritto ispirandosi ad altre opere, nella fattispecie a una leggenda che proprio in Heinrich Böll Werke viene attribuita a Ernest Hello, scrittore e critico letterario francese del XIX secolo, e della quale non vengono specificati né titolo, né argomento.

Il testo di Mönch und Räuber contenuto in Heinrich Böll Werke ha un’estensione di 28 pagine179

e secondo gli unici dati che ho potuto trovare relativamente alla prima trasmissione del radiodramma, che dovrebbe essere avvenuta il 18 novembre 1953 ad opera del Nordwestdeutscher Rundfunk, la trasposizione radiofonica durerebbe circa 64 minuti180. Secondo la stessa fonte la

179

HEINRICH BÖLL, Mönch und Räuber in BERND BALZER (a cura di), Heinrich Böll Werke: Hörspiele, Theaterstücke, Drehbücher, Gedichte 1952-1978, Kiepenheuer & Witsch, Köln 1979 (?), pp. 125-149.

180

Cfr. <http://www.dieterleitner.de/r_53_moench_raeuber.htm>. L’affidabilità di questa fonte mi pare dubbia: dal riassunto della trama emerge, infatti, che Eugen chiede a Dio di trovare la persona

(25)

regia sarebbe stata affidata a Gustav Burmester. Il radiodramma prevede diciotto personaggi ma l’elenco degli stessi consultabile in Werke differisce da quello relativo alla supposta prima trasmissione: in quest’ultima lista, infatti, ci sono quattro doganieri (invece di due), mancano i bevitori, la vedova Baskoleit e gli avventori, due uomini e una donna, che Eugen incontra durante il suo cammino e ai quali chiede informazioni e, infine, il personaggio che nel testo incluso in

Werke appare come Zimmerwirtin è qui soltanto Wirtin.

Nonostante il testo non sia stato tradotto ufficialmente in italiano esiste una versione televisiva di cui sono rimaste poche tracce. Nel 1962, esattamente il 19 aprile, è stata trasmessa, con il titolo Viaggio a Beguna una rielaborazione televisiva sull’allora Secondo Programma (odierno Rai2), guidata dalla regia di Giuseppe de Martino; di questa sceneggiatura si conosce soltanto l’elenco dei personaggi: Brigante Bunz, Converso Raimondo, Donna, Eugenio ragazzo, Primo doganiere, Secondo doganiere, Milutin, Mulz, Ostessa, Padre Bibliotecario, Padre Eugenio, Parroco, Uomo, Vescovo181. Dall’elenco dei personaggi si possono notare delle differenze: innanzitutto ci sono due “sdoppiamenti”: Eugen è “sdoppiato” in Eugen ragazzo e Padre Eugen, mentre nel radiodramma originale compare semplicemente Eugen. Anche il personaggio di Mulz-Milutin, che nel radiodramma tedesco compare come unico, nell’elenco dei personaggi relativo alla trasposizione televisiva risulta “sdoppiato” e si hanno, così, due nomi diversi, Milutin e Mulz. Queste due modifiche si devono al mezzo di trasmissione: nel caso del radiodramma si esplicitano gli effettivi personaggi della storia, quindi Eugen e Mulz, che siano bambini o adulti, sono sempre due personaggi, non

che abbia raggiunto il livello di santità più simile al suo. Questo è un fraintendimento dell’opera. Inoltre c’è soltanto un interprete per Eugen, lo Eugen adulto, non il bambino, ma sembra inverosimile che le scene che riguardano l’adolescenza del monaco siano interpretate da una voce maschile adulta.

181

Cfr. <http://it.wikipedia.org/wiki/Vittoria_Di_Silverio>, all’interno della sezione “Prosa

televisiva AI” dell’attrice Vittoria di Silverio, una delle interpreti e <http://www.teche.rai.it/storia/teatro/teatro013.html>. I personaggi elencati sono interpretati rispettivamente da: Otello Toso, Claudio Sora, Gin Maino, Camillo De Lellis, Franco Odoardi, Roberto Paoletti, Andrea Bosic, Paolo Fratini, Vittoria Di Silverio, Ezio Rossi, Giulio Bosetti, Mario Luciani, Giulio Girola, Roberto Bruni e Adolfo Geri.

(26)

quattro; nel dramma televisivo, invece, si elencano in base agli attori che interpretano il ruolo, quindi ci saranno due attori che interpreteranno Mulz ed Eugen ragazzi e altri due che interpreteranno Mulz ed Eugen adulti. Inoltre mancano uno dei due uomini182, entrambi i bevitori, la vedova Baskoleit e anche Agnes, la prostituta che dopo il colloquio con Eugen si pente della sua vita peccaminosa, rafforzando la reputazione di santo di cui il monaco gode. Si arriva così ad un totale di quindici personaggi in confronto ai diciotto del testo originale, dei quali cinque sono stati eliminati e due aggiunti. Inoltre si notano anche differenze relative alla nomenclatura dei personaggi stessi: alcuni delle figure che nell’originale hanno nomi propri semplici, hanno qui degli appellativi aggiuntivi:

Raimund diventa il converso Raimondo, Bibliothekar diventa padre bibliotecario, Bunz è il brigante Bunz183, il portinaio è identificato come padre portinaio (all’interno del testo originale viene chiamato Bruder Pförtner184

, mentre nell’elenco dei personaggi è segnalato soltanto come Pförtner). Queste informazioni, seppur poche, sono indizi del fatto che il testo, probabilmente, ha subito una rielaborazione anche piuttosto importante, dato che sono stati eliminati non solo personaggi definibili come “marginali”, ma anche Agnes, a cui nel testo originale è dedicato non poco spazio: questa figura, nonostante pronunci pochissime battute, ritorna spesso nella narrazione e nei dialoghi poiché il suo pentimento viene considerato una specie di miracolo di Eugen, tanto che la storia della sua conversione viene raccontata ai bambini nelle scuole come una sorta di parabola.

2.2.3. Struttura del radiodramma e funzione del monologo

182

Non essendo riuscita a risalire al copione non ho potuto capire quale dei due sia stato eliminato.

183

Sulla possibile traduzione del termine Räuber come “brigante” cfr.§3.1.

184

H. BÖLL, Mönch und Räuber, in B. BALZER (a cura di) Heinrich Böll Werke, 1979 (?), p. 130.

(27)

Il radiodramma non è diviso in scene ma la narrazione di Eugen e le didascalie segnano in qualche modo delle ripartizioni. Tra i monologhi del monaco e i dialoghi con gli altri personaggi è sempre inserita una didascalia che specifica il luogo in cui avviene il monologo oppure il dialogo. Nel primo caso lo spazio è sempre raumlos185, ossia non uno spazio non definito, ma uno spazio assente, che non c’è. Questa caratteristica nel testo aumenta la solennità e l’universalità del messaggio, del quale la vicenda narrata è un’esemplificazione: alle parole di Eugen non fa da sottofondo alcun rumore, non c’è musica, non c’è eco; l’unico fenomeno sonoro che si percepisce è la voce del monaco.

Le funzioni dei monologhi di Eugen sono diverse: in primis quella di guidare l’ascoltatore nella vicenda introducendo i dialoghi, contestualizzandoli e spiegandone i retroscena; così facendo si colmano le lacune temporali e l’ascoltatore ha tutti i mezzi necessari per comprendere le azioni rappresentate nei dialoghi. Inoltre i monologhi del narratore Eugen sembrano voler frammentare l’azione, come a distogliere, di tanto in tanto, l’attenzione dell’ascoltatore dalla particolare vicenda che viene narrata, dai singoli dialoghi che ad essa si riferiscono e dall’episodio in s . In questo modo sembra quasi che l’aneddoto rappresentato sia solo il veicolo di un messaggio che deve arrivare all’ascoltatore. Infine i monologhi sono anche lo strumento tramite il quale Eugen condivide con il pubblico i sentimenti e le sensazioni che prova in un determinato momento, come ad esempio l’impressione di sentire il gusto del tabacco quando incontra Bunz e Mulz dopo tanti anni.

2.2.4. Coordinate geografiche e toponimi

Il fatto che il modello originario del radiodramma sia una leggenda può spiegare, in parte, le parziali e dubbie coordinate geografiche e l’assenza di indicazioni relative al tempo storico della vicenda (come vedremo, per ciò che concerne il tempo interno la situazione è diversa). La questione delle coordinate geografiche è

185

(28)

piuttosto interessante: il testo, infatti, è ricco di toponimi che, se esistenti, dovrebbero essere sufficienti a ricostruire più o meno esattamente la posizione geografica e i luoghi coinvolti nella vicenda narrata. In realtà non è così e l’unica informazione che appare sicura è che Eugen proviene dalla Georgia Orientale e che lì ha vissuto la sua infanzia, dato che egli stesso afferma: «Auch ich bin ein Gruse»186. Considerato però che Böll non dà indicazioni precise sul tempo storico in cui contestualizzare gli eventi narrati e che i termini utilizzati per indicare la Georgia Orientale e i suoi abitanti Grusien, Gruse e grusisch (cfr.§3.1.) sono antichi, i confini e l’estensione dello Stato potrebbero essere cambiati rispetto all’attuale nazione georgiana.

Secondo quanto detto anche la zona della Baitha, molto cara a Eugen e teatro degli incontri adolescenziali con Mulz, dovrebbe trovarsi in Georgia Orientale.

Baitha è il primo toponimo che compare nel testo; esso viene pronunciato da

Eugen in una delle prime batture. La Baitha è descritta come «die groβe Ödfläche oben im Gebirge»187, è una terra di grande povertà, in cui la vegetazione fatica a crescere e il bestiame a sopravvivere: «nur spärlich wächst dort Gras, und die Euter der Kühe füllen sich kaum, und die Leute sind arm dort; jedes Maβ Milch ist kostbar, jedes Kilo Käse ist Geld, und es gab Jahre, in denen ich noch zu Beginn des Winters oben in der Baitha hockte, ganz allein, ein Knabe, in der Hütte aus Brettern und Steinen»188. In questa frase si nota che il vocabolo Baitha sembra avere anche un’altra accezione, ossia quella di un rifugio; l’espressione «ich […] in der Baitha hockte», infatti, suggerisce un luogo chiuso in cui poter stare seduti o accovacciati. Subito dopo Eugen menziona una capanna fatta di legno e pietra ma non è chiaro se questa capanna sia o meno designata anche dal sostantivo Baitha. In ogni caso il termine non è attestato né come sostantivo tedesco, né come toponimo.

186 H. BÖLL, Mönch und Räuber, in B. BALZER (a cura di) Heinrich Böll Werke, 1979 (?), p.

140.

187

Ibidem, p. 126.

188

H. BÖLL, Mönch und Räuber, in B. BALZER (a cura di) Heinrich Böll Werke, 1979 (?), p. 126.

(29)

Un'altra località che viene nominata spesso è Suntor, in cui si trova il monastero retto da Eugen. Dalla frase «Ich ging aus dem Dorf weg, schlich mich über Nebenstraβen nach Grusien zurück»189 si capisce che Suntor si trova in Georgia Orientale. Proprio questo luogo è il punto di partenza del viaggio del monaco verso Beguna.

Beguna, appunto, è un altro nome geografico che ricorre spesso nel testo: è il

villaggio nel quale, secondo il sogno del fratello Raimund prima, e dello stesso Eugen poi, risiederebbe Milutin. Se si presta fede alla frase di Eugen citata sopra, il villaggio di Beguna dovrebbe essere oltre il confine con la Georgia Orientale. Il bibliotecario non conosce Beguna e, aiutandosi con un atlante, ne riporta una localizzazione che sembra piuttosto precisa: «Verzeih, ich muβ erst die Karte suchen. Da… es liegt in Murdien, Vater, in den Nachbarprovinz, […] hier, hier ist Beguna – es liegt zwischen den Städten Antonia und Tugra, dort, wo die groβen Erzgruben sind»190. Secondo quanto rilevato dal frate Beguna si troverebbe a Murdien, che compare spesso nel testo come zona di confine, il che confermerebbe l’ipotesi che Beguna si trovi oltre il confine georgiano. La posizione data dal bibliotecario dovrebbe rendere facile l’individuazione della località; in realtà non è così. Le città Antonia e Tugra, infatti, non esistono o comunque i loro nomi non sono quelli odierni e il riferimento delle miniere metallifere è piuttosto vago. Il nome Murdien è particolarmente interessante: esiste, infatti, una città e distretto di nome Muradiye in Turchia, Stato che confina con la Georgia. L’attuale Muradiye si trova nella provincia di Van e il suo nome in curdo è Bêgirî, che assomiglia molto a Beguna. Tuttavia in questa zona attualmente non si trovano delle riserve minerarie. Inoltre i nomi Antonia e Tugra sono simili ad

Antiochia e Turgutlu, due città turche parecchio distanti tra loro: la prima si trova

nella provincia di Hatai, al sud della Turchia, la seconda nella provincia di Menisa, nel centro-ovest dello stesso Stato. È anche vero, però, che, nonostante il

189

H. BÖLL, Mönch und Räuber, in B. BALZER (a cura di) Heinrich Böll Werke, 1979 (?), p. 149.

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