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3.1 Introduzione. Il Nuovo Mercato delle Vettovaglie di Livorno Capitolo 3

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Academic year: 2021

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Il Nuovo Mercato delle

Vettovaglie di Livorno

3.1 Introduzione.

Il Nuovo Mercato delle Vettovaglie, noto ai livornesi anche come Mercato Centrale o Mercato Coperto, è uno dei più importanti edifici storici in muratura portante della città di Livorno, risalente all’ultima parte del XIX secolo.

Posizionato nel centro della città, è delimitato a nord-ovest da via Buontalenti, a nord-est da via Santa Fortunata, a sud-ovest dalla via del Cardinale ed il prospetto sud-est si affaccia sugli Scali Aurelio Saffi, prospicienti il Fosso Reale.

L’edificio ha una pianta pseudo rettangolare di dimensioni approssimative di 100 x 60 metri.

È articolato su quattro livelli dei quali tre fuori terra più uno interrato. Il piano interrato è adibito principalmente ad uso deposito e si trova posizionato circa quattro metri al di sotto del piano di campagna.

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Ad esso è possibile accedere sia dalla via d’acqua adiacente, sia tramite due rampe carrabili disposte lungo i lati più corti dell’edificio. In questo piano sono ubicate 21 cantine coperte con volte a botte e una ghiacciaia, caratterizzata da una copertura con volte a crociera. I vari ambienti sono in collegamento attraverso due gallerie laterali ed una centrale che si affaccia direttamente sul fosso reale.

Fig 3.1 Ubicazione del Mercato delle Vettovaglie di Livorno.

Il piano terra è suddiviso in tre saloni: il salone Centrale, quello del Pesce e quello delle Gabbrigiane, dei quali il primo è quello di dimensioni nettamente maggiori rispetto agli altri due.

Il primo piano, costituito principalmente da magazzini, è disposto sia lungo i lati del salone centrale che dei saloni minori in corrispondenza delle botteghe situate al pian terreno. Da questo piano è possibile accedere, tramite una scala esterna, al ballatoio di copertura.

La copertura di questo edificio, progettata dall’ing. Emilio Spagnoli, è davvero particolare dal punto di vista architettonico; essa è costituita da capriate metalliche molto leggere in ferro, abbellite da motivi floreali. Quest’ultime sono appoggiate sulle pareti comprese tra i finestroni e le catene, in corrispondenza dell’intradosso

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delle capriate, realizzano un certo grado di collegamento tra la sommità delle pareti maggiori del salone centrale.

Fig 3.2. Disegni storici del Mercato delle Vettovaglie di Livorno [5]

3.2 Notizie storiche.

Il Nuovo Mercato delle Vettovaglie di Livorno, è un edificio la cui costruzione risale agli ultimi anni del IX secolo, con data di inizio dei lavori compresa tra il 1889 e il 1890. La sua costruzione terminò dopo cinque anni nel 1894 con un costo di circa quattro milioni di lire [4]. La struttura portante dell’edificio è

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totalmente in muratura, con esclusione della copertura del salone principale, dove i materiali utilizzati sono principalmente il ferro e il vetro.

Dal momento che nel 1868 fu eletto sindaco della città Nicola Costella, il quale dotò la città di servizi fondamentali come scuole, lo stesso mercato centrale ed i Macelli, esso soleva affermare: “È altamente desiderabile che i Comuni facciano ogni sforzo perché ai grandi miglioramenti conseguenti dopo il nostro risorgimento nella viabilità, nell’istruzione, nel benessere, si aggiunga anche quello, nell’igiene e nella

pulizia che ci porti al livello delle altre nazioni”. Egli credeva infatti che la

costruzione di certe tipologie di opere, come per l’appunto il mercato coperto, portassero all’elevazione del rango della città, la quale era carente di impianti pubblici adeguati alla sua importanza.

La progettazione dell’impianto del mercato coperto fu affidata all’architetto capo del Comune Angiolo Badaloni, il quale caratterizza quasi tutte le sue opere per la presenza di grandi finestre ad arco inserite appositamente, con lo scopo di alleggerimento delle strutture murarie, come fatto anche nelle scuole Benci, sorte proprio di fronte al mercato.

L’idea di realizzare un grande mercato chiuso, quindi molto più igienico proprio perche riparato sia da vento, pioggia e luce diretta del sole, fu una idea molto innovativa in quanto, solitamente, i mercati venivano fatti sempre all’aperto, ed assai frequentemente in luoghi disadattati e scarsamente igienici. L’apertura al pubblico del Mercato avvenne il I° Marzo 1894. La posizione scelta per l’ubicazione della struttura lungo il fosso prossimo a piazza Buontalenti, offriva delle ottime condizioni per la sua utilizzazione. Infatti si riuscì ad edificare un grande edificio isolato ma con accessi facili sia alla vecchia che alla nuova città, senza modificare le abitudini delle persone.

Per la realizzazione della struttura si studiarono altre tipologie di edifici simili, realizzati in luoghi con clima molto simile al nostro, dai quali vennero riprese le disposizioni generali, come ad esempio la chiusura continua del fabbricato, il numero di accessi limitati, concentrazione del commercio soltanto all’interno di esso senza alcuna installazione all’esterno, cantine poste sotto al mercato per la conservazione delle derrate alimentari, illuminazione interna tramite aperture verticali e non per mezzo di lucernari sul tetto, proprio per evitare i raggi solari diretti.

Una volta terminati i lavori, il Mercato risultava essere composto da un salone principale e due saloni minori. Il salone centrale presenta l’ingresso più importante affacciato sugli Scali Aurelio Saffi ed ha inoltre altri quattro ingressi secondari posti lateralmente all’edificio. In esso, avente lunghezza e larghezza rispettivamente pari a 95 e 26 metri, sono presenti 34 botteghe e 230 banchi vendita di vario genere. L’altezza complessiva del salone è circa 35 metri [6]. Gli altri due saloni, cioè quello “dei Pescaioli” e quello delle “Gabbrigiane” sono di dimensioni minori e circa uguali tra se. Il primo infatti ha una lunghezza approssimativa di 45 metri mentre il secondo di 41. Entrambi presentano un’altezza di circa 15 metri e sono collegati da due gallerie laterali e da una galleria centrale.

Come scriveva Giuseppe Piombanti nella sua Guida storica ed artistica della città e dei dintorni,“quando Livorno era castello tenevasi il mercato dei viveri nelle

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antiche sue piazzette, e poi particolarmente in quella ora detta del Villano, la quale per ciò ebbe pur nome di piazza dei cavoli e di pescheria vecchia. Quindi facevano il mercato sotto le logge di piazza d'arme. L'ingegnere Cantagallina, per togliere tale inconveniente, ebbe ordine nel 1634 di ridurre a mercato la piazza che oggi porta il nome di Felice Cavallotti. Aveva nel mezzo una grande tettoia a forma di croce, che divideva il mercato in quattro spartimenti: per l'erbaggio, il pesce, le uova, il pollame. Sotto la tettoia vendevano le carni; nelle vie circostanti ogni sorta di vettovaglie. La chiamavano per ciò piazza dell'erbe o dei viveri. Nel 1772 tutta la ripulirono e quasi la rinnovarono. Ingrandita la città da Leopoldo II, era divenuto piccolo e indecente; tuttavia lo adoperarono fino all'apertura del mercato nuovo. Ridotto dal Comune a piazza pulita, ci si adunano oggi, la mattina, i contadini per vendere all'ingrosso i prodotti dei loro orti e poderi. Finalmente il Comune, fra la via Buontalenti e la via Aurelio Saffi, eresse un nuovo, bello e grandioso mercato, che per verità, considerando lo scopo cui doveva servire, poteva farsi con molto minore spesa e minor danno dell'amministrazione comunale. Il 1 marzo 1894 lo aprirono al pubblico”.

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75 Fig. 3.4. Il Nuovo Mercato delle Vettovaglie di Livorno; interno del salone centrale.

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76 Fig. 3.6 Planimetria del piano terra.

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77 Fig. 3.8 Planimetria primo piano.

3.3 Indagini per la caratterizzazione meccanica

degli elementi murari.

Gli elementi resistenti della struttura portante del Nuovo Mercato Delle Vettovaglie di Livorno sono stati oggetto di recenti indagini diagnostiche, allo scopo di valutarne le condizioni attuali. Le prove sui paramenti murari, necessarie per descriverne adeguatamente le caratteristiche meccaniche e lo stato di sollecitazione, sono state affidate dall’amministrazione del Comune di Livorno al Dipartimento di Ingegneria Strutturale dell’Università di Pisa (DIS).

Le indagini sperimentali sono state condotte dal personale tecnico del Laboratorio Ufficiale per le Esperienze sui Materiali da Costruzione del DIS. Le prove in situ con i martinetti piatti sono state realizzate nel corso del 2008 dalla ditta R-Teknos di Bergamo

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3.3.1 Indagini sperimentali.

Le indagini sperimentali sono consistite in: - ispezione visiva preliminare; - 16 carotaggi;

- 16 ispezioni con sonda televisiva all’interno di fori realizzati mediante carotaggi nelle murature dell’edificio;

- 6 prove con martinetto piatto singolo; - 6 prove con martinetti piatti doppi;

- 20 prove di rottura a compressione e due a flessione su provini ricavati dai campioni estratti dalle murature.

3.3.1.1 L’ispezione visiva.

La campagna di indagini sperimentali è stata preceduta da un’ispezione visiva delle murature delle diverse parti dell’edificio, condotta allo scopo di individuare le zone più significative dove eseguire le prove. L’ispezione ha permesso di ottenere alcune prime indicazioni fondamentali sulla tipologia delle murature, la loro condizione attuale e il loro stato di conservazione. In particolare, è emerso che le murature delle pareti verticali dell’edificio sono realizzate, a tutti i livelli, in muratura mista di pietrame non squadrato, intervallata regolarmente da ricorsi orizzontali di mattoni. I blocchi in pietrame presentano una gran varietà di forme e dimensioni (generalmente comprese fra 10 e 40 cm), e gli elementi in laterizio risultano ben collegati tra loro da spessi giunti di malta (spessore tra 1,5 e 2,5 cm).

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3.3.1.2 Carotaggi e prospezioni con sonda televisiva.

Sulle murature che costituiscono le pareti verticali dell’edificio sono stati effettuati sedici carotaggi tramite carotatrice ad acqua con testa diamantata di diametro 60 mm: quattro al piano seminterrato, cinque al piano terra e sette al primo piano. L’esame visivo dei campioni estratti ha evidenziato il carattere fortemente eterogeneo delle murature, che risultano essere composte da materiale lapideo di diversa natura, e da elementi di laterizio legati da giunti di malta che presentano un buon grado di coesione.

Tra gli elementi lapidei raccolti si distinguono le calcareniti sabbiose, conglomerati naturali ed arenarie compatte.

Fig. 3.12 Due immagini tratte dalle prospezioni con sonda televisiva.

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Fig. 3.14 Carota estratta dalla parete A in fig. 3.13 (conglomerato naturale).

Fig. 3.15 Carota estratta dalla parete B in fig. 3.13 (calcarenite sabbiosa).

Fig. 3.16 Indicazione dei carotaggi al piano terra.

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Fig. 3.18 Carota estratta dalla parete C in fig. 3.16 (arenaria compatta).

Fig. 3.19 Carota estratta dalla parete D in fig. 3.16 (conglomerato naturale).

Fig. 3.20 Indicazione dei carotaggi al primo piano.

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Fig. 3.22 Carota estratta dalla parete F in fig. 3.20 (conglomerato naturale).

Fig. 3.23 Carota estratta dalla parete G in fig. 3.20 (arenaria compatta).

3.3.1.3 Prove con i martinetti piatti.

Sulle murature che costituiscono le pareti verticali dell’edificio sono state individuate sei zone su cui sono state eseguite le prove con martinetti piatti. In ciascuna zona è stata effettuata una prova con martinetto piatto singolo, per la stima dello stato di sollecitazione presente nella muratura, ed una prova con martinetti piatti doppi paralleli, per la determinazione della curva di risposta tensioni-deformazioni della muratura. L’ubicazione dei punti di prova è illustrata nelle figure seguenti.

Fig. 3.24 Ubicazione delle prove con martinetti piatti al piano seminterrato.

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Le prove con martinetto singolo hanno consentito di valutare l’intensità dello sforzo di compressione medio in direzione verticale presente sulla muratura. In tutte le prove, la porzione di parete è risultata realizzata in muratura mista di pietra e laterizio. I martinetti piatti utilizzati per la prova avevano tutti la stessa forma semicircolare, con dimensioni uguali a 345 mm x 255 mm

Fig. 3.27 Martinetti piatti utilizzati nelle prove.

Fig. 3.25 Ubicazione delle prove con martinetti piatti al piano terra.

Fig. 3.26 Ubicazione delle prove con martinetti piatti al primo piano.

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Fig. 3.28 Schema della prova con martinetto singolo ed esecuzione della prova. In corrispondenza di ciascuna delle tre basi di misura, di 200 mm di lunghezza, si sono registrati gli spostamenti relativi tra gli estremi, osservati in conseguenza del taglio della muratura; in seguito, il valore della pressione nel martinetto piatto è stato incrementato fino a riportare gli estremi della base centrale di misura nella loro posizione iniziale. La tensione media di compressione presente nella muratura è stata valutata moltiplicando il valore finale della pressione nel martinetto per degli opportuni coefficienti, che tengono conto della forma e delle dimensioni del particolare tipo di martinetto ed il cui valore è determinato sperimentalmente. La buona corrispondenza fra gli spostamenti relativi registrati nelle basi laterali di misura durante le fasi di taglio e di carico, in ciascuna delle sei prove eseguite, porta a ritenere che il valore medio della compressione, calcolato sulla base della pressione massima applicata al martinetto, possa essere considerato rappresentativo della compressione media effettivamente presente nella muratura.

Il valore massimo della compressione in direzione verticale è pari a 1.01 MPa (prova M2, piano interrato). Le compressioni diminuiscono d’intensità, com’era atteso, procedendo dalla base verso la sommità dell’edificio.

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I valori medi delle tensioni normali di compressione sono stati confrontati con i valori ottenuti tramite un’analisi semplificata dei carichi verticali gravanti sui setti murari sede delle stesse prove. È stato assunto un peso delle murature pari a 20 KN/m3, un carico di 2 KN/m2 per la copertura e di 3 KN/m2 per i solai, con l’ipotesi semplificativa che il peso di ciascun solaio si distribuisca sui pannelli murari adiacenti ed in maniera proporzionale alla propria superficie di competenza. Dal calcolo si sono ottenuti i seguenti valori della tensione media di compressione:

- Cantine (M1,M2) 0.72 MPa - Piano terra (M3) 0.96 MPa - Primo Piano (M4, M5, M6) 0.29 MPa

Confrontando i valori ottenuti dalle prove con quelli derivanti dall’analisi dei carichi notiamo come, in prima approssimazione, vi sia una buona corrispondenza tra gli stessi.

Le prove con martinetti piatti doppi hanno consentito la determinazione della curva di risposta per compressioni verticali.

Fig. 3.29 Schema per la prova con martinetto piatto doppio ed esecuzione della prova

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89 Fig. 3.31 Prove MD3 e MD4, curva di risposta della muratura.

Fig. 3.32 Prove MD5 e MD6, curva di risposta della muratura.

Per ciascuna prova effettuata, basandosi sulla curva di risposta relativa alla base centrale di misura sono stati stimati alcuni parametri caratteristici, riportati per comodità di esposizione nella tabella seguente.

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3.3.1.4 Prove di rottura in laboratorio.

Sui campioni estratti dalle pareti dell’edificio sono state effettuate alcune prove per saggiarne la capacità resistente. Tali prove, consistite in prove di compressione e prove di flessione, sono state effettuate presso il Laboratorio Ufficiale per le Esperienze sui Materiali da Costruzione del Dipartimento di Ingegneria Strutturale.

Le prove di rottura a compressione sono state eseguite prendendo come riferimento la norma UNI EN 1926 “Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione della resistenza a compressione”. Dalle carote estratte sono stati ottenuti diciotto provini cilindrici a base circolare, avente diametro ed altezza pari a 60 mm circa. Inoltre sono stati utilizzati anche provini prismatici ricavati da elementi lapidei estratti interi dalla parete dell’edificio. Tali provini di forma cubica, con lato pari a 50 mm sono stati sottoposti a molatura delle facce in modo da poter assicurare il parallelismo tra superfici opposte e l’ortogonalità tra le facce contigue. Ad ogni provino, sia cilindrico che cubico, è stata successivamente assegnata una sigla in relazione all’elemento dal quale è stato ricavato.

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I risultati delle prove sono riportati nella tabella seguente.

Provino Classificazione geologica Dimensioni (mm) Area (mm2) Carico di rottura (KN) Tensione di rottura (MPa) d (o L) H E11 Conglomerato 59,0 59,0 2734,0 35,6 13,0 E12 Conglomerato 58,9 59,0 2724,7 38,5 14,1 F21 Conglomerato 59,0 59,0 2734,0 49,9 18,3 F22 Conglomerato 59,0 59,0 2734,0 63,6 23,1 F23 Conglomerato 58,9 62,0 2724,7 66,4 24,4 B11 Calcarenite 58,7 59,0 2706,2 11,8 4,4 B12 Calcarenite 58,8 61,0 2715,5 13,7 5,0 C31 Arenarie 59,0 59,0 2734,0 75,2 27,7 C32 Arenarie 59,0 64,0 2734,0 107,9 39,5 F1 Arenarie 58,9 58,0 2724,7 37,6 13,8 E31 Arenarie 59,2 65,0 2752,5 45,3 16,2 G21 Arenarie 58,9 58,0 2724,7 53,2 18,7 G22 Arenarie 58,9 58,0 2724,7 98,8 36,3 G23 Arenarie 58,9 58,0 2724,7 67,5 24,8 E22 Arenarie 58,9 58,0 2724,7 125,6 46,1 E21 Arenarie 59,0 59,0 2734,0 61,3 22,4 E23 Arenarie 58,8 60,0 2715,5 18,6 6,8 G1 Arenarie 58,7 60,0 2706,2 59,3 21,9 P11 Arenarie 50,1 50,0 2510,0 32,7 13,0 P12 Arenarie 51,2 47,0 2621,4 34,9 13,3

Tabella 3.3 Risultati delle prove di compressione su provini estratti.

Fig. 3.34 Aspetto di un provino al termine della prova.

Per le due prove a flessione sono stati utilizzati provini a forma di parallelepipedo aventi spessore, h, compreso fra 25 mm e 100 mm, lunghezza totale, L, pari a sei

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volte lo spessore e larghezza, b, compresa fra 50 mm e tre volte lo spessore. I provini sono stati posti centralmente su coltelli di appoggio posti a distanza, l, pari a cinque volte lo spessore. I risultati sono riassunti nella tabella seguente.

Fig. 3.35 Una delle prove a flessione

Tabella 3.4 Risultati delle prove di flessione su provini estratti da elementi lapidei In conclusione, le prove di rottura hanno messo in mostra risultati sensibilmente variabili, com’era da attendersi stante la presenza nei campioni estratti di elementi lapidei di diversa natura, come arenarie, conglomerati naturali, calcareniti sabbiose. Per le arenarie, i valori della resistenza a compressione variano da valori molto bassi (6,8 MPa quello minore) a valori decisamente più alti, paragonabili a quelli di un calcestruzzo (46,1 MPa il maggiore). Il valore medio ottenuto, di 24,6 MPa, è al di sotto della media standard delle arenarie, ma comunque soddisfacente. I moduli di deformabilità ricavati rientrano nella media delle arenarie. Buona risulta essere la resistenza a flessione (8,3 MPa), sulla quale però occorrerebbero ulteriori indagini a causa della forte dispersione dei risultati della prova. Anche i conglomerati naturali hanno mostrato una resistenza a compressione soddisfacente, con un valore medio di 18,6 MPa e una modesta dispersione dei valori misurati. La resistenza a flessione del provino in conglomerato naturale esaminato è risultata essere 9,6 MPa, simile a quella delle

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arenarie. Infine, le calcareniti hanno evidenziato valori di resistenza molto bassi, con una media di 4,7 MPa [8].

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