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CAPITOLO II

ARTEMIDE E L’EDUCAZIONE DELLE FANCIULLE:

L’ARKTEIA A BRAURON

II.1 IL RITO

Il rito dell’arkteia è stato oggetto di numerosi studi volti a chiarire in che cosa consistesse e cosa realmente avvenisse nel santuario di Brauron. Sotto il patronato di Ar-temide le ragazze erano educate in vista del loro futuro ingresso nella società, sancito tramite il matrimonio con il quale assumevano il proprio ruolo nella comunità. Il rito as-solveva ad un duplice scopo: da un lato le fanciulle affrontavano il periodo della pubertà, dove la comparsa del menarca le rendeva capaci di procreare e quindi pronte alle nozze. Dall’altro lato offrendosi ad Artemide le ragazze avrebbero protetto se stesse da rischi e pericoli riconducibili al parto, dove la morte della partoriente o del bambino era spesso imputata proprio ad Artemide1. La donna, infatti, mettendo al mondo dei figli sani garan-tiva sia la continuità della polis, che perciò ha “tutto l’interesse a gestire la formazione

delle giovani leve”2, sia la stabilità dell’oikos assicurata da una discendenza legittima. In-fine una delle qualità necessarie per divenire una buona moglie era l’operosità, che per una donna consisteva nell’abilità della tessitura e nel saper realizzare opere anche di no-tevole qualità.

L’arkteia, oltre ad assumere un ruolo importante nell’educazione delle ragazze, consisteva in un rituale iniziatico che, nel periodo di permanenza delle ragazze al santuario, le ac-compagnava, educandole, alla pubertà sancendo il passaggio da una classe d’età (infan-zia) ad un’altra con una morte rituale e una successiva rinascita come ragazze puberi,

1

Sul ruolo di Artemide nel parto si veda infra parag. II.3.

2

MONTEPAONE 1979 p.358. Cfr. inoltre KING 1983 pp.110-111; SOURVINOU-INWOOD 1988 pp.29-30, 112; COLE 2004 pp.201-209.

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pronte alle nozze. Alcune fonti letterarie definivano questo rito sotto due aspetti: come ηειεηή, nel senso di iniziazione tramite un rituale o più genericamente una celebrazione, e come κπζηήξηνλ, alludendo ad un culto segreto, la cui partecipazione prevedeva riti indi-viduali (ad esempi ad Eleusi)3. I due termini si riferivano a due realtà distinte, come so-stenuto da Burkert, e l’iniziazione, intesa come rito di passaggio, coincideva con il termi-ne teletè: in epoca tardo cristiana “κπζηήξηνλ divietermi-ne la designaziotermi-ne di ogni culto

paga-no” 4, come negli scoli ad Aristofane. Il termine teletè inoltre sottintendeva anche il perfe-zionamento a cui le ragazze andavano incontro durante il rito di passaggio: da una fase indefinita, liminare, in cui i confini tra ragazzo e ragazza e tra bestie e uomini non erano ancora distinti, la fanciulla giungeva al compimento finale, divenendo una ηειεία γπλή, una donna matura e compiuta5.

La maggior parte delle informazioni sul rito dell’arkteia derivano dai miti eziolo-gici. Di seguito si riportano le due fonti principali, rispettivamente lo scolio al verso 645 della Lisistrata di Aristofane e Suda s.v. ἄξθηνο ἦ Βξαπξνλίνηο6:

L1: Imitando un’orsa (ἄξθηνλ κηκνύκελαη) il rito (ηὸ κπζηήξηνλ) compivano. Imitando l’orsa in onore della dea indossavano la veste color zafferano e celebravano il rito (ζπλεηέινπλ ηὴλ ζπζίαλ) per Artemide Brauronia o Munichia, vergini scelte non più grandi di dieci anni né più giovani di cinque. Le fanciulle compivano il sacrificio (ηὴλ ζπζίαλ) per placare la dea (ἐθκεηιηζζόκελαη ηὴλ ζεόλ), dopo che gli Ateniesi erano stati colpiti da un morbo (ιηκῷ) avendo sottratto alla dea un’orsa addomesticata (ἡκέξαλ).

L2: Altri dicono che i fatti intorno ad Ifigenia si siano svolti a Brauron e non ad Aulide. Euforio-ne: “Brauron, cenotafio di Ifigenia vicino al mare” [fr. 91 (Powell), ndr]. Sembra infatti che non

3 Teletè: Hsch. s.v. ἀρκτεία; mysterion: Schol. Ar. Lys. 645; Harp. s.v. δεκατεφειν riportando alcune parole

di Demostene usa il verbo μυῆςαι come equivalente di dekateusai, con il quale Lisia intendeva arkteusai, fare l’orsa. Secondo Giuman (Id. 1999 p.110) iniziazione e mistero costituiscono un’entità difficilmente se-parabile. Cfr. inoltre Eur. IT, 959 in cui τελετὴν è definito il rito istituito dagli Ateniesi in onore di Oreste; FARAONE 2003 pp.43-44.

4

BURKERT 2002 p.21; si veda in generale ivi, pp.13-24.

5

VERNANT 1987 pp.23-24; DI DONATO 2001 p.195. Sul significato di τελζω si veda Liddell-Scott.

6

Queste due testimonianze letterarie sono state esaminate da SALE, The temple-legends of the arkteia, Rheinisches Museum, 118, 1975, pp.265-284, di cui si adotta la tripartizione del testo. La traduzione è di Giuman M., 1999. In L1 si riporta che un rituale analogo all’arkteia era celebrato anche a Munichia, presso il Pireo: il mito all’origine di questo rituale munichio coinvolge analogamente l’uccisione di un’orsa. Cfr.

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ad Aulide Agamennone avesse sacrificato Ifigenia e che un’orsa fosse stata data al suo posto, non una cerva. Per questa ragione celebrano un rito (κπζηήξηνλ) per le lei.

L3: Un’altra tradizione ancora: un’orsa fu concessa al santuario di Artemide e fu addomesticata (ἡκεξώζε); ma una volta una fanciulla giocava (παξζέλνο ἔπαηδε) con lei e fu accecata dall’animale. Il fratello della fanciulla, addolorato per quanto accaduto, uccise l’orsa, ma Artemi-de, adirata, ordinò che ogni fanciulla imitasse (παξζέλνλ πᾶζαλ κηκήζαζζαη) l’orsa prima delle nozze (πξὸ ηνῦ γάκνπ) e avesse cura del santuario (πεξηέπεηλ ηὸ ἱεξὸλ) indossando un manto color dello zafferano; questo era detto “fare l’orsa” (ἀξθηεύεζζαη).

S1: Fanciulle, comprese tra i cinque e i dieci anni, vestite di un manto color zafferano, compivano una cerimonia (ἑνξηὴλ) in onore di Artemide, per placare la dea (ἀπνκεηιηζζόκελαη ηὴλ ζεόλ). S2: Da quando un’orsa selvaggia (ἀγξία) venne e restò nel demo dei Filaidi, essa fu addomestica-ta e nutriaddomestica-ta da parte degli uomini (ἡκεξωζεῖζαλ αὐηὴλ ηνῖο ἀλζξώπνηο ζύληξνθνλ γελέζζαη); ma una fanciulla giocando (πξνζπαίδεηλ αὐηῇ)con l’animale con la sua smodatezza (ἀζειγαηλνύζεο ηῆο παηδίζθεο) eccitò l’orsa che la graffiò; i fratelli di lei, presi dall’ira per questo fatto, uccisero l’orsa.

S3: A causa di tale fatto, un morbo contagioso (ινηκώδε λόζνλ) colpì gli ateniesi e a questi che lo consultavano, l’oracolo rispose che la purificazione ci sarebbe stata solo se essi avessero costretto le loro fanciulle ad essere orse come espiazione (πνηλὰο ἀξθηεύεηλ) per l’animale ucciso. Così gli ateniesi decretarono ufficialmente (ἐψεθίζαλην) che nessuna fanciulla si sarebbe potuta sposare con un uomo (ζπλνηθίδεζζαη ἀλδξὶ) prima di aver fatto l’orsa per la dea.

Questi miti sono fondamentali per comprendere in cosa consistessero il rito e i suoi aspet-ti salienaspet-ti, dal momento che “il mito, e soprattutto il mito eziologico, rispecchia il

susse-guirsi delle azioni rituali.”7 Nonostante alcune differenze, le fonti relative al rito dell’arkteia riportano un racconto analogo: un’orsa selvaggia fu addomesticata e resa mansueta dagli uomini, imparando a convivere con questi (nel demo dei Filaidi dove si trovava Brauron; più generico lo scolio che parla di un santuario di Artemide), fino a quando una fanciulla giocando con lei provocò una reazione aggressiva nell’animale, che la uccise. Per vendicarsi, i fratelli della ragazza uccisero l’orsa, provocando così l’ira di Artemide, la quale punì la comunità intera con un flagello. Per porvi fine e per placare Artemide, fu imposto che ogni fanciulla facesse l’orsa (arkteuein) prima del matrimonio.

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L’ira di Artemide e l’espiazione per la morte di un’orsa a lei sacra possono essere derate come le cause determinanti l’istituzione del rituale: come ad un atto di tra-ne corrisponde una riparaziotra-ne tra-necessaria per ristabilire gli equilibri originari8, così alla morte dell’orsa segue il sacrificio delle parthenoi, che dedicano se stesse (θαζηεξνῦλ) ad Artemide per espiare (ἀθνζηώζαζζαη) la colpa “originaria”9. Identificandosi con l’orsa del mito e divenendo esse stesse arktoi (orse), le fanciulle ne ripercorrono l’analogo stino, ovvero vanno incontro ad una morte rituale per poi rinascere come donne pronte a contrarre il matrimonio10. Per sancire questo passaggio, durante il rituale si sacrificava una capra, il cui sacrificio simboleggiava la morte delle fanciulle consacrate ad Artemide: si trattava quindi di un sacrificio sostitutivo dove al posto della parthenos uccisa o ferita (come nel mito) era subentrato l’animale. Burkert afferma che “il sacrificio produce

sformazione, nel passaggio viene raggiunto un nuovo livello attraverso un “atto” che non può più essere revocato”11: dalla morte rituale quindi nasceva una nuova vita. La morte apparente delle ragazze e la loro identificazione con la vittima animale è esemplificata dal mito di Embaros, considerato come il mito eziologico all’origine dell’arkteia presso il santuario di Artemide Munichia. Il mito narra che, a seguito dell’uccisione di un’orsa presso il santuario di Artemide Munichia al Pireo, gli ateniesi furono colpiti da una cala-mità per porre fine alla quale la dea esigeva il sacrificio di una figlia. L’unico ad accettare fu Embaros che adottò uno stratagemma: dopo aver nascosto sua figlia nell’adyton del tempio, “prese una capra e avendola chiamata figlia la sacrificò di nascosto” (Anecd. Bekk. 1, 444). Altre fonti riportano che la capra fu addobbata come se fosse sua figlia

8 BURKERT 1981 p.46; SOURVINOU-INWOOD 1990 p.53; FARAONE 2003 p.58; PARKER 2005 p.239. 9 Kathieorun: Hsch. s.v. ἀρκτεία: “fare l’orsa (arkteuein) significa consacrare (kathieorun)”; Harp. s.v.

ἀρκτεῦςαι: “il consacrare (το κακιερωκῆναι) prima delle nozze (προ γάμων) le fanciulle ad Artemide”; Id. s.v. δεκατεφειν: “egli (Didimo ndr) afferma che dekateusai significa consacrare (katherosai)”. Sull’arkteia come espiazione (ἀφοςιώςαςκαι) si veda Suda s.v. ἄρκτοσ ἦ Βραυρονίοισ dove le fanciulle erano costrette ad essere orse, “come espiazione (ποινὰσ) per l’animale ucciso”; Anecd. Bekk. 1, 444: “si dice che arkteusai

sia il modo migliore per espiare se stessi nei confronti di Artemide”; Id. 1, 206: “consacrare

(aphosiosa-sthai) e sacrificare (thusia) ad Artemide e all’orsa”.

10

La morte rituale costituisce un passaggio fondamentale nei riti di iniziazione: DOWDEN 1991 pp.50-53; LYONS 1997 p.148; PARKER 2005 p.241; CALAME 2009 p.90.

11

BURKERT 1981 p.46. Sul sacrificio sostitutivo della capra si veda Hsch. s.v. Βραυρονίοισ; BURKERT 1981 pp.49, 62, 216 n.82; HENRICHS 1981 p.207; LLOYD-JONES 1983 pp.91-93, 97; DOWDEN 1991 p.53.

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post. 7, 10 s.v. Ἔκβαξόο εἰκη; Suda s.v. Ἔκβαξόο εἰκη), rendendo esplicita l’analogia tra il sacrificio della capra e quello delle ragazze12.

La scelta della capra come sacrificio di sostituzione non è casuale: si tratta infatti di un animale che riflette la condizione liminare delle fanciulle, in quanto è la più selvatica tra gli animali domestici, e la sua immolazione diveniva necessaria per “eliminare la ferinità,

l’aspetto selvaggio” 13 in fasi critiche, come ad esempio la guerra.

Il carattere iniziatico del rituale traspare dalle fonti nel riferimento continuo alla necessità delle parthenoi di fare l’orsa prima del matrimonio (pro tou gamou), ovvero l’arkteia sanciva il passaggio definitivo all’età adulta e la loro disponibilità alle nozze. La Suda ri-ferisce di un decreto ufficiale degli Ateniesi, con il quale si stabiliva l’importanza che il rituale assumeva per la polis nell’educazione delle parthenoi: “gli ateniesi decretarono

ufficialmente (ἐψηυίσαντο) che nessuna fanciulla si sarebbe potuta sposare (συνοικίζεσθαι) con un uomo prima di aver fatto l’orsa per la dea.”14

Il motivo per cui le parthenoi sacrificavano se stesse era la necessità di placare Ar-temide per due motivi15. Il primo consisteva nell’espiare la perdita imminente della loro verginità, dal momento che il rituale le trasformava in donne sessualmente mature16. Affrancarsi definitivamente da Artemide, la “pura Parthenos votata ad una verginità

12

Per un quadro esauriente delle fonti sul mito di Embaros e Artemide Munichia si veda GIUMAN 1999 pp.183-195.

13 VERNANT 1987 pp.27.28. Si veda inoltre Id. 2001 p.127. Artemide riceveva ogni anno in sacrificio 500

capre nel santuario di Artemide Agrotera, ad Agrai, per commemorare la vittoria di Maratona (Plut. 862 a-c; Ael. HV, II, 25).

14 Suda s.v. ἄρκτοσ ἦ Βραυρονίοισ. A questo decreto potrebbe far riferimento Cratero (FGrHist 342 F 9)

nella sua opera perduta Psephismata, citata da Harp. s.v. ἀρκτεῦςαι. La “formula” pro tou gamou ricorre in schol. Ar. Lys. 645; Harp. s.v. ἀρκτεῦςαι (cfr. supra n.9); Anecd. Bekk. 1, 206 s.v. ἀρκτεῦςαι: “espiare (a-phosiosasthai) e sacrificare (thusai)ad Artemide e all’orsa, la qual cosa facevano prima delle nozze”; Id. 1, 444: “da quel tempo le fanciulle non esitarono ad essere orse prima del matrimonio”.

15

Schol. Ar. Lys. 645: “le fanciulle compivano il sacrificio per placare Artemide” (ἐπετέλουν δὲ τὴν κυςίαν αἱ κόραι ἐκμειλιςςόμεναι τὴν κεόν); Suda: “compivano una cerimonia in onore di Artemide *…+ per placare

la dea” (τῇ Ἀρτέμιδι ἑορτὴν ἐτέλουν *…+ ἀπομειλιςςόμεναι τὴν κεόν). 16

Men. fr. 38, dove si apprende che donne incinte chiedevano perdono ad Artemide per la perdita della loro verginità; schol. Theoc. 2, 66 sulla caneforia in onore di Artemide, in espiazione (aphosiosis) per la perdita della verginità, temendo di divenire oggetto della sua ira; Anecd. Bekk. 1, 444 riporta che l’arkteusai sia il modo migliore per liberarsi dall’empietà nei confronti di Artemide (καὶ ἄλλωσ ἀρκτεῦςαι λέγεται τὸ ὣςπερ ἄριςτον ἀφοςιώςαςκαι τῇ Άρτζμιδι).

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terna” secondo la definizione di Vernant17, avrebbe comportato l’ira della dea che puni-sce chi oltrepassa il limite della parthenia senza il suo consenso: le fanciulle conopuni-scevano bene i destini tragici di Ippolito, Callisto o Atalanta, seguaci della dea18.

Un secondo motivo era quello di assicurarsi la benevolenza della dea nella loro vita futu-ra, con la protezione del matrimonio e delle nascite che ne sarebbero derivate. La dea in-fatti, come ha ben evidenziato Vernant, era colei che tutelava la vita della bambina dalla nascita fino al primo parto: da ciò si intuisce come Artemide, se non appagata, potesse costituire una minaccia per la donna nei momenti fondamentali della sua vita19. Un’iscrizione rinvenuta a Cirene, che reca il testo di un decreto e datata agli inizi del III secolo a.C., testimonia quanto “satisfying Artemis […] was therefore as important to the

city as it was to the individual or her family.”20 Il testo riporta alcuni atti rituali e di puri-ficazione rivolti a uomini e donne, necessari a salvaguardare l’intera comunità civica e ad assicurare un dominio stabile del territorio. Per ogni situazione sono riportate le norme ri-tuali da osservare e cosa era necessario fare per chi vi contravveniva. Riguardo alle don-ne, queste dovevano compensare (zamian) Artemide, attraverso sacrifici e cerimonie, in tre distinti momenti: prima del matrimonio, una volta divenuta una sposa (nymphe) e du-rante il parto. È inoltre interessante notare che la sacerdotessa del santuario di Artemide era chiamata arkos, una forma secondaria del nome greco dell’orsa, e in ciò trovano con-ferma anche le parole di Esichio21.

Anche le giovani arktoi placavano Artemide non soltanto per il proprio bene, ma anche per favorire la collettività di cui erano parte; il mito parla della punizione in cui incorre la comunità per la colpa commessa dal singolo individuo in questo caso l’uccisione dell’orsa: pestilenza (ινηκώδε λόζνλ in Suda) e carestia (negli scoli ιηκῷ). Per questo motivo la polis aveva tutto l’interesse a gestire la formazione delle ragazze attraverso il rituale dell’arkteia, che salvaguardava la stabilità e la prosperità della città.

17

VERNANT 1987 p.19.

18

BRULE’ 1987 p.215; GIUMAN 1999 pp.120-121, 236; MARINATOS 2002 pp.39-40. Sul mito di Atalanta e Ippolito si veda Cap. IV.

19

LLOYD-JONES 1983 p.99; COLE 1985 p.24; Id. 2004 pp.209-213; PARKER 2005 pp.242-243.

20

COLE 2004 p.211. Sul decreto di Cirene (SEG 9, 1946, 72) si veda inoltre GIUMAN 1999 pp.244-246 che riporta il testo; MARINATOS 2002 p.40. E’ probabile che il decreto degli Ateniesi a cui si allude in Suda po-tesse essere nel contenuto analogo a quello di Cirene.

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Attraverso il racconto mitico traspare la duplicità di Artemide, dea liminare, di confine. Era infatti lei che assicurava un futuro prospero alle ragazze che prima del ma-trimonio si ponevano sotto la sua tutela. Non a caso era chiamata Eulochia, colei che fa-voriva le nascite, motivo per cui era sovente associata ad Eileithyia, divinità protettrice del parto, ma anche Kourotrophos, poiché la sua funzione era quella di nutrire e crescere i cuccioli umani e animali, fino a condurli all’età adulta22.

Ciò nonostante era Artemide stessa che con le sue frecce donava una morte istantanea, punendo chiunque trasgredisse i confini da lei stessa tutelata, varcandoli senza il suo con-senso, soprattutto contro le donne nei momenti critici della loro vita, come il matrimonio e il parto. Omero la definì leonessa per le donne (ιένληα γπλαημί); nell’Iliade e nell’Odissea le sue frecce amabili (ἀγαλνί) sono rivolte soprattutto contro di loro come causa di una morte spesso definita dolce (καιαθόλ ζάλαηνο)23. Nell’Inno ad Artemide, Callimaco descrisse la sorte che colpisce una città di ingiusti, puniti per il loro comporta-mento empio nei confronti della dea: la peste si abbatte sul bestiame, il gelo paralizza i campi e le donne muoiono di parto o generano figli che non stanno ritti sulle caviglie24. Artemide esigeva anche sacrifici umani: basti ricordare il destino di Ifigenia e il suo ruolo di sacerdotessa in Tauride, dove sacrificava gli stranieri che giungevano in quella regione. Nella conclusione dell’Ifigenia in Tauride (vv.1452-1461), Atena affida ad Oreste, riusci-to a sfuggire dalla Tauride insieme alla sorella Ifigenia, il compiriusci-to di fondare un tempio ad Halai Araphenides dedicato ad Artemide Tauropolos e di istituire un rituale in cui era necessario macchiare l’altare con il sangue di un uomo, così che “la dea non perda

22 VERNANT 1987 pp.22-26; KAHIL 1983 p.233-235; LLOYD-JONES 1983 pp.95-96; COLE 1985 p.24; BRULE’

1987 p.231. Su Artemide come dea liminare e di confine si veda HENRICHS 1981 pp.206-207; VERNANT 1987 p.19; GIUMAN 1999 p.236. Si veda inoltre Call. Dian., 20-22 “le città degli uomini frequenterò

soltan-to, quando, morse dagli acuti dolori del travaglio, in aiuto mi chiamino le donne”.

23 Omero: Il. 21, 483; cfr. inoltre 6, 205 Laodamia uccisa da Artemide irata, 425-428 la morte della madre

di Andromaca, imputata agli anni, è causa delle frecce della dea; Ib. 19, 59-60 in cui Artemide reca una morte istantanea alle donne con le sue frecce. Od. 11, 172 in cui Odisseo rivolgendosi allo spirito della madre le chiese se la sua morte sia stata causata da Artemide saettatrice; ivi, 324 morte di Arianna; 15, 478-79 morte improvvisa di una donna; 18, 201-203 in cui Penelope spera in una tenera morte; 20, 61-63 in cui nuovamente Penelope prega Artemide di dargli una morte veloce. L’unica eccezione è Orione (Od. 5, 121-124), amante di Eos, ucciso da Artemide. Si veda inoltre Eur. Hipp., 145 in cui Artemide può divenire causa di affanni e dolori qualora venga trascurata. Sulla figura di Artemide in Omero si veda JENSEN 2009 pp.51-59.

24

Call. Dian., 126-128; Paus. 7, 19, 1 e 8, 53, 1 in cui Artemide colpisce la comunità con carestie e malattie mortali, in entrambi i casi per la colpa commessa dal singolo individuo.

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l’onore del santo rito” (v.1461) e per compensarla del sacrificio a cui era votato.

Analo-gamente a Sparta vi era l’usanza di sacrificare ad Artemide Orthia chiunque fosse sorteg-giato, ma questa tradizione fu poi cambiata da Licurgo con la flagellazione degli efebi, così che l’altare restasse comunque macchiato di sangue25.

II.2 ARTEMIDE ADDOMESTICATRICE DI FANCIULLE

Il mito eziologico fornisce la chiave di lettura sulla natura del rituale, che consiste nell’antitesi tra domato e selvaggio26. L’orsa descritta inizialmente come selvaggia

(ar-ghia), in seguito instaura con la comunità che la accoglie un rapporto di ζπληξνθία (che

significa essere nutrito e allevato, quindi vivere insieme agli uomini) attraverso cui si in-tegra nella loro comunità, assumendone le abitudini. L’orsa riesce così a reprimere i suoi istinti ferini, che potrebbero mettere in pericolo la comunità stessa, diventando un model-lo da seguire per la giovane parthenos. Le bambine sono infatti spesso identificate come delle cerbiatte o delle puledre (πῶινο), animali che amano la vita nei boschi ai margini della polis e fuggono davanti alla presenza dell’uomo27. Per poter entrare a far parte della società civilizzata e acculturata, le fanciulle devono essere addomesticate e rese mansuete, proprio come l’orsa nel mito eziologico.

Il mito insegna inoltre alle giovani arktoi quali fossero i rischi e i pericoli di un compor-tamento incontrollato e sconsiderato. Infatti il gioco della fanciulla con l’animale introdu-ce un elemento di rottura negli equilibri istaurati tra la comunità e l’orsa, i cui aspetti ag-gressivi e selvaggi riemergono. Suda risulta al riguardo più dettagliata, affermando che “con la sua smodatezza (ἀζειγαηλνύζεο ηῆο παηδίζθεο) eccitò (παξνμπλζῆλαη che signifi-ca anche provosignifi-care, irritare) l’orsa”. L’ἀζειγείᾳ denota, infatti, un comportamento licen-zioso, sregolato, impudente, mentre παηδίζθεο, oltre al significato di ragazza o giovane

25

Sul ruolo di Ifigenia in Tauride: cfr. Cap. III. Sul rito degli efebi a Sparta si veda Paus. 3, 16, 10-11; Plut.

Mor., 239d; Xen. Lac., 2, 9. 26

MONTEPAONE 1979 pp.343-364; KING 1983 pp.111-112; COLE 1985 pp.23-24; OSBORNE 1985 pp.165-170; SCANLON 1990 pp.86-88, 92-93; SOURVINOU INWOOD 1990 p.57; PARKER 2005 pp.246-248.

27

CALAME 1977 pp.411-412; GOULD 1980 p.53; VERNANT 1987 p.49; SOURVINOU-INWOOD 1990 p.58; PARKER 2005 p.247. Si veda inoltre Eur. Hec., 142 in cui polon è l’infante; Id. Hipp. 546-547 dove Iole è de-finita polon azuga (πῶλον ἄηυγα), una vergine non aggiogata, che non conosce il letto di un uomo; Ar.

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schiava, viene impiegato per indicare cortigiane e prostitute. Da un lato si ha, quindi, l’orsa selvaggia, che incarna tutti i valori della vita selvatica nei boschi, dall’altro lato il gioco licenzioso della partehnos, che si sottrae al controllo della società28. Nella

Repub-blica di Platone (424 d-e), il termine aselgeia si riferisce ai giochi dei bambini che, se non

controllati, possono insinuare il disprezzo delle leggi, fino all’insolenza (πνιιῇ ἀζειγείᾳ), motivo per cui i fanciulli devono essere sottoposti ad una severa disciplina, di modo che possano crescere nel rispetto delle leggi.

Il gioco della fanciulla con l’orsa viene quindi a caratterizzarsi in senso negativo, in quanto si manifesta attraverso un comportamento indecoroso e sconveniente. Il solo fatto che la ragazza stia giocando con l’orsa “[…] is a sign that she is not where she should be,

is not under the control of the women’s quarters.”29 Le ragazze imitano l’animale (nello scolio: κηκήζαζζαη ηὴλ ἄξθηνλ) e si identificano con esso, partecipando alla sua natura selvaggia e facendo proprie le sue caratteristiche per poi esorcizzarle. Ma esse impareran-no a controllare tutti quei comportamenti che, portati all’estremo, metterebbero in perico-lo gli equilibri della comunità, e si lasciano addomesticare per adeguarsi al futuro ruoperico-lo di mogli e madri.

Il compito di addomesticarle spetta ad Artemide che per questo è detta anche Hêmerasia

o Hemere, colei che addolcisce e addomestica, come narra il mito delle figlie di Preto30.

28

VERNANT 1981 p.144; sul carattere licenzioso della parthenos nel mito cfr. MONTEPAONE 1979 p.348 (che non esclude un antico hieros gamos da cui si ha la dinamica orsa – gioco – fanciulla); SCANLON 1990 p.92. Sulle passioni moderate, la sophrosyne, a cui aspira la giovane che va alle nozze cfr. Eur. IA, 543-557.

29

OSBORNE 1985 pp.165-166; BRULE’ 1990 pp.63-64.

30

Call. Dian., 236 sgg.; Paus. 8, 18, 8; Bacch. 11, 40 e sgg. Il mito delle figlie di Preto riflette il medesimo rapporto tra addomesticato e selvaggio che si ritrova nel mito dell’arkteia. Si narra infatti che le figlie, do-po aver offeso Era, dea del matrimonio per antonomasia, fossero rese folli e fuggono libere (non aggioga-te: ἀδματοσ in Bacch. 11,84) come selvagge nei boschi fino a giungere tra le montagne in Arcadia dove, con l’aiuto di Artemide (in cambio di venti buoi non aggiogati, ἄηυγασ, ivi 104-105), sono liberate dalla lo-ro follia. Preto dedicherà lì un santuario ad Artemide detta Hemerasia (Ἡμεραςίαν).

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Le fanciulle quindi affrontano la loro crescita attraverso il confronto diretto con il selvag-gio, da cui escono ammansite e pronte ad accettare il “giogo” del matrimonio31.

Il paesaggio prediletto dalla dea, dove selvaggio e civilizzato coesistono, riflette la situazione liminare che le fanciulle devono affrontare, cioè il passaggio da parthenoi a donne pronte per essere spose. Le aree da lei abitate sono le zone di confine tra la terra e l’acqua, come le paludi, le rive dei fiumi, i laghi, le zone costiere o in vicinanza di sor-genti d’acqua. Molti dei suoi epiteti riflettono il legame con questi siti, come Agrotera, selvaggia, Limnatis o Limnaia, delle paludi o paludosa32. Artemide è definita “Signora

dei Limiti” da Vernant33, perché predilige le aree ai margini della polis e di confine

(e-schatiaì), apparentemente lontane dagli uomini. È in queste zone, infatti, che le fanciulle

vengono formate dalla dea per integrarsi nella società attraverso il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Per questo, anche i confini stessi della polis, che costituiscono una realtà instabile e insicura, sono sotto la protezione della dea: basti pensare alle conseguenze del ratto delle donne ateniesi, riunitesi a Brauron per celebrare la festa della dea, da parte dei Pelasgi, puniti con una pestilenza, che rese sterile e infeconda sia la terra, sia le mandrie e le donne, incapaci di generare figli come prima34.

II.2.1 CORSA, INSEGUIMENTO E NUDITA’ RITUALE

La parthenos, per il suo carattere selvatico, è di solito assimilata ad una cerva, l’animale prediletto da Artemide. Brulè sottolinea la valenza di questo animale

“média-teur entre les humains et Artémis parce qu’elles est montagnarde et savauge, mais que

31 Artemide riveste un ruolo importante anche nel parto, come si vedrà in seguito, dimostrando che la sua

tutela non si esaurisce con le nozze. CALAME 1977 pp.412-415; GOULD 1980 p.53; KING 1983 p.111; SEA-FORD 1987 pp.106, 111; VERNANT 2001 pp.132-136; GIUMAN 2002 p.95 n.83. La fanciulla è spesso defini-ta priva di giogo (ἄηυγοσ) o non addomesticadefini-ta (ἀδάματοσ), medefini-tafora già nodefini-ta ad Omero: cfr. Od. 6, 109, 228; Hym. Hom. 5, 82, 133. Cfr. Esch. Supp., 147; Eur. IA, 805: ἄηυγεσ γάμων; Id. Hipp., 546 (πῶλον ἄηυγα), 549, 1425 sgg.

32

KAHIL 1983 p.238; VERNANT 1987 p.21; Id. 2001 pp.122-123; COLE 2004 p.191.

33

VERNANT 1987 p.30.

34

Sul ratto dei Pelasgi si veda Hdt. 6, 137-140; VAN GENNEP 1981 pp.13-17; OSBORNE 1985 p.170, in cui secondo lo studioso il margine esprime la posizione sociale delle donne, tenute appunto ai margini della società ateniese; BRULE’ 1987 p.192; VERNANT 1987 pp.25-26, 29-31; Id. 2001 pp.123, 133; COLE 2004 pp.201-203.

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11

l’homme parvient à la domestiquer.”35 La metafora parthenos – animale selvatico è sente nelle scene raffigurate su alcuni crateriscoi, rinvenuti nel santuario di Artemide a Brauron, dove la cerva è rappresentata al fianco di ragazze intente a suonare un flauto doppio (fig.1) o a danzare (fig.2). La giovane cerva rappresenterebbe la parthenos non addomesticata, come invece dovrà esserlo prima del matrimonio: l’animale che fugge da-vanti all’uomo diventa metafora del timore e dell’ansia della fanciulla di fronte alle noz-ze, e soprattutto del terrore del primo incontro con il maschio, che rappresenta l’altro, il diverso da sé36.

Nel registro inferiore del cratericos II a figure rosse (fig.3b)37, è rappresentata una scena di caccia con l’inseguimento di un giovane cervo o cerva. In questo caso diventa esplicita la contrapposizione tra ambiente civilizzato e ambiente selvaggio, simboleggiati rispetti-vamente dai cani addestrati e dalla cerva, preda in fuga. Quest’ultima allude alle giovani non ancora sposate e perciò ἄδπγνη, prive del giogo che le rende addomesticate e sotto-messe sia al potere di Eros ed Afrodite che al controllo dell’uomo. La caccia e l’inseguimento diventano una metafora simbolica del matrimonio, in cui il maschio inse-gue la sua preda per aggiogarla38. Nella scena principale di questo crateriscos (fig.3a), cui sembra alludere il registro inferiore, sono ritratte delle fanciulle che corrono nude, alcune con i capelli lunghi sciolti altre con capelli corti o raccolti in un chignon. Da altre scene analoghe, dove le ragazze sono ritratte sia nude che vestite, è stato dedotto che tra le atti-vità rituali che svolgevano a Brauron vi era appunto la corsa. Si conoscono, infatti, altri paralleli in Grecia di corse eseguite da ragazze in un contesto sacro: ad esempio nel san-tuario di Era, in Elide, le sacerdotesse, dette le Sedici Donne, organizzavano corse per le ragazze ammesse al culto; a Sparta, presso il santuario di Artemide Orthia, undici ragazze gareggiavano in una corsa; ad Olimpia, invece, erano organizzate corse con torce (su

35

BRULE’ 1987 pp.195-197, 217-218 sul sacrificio frequente di cervi ad Artemide; SOURVINOU-INWOOD 1988 pp.102 n.298, 104-105 n.315; Id. 1990 p.58. Ifigenia nel momento di essere sacrificata è sostituita da un cervo, e successivamente resa immortale da Artemide: su Ifigenia e l’arkteia cfr. Cap. III.

36

SEAFORD 1987 p.106; VERNANT 2001 p.134. Si vedano inoltre i racconti mitici di rapimenti che rappre-sentano una conquista della preda, che si ritrae e cerca di fuggire dal contatto con l’uomo: cfr. Cap. IV pa-rag. IV.2.4.

37

KAHIL 1977 pp.90-91; Id. 1988 pp.806-808.

38

BURKERT 1981 pp.58-60 sul rapporto tra la caccia e la sessualità; SOURVINOU-INWOOD 1988 pp.63, 104 n.315; SCANLON 1990 p.87; CALAME 1992 pp.92-93.

(12)

12

cuni crateriscoi brauroni le ragazze portano delle ghirlande o delle torce) che terminavano presso l’altare di Zeus, acceso dal vincitore con la sua torcia39.

Altri studiosi, invece, interpretano queste scene come una caccia o un inseguimento40: le fanciulle quindi ripercorrerebbero il mito eziologico, dove l’orsa selvaggia ferisce la

par-thenos non ancora addomesticata. Si tratterebbe di un inseguimento “rituale” durante il

quale le ragazze erano inseguite e catturate, come preludio della loro futura condizione di sottomissione al giogo dell’eros e dell’uomo. L’unico indizio di questa pratica è il riferi-mento in Demostene, Hypothesis 25, a un ἱεξόλ θπλεγέζηνλ, una sacra caccia che è stata ricondotta al rituale dell’arkteia: Hierocle, accusato di aver rubato da un tempio (ἱεξνζπιίαο) alcuni abiti con lettere d’oro intessute, si difende affermando che era stato mandato dalla sacerdotessa di Artemide a prelevarli, poiché servivano πξὸο ηὸ ἱεξόλ θπλεγέζηνλ41.

Lo svolgersi di attività fisiche aveva un altro scopo, oltre l’intento rituale: a Sparta si riteneva che gli esercizi ginnici potessero influenzare positivamente le nascite, assicuran-do così alle ragazze una prole forte e sana. È possibile quindi che le medesime speranze fossero nutrite anche da chi era coinvolto nel rituale dell’arkteia, tant’è che a Brauron era presente anche un gymnasium e una palaistra42.

39

Elide: Paus. 5, 16, 2-4, dove le parthenoi sono suddivise in tre gruppi d’età dalle più giovani alle più grandi. Sparta: Paus. 3, 13, 7. Olimpia: Plut. Qu. Conv. 675c. Si vedano inoltre KAHIL 1965 pp.21, 30; LLOYD-JONES 1983 p.94; PERLMAN 1983, p.121-122; DOWDEN 1991 pp.45-46; GIUMAN 1999 p.122; PAR-KER 2005 pp.243-244, ipotizza inoltre un parallelo con l’efebia, in cui era prevista una gara di corsa con torce, alla fine del loro percorso, “and perhaps we should envisage regular physical exercise for the girls

too” (ivi p.244). Cfr. inoltre Pl. Leggi, 833c-d dove sono elencate le attività fisiche che le ragazze, divise in

classi d’età, dovevano svolgere come parte integrante della loro educazione: tra queste, oltre ginnastica, tiro con l’arco, equitazione e altro, vi era la corsa.

40

Tra questi si veda SCANLON 1990; NIELSEN 2009 pp.90-91.

41

LINDERS 1972 p.13 interpreta hieron kynegesion come il santuario di Artemide sull’acropoli ateniese; OSBORNE 1985 pp.160-161 in cui la sacra caccia è considerata una celebrazione dipendente direttamente dalla sacerdotessa, distinta dai Brauronia; SCANLON 1990 p.88 la riferisce alla scena del crateriscos II a fi-gure rosse; PARKER 2005 pp.230, 239 interpreta la sacra caccia come un possibile indizio di una presenza maschile a Brauron.

42

Sui costumi spartani cfr. Xen., Lac., 1, 4 dove l’autore riporta che Licurgo aveva stabilito corse e allena-menti, non solo per ragazzi, ma anche per le ragazze, dal momento che se entrambi i genitori erano forti, essi avrebbero dato alla luce una prole più vigorosa. Secondo Plutarco (Plut. Lyc., 14, 3) l’attività fisica pre-parava le ragazze al dolore causato dal parto.

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La nudità rituale, rappresentata nel crateriscos a figure rosse e anche in altri crate-riscoi, descriverebbe l’atto conclusivo dell’arkteia. Dalle fonti, infatti, è noto che le ra-gazze indossavano una veste color zafferano, il krokotos, che qualificava il loro stato di iniziate e rappresentava il periodo di transizione che stavano attraversando. La sua depo-sizione, pertanto, significava l’abbandono della loro condizione precedente di bambine e una rinascita come donne, pronte al matrimonio, così come Ifigenia abbandonò le proprie vesti color del croco, simbolo delle sue promesse nozze con Achille, nel momento in cui fu sacrificata43. In particolare la corsa e la danza svolte dalle ragazze nude attorno all’altare, dove solitamente brucia una fiamma, richiama un altro rituale analogo che si svolgeva in occasione delle Amphidromie. Il rito in questione era svolto poco dopo la na-scita di un bambino e prevedeva che i parenti o le levatrici svolgessero una corsa attorno al focolare di casa con il nascituro tra le braccia. In questo modo, infatti, si presentava l’infante alla famiglia e agli dei, e riceveva un’identità attraverso il nome dato dal padre. E’ probabile quindi che la corsa svolta dalle ragazze costituisse l’ultimo confronto con la realtà selvaggia di Artemide, a cui dovevano rinunciare prima di essere integrate nella po-lis civilizzata, e fosse un’anticipazione del loro futuro ruolo di madri44.

II.3 ARTEMIDE E IL PARTO

A Brauron il parto e le nascite assumevano un aspetto rilevante, poiché il rituale aveva anche la funzione di propiziare Artemide per assicurarsi un futuro fertile e una pro-le sana, come visto in precedenza: la protezione della dea non terminava con il matrimo-nio, ma accompagnava ogni parthenos fino alla nascita del primo figlio. In tal modo la fanciulla diventava una γπλή γακεηή, in grado di procreare e di garantire al proprio sposo una discendenza legittima, che assicurava la continuità dell’oikos e della polis45. Nella sua

43

L’abito è menzionato nel mito eziologico: indossando l’abito color zafferano (κροκωτὸν ἠμφιεςμέναι: Suda, scolio). Sul significato del colore croco cfr. Cap. IV parag. IV.2.4. Sul parallelo tra Ifigenia e la svesti-zione rituale delle arktoi cfr. Cap. III. Si veda inoltre MONTEPAONE 1979 p.364; LLOYD-JONES 1983 p.94; KAHIL 1988 pp.805-806; SOURVINOU-INWOOD 1988 pp.130-134; SCANLON 1990 pp.79-81; DOWDEN 1991 pp.51-52; GIUMAN 1999 pp.122-123; PARKER 2005 p.244; NIELSEN 2009 pp.91-92.

44

Sulle Amphidromie si veda KAHIL 1965 p.30 n.80; OSBORNE 1985 p.169; SCANLON 1990 pp.80-81; GIU-MAN 1999 p.174 in cui il rituale è ricondotto ad alcune pratiche volte a purificare la casa e l’intera fami-glia, subito dopo la nascita del bambino.

45

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condizione di eterna parthenos, Artemide non esitava a prendersi cura delle donne parto-rienti ed era venerata anche dalle nutrici, che le rendevano onore in quanto simili alla dea: entrambe avevano esperienza del parto ed entrambe non potevano avere figli, la dea in quanto eterna parthenos, mentre le levatrici a causa della loro età avanzata46. Tra l’altro una tradizione narrava che Artemide avrebbe aiutato la madre a partorire il fratello Apollo senza dolore: da quel momento, la dea decise di rimanere casta e pura e di assistere le donne nel loro travaglio47.

Il suo ruolo non si limitava ad alleviare le sofferenze e i dolori causati dal parto, ma in quanto Hemere, ovvero colei che addomestica, riconduceva la donna ad uno stato civiliz-zato dopo che i dolori del parto l’avevano ricondotta nuovamente allo stato selvaggio. Grazie all’intervento di Artemide, la giovane donna come gyne potrà essere integrata nel tessuto sociale o, in caso contrario, sarà una vittima ἄωξνο, morta prematuramente, re-stando così una eterna parthenos48.

Per questo legame con le nascite, Artemide era ricordata con gli epiteti di Lochia, Orsilo-chia, Eileithyia, divinità a sua volta invocata per assistere la partoriente in quanto procura i dolori del parto, κνγνζηόθνο (Il. 16, 187; 19, 103), oppure come Lysizonos, “che scio-glie la cintura”, espressione che significava sia unirsi sessualmente ad un uomo che met-tere al mondo un figlio49. In relazione a quest’ultimo epiteto, le donne spesso dedicavano ad Artemide le proprie zonai, attestate anche all’interno degli inventari brauroni, e inter-pretate da Brulè come sottovesti o biancheria intima50.

46 Pl. Tht., 149b-c, in cui Socrate spiega a Theaetetus il motivo per cui le ostetriche sono scelte tra le donne

più anziane, non più in grado di concepire: è così infatti che ha voluto Artemide, la dea vergine senza figli, che le ha scelte in quanto simili a se stessa, con l’esperienza del parto, a cui la dea presiede, ma senza più la capacità di concepire.

47

Call. Dian., 22-25; Apollod. Epitome, 1, 4. In alcuni autori assistita anche da Eileithyia: Hym. Hom., 3, 89 e sgg.; Paus. 1, 85, 1.

48

Sul legame tra parto e aspetti selvaggi si veda VERNANT 1987 p.26; Id. 2001 p.137; PARKER 2005 p.246. Sulle morti premature durante il parto cfr. Cap. III.

49

COLE 1985 pp.24, 30 n.62; LLOYD-JONES 1983 pp.95-96; BRULE’ 1987 pp.231-234; VERNANT 1987 p.26; Id. 2001 pp.136-138; COLE 2004 pp.211-212. Sul ruolo di Artemide nel parto si veda Eur. Hipp., 145, 161-169 in cui Artemide la dea arciera che presiede ai parti è invocata per alleviare le sofferenze del parto; Id.

IT, 1097; Id. Suppl., 958; Call. Dian., 20 e sgg. 50

BRULE’ 1987 pp.234, 277 n.309; KING 1983 pp.120-122; GIUMAN 1999 p.60. Si veda inoltre Suda s.v. Λυςίηωνοσ γυνή; Hsch. s.v. Λυςίηωνοσ.

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Nel santuario di Brauron, molti sono gli ex-voto riconducibili al ruolo di Artemide nelle nascite. Una tra le testimonianze più cospicue è rappresentata dalle liste di offerte di abiti e indumenti per lo più femminili elencate negli inventari. Tra queste vi sono anche indumenti per bambini, spesso caratterizzati dal diminutivo: essi erano offerti ad Artemi-de sia per ringraziare Artemi-della nascita di un figlio, sia perché protettrice Artemi-della loro crescita, in quanto Kourotrophos51. L’offerta di abiti alla divinità costituiva un costume comune, at-testato in altre località greche, non soltanto rivolto ad Artemide: ad esempio, ad Atene si dedicavano abiti anche ad Atena ed Eileithyia, ad Argo ad Era, a Delo a Dioniso, Afrodite ed Eileithyia (che aveva sull’isola un suo tempio)52. A Mileto Artemide era nota anche come Chitone, epiteto che rimanda al legame con le offerte tessili: lo testimoniano le fonti letterarie e iscrizioni, per forma e contenuto simili agli inventari attici53. La motivazione principale della dedica di queste offerte era il ringraziamento alla divinità per la nascita e per la protezione delle giovani durante il parto, fase critica che poteva talora concludersi con la morte del neonato e della madre54.

È probabile che Artemide ricevesse in dono non soltanto vestiti in relazione alla gravi-danza o ad una nuova nascita, ma anche quella biancheria che rappresentava “fisicamen-te” il raggiungimento di un confine tutelato dalla dea: la pubertà, con la prima mestrua-zione, il primo rapporto ed infine il parto, tutte tappe nel ciclo di vita di una donna acco-munate dal sangue.

51 Sugli inventari brauroni cfr. Cap. I. Per gli indumenti da bambini, un chlaniskion, un chitoniskos ed un himation, cfr. IG II² 1514, 28-29, 40-1, 58-9; 1517, 124; 1518, 55; 1525, 7.

52

Paus. 1, 18, 5.

53

BRULE’ 1987 p.227, 231; Ib. 1990 pp. 75-76. Su Artemide Chitone: Call. Dian., 225: “Chitone (Χιτώνη), te

che Mileto ben conosce”; Id. Iov., 76; Hsch. s.v. Chitonea. Sulle testimonianze epigrafiche si veda: COLE

2004 pp. 217-225 con relativa bibliografia; DILLON 2002 pp.22-23. Si veda inoltre lo scolio a Call. Iov., 77: “quando i bambini sono dati alla luce, esse dedicano vesti ad Artemide”.

54

L’Antologia Palatina è ricca di questi riferimenti: cfr. Anth. Pal. 6, 200 ad Eileithyia una fascia per capelli e un peplo; Id. 201-202; Id. 270 ad Eileithyia sono donati un velo di colore blu e la fascia o mantellina per capelli, per aver allontanato il pericolo della morte durante la gravidanza (κῆρασ ἀπ᾽ ὠδίνων τῆλε βαλεῖν λοχίων).

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Il rito dell’arkteia era intimamente legato con il sopraggiungere del menarca “which was

perceived to be one of the most important transitions in female life”55: per le fanciulle, ciò rappresentava la conclusione del loro sviluppo e la preparazione al matrimonio, rendendo-le donne capaci di procreare. Negli inventari brauroni ricorre, infatti, un termine ῥάθνο che ha destato non poche perplessità, ma l’ipotesi più probabile è che stia ad indicare una sorta di benda sanitaria utilizzata durante il ciclo mestruale56. Il suo significato va da straccio o veste consumata a pezzo di stoffa o d’abito, come sembra deducibile da un pas-so di Erodoto (Hdt. 7, 76: ῥάθεζη θνηληθένηζη, strisce di stoffa color porpora) e dal Perì

Aphoron, dove è riportato un unguento applicato su di un rakos. Il termine potrebbe

quin-di inquin-dicare anche una benda o fascia. Se questo fosse il suo significato, l’offerta veniva ad attestare che la ragazza era in grado di concepire ed era quindi un segno concreto del su-peramento di quei confini invisibili tutelati da Artemide.

Tra gli indumenti associati alle nascite è la cintura, δώλε, che rappresenta il segno tangi-bile della verginità delle fanciulle: per la parthenos infatti, l’espressione “sciogliere la cintura” (ιύζαζζαη δώλαλ), come detto poco sopra a proposito di un epiteto di Artemide, significava avere il primo rapporto sessuale, ma anche partorire il primo figlio57. Questi ex-voto, rakoi, zonai ed abiti, riflettono “the goodess’s close association in the

transitio-nal stages of woman’s life”58, a Brauron e non solo.

Gli abiti potevano essere offerti anche nel caso in cui una donna fosse affetta da alcuni mali imputati al sopraggiungere del menarca. Un trattato del Corpus Hippocraticum, il

55 SOURVINOU-INWOOD 1988 p.25. È importante sottolineare che il rituale preparava le fanciulle a questo

momento ma non necessariamente il periodo di reclusione presso il santuario coincideva con l’arrivo della prima mestruazione. Già Van Gennep sottolineò la necessità di distinguere per i riti di passaggio una pu-bertà fisiologica da una sociale, con la quale si definivano le ragazze pronte al matrimonio (cfr. VAN GEN-NEP 1981 pp.58-59). Sul menarca nell’arkteia si veda KING 1983 pp.109-127; COLE 1985 p.24; OSBORNE 1985 pp.164-165; SOURVINOU-INWOOD 1988 pp.25-30, 133-134; Id. 1990 p.50; DOWDEN 1991 p.43; GIUMAN 1999 pp.111-113; CALAME 2002 p.63.

56

IG II² 1514, 20, 49, 59; 1524, 130. Sul rakos come benda sanitaria si veda BRULE’ 1987 pp.233-237; GIU-MAN 1999 pp.60-61; Id. 2002 pp.100-101, in cui riporta un passo del Perì aphoron, dove è consigliato un unguento, per facilitare il concepimento della donna, da applicare tramite una benda detta rakos; CALAME 2002 pp.57-61. Atri studiosi, tra cui LINDERS 1972 pp.58-59, attribuiscono a rakos il suo significato lettera-le di straccio, quindi si tratterebbe di vesti logore non dall’uso ma per l’età.

57

COLE 2004 pp.211, 217-218, dove la studiosa afferma che numerose sono le “cinture” rinvenute negli inventari milesii; per le zonai nell’Antologia Palatina cfr. Anth. Pal. 6, 201, 202, 272, 358. Negli inventari brauroni cfr. IG II2 1514, 15.

58

(17)

17

Peri Parthenion, si occupa del “morbo sacro” che colpisce maggiormente le parthenoi, e

in particolare quelle non ancora sposate: il testo è illuminante nel confermare come si of-frissero vesti ad Artemide anche per proteggersi contro malanni tipicamente femminili59. L’autore dimostra che la causa del male sia il sopraggiungere del menarca, a cui si ac-compagnano alcuni sintomi come febbre, ansia, allucinazioni, terrore del buio e istinti suicidi. Qualora ritorni in sé e guarisca, la fanciulla offre ad Artemide gli abiti più costosi (imatia polutelestata) insieme ad altre offerte, su ordine del sacerdote della dea che li ri-ceve. L’autore è però scettico al riguardo e per guarire definitivamente da questo male, consiglia alla ragazza di sposarsi il prima possibile, perché soltanto rimanendo incinta può sperare di guarire definitivamente, altrimenti in futuro potrebbe incorrere nel rischio di avere altri mali durante o dopo la pubertà.

La dedica di abiti prima del matrimonio o come ringraziamento per una nascita era una pratica assai diffusa in Grecia e si accompagnava a doni di altra natura. La raccolta di epigrammi dell’Antologia Palatina offre preziose informazioni al riguardo, permettendo di cogliere l’ampiezza del fenomeno. Ad esempio per ringraziare Artemide della nascita, Eufrante le donò dei sandali, una mitra molto bella (κίηξελ πεξηθαιιέα, una fascia per capelli), una ciocca dei suoi capelli, una cintura di fine tessuto (δώλε ιεπηὸλ) che indossa al di sotto della veste (Χηηῶλνο), ed infine la fascia attorno al seno 60. Da questo epi-gramma si evince che oltre alle offerte di abiti e di biancheria intima (come la zonan e la fascia per il seno), la dea riceveva ciocche di capelli, una pratica attestata anche per i ma-schi quando raggiungevano l’età adulta61. Infine prima del matrimonio le parthenoi

59

Hippokrates Perì Parthenion, VIII 468, 13-14. Su questo testo si veda KING 1983 pp.113-118; BRULE’ 1987 p.235; JOHNSTON 1999 p.239; CALAME 2002 pp.60-61; COLE 2004 pp.208-209.

60

Anth. Pal. 6, 201; Id. 6, 271 in cui il padre dedica ad Artemide i sandali mentre la madre un abito in lana, e si chiede alla dea di prendersi cura del figlio (Leone) per farlo crescere forte e sano; Id. 6, 276 in cui una fanciulla prima delle nozze dona ad Artemide le proprie fasce (μίτραι), simbolo della propria verginità.

61

Anth. Pal. 6, 201, 276, 277; per i maschi cfr. Id. 6, 278, 279, entrambe dedicate ad Apollo; Paus. 1, 43, 4 dove le fanciulle di Megara prima del matrimonio (pro tou gamou) dedicano sulla tomba di Ifinoe, morta

parthenos, una ciocca dei loro capelli. Si tratta anche in questo caso di un rito di iniziazione: tagliare i

ca-pelli e donarli alla divinità rappresenta il passaggio all’età adulta. Cfr. VAN GENNEP 1981 pp.146-147; VERNANT 1987 pp.48-49.

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vano alla dea i loro giocattoli, come ad esempio la palla e le bambole, gli abiti che indos-savano da bambine, oppure tamburi o altri strumenti musicali62.

In un rilievo proveniente da Echinos (fig.4), in Eubea, e datato al 300 a.C., è rappresenta-ta una processione di fedeli che recano offerte ad Artemide, sulla destra, per ringraziarla della nuova nascita: infatti al centro della composizione vi è una donna che mostra il pro-prio piccolo ancora in fasce alla dea; il bambino stesso cerca di raggiungerla protendendo le mani verso di lei. La dea è raffigurata sia con la fiaccola, attributo spesso associato a contesti legati alla fertilità63, che con l’arco (ora perduto: si intravede la faretra alle sue spalle), che costituisce per ogni donna una minaccia per il suo futuro di gyne e di madre64. Le offerte consistono in un sacrificio animale, un bovino trascinato verso l’altare da uno schiavo, in primizie e dolci recati in un cesto da una schiava. Ciò che colpisce sono però le offerte raffigurate sullo sfondo: all’estremità sinistra appese a un chiodo vi sono un pa-io di scarpe, a cui seguono alcuni indumenti appesi ad un filo tra cui una tunica a maniche corte, due scialli e una cintura (forse una zone o una mitra) entrambi con delle frange, ed infine un chitone con delle bretelle. La tunica e il chitone potrebbero essere abiti per bambini ricordati, com’è stato detto, negli inventari brauroni. Il rilievo quindi costituisce una fonte iconografica importante per quanto riguarda le vesti offerte ad Artemide in oc-casione di una nascita, già note dagli inventari e da altre sporadiche testimonianze.

Altri ex-voto testimoniano il ruolo di Artemide come Kourotrophos: tra queste le numerose statue in marmo, sia integre che frammentarie, raffiguranti bambini (fig.5c) e bambine (fig.5a-b), rappresentanti non nell’atto di servire la dea ma recanti piccole

62

Anth. Pal. 6, 280. Altre offerte prima del matrimonio erano fatte ad Era (Anth. Pal. 6, 133), e ad Afrodite (Id. 6, 206). Si veda inoltre VAN STRATEN 1981 pp.90-91.

63

Sull’attributo della fiaccola e il suo legame con la sfera della fertilità si veda KAHIL 1979 pp.77-78; Id. 1983 pp.233-234; GIUMAN 1999 pp.127-128. La fiaccola è un attributo che associa Artemide ad un’altra divinità ctonia, Ecate a sua volta spesso identificata con Ifigenia (cfr. Cap. III).

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te: le bambine un piccolo animale, i maschi una palla. Il maggior numero di statue di ma-schi è indicativo della “preferenza riservata dai genitori ai mama-schi.” 65

L’aspetto di Kourotrophos emerge anche da un rilievo della fine del V secolo a.C., dove la dea è ritratta mentre accarezza il muso di una capra, accompagnata dai suoi piccoli, e da una statuetta fittile di Artemide che tiene tra le braccia un infante66.

II.4 ARTEMIDE E LA FAMIGLIA

Nel santuario di Brauron, Artemide era oggetto di venerazione non soltanto da parte della parthenos o della madre che dedica la statua del proprio figlio, ma da intere famiglie che lì si recavano per renderle omaggio. Il rituale dell’arkteia, cui la dea presie-deva, non faceva solo il bene della ragazza che vi si sottoponeva, ma anche dell’intera famiglia in genere (quella di origine e quella che la ragazza si sarebbe formata sposando-si) e quindi della polis.

Nel santuario brauronio sono stati rinvenuti tre rilievi della seconda metà del IV secolo a.C., che mostrano intere famiglie che recano omaggio ad Artemide. L’alta qualità dei ri-lievi, integralmente conservati e realizzati in marmo, e la raffigurazione del sacrificio di un animale costoso come il toro o il bue, permette di dedurre che si tratta di famiglie fa-coltose, note attraverso altre fonti letterarie ed epigrafiche67. È probabile che questi rilievi fossero donati in occasioni particolari, data la loro importanza, come la festa penteterica dei Brauronia, durante la quale le autorità politiche e le famiglie, provenienti da Atene e dalla chora circostante, si recavano in processione a Brauron per rendere omaggio alla

65 COLE 1985 pp.20 e sgg.; sulle statue di bambini rinvenute a Brauron si veda LLOYD-JONES 1983 p.93;

HOLLINSHEAD 1985 p.426 n.30; KAHIL 1988 p.806; SOURVINOU-INWOOD 1988 p.40; GIUMAN 1999 pp.46-48; PARKER 2005 p.231. Su Artemide Kourotrophos cfr. Anth. Pal. 6, 271 e 6, 356 in cui una madre sacer-dotessa di Artemide dedica le statue delle sue due figlie di quattro anni alla dea, augurandosi che diventi-no sacerdotesse (νειοκόρουσ). In Anth. Pal. 6, 146 una donna offre un ex-voto ad Artemide in occasione di una nascita, e le promette di più nel caso in cui in futuro abbia un maschio.

66

KAHIL 1983 pp.233, 239; Id. 1988 p.802. Il rilievo è stato rinvenuto nel 1959 presso il muro di terrazza-mento nord e nord-ovest del tempio: cfr. DAUX 1960 pp.669-670.

67

Cfr. Cap. I; si veda inoltre DESPINIS 2002 pp.154-157. Molti dei nomi registrati negli inventari brauroni appartengono a donne di famiglie ricche e benestanti, come si deduce anche dalla qualità degli abiti e dal-le altre offerte votive in metallo prezioso: cfr. OSBORNE 1985 pp.158 e sgg.; DILLON 2002 pp.21-22.

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dea68. Per quanto riguarda l’offerente si tratta in tutti e tre i casi di una donna (Peisis, Ari-stonike, figura anonima in prima fila), che in quanto madre e sposa ha un rapporto diretto con Artemide, ma non agisce mai indipendentemente dalla famiglia, poiché nella raffigu-razione gerarchica è sempre accompagnata dal marito che avanza per primo al cospetto della dea69.

Il primo di questi rilievi fu dedicato da Peisis (fig.6), moglie di Lykoleon come si legge sull’epistilio. La famiglia è raffigurata nella parte sinistra del rilievo: in prima fila si trova il marito, mentre la dedicante è dietro di lui con il capo velato ed entrambi levano il brac-cio destro in segno di devozione e preghiera. A seguire vi sono i quattro figli, di cui due fanciulle e due bambini piccoli, come si nota dalle diverse altezze. I bambini sono ac-compagnati probabilmente da una nutrice, che ha il capo scoperto e poggia un braccio su una delle fanciulle, quasi con fare protettivo. A chiudere la processione vi è una schiava, che reca sul capo un largo cesto cilindrico (kiste) coperto con un tessuto, al cui interno vi è una parte delle offerte per la dea, preparate in casa70. Nella parte destra del rilievo è raf-figurata la triade delia composta da Latona al centro, affiancata da Artemide, che regge una grande fiaccola, e Apollo con un ramo d’alloro. Al centro della composizione un bue è condotto all’altare sacrificale da uno schiavo: si tratta di un animale che spesso era sa-crificato ad Artemide quando accompagnata dalla madre e da Apollo71.

La donatrice del secondo rilievo è Aristonike (fig.7), moglie di Antiphates del demo di Thorai72: entrambi sono raffigurati in prima fila ad aprire la processione dei fedeli. La parte sinistra del rilievo è organizzata su base gerarchica e d’età, ovvero le altezze dei personaggi decrescono man mano che ci si allontana dalla coppia principale: Antiphates che apre la fila è raffigurato come un uomo anziano, mentre l’ultima figura maschile della

68 Sulla theoria Atene – Braruon cfr. Ar. Pace, 873-874. Sull’interpretazione del passo si veda

PEPPAS-DELMOUSOU 1988 pp.327-329.

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La stessa condizione subordinata si può riscontrare anche nei nomi delle offerenti delle liste brauronie, in quanto a parte pochi registrati da soli, la donna è spesso accompagnata dal nome del marito e/o del padre: OSBORNE 1985 pp.158-159; BRULE’ 1987 p.226.

70

L’uso della kiste, infatti, non è esclusivamente rituale perché durante i banchetti si poteva portare del cibo da casa all’interno di questi contenitori: si veda VAN STRATEN 1981 p.84; Id. 1995 pp.60-61, 66-67. Si veda inoltre Ar. Thesm., 284-285, in cui è la schiava che reca il cesto, al cui interno vi è una torta da offrire alle divinità.

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VERNANT 2001 p.126.

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Ancora leggibile è l’iscrizione sull’epistilio: Ἀρτζμιδι εὐξαμζνθ ἀνζκθκεν Ἀριςτονίκθ Ἀντιφάτουσ Θοραιζωσ γυνι.

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processione è un giovane uomo imberbe. Subito dopo la figura di Aristonike vi sono tre coppie di sposi, che Despinis ha riconosciuto come i suoi figli, accompagnati dai rispetti-vi bambini73. A chiudere il corteo vi è una schiava che reca un cesto sul capo, come nel rilievo precedente. Nella parte opposta è raffigurata la dea stante con un lungo chitone che regge nella mano destra una patera e nella sinistra l’arco, mentre dietro di lei si intra-vede il muso di una cerva. Al centro vi è l’altare a cui è condotto il toro per il sacrificio, anch’esso portato da uno schiavo, che regge nell’altra mano il kanoun, o cesto sacrificale. Questo era considerato indispensabile durante tutti i sacrifici, in quanto al suo interno si potevano trovare utensili e altri oggetti necessari per il sacrificio, come il coltello sacrifi-cale (macharia), l’orzo (olai) e le ghirlande (stemma)74.

L’ultimo rilievo (fig.8) diverge nella composizione rispetto ai precedenti, in quanto ad a-prire la processione dei fedeli è un bambino piccolo con himation, accompagnato da una figura femminile più grande, forse la madre, che ha il braccio destro sollevato in adora-zione. A seguire vi sono quattro figure maschili, di cui l’ultima è imberbe, accompagnate da bambini di età diversa (come mostrano le differenti altezze). In questo caso è però dif-ficile stabilire le relazioni di parentela, dal momento che la composizione non è organiz-zata su base gerarchica e non sono raffigurate delle coppie. Artemide assisa a sinistra è vestita con un lungo chitone e guarda verso il bambino in prima fila e il cervo, che volge il capo verso di lei.

L’intera composizione mette in risalto le due figure centrali della donna, probabilmente colei che ha dedicato il rilievo, e del bambino che è presentato direttamente ad Artemide. In questo modo si pone il bambino a diretto contatto con la divinità, cui ci si rivolge per proteggerlo e affinché si prenda cura di lui: è ciò che si osserva anche con il rilievo di E-chino in cui l’infante costituisce il fulcro dell’intera composizione. Nel caso del rilievo di Brauron l’importanza assunta dalla coppia della madre con il bambino va a discapito di altri elementi connessi alla scena del sacrificio, ad esempio l’altare, che risulta assente, e l’animale sacrificale appena visibile sullo sfondo (in questo caso si tratta di una capra). Inoltre questo rilievo rappresenta un caso poco frequente in cui è la donna che intercede

73

DESPINIS 2002 pp.156-160. Su Artemide come dea della protettrice della famiglia e dei valori civili e reli-giosi ad essa connessi, si veda KAHIL 1983 pp.240-243..

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per prima presso la divinità e non il marito come ci si aspetterebbe secondo un ordine ge-rarchico e sociale75.

Artemide dea liminare e di confine, ma anche dea che tutela le famiglie, l’unità ci-vica e la polis, protetta entro quei confini lungo i quali si trovano i suoi santuari. Era per-ciò l’intera famiglia che si recava a renderle omaggio a Brauron, onde evitare che la sua ira finisca per ritorcersi su tutta la comunità, attraverso pestilenze e carestie. Per lo stesso motivo le famiglie sono accompagnate dai rispettivi figli, affinché la dea li aiuti durante la loro crescita, ponendoli sotto la sua protezione dal momento che rappresentano il futuro della polis.

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