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Capitolo 2 Breve storia dei regolamenti italiani

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Capitolo 2

Breve storia dei regolamenti italiani

.

2.1) Regolamenti piemontesi alla vigilia dell’unità.

Nella primavera del 1855, un anno dopo la legge sulla leva, il ministro dell’Interno Urbano Rattazzi richiese al famoso sifilografo torinese Casimiro Sperino, rettore dell’Università di Torino e senatore del futuro Regno, conosciuto e criticato per le sue

teorie sulla sifilizzazione preventiva1, di redigere una bozza di regolamento per la

sorveglianza della prostituzione sul modello belga da estendersi al Regno di Sardegna.

Il 20 luglio 1855 venivano dunque emanate le Istruzioni ministeriali sulla prostituzione2,

sulla base delle quali venne redatto il Regolamento sulla prostituzione per la città di Torino del 1 gennaio 1857.

Un confronto anche solo sommario fra i due testi, mette in luce in realtà delle sostanziali differenze in merito alla durezza delle disposizioni. Nelle Istruzioni regnava una confusione di fondo fra le nuove funzioni e le funzioni generali di polizia, essendo stato attribuito ogni potere di sorveglianza direttamente alla questura. Esse erano composte da 5 sezioni (Uffici di sorveglianza, Delle meretrici, Dei postriboli, Provvedimenti sanitarii, Disposizioni diverse) e 77 articoli. Tutte le pratiche di iscrizione (artt. 3-6), cambiamento di residenza (art. 15), il ricovero coatto (art. 17), il postribolo di destinazione (artt. 18 e 38) erano di competenza della neonata PS, la quale compilava liste giornaliere delle prostitute da sottoporre a visita. L’aspetto repressivo e di sorveglianza nei confronti delle prostitute è molto marcato e visibile nella notevole quantità di divieti e obblighi cui sono sottoposte. Allo stesso tempo vengono sommariamente regolamentate le case di tolleranza, anch’esse sotto la completa supervisione della PS.

1

L’opera in questione suggeriva un metodo assimilabile alla vaccinazione per la cura preventiva della sifilide. Sperino C., La Syphilisation étudiée comme méthode curative et comme moyen prophilactique

des maladies vénériennes, Librairie Chamerot, Paris, 1853.

2 Il testo completo delle Istruzioni è pubblicato in Greco G., Lo scienziato e la prostituta: due secoli di

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Rispetto a questo tipo di centralizzazione puramente poliziesca, il Regolamento del 1857 istituisce un ufficio apposito, gli Uffici Sanitari appunto, che eredita le funzioni di controllo prima svolte direttamente dalla questura. In ogni caso si stabiliva che il legame fra i due uffici restasse sostanziale (art. 2) e che il personale fosse scelto fra le file della PS (art. 7). A dimostrazione dell’alleggerimento delle prescrizioni, non veniva più compilato il registro giornaliero delle visite e, in caso di mancata presentazione alla visita, mentre nel 1855 si stabiliva la pena della prigione immediata (art. 55), nel 1857 si prevede la traduzione forzata nelle strutture di cura e l’arresto solo in caso di recidiva3.

Veniva infine istituita una sala celtica dentro gli Uffici Sanitari ove un apposito Ispettore Sanitario svolgeva le visite obbligatorie. Il personale dell’Ufficio Sanitario sarebbe d’ora in poi stato reclutato fra le fila della PS ma sarebbe confluito in un organo di polizia speciale (la Polizia dei Costumi) cui spettava il compito del corretto funzionamento del sistema. I medici eseguivano i loro esami sotto stretta sorveglianza della polizia. Infine, in linea con la razionalizzazione burocratica in corso nel Piemonte degli anni 50, le case di tolleranza vennero classificate in base a esigenze fiscali e

vennero fissati prezzi e tutto l’aspetto erariale4. Tutto il sistema era in mano al

Ministero degli Interni. Come dice Gattei,

una opportuna divisione dei ruoli era quindi introdotta dentro l’Ufficio Sanitario, spettando al direttore la sorveglianza amministrativa e all’ispettore quella medico-sanitaria. Si noti la distinzione sottostante: nella gestione della prostituzione e della sifilide, non essendo necessariamente coincidenti, l’irreggimentazione autoritaria della prima doveva procedere di pari passo con l’ispezione coatta della seconda5.

2.2) Il Regolamento Cavour

.

Sulla base del Regolamento Rattazzi del 1857 - Il 15 febbraio 1860 - nel mezzo delle guerre di unificazione e dopo le dimissioni conseguenti all’armistizio di Villafranca,

3

Gattei G., Controllo delle classi pericolose, p. 774.

4 Gibson M., Stato e Prostituzione in Italia, p. 40. 5 Gattei G., Controllo delle classi pericolose, p. 774.

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appena ritornato al potere Cavour emanò il decreto ministeriale sulla prostituzione destinato alla nuova nazione italiana che prende il nome di Regolamento del servizio di sorveglianza sulla prostituzione il quale, non passando per l’iter parlamentare, fu

decretato dal governo, approvato dal Re ed infine esteso al resto della nuova nazione.6

Nella versione redatta da Rattazzi e Sperino, il Regolamento rimase in vigore fino al 1888 raccogliendo, almeno per tutti gli anni 60-70, l’approvazione di larghe fasce della burocrazia statale. In particolare, come evidenzia Giorgio Gattei, molti funzionari di PS e della Pubblica Sanità, entrambi sottoposti al Ministero degli Interni, figurano sul lungo periodo fra coloro che più di altri si espressero e si conformarono

favorevolmente ai dettami del regolamento.7

La sua estensione a tutto il territorio nazionale, e non solo alle città o alle guarnigioni, ne fa un caso unico in Europa. Evidentemente la sorveglianza voleva essere totale e

rifletteva la volontà di tutelare non solo i militari ma tutto il corpo sociale.8

Composto di 98 articoli divisi in 6 sezioni, il Regolamento Cavour era concepito nel seguente modo. Le donne che esercitano notoriamente la prostituzione e che hanno compiuto i 16 anni devono essere registrate, spontaneamente o d’ufficio, come prostitute pubbliche e sottoposte a visita bisettimanale più visite a sorpresa nelle case di tolleranza (art. 17). In caso di resistenza, fuga, mancata presenza alle visite obbligatorie, scattava l’arresto e la visita coatta da parte delle autorità di PS (art. 19-20). Nel caso una prostituta si trovasse all’Ufficio Sanitario per l’atto della schedatura, avveniva la consegna dei documenti d’identità in cambio del Libretto d’esercizio dotato di generalità e qualifica di meretrice (artt. 24-26). Per le prostitute vigeva poi l’obbligo di abitare in case apposite e il divieto di spostamenti e cambi di residenza senza l’assenso della questura (artt. 28-29), mentre in caso di ricovero in ospedale per malattia non venerea permaneva l’obbligo di comunicarlo alle autorità (art. 30). Veniva

6

Il testo integrale del regolamento è conservato presso l’Archivio di Stato di Pisa (ASP) nell’inventario n. 16 relativo agli Spedali Riuniti, Affari Spediti, busta n. 340.Un buon resoconto circa gli aspetti legali e penali del regolamento è presente in Onnis J., Il regolamento Cavour (15 febbraio 1860): nascita della

prostituzione di stato, in Studi in memoria di Giuliana D’Amelio, vol. II, Milano, 1978.

7

Gattei G., La sifilide: medici e poliziotti intorno alla “Venere politica”, p. 756.

8

Ad esempio in Belgio, in Francia, in Germania, le regolamentazioni, pur assomigliandosi, riguardavano le singole città. Per avere un’idea sulle legislazioni europee cittadine si veda Tammeo G., La

Prostituzione. Saggio di statistica morale, Torino, 1890, cap. VII, pp. 226 sgg. Cfr. (a cura di) Lucchini L.,

«Il Digesto Italiano: enciclopedia metodica ed alfabetica di dottrina, legislazione, giurisprudenza», Unione Tipografica Editrice, Torino, 1891, Vol. VI, Parte II, pp. 231-232.

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istituito il coprifuoco e il divieto di sostare davanti casa (art. 32)9. Nel caso una

prostituta volesse essere cancellata dalle liste della polizia, essa deve farne domanda, smettere l’attività per tre mesi conservando l’obbligo della visita, infine presentare una somma di denaro che certifica la possibilità di mantenersi con mezzi onesti. Molto più agevole invece si presenta il percorso se passano a matrimonio, poiché in tal caso sono dispensate immediatamente (artt. 38 -39) .

Il tenutario deve provvedersi la licenza d’esercizio e pagare la relativa tassa annua (art. 42), deve denunciare tutte le donne in arrivo e partenza (artt. 50-51-52), prenderne in deposito effetti e danari, vestirle e nutrirle (artt. 54-56) e spartire ogni 15 giorni il provento del meretricio (art. 57). Il maltrattamento era proibito e lo Stato fissò prezzi, tariffe, aliquote, sia per le licenze che per le prestazioni, così come la percentuale del 25% per le ragazze. I prezzi erano fissati secondo la classe delle case: 5 lire in Prima Classe, 2-5 lire seconda Classe, meno di 2 lire in terza classe (art. 40 e 61).

Le visite sanitarie sono bisettimanali e per chi si sottrae scatta l’arresto (artt.77-78); inoltre sono previste visite straordinarie (art. 81). La meretrice trovata affetta sarà oggetto di ricovero coatto nel sifilicomio cittadino (artt. 83-84) dove la degenza dura dai 30 ai 90 giorni. Colei che si sottrae al ricovero è tradotta di forza e, una volta finita la degenza, passerà in carcere un periodo da 5 a 15 giorni (art. 86). La prostituta ha inoltre l’obbligo di dichiarare il domicilio (art. 87). Il costo del libretto d’esercizio per la donna è fissato in 21 lire di tassa e la visita è gratuita solo per le indigenti, mentre costa alle altre da 0,5 a 1,5 lire (art.92).

L’aspetto fiscale, poiché la norma fruttava allo stato cifre cui difficilmente si poteva

rinunciare10, era molto dettagliato. All’art. 39 si dispone che nel caso una prostituta

registrata da almeno 6 mesi comprovasse allo stato di aver fatto un versamento in

9

L’art. 32, essendo quello che più di ogni altro vincolava la vita delle prostitute al dispositivo disciplinare, merita di essere citato per intero: “E’ assolutamente vietato alle meretrici: 1) di abitare presso un venditore di bevande spiritose, vino, birra e simili; 2) di uscire vestite in modo poco decente od in stato di ubbriachezza; 3) di affacciarsi alle finestre o di stazionare davanti alle porte anche della propria abitazione; 4) di fermarsi o frequentare le vie principali, le pubbliche piazze e le passeggiate; 5) di commettere atti indecenti nei luoghi pubblici e di tenervi discorsi osceni; 6) di seguire i passeggeri per le vie e di adescarli con parole o segni; 7) di rimanere fuori di casa senza giusta causa dopo le otto di sera dal mese di ottobre al marzo inclusivamente; e dopo le ore dieci per gli altri mesi; 8) di girovagare nelle vie specialmente in quelle adiacenti alla loro abitazione soprattutto nelle ore vespertine; 9) è vietata alle meretrici la frequenza nei teatri, e saranno punite quelle che vi si presentassero in modo indecente.”

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banca a proprio nome, esso la ricompensava una sorta di incentivo pari a 1/20 della somma versata.

Nonostante il dispotismo insito nella norma, occorre non sottovalutare il grado di modernità che essa vantava rispetto ai passati esempi di incoerente proibizionismo. Nel tentativo di neutralizzare il potenziale distruttivo della prostituzione, ponendosi come avanguardia, il regolamento prometteva di liberare la prostituzione dalla morsa della criminalità, giacché l’idea di fondo sosteneva che prostituzione, gioco d’azzardo,

alcol, risse e criminalità fossero intimamente collegati.11

Se l’auspicio dello stato era quello di concentrare il più possibile il fenomeno per meglio sorvegliarlo, i risultati possono essere considerati piuttosto deludenti

innanzitutto per la carenza di strutture e personale sufficienti.12

Oltre a questa carenza, la stessa natura delle case di tolleranza e della prostituzione

rendeva difficile la creazione di un sistema panottico compatto e senza falle.13

E’ indubbio che, per quanto animata da propositi illuministi e portata avanti e difesa a livello italiano da personaggi di indubbia fama come Sperino, Pietro Castiglioni, Sormani, Bolis, Gamberini, la legge puntava molto più sugli aspetti repressivi che non

su quelli preventivi.14 Sebbene non mancassero anche fra le fila dei favorevoli alla

regolamentazione alcune riflessioni in merito all’arbitrio e all’autoritarismo del

Regolamento,15 le testimonianze come quella dell’ispettore sanitario milanese

11

A tal riguardo il Regolamento, all’art. 65, prescrive il divieto di vendita di cibi, bevande e la pratica di qualsiasi gioco dentro le case chiuse.

12 Come notano giustamente Antonini e Buscarini, in Italia esistevano 275 Uffici Sanitari su 8000

comuni. Antonini C. e Buscarini M., La regolamentazione della prostituzione, p. 90.

13

Nel primo paragrafo ho accennato alla possibilità di analizzare il fenomeno delle case di tolleranza utilizzando le categorie foucaultiane di segregazione, disciplina, sorveglianza, raccolta di informazioni. Se questo approccio risulta fondamentalmente valido, “un’analisi delle case di tolleranza rispetto alle quattro strategie di Foucault – dice Mary Gibson - è utile ma non completa. La natura particolare del bordello, uno spazio sociale pericoloso ma anche necessario, creò alcune lacune nel controllo e punti di debolezza nella conoscenza. A differenza delle altre istituzioni, il bordello promuoveva l’incontro fra normalità e devianza, cioè i clienti. Ogni tanto le prostitute uscivano e si immergevano nella società civile, anche se il loro comportamento era fortemente limitato. Il ruolo della tenutaria come intermediaria fra polizia e prostitute mitigava ulteriormente il controllo. Le prostitute sfruttavano queste lacune nel controllo e nella conoscenza per espandere la loro autonomia.” Gibson M., Stato e

prostituzione in Italia, p. 48.

14

Casimiro Sperino aveva compiuto i suoi studi in sifilografia e oculistica a Parigi. Egli fu rettore dell’Università di Torino e senatore del Regno; Gamberini fu uno stimato professore di dermatologia e sifilografia a Bologna, dove diresse l’Ufficio Sanitario della città; Pietro Castiglioni, sovrintendente all’introduzione del Regolamento in Lombardia e a Roma, fu relatore al Congresso dell’associazione medica italiana del 1871 dedicata alla prostituzione; Giuseppe Sormani, medico militare docente a Pavia, fu relatore al I Congresso degli igienisti italiani del 1881.

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Giambattista Soresina incarnano meglio l’atteggiamento favorevole della burocrazia

medico-poliziesca.16

Nonostante questo panorama generale appena tracciato nei primi anni unitari, l’opposizione e le critiche al Regolamento costrinsero fin dal 1862 Rattazzi a nominare una commissione d’inchiesta presieduta dal conte Augusto Ponza di Martino e composta da medici di fama come Sperino, Gamberini, Pietro Pellizzari per vagliare le

accuse rivolte al Regolamento.17

La caduta di Rattazzi in dicembre fece però arenare il lavori. Nel 1866 una seconda commissione fu nominata da Ricasoli ma era in corso la guerra con l’Austria, per cui vi fu poca attenzione nei riguardi di questa tematica. La terza commissione fu nominata ancora da Rattazzi nel 1867 con Bufalini a capo e composta anche da Pellizzari e Castiglioni con l’incarico di studiare il possibile decentramento dei sifilicomi. La grave instabilità del governo e il suo disinteresse fecero comunque arenare ancora la

possibile riforma18.

Di fatto fino al 1876, anno della rivoluzione parlamentare in cui la Sinistra sostituì la Destra al potere, le speranze del movimento abolizionista furono sistematicamente frustrate.

Gli abolizionisti si aspettavano che Depretis abrogasse immediatamente il Regolamento, nutrendo verso questo personaggio molte speranze. Il 13 maggio 1876 egli autorizzò la quarta inchiesta parlamentare coordinata dal Ministro dell’Interno Nicotera che presentò le sue conclusioni al Parlamento il 22 novembre 1877.

Quella diretta da Nicotera fu la prima commissione a stendere un rapporto dettagliato della situazione e a proporre direttamente delle modifiche alla legge vigente, volendo bilanciare fra la necessità della salute pubblica e il diritto individuale. Essa ammetteva la necessità di continuare la registrazione e l’esame per le prostitute sulla base dell’idea del male necessario, ma d’altra parte biasimava l’onnipresenza della polizia, gli abusi e gli arbitrii legati al semplice sospetto da parte della PS. Denunciava i

16

Soresina, nella Relazione statistica del primo anno della prostituzione disciplinata a Milano (1862), difende fortemente l’operato della PS e la validità del Regolamento nel contenimento delle malattie veneree.

17 Canosa R., Sesso e Stato, p. 60. 18 Macrelli R., L’indegna schiavitù, p. 50.

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frequenti errori nell’iscrizione d’ufficio così come l’eccessiva tassazione in materia che,

spiegava, rende la legislazione simile ad una misura fiscale.19

La proposta di legge scaturita di lavori della commissione, che perfezionava e decentrava piuttosto che abolire la regolamentazione, non arrivò comunque mai in aula. Caduto Depretis nel dicembre 1877, Nicotera lasciò il Ministero.

Nonostante fosse ancora Depretis a formare il governo successivo, egli confermò il suo disinteresse per la causa quando, nel 1880, in qualità di Ministro dell’Interno, emanò le Istruzioni provvisorie per regolare il servizio degli Uffici Sanitari, una riforma che puntava ad una razionalizzazione del sistema per la riscossione e il versamento delle

imposte, rafforzando in realtà i capisaldi del regolamento.20 Come sostiene Gibson,

“Depretis, in sostanza, cercò di incrementare la conoscenza, il potere e i profitti dello

stato regolamentazionista.”21

Fu proprio in risposta all’emanazione delle Istruzioni che Bertani pubblicò la sua Lettera aperta ad Agostino Depretis, Giureconsulto, Legislatore, Padre di Famiglia dove accusava il ministro di non aver abrogato il regolamento, deprecando la contraddizione fra una Sinistra liberale garante dei diritti che perpetuava questo mercato di carne umana, così come la natura essenzialmente fiscale del Regolamento22.

Nel 1883 De Pretis nominò una nuova commissione parlamentare, la quale ebbe a

capo Ubaldino Peruzzi23. Nonostante meno della metà fossero abolizionisti nel 1883, al

19

Gattei G., Controllo delle classi pericolose, p. 786.

20

Ivi, p. 787.

21 Gibson M., Stato e prostituzione in Italia, p. 71. 22

Eccovi l’accusa - scriveva Bertani - Voi, canuto, marito, padre di una fanciulla, ministro avveduto e capace, avete aspramente offesa la pubblica morale, offesa la moderna civiltà, insultato il codice penale, mancato, torpido o cinico, ad un grande interesse sociale colle vostre Istruzioni provvisorie. Con queste istruzioni, di un cinismo finanziario da umiliare qualsiasi più modesta dignità della propria razza, Voi, auspice un governo di riparazione, aprite, regolate un vero marcato di carne umana, un sozzo cespite di guadagno, di cui procurate la maggior fortuna ed il sicuro versamento, iscrivendo in bilancio i proventi sanitari. La cassa, i quattrini, null’altro vi interessa. Ora, io non farò il moralista con voi circa il fatto della prostituzione, antico quanto la società. Io combatto soltanto lo stato che, da educatore e custode della pubblica virtù, si fa ministro della prostituzione e ne autorizza e tutela l’impresa. Io combatto esclusivamente il governo tenente postribolo, supremo lenone, gran conduttore dei conduttori delle case di dissolutezza, assicuratore mendace; epperò combatto il ministro dell’interno, che regola gli atti e fa da cassiere ai lupanari. Ripudiate, onorevole Depretis – ve lo ripeterò ad ogni passo di questa lettera – quelle imperdonabili istruzioni; abolite ogni regolamento, ogni ufficio sanitario, ogni sanzione governativa per la prostituzione. Bertani A., Lettera del dott. A. Bertani a Agostino Depretis,

Giureconsulto, Legislatore, Padre di Famiglia, sulla prostituzione patentata e il regolamento sanitario,

Roma, 1881, pp. 13 sgg.

23

I membri della commissione, tra gli altri, erano Bertani, Bianchi, Casanova, De Renzis, Giudici, Luchini, Mazzoni, Patamia e Sperino, cui si aggiunsero Pessina e C. Pellizzari. Gibson M., Stato e prostituzione in

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momento della pubblicazione in 2 volumi dei risultati avvenuta nel 1885, la maggioranza concluse che “il regolamento del 1860 dovesse essere totalmente

abrogato.”24

I risultati, pubblicati col titolo di “Provvedimenti per la pubblica morale, sicurezza e igiene” formularono una serie di proposte che, come nel 1877, rappresentarono un compromesso, anche se la Commissione Peruzzi proponeva una rottura più netta col passato. Come dice Tammeo,

quella relazione, senza tema di esagerare, sarei per dire che è un capolavoro di scienza giuridica, igienica e amministrativa, sintesi sapiente di tutti gli studi compiuti sulla questione, a cui posero mano gli ingegni più eletti del paese e le persone più competenti sull’argomento.25

Se egli utilizzò queste indagini come fonte primaria della sua opera, fu perché esse fornivano un quadro statistico finalmente accettabile del fenomeno che confermava la

necessità di cambiare sistema.26

Concepita nel più puro spirito abolizionista, la proposta di riforma di legge scaturita dai lavori della commissione postulava la necessità della chiusura degli Uffici Sanitari e dei Sifilicomi, promuovendo un approccio completamente diverso rispetto alla profilassi e svuotando di fatto l’autorità della PS sul controllo della prostituzione.

Tuttavia, il rapporto della Commissione Peruzzi non influì sull’agenda di Depretis, il quale si rifiutò di chiedere l’abrogazione del regolamento, tanto che la proposta di riforma non fu mai ne discussa ne tanto meno votata in Parlamento. Inoltre le uniche 700 copie della relazione non vennero distribuite. Celso Pellizzari, direttore della clinica dermosifilopatica di Pisa, si lamentò dicendo che quelle copie “ giacevano tra le muffe e i ragnateli del ministero, attendendo il momento di diventare pasto quotidiano per le

Tarme.”27 Il senatore Tommasi-Crudeli accusò pubblicamente gli avversari sul fatto che

messi in minoranza. La relazione finale fu votata con parere positivo da 11 membri su 13. I pareri negativi furono quelli di Patamia e Bianchi. Cfr. Macrelli R., L’indegna schiavitù, p. 234.

24 Commissione Regia, cit. in Canosa R., Sesso e Stato, p. 59. 25 Tammeo G., La prostituzione, p. 45.

26

Canosa R., Sesso e Stato, p. 58.

27 Pellizzari C., Prostituzione profilassi pubblica della sifilide. Lettera aperta a S.e. Francesco Crispi,

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“l’administration, intéresée à le cacher, s’empara de l’edition et la mit sous séquestre.

Je la decouvris, en 1888, dans un bas-fond du ministère de l’intérieur .”28

Sequestrata o no, è indubbio che l’apparato burocratico - amministrativo, sempre geloso del suo potere specie negli stati centralizzati, riuscì a bloccare la riforma.

2.3) Il Regolamento Crispi.

Con la morte di Depretis e la salita al potere di Francesco Crispi mutarono

rapidamente le prospettive. Come dice ancora Tommasi Crudeli,

pendant les trente et une années qui se sont écoulées depuis cette époque, le Parlament italien n’a eu qu’ une seule fois l’occasion de discuter la question. Ce fut en 1888, lors de la discussion de nouveau Code sanitaire a la Chambre de députés. Et cette-fois là, la Chambre vota à une grande majorité un ordre du jour présenté par moi, lequel encourageait M. Crispi à procéder hardiment dans la soppression des reglements de 1860. 29

Il 7 gennaio 1888 venne nominata un’altra commissione presieduta da Corrado Tommasi Crudeli e il 25 gennaio venne presentato al primo ministro un progetto di regolamento.

Il 29 marzo 1888, con la coppia di decreti Regolamento sulla prostituzione e Regolamento sulla profilassi e cura delle malattie sifilitiche, veniva approvato quello

che passa alla storia come Regolamento Crispi, abrogativo del Regolamento Cavour.30

Allo scopo di recuperare la vigilanza sanitaria sulle clandestine viene introdotto un sistema di controllo decisamente più morbido che non prevedeva concentramenti disciplinari o cure coatte, ma si affidava alla sorveglianza igienico-amministrativa delle case di tolleranza e alla libertà d’accesso alle visite mediche e ai ricoveri ospedalieri. Indubbiamente vengono meno gli aspetti palesemente sessisti precedenti, attenuando

28

Tommasi Crudeli C., La prostitution d’état en Italie, p. 5.

29

Ibidem.

30

Il testo intergale dei decreti emanati da Crispi è pubblicato in Greco. G. Peccato, crimine e malattia

fra 8-900, Edizioni Dedalo, Bari, 1985, pp. 202-219. Esso è composto di quattro titoli (Delle offese pubbliche al buon costume; Delle case di prostituzione e della vigilanza sulla prostituzione nell’interesse della pubblica sicurezza e dell’igiene pubblica; Dell’esercizio della vigilanza; Disposizioni relative alle persone delle prostitute e alla loro riabilitazione) e 36 articoli per il Regolamento sulla prostituzione,

mentre il Regolamento sulla profilassi e sulla cura delle malattie sifilitiche, che contiene anche il

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l’impatto puramente repressivo sulle sole prostitute.31 Viene abolita qualsiasi

limitazione alla libertà personale che non derivasse da violazioni del codice penale

comune (art. 9)32, intervenendo solo nella sorveglianza dei luoghi intesi come case o

piani di case in tutto o in parte affittate a scopo di prostituzione (art. 5)33. Ai tenenti

postribolo si imposero obblighi e proibizioni come ogni altra industria pericolosa,

compresa la garanzia di aver cura dell’igiene e delle visite delle meretrici (art. 10)34,

minacciandone la chiusura in caso contrario (artt. 23-24). Sempre l’art. 23 elevava il limite di età a 21 anni.

La riforma non soddisfece del tutto gli abolizionisti, anche perché, accogliendo l’idea della sorveglianza dei luoghi e non delle persone, essa autorizzava la polizia a tutte le ispezioni del caso e obbligava le tenutarie a fornire la lista delle dipendenti e alcune informazioni generali. Sono molti, del resto, gli articoli che evidenziano come la politica di sorveglianza non fosse stata del tutto abiurata con il regolamento Crispi.

L’art. 18 da facoltà alla PS poter ispezionare i postriboli “in qualsiasi ora del giorno e della notte e procedervi a visita in tutte le stanze”, oltre a decidere sugli orari di apertura (art. 19) e a poter ordinare sgomberi “quando vi si formino riunioni troppo numerose che possono giudicarsi pericolose per l’ordine pubblico.” L’art. 20, collegandosi con una tradizione consolidata, vieta la somministrazione di cibi, bevande, alcool, gioco, possesso di armi dentro il postribolo, punendo con l’arresto fino a 10 ore

31

In sostanza si tratta di delineare quello che ancora oggi caratterizza il nucleo la legislazione italiana, ovvero il reato di adescamento pubblico. L’art. 2 dice: E’ vietato alle persone dell’uno e dell’altro sesso ogni offesa al buoncostume o qualunque invito o eccitamento al libertinaggio, fatto anche in modo indiretto in luoghi pubblici, o esposti al pubblico, e qualunque designazione pubblica di case di prostituzione. E’ specialmente vietato: seguire le persone per via, adescandole al libertinaggio con parole o atti; affacciarsi alle finestre, o trattenersi alle porte delle case dichiarate luoghi di prostituzione. 32

Esso dice: La donna, o le donne che esercitano la prostituzione, sono sotto la speciale sorveglianza

della polizia quando sono state con sentenza irrevocabile condannate per furto, per ricettazione, per associazione di malfattori, per i reati previsti dall’art. 421 del Codice Penale, e per la complicità nei reati di stupro violento e di ratto.

33

L’art. 4 dice che il presente regolamento, per case e per locali di prostituzione, intende le case, i quartieri e qualsiasi altro luogo di ricovero chiuso, dove si esercita abitualmente la prostituzione.

34

L’art. 10 è molto importante per la gestione ordinaria della prostituzione: I conduttori di postriboli devono, almeno otto giorni prima dell’apertura, farne una dichiarazione all’autorità di PS, la quale, acconsentendovi, apporrà il suo visto alla dichiarazione. La dichiarazione deve contenere: l’indicazione della casa e il numero delle stanze di cui si compone; l’elenco delle generalità delle persone che vi esercitano la prostituzione con l’obbligo di denunciare i cambiamenti; la dichiarazione del proprietario che permette l’uso della casa a scopo di prostituzione; l’adempimento delle condizioni degli artt. 6-7 (una sola porta d’ingresso senza vie di comunicazione con altri edifici; divieto di aprirle in prossimità di scuole, chiese, caserme); la dichiarazione d’obbligo che essi si assumono di aver cura della igiene e delle malattie delle meretrici, specialmente per la manifestazioni sifilitiche e veneree, e del modo in cui intendono provvedervi.

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di coloro trovati in stato di ubriachezza. L’art. 21, molto importante, stabilisce che l’autorità di PS “ha la facoltà di ordinare visite sanitarie nei luoghi di prostituzione, anche per mezzo di medici militari.” Infine gli artt. dal 23 al 27 disciplinano i poteri della PS in merito alla chiusura dei postriboli, giustificata in caso di motivi di ordine pubblico, mancato rispetto degli obblighi del tenutario, prostituzione sotto i 21 anni, rischi per la salute pubblica. Contro la chiusura non è ammesso reclamo ne indennizzo. L’art. 33, anch’esso molto importante, stabilisce che la PS debba “tenere registri speciali dei padroni delle case di prostituzione e delle donne in esse residenti, mantenendoli segreti.”

La novità, in sostanza, era che la polizia poteva arrestare le prostitute solo per violazione del codice penale, che sparivano i libretti e i ricoveri coatti e il titolo ufficiale e strettamente personale di meretrice pubblica.

Questo, è bene sottolinearlo, non è un aspetto privo importanza, così come non lo è il fatto stesso che il Titolo IV disciplinasse le disposizioni per la riabilitazione delle prostitute. L’art. 29, ad esempio, vieta espressamente ogni forma di detenzione di una donna dentro un postribolo contro la sua volontà, anche se vi fosse entrata di sua iniziativa e avesse contratto debiti con il tenutario. In questo caso, la prostituta può chiedere aiuto alla polizia, la quale si adopererà perché sia ricevuta dalla sua famiglia. L’art. 30 invita la PS ad creare legami con le strutture che si occupano del reinserimento, mentre l’art. 32 stabilisce che, in caso la prostituta tema per la propria incolumità dentro la casa e voglia uscirne, due agenti in divisa dovranno effettuare una ispezione nella casa a tutela della ragazza.

Sul piano sanitario, il Regolamento sulla profilassi , apportava modifiche sostanziali rispetto al modello Cavour. L’art. 2 diceva che “ai sifilicomi attuali sono sostituite apposite sezioni dermosifilopatiche in quegli ospedali civili che ora ne mancano, dando a queste sezioni speciali le proporzioni volute dalla frequenza delle malattie sifilitiche nella località.” L’art. 3, invece, diceva che

agli attuali Uffici Sanitari sono sostituiti pubblici dispensari aperti a tutta la popolazione nei Comuni ove manchino o siano giudicati insufficienti. In tali dispensari la consultazione è gratuita, e si offrono le maggiori facilitazioni per la cura delle malattie veneree, in determinate ore e giorni per gli uomini, in determinate ore e giorni per le donne e i bambini. Saranno adoperate le opportune cautele, affinché i dispensari possano essere noti a l pubblico, ma vi si possa accedere segretamente.

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L’art. 4 stabiliva l’impossibilità di rifiutarsi di visitare da parte dei medici condotti chi ne facesse richiesta, e l’obbligo di rilasciare gratuitamente fogli di spedalità nel caso si riscontri la necessità di un ricovero (art. 5). L’art. 8 stabiliva che le spese di spedalità a favore delle persone affette da manifestazioni sifilitiche saranno a carico degli enti, i quali hanno genericamente l’obbligo della cura gratuita per i poveri. Dove questo non fosse stabilito in forza a statuti particolari, “tali spese saranno a carico dello stato e graveranno sul bilancio del Ministero dell’Interno.” Altre facilitazioni economiche per i medicinali e per i ricoveri ospedalieri sono presenti nell’art. 9. Tutte queste misure avrebbero dovuto indurre i malati a non perdere tempo nell’accedere a strutture sanitarie finalmente non più percepite come carceri.

Allegato a queste disposizioni, il Regolamento pei dispensari celtici, mostra tutta la sua lontananza rispetto agli Uffici Sanitari, laddove alle funzioni poliziesche dell’istituzione vengono a sostituirsi disposizioni di natura puramente profilattica e consultiva. Definite infatti le funzioni del dispensario agli artt. 1-5 (che quindi si presenta come una sorta di consultorio gratuito), gli artt. successivi trattano di approvvigionamento di medicinali e contabilità interna. Appare dunque evidente la mancanza di ogni forma di sorveglianza fra i ruoli assegnati ai nuovi dispensari.

Questa nuova norma, che segue di cinque anni l’abrogazione degli Acts inglesi, segna la sconfitta del movimento regolamentazionista transnazionale che sembrava trionfare fino a tutti gli anni 70, anche se l’Italia non divenne un paese abolizionista. Il nucleo della Regolamentazione, la sorveglianza dei bordelli, rimase intatto e si trattò dunque più che altro di un compromesso che accoglieva svariate istanze abolizioniste, tanto

che lo stesso Celso Pellizzari, fra i suoi artefici, la definì una “riforma abortita”35.

2.4) Il Regolamento Nicotera.

Gli anni immediatamente successivi al 1888 furono caratterizzati da un rinascere della competizione fra i due campi che, se ancora nel 1915 non si era sopita, determinò lo sviluppo di tre fattori importanti: l’approvazione del Regolamento Nicotera (1891) che svuotava di molti contenuti quello del 1888; la campagna internazionale contro la

35

Pellizzari C., Una Riforma abortita. A proposito di un Rapporto del professore Tarnowsky sulla

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tratta delle bianche culminata in accordi internazionali nel 1904 e nel 1910; l’emanazione del nuovo Regolamento Sanitario del 1905, che sanzionò la separazione delle funzioni di polizia da quelle sanitarie in tema di prostituzione. L’Italia, pur rimanendo regolamentazionista, fece dei passi in avanti verso l’abolizionismo, ma furono i mutamenti dell’etica sanitaria, piuttosto che le pressioni abolizioniste, a

indurre la Direzione Generale della Pubblica Sanità, a rifiutare il modello cavouriano.36

Tuttavia, la nuova ondata di sifilofobia generale giocò un ruolo importante nel

riportare l’Italia verso forme di regolamentazione più simili a quelle del passato.37 Il

fatto che il Regolamento Nicotera venisse approvato solo tre anni dopo l’emanazione del Regolamento Crispi, peraltro scarsamente applicato, testimonia bene questa spinta contraddittoria della società italiana dove le posizioni abolizioniste pure vedranno un risultato vero, concreto e duraturo solo nel 1958.

In realtà le proteste contro i nuovi regolamenti del 1888 videro la luce già all’indomani della loro approvazione, attraverso due strategie complementari: il sabotaggio da un lato, l’azione parlamentare dall’altro.

Nel primo caso, è da registrare lo sconcerto e la confusione che l’emanazione dei nuovi regolamenti creò fra i burocrati a livello locale. D’altra parte Mary Gibson evidenzia bene come oltre a inevitabili fraintendimenti dovuti al cambio di rotta dopo ventotto

anni di continuità, in larga parte della burocrazia medica e poliziesca vi fosse una

precisa volontà di elusione delle nuove disposizioni. Crispi si lamentò più volte del lassismo dei funzionari, ma evitò di redarguirli pubblicamente. Inoltre, l’assenza di finanziamenti rese impossibile l’applicazione del nuovo programma di assistenza sanitaria. In luogo di 275 Uffici sanitari, vennero infatti aperti 160 dispensari pubblici, che avrebbero dovuto seguire però tutta la popolazione. L’allestimento delle corsie

specialistiche ospedaliere procedeva ancora più a rilento.38

36

Gibson M., Stato e prostituzione in Italia, p. 81. 37

Corbin A., Les filles de noce, pp. 362-405. Corbin analizza bene quella che lui chiama “amplification du

discours vénéreologique”, così come è lui a parlare di “silence legislatif et triomphe de fait du néo-réglementerisme” dagli anni 90 in poi. Ivi, p. 453. Cfr. Gattei G., La sifilide: medici e poliziotti intorno alla “Venere politica”, pp. 775-6. In un’epoca di violento nazionalismo e imperialismo crescenti, lo Stato non poteva rischiare che l’esercito e la marina fossero minate dall’incidenza dei mali venerei. Per quanto riguarda l’Italia, l’umiliante sconfitta di Adua pochi anni dopo, sembrava confermare gli ammonimenti e le paure circa la degenerazione fisica della nazione e la necessità di mantenere forme di controllo.

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Per quello che riguarda invece le opposizioni parlamentari alla riforma Crispi, Romano Canosa ricostruisce in modo dettagliato la tensione che pervadeva le aule

parlamentari negli anni successivi al 1888.39 Le accuse rivolte al primo ministro da

numerosi deputati, costrinsero lo stesso Crispi ad intervenire più volte in difesa delle

norme appena varate.40

Nell’ottobre del 1888, durante la terza riunione nazionale degli igienisti italiani tenutasi a Bologna, i regolamenti Crispi erano ancora sottoposti a dure critiche da parte di molti dei relatori. Fra gli abolizionisti presenti spiccava la figura di Ernesto Nathan, ma l’indirizzo delle risoluzioni finali ricalcava molto il testo di Sormani approvato nel 1881

a Milano. 41

Nel 1891 il Barone Nicotera viene nuovamente nominato Ministro dell’Interno. In seguito alla promessa di ritornare sull’argomento, vengono nominate due commissioni parlamentari: la prima, presieduta da Celso Pellizzari sotto la supervisione di Tommasi-Crudeli che esprimeva il consenso al Regolamento Crispi; la seconda, guidata dalla

Direzione Nazionale della Sanità Pubblica, incline invece alla regolamentazione.42

Anche in questa occasione, come già era avvenuto nel 1885, Tommasi Crudeli sostenne che l’ostruzionismo di certe componenti politiche favorevoli ad un ritorno al passato avesse dato adito a dubbi circa la correttezza di Nicotera. Nella Lettera al signor E. De Laveleye, dopo aver parlato di ammutinamento contro Crispi, egli sembra delineare i contorni di un vero e proprio mistero: il progetto inviato al Consiglio di Stato sarebbe stato sostituito da un altro, ben più restrittivo e approvato dalla Direzione Nazionale

della Sanità. Egli sostiene in sostanza che qualcuno avesse fatto sparire il rapporto.43

Il Regolamento Nicotera, emanato il 27 ottobre 189144, raccogliendo il clima di

confusione e opposizione diffusa al regolamento Crispi, accoglieva la proposta

39 Canosa R., Sesso e Stato, pp. 67 sgg. 40

Gattei G., La sifilide: medici e poliziotti intorno alla “Venere politica”, p. 773.

41

Canosa R. Sesso e Stato, p. 69.

42

Gibson M., Stato e prostituzione in Italia, p. 86. La Direzione Nazionale era composta da Moleschott, Pagliani, Nocito, Inghilleri, Corradi, Comandù, Bizzozero, Carnelutti, Panizza, Carito, Nazzani, Cucca, Bartoli, Piutti.

43

Tommasi Crudeli C., La prostitution d’état en Italie, pp. 10-11. Inoltre il deputato accusava anche ambienti vicini al ministero dell’Interno di aver emesso un’ordinanza ufficiosa che spronava a continuare a effettuare le visite sanitarie alle prostitute. Ivi, p. 9

44 Regolamento sul meretricio nell’interesse dell’ordine pubblico, della salute pubblica e del buon

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proveniente dal corpo medico statale, presentandosi di fatto come un compromesso fra i regolamenti del 1860 e del 1888.

Il fulcro delle modifiche introdotte dal Regolamento Nicotera riguardava essenzialmente le prostitute. Sebbene l’art. 1 si ponesse i propositi di limitare il controllo alla salvaguardia dell’ordine pubblico e alla vigilanza delle case, agevolando l’uscita delle donne dal mestiere e promuovendo la salute generale, sono gli artt. 15 e

dal 37 al 40 a caratterizzare la riforma.45 Se, come dissero i medici, lo spirito del 1888

rimaneva per quel riguarda il censimento dei luoghi e non delle persone, le eccezioni erano numerose. Ad esempio veniva conservato l’obbligo da parte della tenutaria a fornire la lista delle ragazze presenti nella casa che la polizia avrebbe conservato attraverso appositi registri segreti (art. 55), al quale si aggiunse la possibilità di registrare come luoghi di meretricio anche abitazioni ove risiedeva una sola prostituta con precedenti di arresto per meretricio (art. 15, mentre nel 1888 occorreva che ve ne vivessero almeno 2). Questa norma, a detta degli abolizionisti, era una scappatoia che

dava ancora la possibilità alla polizia di infastidire donne innocenti46.

Sul versante sanitario le linee generali rimasero quelle del 1888, ad esempio con la necessità di corsie e cliniche per ambo i sessi, ma vennero accresciute le possibilità di sorveglianza con tutta una serie di disposizioni contenute negli artt. 37-40: venne ampliata la possibilità di effettuare ispezioni a sorpresa nelle case di tolleranza; vennero poste misure volte al rafforzamento delle restrizioni per i bordelli, obbligando le tenutarie a comunicare i nomi dei medici che avrebbero visitato regolarmente le prostitute e a informare le autorità sulle misure igieniche che potevano garantire. I medici coinvolti nell’attività di ispezione e visita delle prostitute, dovevano successivamente informare le autorità circa i casi infezione.

In caso di accertata infettività della donna, essa era obbligata a presentarsi in ospedale per ricevere le cure, mentre in caso di rifiuto, considerata come presunta infetta, era soggetta a ricovero coatto. Infatti, se l’art. 38 dispone che le donne, sebbene sospette di infezioni celtiche, non potranno essere sottoposte a visite sanitarie contro la loro volontà, l’art. 39 precisa che in tal caso esse saranno presunte infette ed equiparate ad esse, quindi dovranno sottoporsi obbligatoriamente a cura o sotto la tutela dello stato

45 Macrelli R., L’indegna schiavitù, p. 243. 46 Canosa R., Sesso e Stato, p. 73.

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o dimostrando di potersi curare con mezzi propri, salvo l’assenso della PS in merito alle

garanzie fornite dalla donna (art. 40).47

Se quindi veniva confermata la necessità del consenso della donna alla visita sanitaria, si aggiungeva questo forte elemento di coercizione rappresentato dalla presunzione di infezione, che autorizzava di fatto al ricovero coatto. In ospedale poi la PS avrebbe agito affinché l’isolamento fosse totale, e la donna che se ne fosse sottratta prima del dovuto sarebbe stata passibile di una multa o di arresto fino a dieci giorni, seguiti dall’invio in un luogo di cura che desse sufficienti garanzie di sicurezza.

La giustificazione di questo ripristino del controllo sanitario coatto, per Luigi Pagliani, stava nel fatto che le prostitute non si presentano spontaneamente nei luoghi di cura.48

La donna, in sostanza, poteva evitare il ricovero solo se la tenutaria e il medico di fiducia avessero garantito per lei. Infine l’art. 34 abbassava a 18 anni il limite minimo di età per entrare in una casa di tolleranza.

Nell’arco di soli tre anni dunque, i funzionari del Ministero dell’Interno avevano creato le condizioni per un ritorno a nuove forme di regolamentazione che prendono il nome di neoregolamentazionismo.

47 Macrelli R., L’indegna schiavitù, p. 243.

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