• Non ci sono risultati.

1. INTRODUZIONE ALLA SOMMINISTRAZIONE BUCCALE DEI FARMACI

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1. INTRODUZIONE ALLA SOMMINISTRAZIONE BUCCALE DEI FARMACI"

Copied!
35
0
0

Testo completo

(1)

1. INTRODUZIONE ALLA

SOMMINISTRAZIONE BUCCALE DEI

FARMACI

La bocca è un’area del nostro corpo molto accessibile ma scarsamente utilizzata per la somministrazione dei farmaci, salvo per alcuni farmaci di emergenza che vengono somministrati per via sublinguale.

La somministrazione dei farmaci attraverso la mucosa della cavità orale può essere di due tipi:

Somministrazione topica ad effetto locale. La forma farmaceutica viene applicata sulla zona da trattare; gli usi più comuni sono il trattamento di ulcere aftose, infezioni fungine e disturbi del periodonto.

Somministrazione topica ad effetto sistemico. Può avvenire attraverso la membrana della superficie ventrale della lingua e il pavimento della bocca (via sublinguale), oppure attraverso le pareti della guancia (via buccale).

La somministrazione buccale dei farmaci con effetto sistemico permette di:

• Eliminare il metabolismo epatico di primo passaggio e la degradazione gastrica e intestinale (fondamentale in particolare per quei farmaci, come quelli proteici, che vengono inattivati per degradazione gastro-intestinale);

• Accedere meglio al sito di applicazione;

• Migliorare l’assorbimento del farmaco grazie alla bassa attività enzimatica ed alla elevata vascolarizzazione della mucosa orale;

(2)

Gli svantaggi della somministrazione buccale dei farmaci sono legati alle ridotte dimensioni della superficie della cavità orale, alla scarsa permeabilità della mucosa buccale per farmaci ad alto peso molecolare:

• La forma farmaceutica deve avere dimensioni limitate a causa delle dimensioni dell’area di somministrazione (circa 100 cm2);

• La quantità di farmaco che si può somministrare è limitata, perciò è opportuno utilizzare dei farmaci attivi a basso dosaggio;

• L’uso di farmaci ad alto peso molecolare richiede di alterare le proprietà di barriera della mucosa buccale, per aumentarne la permeabilità;

• La forma farmaceutica applicata nella cavità orale spesso reca fastidio al paziente, soprattutto durante l’ingestione di cibo o di bevande e in casi limite può portare anche al soffocamento [1].

(3)

2. CARATTERISTICHE DELLA CAVITÀ

ORALE

La cavità orale è delimitata dalle labbra esterne, dalle guance, dal palato molle e dal pavimento della bocca; la cavità è rivestita internamente da una mucosa che presenta caratteristiche diverse per struttura, spessore e flusso sanguigno a seconda della zona che va a ricoprire.

Figura 1. Cavità orale

Il tessuto mucoso di rivestimento comprende lo strato superficiale, l’epitelio, lo strato intermedio, che prende il nome di lamina basale e il

(4)

EPITELIO epitelio squamoso stratificato, ricoperto da muco, dello spessore di 70-100 µm

LAMINA BASALE spessore di circa 1 µm

LAMINA PROPRIA

Figura 2. Stratificazione del tessuto mucoso orale

Nella maggior parte della cavità orale, la lamina propria della mucosa si solleva verso la superficie profonda dell’epitelio formando le papille. Nella regione posteriore della cavità orale, la lamina propria contiene molti linfociti; questi spesso migrano nell’epitelio e lo attraversano.

Al di sotto della lamina propria può essere presente una sottomucosa: nel caso in cui questa sia presente, la mucosa orale è flessibile, se questa è assente la mucosa è fissa come accade nella zona delle gengive e del palato duro.

È possibile distinguere tre diversi tipi di epitelio a seconda della zona della bocca che rivestono:

EPITELIO CHERATINIZZATO quando va a rivestire il palato molle, la superficie ventrale della lingua, il pavimento della bocca, la

(5)

mucosa alveolare, il vestibolo, le labbra e le guance; è caratterizzato dalla presenza di cellule contenenti lipidi neutri come le ceramidi. EPITELIO NON CHERATINIZZATO che si trova nel palato duro e nelle regioni non flessibili della cavità orale.

EPITELIO SPECIALIZZATO, ancora CHERATINIZZATO, si localizza sui bordi delle labbra e sulla superficie della lingua ed è caratterizzato rispetto all’epitelio cheratinizzato semplice dalla presenza delle papille gustative.

L’apporto sanguigno al cavo orale è assicurato dall’arteria carotide esterna che si dirama nelle arterie mascellare, linguale e facciale. La disposizione dei vasi sanguigni è simile a quella della cute: è presente un plesso sottomucoso profondo di grossi vasi, da cui derivano i rami che formano un secondo plesso nella lamina propria, che, a sua volta, invia piccoli rami alle papille.

L’epitelio è la parte più esterna del tessuto che riveste la cavità orale e svolge la funzione di barriera meccanica per proteggere gli strati sottostanti; la lamina propria ha funzione di supporto meccanico e di contenimento dei vasi e delle terminazioni nervose.

Le caratteristiche dell’epitelio della cavità orale sono riassunte nella Tabella I a seconda della zona considerata.

(6)

Tabella I: caratteristiche dell’epitelio della cavità orale

TESSUTO STRUTTURA SPESSORE1 (µm) FLUSSO SANGUIGNO2 (ml/cm2)/min Buccale Non cheratinizzata 500-600 2,4 Sublinguale Non cheratinizzata 100-200 0,97 Gengivale Cheratinizzata 200 1,47 Palatale Cheratinizzata 250 0,89

1 spessore dell’epitelio umano in µm

2 flusso sanguigno nella mucosa orale di scimmie Rhesus

L’epitelio della cavità orale è bagnato dal MUCO e dalla SALIVA. Il muco buccale, una secrezione altamente viscosa che ricopre le mucose, ha le stesse caratteristiche di quello del tratto gastro-intestinale e viene secreto dalle cellule caliciformi del tessuto epiteliale.

Il muco è composto prevalentemente da mucina e da sali inorganici sospesi in acqua. La mucina è costituita da glicoproteine ed è responsabile delle caratteristiche gel-simile del muco.

Le glicoproteine strutturalmente sono catene oligosccaridiche legate ad un “core” proteico e si differenziano in base al peso molecolare, la lunghezza, il numero e la distanza delle catene.

La composizione del muco si può riassumere come segue:

ACQUA 95%

GLICOPROTEINE 0,5-5% SALI MINERALI 1% PROTEINE 0,5-1%

Lo strato mucoso si comporta sia da barriera protettiva contro i danneggiamenti meccanici, sia da barriera diffusiva evitando il contatto

(7)

con sostanze dannose (virus, batteri ecc.), sia da lubrificante minimizzando gli sforzi di taglio [2].

La saliva viene prodotta principalmente dalle ghiandole salivari ed è una soluzione ipotonica rispetto al plasma, che contiene meno sodio e cloruri, ma più potassio e bicarbonato e il cui pH varia tra 5,8 e 7,1 ma può arrivare anche a 7,4 in seguito all’attività secretoria.

Si presenta come un fluido viscoso, incolore, opalescente, prevalentemente acquoso e contiene l’1% di materiali organici come le glicoproteine della mucina, immunoglobuline, carboidrati e diversi ioni. Sono presenti anche enzimi tra cui l’amilasi che scinde l’amido presente negli alimenti.

La saliva assolve diverse funzioni: è essenziale nella prevenzione della disidratazione delle cellule della mucosa, agisce come lubrificante nell’ingestione degli alimenti, esercita azione antibatterica, accelera la coagulazione del sangue in caso di ferite e inoltre contiene i primi enzimi digestivi come la ptialina [2].

3.

PERMEABILITÀ DELLA MUCOSA

BUCCALE

Il coefficiente di permeabilità effettivo della mucosa buccale, riportato in letteratura, varia a seconda della specie animale e a seconda delle caratteristiche chimico-fisiche del farmaco.

Viene stimato un limite inferiore di 2,2 x 10-9 cm/s per il Destrano

4000 attraverso la membrana buccale di coniglio e un limite superiore di 1,5 x 10-5 per la benzilamina o l’amfetamina attraverso la mucosa buccale

(8)

La permeabilità della mucosa buccale è superiore a quella dell’epidermide, ma inferiore a quella della mucosa intestinale.

Le proprietà di barriera della mucosa orale sono dovute principalmente all’epitelio che, per sua natura, impedisce l’ingresso di materiali estranei e microrganismi.

Le regioni della cavità orale presentano diversi gradi di permeabilità: la permeabilità maggiore si ha attraverso la zona sublinguale, per poi decrescere nella mucosa buccale e in quella palatale. Questo ordine è in accordo con le caratteristiche fisiche dei tessuti, infatti la mucosa sublinguale è relativamente sottile, quella buccale è più spessa mentre quella palatale, pur essendo di spessore intermedio, è cheratinizzata. [1]

La cheratinizzazione influenza la composizione lipidica del tessuto, e di conseguenza la sua permeabilità, infatti nel caso dell’epitelio cheratinizzato i lipidi formano dei domini lamellari molto ben strutturati che rappresentano la principale barriera alla diffusione molecolare.

Nell’epitelio non cheratinizzato invece i lipidi non sono in strutture lamellari, quindi la barriera risulta essere meno efficace.

La relazione tra la permeabilità e le zone della mucosa buccale è schematizzata nella tabella II.

(9)

Tabella II: caratteristiche delle diverse zone della mucosa orale

TESSUTO PERMEABILITÁ FLUSSO SANGUIGNO TEMPO DI PERMANENZA DELLA FORMA FARMACEUTICA Buccale + ++ + Sublinguale ++ - - - Gengivale - - + + Palatale - - - ++

Risulta evidente che la mucosa buccale rappresenta la via di somministrazione migliore, principalmente perchè è la più vascolarizzata quindi il farmaco raggiunge meglio e più velocemente la circolazione sistemica e il tempo di residenza della forma farmaceutica è maggiore, dato il minor flusso di saliva rispetto all’area sublinguale.

(10)

4.

MECCANISMI DI PERMEAZIONE

La mucosa orale può essere attraversata sfruttando diversi meccanismi.

Il meccanismo principale responsabile della permeazione è il TRASPORTO PASSIVO, ma hanno un ruolo minore anche il TRASPORTO ATTIVO e l’ENDOCITOSI [1].

4. a. ENDOCITOSI

L’endocitosi è un meccanismo con il quale diversi tipi di cellule sono capaci di sottrarre dal loro ambiente esterno particelle solide (FAGOCITOSI) o fluide (PINOCITOSI) e di inglobarle in vescicole membranose. L’endocitosi avviene nell’epitelio orale e nell’epidermide soprattutto negli strati basale e spinale, ma non nell’epitelio intero stratificato.

4. b. TRASPORTO ATTIVO

Il trasporto attivo è un processo di attraversamento delle membrane che prevede l’utilizzo di un carrier macromolecolare; questo tipo di trasporto è caratterizzato dal fatto che il farmaco viene trasportato contro gradiente di concentrazione, ossia da zone a bassa concentrazione verso zone ad alta concentrazione.

Il processo implica che il trasportatore si leghi al farmaco, formando un complesso carrier-farmaco che veicola il farmaco attraverso la membrana e libera il farmaco sull’altra parte della membrana stessa. Si tratta di un processo che consuma energia perché il farmaco viene trasportato contro gradiente di concentrazione.

L’esistenza di questo meccanismo attraverso le membrane cellulari è confermata dal trasporto di alcuni zuccheri e aminoacidi attraverso l’epitelio intestinale, si può pensare che lo stesso avvenga nell’epitelio

(11)

che riveste la cavità orale perché ha una struttura analoga a quello intestinale.

4. c. TRASPORTO PASSIVO

La maggior parte delle sostanze che passano attraverso la pelle e la mucosa orale si muove per semplice diffusione obbedendo alla legge di Fick:

Legge di Fick

dove dm è la massa infinitesima di soluto che diffonde nell’intervallo di tempo dt attraverso una superficie di area A sotto l’influenza di un gradiente di concentrazione dC/dx.

D è il coefficiente di diffusione che ha dimensioni [area/tempo], dipende dalle dimensioni molecolari del diffondente e dal mezzo in cui avviene la diffusione. Il coefficiente di diffusione attraverso un mezzo liquido viene espresso con l’equazione seguente:

Coefficiente di diffusione

dove T è la temperatura in gradi Kelvin, ηηηη è la viscosità del mezzo, ra

è il raggio molecolare del diffondente, R è la costante di Boltzman.

Risulta evidente che il coefficiente di diffusione è direttamente proporzionale alla temperatura e inversamente proporzionale alle dimensioni della molecola che diffonde.

dm/dt = - DA dC/dx

(12)

Nella legge di Fick il segno meno indica che la diffusione avviene dal luogo a concentrazione maggiore verso quello a concentrazione minore.

Dalla legge di Fick si ricava un'altra equazione che esprime il flusso ( J ) in funzione della concentrazione di farmaco permeato nel tempo:

Flusso

Nell’equazione C1 e C2 rappresentano rispettivamente la

concentrazione del farmaco nel veicolo e nella fase ricevente, ma spesso

C2 può essere considerata trascurabile rispetto a C1 perché la fase

ricevente subisce un ricambio continuo e il farmaco che permea non ha tempo di raggiungere concentrazioni elevate; questa condizione è definita SINK, perché la fase ricevente si comporta come un “lavandino”.

K è il coefficiente di ripartizione tra il veicolo e la membrana e h è lo spessore della membrana.

Il coefficiente di ripartizione è dato dal rapporto tra concentrazione del farmaco nella membrana e la concentrazione nel veicolo, in condizioni di equilibrio termodinamico ed è un indice della capacità del farmaco di ripartirsi con le membrane biologiche.

Coefficiente di ripartizione

Questo parametro può essere trovato sperimentalmente calcolando il coefficiente di ripartizione olio/acqua (Ko/w)

Coefficiente di ripartizione olio/acqua

J = dQ/dt ·1/A = KD (C

1

-C

2

)/h

K = C

m

/ C

1

(13)

Colio rappresenta la concentrazione del farmaco in una fase organica,

si sceglie l’n-ottanolo perché simula al meglio il comportamento delle membrane biologiche, e Cacqua rappresenta la concentrazione di farmaco

in una fase acquosa.

Nell’equazione di Fick i parametri K, D e h possono essere raggruppati in un solo termine, P il coefficiente di permeabilità apparente:

Coefficiente di permeabilità apparente

La legge di Fick diventa:

Il coefficiente di permeabilità apparente risulta dal rapporto tra il flusso e la concentrazione del farmaco nel veicolo, è un parametro farmacocinetico che permette di valutare la permeabilità indipendentemente dalla concentrazione iniziale del farmaco nel veicolo.

Sperimentalmente il flusso viene calcolato dalla pendenza della retta ottenuta riportando in grafico la quantità di farmaco permeato nel tempo. Un profilo tipico della concentrazione di farmaco che diffonde attraverso una membrana in condizioni di stato stazionario è quello riportato nella Figura 3

P = KD / h

(14)

Figura 3. Profilo del flusso di un farmaco attraverso una barriera diffusionale

Lo stato stazionario viene raggiunto dopo un tempo determinato denominato lag time ed è ottenuto dalla estrapolazione della porzione lineare della curva sull'asse delle ascisse.

Il lag time (tL) dà una misura del tempo necessario al farmaco per saturare la membrana ed è influenzato notevolmente dallo spessore dello strato e dal coefficiente di diffusione del permeante.

Ci sono due vie per il trasporto passivo dei farmaci attraverso la mucosa orale: la via intercellulare e la via transcellulare. I permeanti possono anche usare le due vie contemporaneamente, ma generalmente una via è preferita rispetto all’altra in funzione delle proprietà chimico-fisiche del diffondente.

(15)

Figura 4. Schematizzazione delle vie di permeazione della mucosa orale

La via intercellulare prevede il passaggio dei permeanti attraverso i canali acquosi che si creano negli spazi tra cellula e cellula. Attraverso questa via le sostanze non attraversano le membrane plasmatiche, ma possono ugualmente incontrare ostacoli nei punti di contatto tra una cellula e l’altra.

La via transcellulare prevede invece il passaggio attraverso le cellule, i permeanti devono superare le membrane cellulari, che sono costituite da lipidi, e hanno carattere lipofilo. Questa via di trasporto è detta anche via non polare perché prevede la ripartizione delle molecole nel doppio strato lipidico che costituisce le membrane, è quindi la via d’elezione per le sostanze più lipofile.

Gli spazi intercellulari ed il citoplasma invece sono ricchi di acqua, quindi composti lipofili saranno poco affini a questi ambienti, ma sarà favorita la diffusione delle sostanze idrofile, infatti la via di trasporto intercellulare è detta anche via polare.

L’epitelio buccale è stratificato, quindi entrambe le vie sono possibili, ma quella predominante sarà quella che opporrà minor ostacolo al passaggio del permeante, in funzione della sua natura chimico-fisica. [4]

(16)

5. DIREZIONAMENTO DEI FARMACI

ATTRAVERSO LA MUCOSA

Le diverse caratteristiche della cavità orale permettono di sfruttare tale sito di applicazione per direzionare i farmaci in modo diverso.

La membrana del tessuto sublinguale è un target perfetto se si desidera un effetto immediato, perché è sottile e altamente permeabile, inoltre l’elevato flusso sanguigno consente un accesso rapido alla circolazione sistemica.

Se viene richiesto invece un rilascio prolungato la regione più idonea è la zona buccale perché è meno permeabile rispetto alla sublinguale e l’assorbimento avviene con un certo ritardo.

La scarsa permeabilità di questo sito può essere una limitazione e in alcuni casi è necessario l’uso di promotori di permeazione oppure di sostanze che favoriscano un intimo contatto con la zona di applicazione, quindi con proprietà mucoadesive.

Per migliorare la permeazione di alcuni principi attivi è utile anche utilizzare veicoli specifici, come i liposomi, le microparticelle e le nanoparticelle.

5. a. PROMOTORI DI PERMEAZIONE (ENHANCER)

Sono sostanze che facilitano il trasporto dei soluti attraverso le membrane biologiche; la scelta del promotore, e la sua efficacia, dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche del farmaco, dalla natura del veicolo e dagli eccipienti. In alcuni casi l’uso di due o più promotori in associazione ha un effetto sinergico.

(17)

Gli enhancer possono agire:

• Riducendo la viscosità e/o dell’elasticità dello strato mucoso

• Promuovendo il trasporto transcellulare mediante l’aumento della fluidità del doppio strato lipidico delle membrane in seguito all’interazione del promotore con la componente lipidica o con quella proteica della membrana

• Promuovendo il trasporto paracellulare tramite alterazione delle macromolecole coinvolte nella formazione delle giunzioni intercellulari

• Superando la barriera enzimatica: questi promotori agiscono inibendo le peptidasi e le proteasi, enzimi presenti nella mucosa orale che degradano i farmaci di natura peptidica. Inoltre anche le sostanze che modificano la fluidità della membrana alterano indirettamente l’attività enzimatica.

• Incrementando l’attività termodinamica dei farmaci: alcuni promotori sono in grado di aumentare la solubilità dei farmaci, alterando il coefficiente di ripartizione, ciò permette di aumentare la mobilità dei farmaci e di conseguenza di migliorare l’assorbimento.

(18)

Nella tabella III sono riportati i principali promotori di permeazione [2].

Tabella III: principali tipi di promotori di permeazione Classe chimica Composti

CHELANTI EDTA, acido citrico, sodio salicilato

TENSIOATTIVI Sodio lauril solfato, poliossietilene, benzalconio cloruro, cetilpiridinio cloruro, cetil trimetilammonio bromuro

SALI BILIARI Sodio glicocolato, sodio deossicolato, sodio taurocolato, sodio glicodeossicolato, sodio taurodeossicolato

ACIDI GRASSI Acido oleico, acido caprico, acido laurico, fosfatidilcolina

COMPLESSI DI INCLUSIONE

Ciclodestrine

ALTRI Chitosani, policarbophil-cisteina

5. b. SISTEMI MUCOADESIVI PER USO BUCCALE

Le forme mucoadesive sono capaci di aderire alla mucosa prolungando il tempo di permanenza del farmaco nella cavità orale e stabilendo un intimo contatto con il sito d’azione o di assorbimento.

La bioadesione, o mucoadesione in questo caso, è un fenomeno in cui si sviluppano forze di interazione interfacciali tra due substrati.

I substrati possono essere: entrambi biologici (es. nell’aggregazione piastrinica) oppure uno dei due può essere rappresentato da un materiale non biologico, naturale o sintetico di tipo polimerico.

Le proprietà mucoadesive dipendono sia dal polimero bioadesivo, sia dall’ambiente nel quale il sistema viene posizionato.

(19)

I fattori che influenzano le proprietà mucoadesive di un polimero sono: il peso molecolare, la flessibilità delle catene polimeriche, la capacità di formare legami idrogeno, il grado di reticolazione, la carica, il grado di idratazione, la concentrazione, i fattori ambientali (pH, turnover della mucina, salivazione, cibo o liquidi presenti nella cavità buccale).

I polimeri mucoadesivi più comunemente usati sono riassunti in tabella IV [1].

Tabella IV: Polimeri mucoadesivi

Origine del polimero Esempi di polimeri

NATURALI/SEMISINTETICI Agarosio, Chitosano, Gelatina, Acido ialuronico, Gomme (Guar, Xantana, Gellano)

SINTETICI

Derivati della cellulosa

Carbossimetilcellulosa, CMC sodica, CMC tiolata, Idrossietilcellulosa

Poliacrilici Poliacrilati, Polimetilmetacrilati, Acido poliacrilico

Altri Poli (N-2

idrossipropilmetacrilammide)

5.c.

SISTEMI PARTICELLARI COME VEICOLI PER LA

SOMMINISTRAZIONE BUCCALE DEI FARMACI

Tra i sistemi utilizzati per promuovere la permeazione dei farmaci attraverso la mucosa orale sono particolarmente importanti i sistemi particellari; quelli studiati per la veicolazione buccale dei farmaci sono: LIPOSOMI, MICROPARTICELLE e NANOSFERE.

(20)

I LIPOSOMI sono vescicole microscopiche formate da membrane lipidiche che circondano compartimenti acquosi. Le vescicole sono costituite da un doppio strato di fosfolipidi, sostanze anfifile che hanno una regione polare (testa) e una di natura lipidica (coda). Quelli utilizzati per la preparazione dei liposomi sono: fosfolipidi naturali (fosfatidilcolina, fosfatidiletanolammina, fosfatidilinositolo, sfingomielina), semisintetici, sintetici, carichi (stearilammina +, fosfatidilserina -, acido fosfatidico -).

La scelta dei fosfolipidi che costituiranno il doppio strato determina la rigidità, o la fluidità, della vescicola, così come la presenza di fosfolipidi carichi conferisce una carica elettrica al liposoma.

Il colesterolo è un altro costituente importante dei liposomi; non è un fosfolipide ma la sua struttura chimica rigida e planare fa in modo che si inserisca nel doppio strato lipidico con l’OH orientato verso la fase acquosa ed il gruppo steroideo adiacente alla catena di acidi grassi dei fosfolipidi.

La sua presenza conferisce fluidità al doppio strato e ne riduce la permeabilità perché provoca un impaccamento maggiore dei lipidi che aumenta la stabilità delle vescicole in presenza dei fluidi biologici perché evita la fuoriuscita precoce del farmaco.

I liposomi sono stati studiati fin dal 1970 come sistemi per il direzionamento o il targeting dei farmaci in siti specifici nell’organismo. Alcuni sistemi liposomiali per il direzionamento dei farmaci hanno mostrato proprietà farmacologiche migliori rispetto alle formulazioni convenzionali.

L’efficacia dei liposomi come carrier per i farmaci dipende da vari fattori come la carica elettrica, la rigidità, la composizione delle membrane lipidiche, la stabilità, la velocità di rilascio e la distribuzione nell’organismo.

(21)

In uno studio recente [5] i liposomi sono stati utilizzati per somministrare per via buccale un flavonoide, la silimarina, utilizzato per disturbi epatici.

Il sistema liposomiale era costituito la lecitina di soia, colesterolo, stearilammina, con l’aggiunta di un tensioattivo, il Tween 20, veniva preparato con la tecnica dell’evaporazione in fase inversa e si otteneva una percentuale di incapsulazione intorno al 60%.

È stato effettuato uno studio di permeazione in vitro su sacca guanciale di pollo che ha dimostrato che questo sistema liposomiale consente di trasportare attraverso la mucosa buccale una maggiore quantità di silimarina rispetto ad una sospensione dello stesso farmaco.

Le MICROPARTICELLE sono costituite da polimeri erodibili o non erodibili, contenenti un farmaco; sono state ampiamente utilizzate nelle formulazioni farmaceutiche per molte vie di somministrazione dei farmaci.

Le microparticelle offrono una serie di vantaggi rispetto agli altri sistemi di somministrazione, quali:

 Le proprietà chimico-fisiche delle microparticelle rimangono inalterate per lunghi periodi, quindi non danno problemi di stabilità e possono essere stoccate a lungo;  Possono essere somministrate attraverso diverse vie (orale,

intramucosale, intramuscolare o sottocutanea) a seconda della loro composizione;

 Proteggono il farmaco incapsulato dalla degradazione enzimatica o dall’idrolisi acida o basica;

(22)

 Possono essere utilizzate per le forme farmaceutiche a rilascio programmato dei farmaci, a rilascio prolungato o a rilascio sito specifico.

Recentemente le microparticelle sono state proposte per la somministrazione di clorexidina per il trattamento di gengiviti e peridontiti. Le più vantaggiose sono le microparticelle biodegradabili che vengono somministrate facilmente, non c’è bisogno di rimuoverle dopo l’applicazione e sono in grado di rilasciare progressivamente il farmaco per un lungo periodo [6].

Esposito e altri [6] hanno descritto la produzione di microparticelle biodegradabili per la somministrazione di tetraciclina nella cavità orale utilizzando diversi metodi di preparazione.

I polimeri utilizzati per la preparazione di queste microparticelle sono: poli(L-lattide), poli(DL-lattide) e poli(DL-lattide-co-glicolide) 50:50; le tecniche impiegate prevedono la formazione di: (a) una emulsione olio in acqua, (b) un sistema olio in olio e (c) una doppia emulsione acqua/olio/acqua.

Figura 5. Rappresentazione schematica della produzione di microparticelle con diversi metodi: (A) emulsione O/A, (B) sistema O/O, (C) doppia emulsione

(23)

Le microparticelle di poli(lattide-co-glicolide) (PLG) sono state usate anche come carrier per proteine ricombinanti umane e studiate sui cani per applicazione nella cavità tra dente e gengiva. Queste microparticelle venivano prodotte con la tecnica dello spray drying e sono state descritte da Bodmeier e Chen [6].

Sono state sviluppate anche delle tavolette buccali ottenute per compressione di microparticelle di chitosano contenenti clorexidina diacetato. Le microsfere sono state preparate da Giunchedi e altri [7] con la tecnica dello spray drying e la tavoletta era preparata per compressione diretta delle microparticelle con l’aggiunta di mannitolo da solo o con mannitolo e sodio alginato.

Sono stati effettuati sia test microbiologici, che hanno dimostrato che la clorexidina è ancora attiva come antibatterico se incapsulata in microparticelle, sia studi di rilascio in vitro, che hanno evidenziato un aumento della velocità di dissoluzione del farmaco nella percentuale clorexidina-chitosano 1:4, sia studi in vivo su volontari. Questi ultimi hanno messo a confronto il rilascio del farmaco dalla tavoletta costituita da microparticelle e da un collutorio: con la tavoletta si riscontrava la presenza di clorexidina nella saliva anche dopo 3 ore, mentre con il collutorio si aveva un picco di concentrazione dopo 5 minuti ma dopo 2 ore non c’era più farmaco. Questo ha dimostrato che con la tavoletta costituita da microparticelle si riesce ad ottenere un rilascio prolungato del farmaco.

Le NANOSFERE sono delle strutture polimeriche contenenti farmaco, e si differenziano dalle microsfere solo per le dimensioni che sono comprese tra 10 e 1000 nm.

(24)

Yong Luo ed al. [8] hanno sviluppato un sistema nanoparticellare per il direzionamento transmucosale di insulina; è una emulsione olio in acqua e le nanosfere sono costituite da lecitina di soia alla quale viene aggiunto propendiolo per aver un effetto di promozione sul trasporto dell’insulina attraverso la mucosa buccale.

L’efficacia del sistema è stata valutata in vivo con studi di assorbimento su conigli diabetici, l’emulsione è stata distribuita nella zona buccale e sublinguale, sono stati valutati i livelli plasmatici di insulina e la riduzione della glicemia e confrontati con quelli ottenuti mediante iniezione sottocutanea di insulina.

La riduzione della glicemia e l’andamento delle concentrazioni plasmatiche di insulina ottenuti con il sistema nanoparticellare erano analoghi a quelli ottenuti con l’iniezione sottocutanea, ma l’AUC nel caso del sistema buccale era maggiore.

Questo sistema nanoparticellare per la somministrazione di insulina offre diversi vantaggi come veicolo di somministrazione soprattutto in termini di compliance del paziente, possiede un’ottima stabilità termodinamica ed è facile da produrre [8].

6. FORME FARMACEUTICHE PER IL

RILASCIO BUCCALE DI FARMACI

Le forme farmaceutiche più comunemente utilizzate per

l’applicazione buccale sono: le tavolette, i patch buccali, i film buccali, i geli e gli unguenti.

(25)

6. a. TAVOLETTE

Le tavolette per la somministrazione buccale di farmaci in genere sono piccole e schiacciate e hanno un diametro compreso tra 5 e 8 mm. Possono essere formulate in modo da aderire alla mucosa perché, per esercitare la loro azione, devono rimanere in posizione finché non è terminata la dissoluzione o il rilascio del farmaco.

Queste tavolette possono essere applicate in diverse zone della cavità orale come sul palato, ma anche sulla mucosa della guancia o tra le labbra e le gengive.

Il problema principale di questo tipo di formulazione è la scarsa compliance da parte del paziente, specialmente quando si tratta di cure lunghe o cure che richiedono somministrazioni ripetute.

Le tavolette sono generalmente preparate per compressione diretta delle polveri o per compressione di un granulato, di un pellet o di microsfere, allo scopo di ottenere proprietà particolari in termini di rilascio.

In commercio sono presenti diverse forme solide per uso buccale, tra cui i più usati sono:

Nitrogard®, tavolette sublinguali contenenti nitroglicerina che si utilizzano per il trattamento sintomatico dell’angina pectoris; il farmaco viene utilizzato in questa forma per esplicare un effetto vasodilatatorio rapido;

Fentora®, che contiene fentanile citrato, un potente analgesico oppioide utilizzato nella terapia del dolore soprattutto nei pazienti affetti da cancro, che tendono a sviluppare tolleranza nei confronti delle terapie convenzionali; questo sistema è stato sviluppato per essere posizionato e trattenuto nella cavità orale per un periodo sufficiente ad ottenere la completa

(26)

disgregazione della tavoletta e l’assorbimento attraverso la mucosa orale;

Buccastem® M è una tavoletta per uso buccale che contiene proclorperazina maleato, utilizzato per il trattamento della nausea e del vomito da movimento; la tavoletta si posiziona al di sotto del labbro superiore, nella parte laterale della bocca e si disgrega lentamente;

Loramyc è una tavoletta buccale a base di miconazolo laurato sviluppato per il trattamento della candidosi orofaringea, è una formulazione ad attività locale che consente il rilascio del principio attivo direttamente nel luogo dell’infezione; questo sistema è ancora in fase di studio e con la stessa tecnologia sta per essere sviluppato anche un prodotto contenente acyclovir (antivirale) per il trattamento dell’herpes;

Aftab® è una compressa a doppio strato, contenente triamcinolone acetonide che è un corticosteroide utilizzato per il trattamento locale delle stomatiti. La compressa è formata da uno strato adesivo contenente il farmaco, e da un secondo strato di supporto; lo strato adesivo è costituito da un insieme di polimeri, principalmente idrossipropilcellulosa (HPC) e Carbopol®, un polimero carbossivinilico; lo strato ha la proprietà di aderire fortemente alla mucosa della bocca e di rigonfiare a contatto con la saliva per formare una sottile pellicola elastica che ricopre e protegge la superficie lesa. Il secondo strato è costituito principalmente da lattosio, con l’aggiunta di alcuni polimeri (HPC, CMC).

(27)

6. b. PATCH BUCCALI

I patch sono sistemi costituiti da diversi strati: uno impermeabile in superficie, uno strato intermedio che contiene la riserva di farmaco, e che ne controlla il rilascio, e una superficie adesiva per attaccare il patch alla mucosa.

Anche questi sistemi sono presenti in commercio:

DentiPatch® è una piccola striscia adesiva che contiene lidocaina, è un sistema transmucosale per prevenire il dolore associato alle iniezioni orali nelle procedure dentistiche; gli studi clinici hanno dimostrato che l’effetto anestetico locale si ha dopo 2 minuti e dura circa 45 minuti senza assorbimento sistemico del farmaco;

OraDisc A® è un patch mucoadesivo che si posiziona nella cavità orale e si erode gradualmente rilasciando amlexanone, utilizzato per il trattamento di ulcere aftose. Con la stessa tecnologia è stato preparato un altro patch, OraDisc B®, che contiene benzocaina.

6. c. FILM BUCCALI

Ultimamente sono oggetto di numerose ricerche nel campo delle forme farmaceutiche per la somministrazione buccale.

Sono flessibili ed elastici, quindi più confortevoli rispetto alle tavolette e più accettati dai pazienti. Sono particolarmente indicati per la somministrazione locale dei farmaci perché hanno una maggiore permanenza nel sito di applicazione e vengono meno facilmente eliminati dalla saliva.

Trans-EP® KV è un gel che forma un film bioadesivo che si deposita sulla superficie della cavità orale, dell’esofago o della

(28)

faringe; è una tecnologia che permette di direzionare farmaci che normalmente subiscono degradazione enzimatica se somministrati per via orale, come proteine e peptidi, ormoni o altri composti più complessi.

6. d. GELI e UNGUENTI BUCCALI

Sono forme di dosaggio semisolide, hanno il vantaggio di disperdersi facilmente nella cavità orale ma non assicurano un adeguato dosaggio come le tavolette, i patch e i film a causa della scarsa permanenza nel sito di applicazione.

Si usano per disturbi locali come peridontiti, per stati che richiedono l’applicazione locale di disinfettanti o farmaci antinfiammatori.

Una caratteristica fondamentale di queste forme deve essere l’elevata viscosità e la presenza di sostanze bioadesive per garantire il contatto con la superficie della mucosa per il tempo sufficiente al farmaco a svolgere la sua attività. [1]

In commercio sono presenti diversi prodotti di questo tipo, uno di questi è Gelclair®; è un gel concentrato, viscoso, mucoadesivo, per il trattamento di lesioni dolorose della mucosa orale di diversa eziologia (mucositi, stomatiti da radio o chemioterapia; irritazione successiva ad intervento chirurgico; ulcere traumatiche causate da apparecchi o dentiere; ulcere aftose diffuse).

(29)

7. METODOLOGIE DI STUDIO DELLA

PERMEAZIONE BUCCALE

La messa a punto di formulazioni ad applicazione buccale richiede la valutazione della capacità di rilascio del farmaco da parte della forma farmaceutica e della permeazione del farmaco attraverso il tessuto.

Gli studi di permeazione transmucosale dei farmaci possono essere condotti in vitro, ex vivo e in vivo. L’obiettivo della sperimentazione in

vitro ed ex vivo è quello di definire rispettivamente la cinetica di rilascio del farmaco dalla forma farmaceutica e la cinetica di permeazione attraverso la cute isolata. Questi tipi di sperimentazioni, oltre al vantaggio della semplicità di esecuzione, possono fornire informazioni preziose nello screening di nuove formulazioni, evitando i problemi derivanti dalla farmacocinetica della molecola testata.

Lo studio in vivo ha invece lo scopo di verificare e quantificare la biodisponibilità, la bioequivalenza e la tossicità di un farmaco, sia a livello topico che sistemico.

7. a. MODELLI IN VITRO

I metodi di studio in vitro prevedono l’utilizzo di membrane sintetiche o di tessuti ricostituiti.

Le membrane sintetiche sono costituite generalmente da materiali polimerici, e vengono classificate in base al materiale di cui sono costituite e al “cut-off”, cioè il limite di esclusione molecolare.

Il limite di esclusione molecolare viene espresso con un valore in Dalton (MCWO, Molecular Weight Cut Off) che indica il peso molecolare limite per il quale le sostanze con peso molecolare più grande vengono trattenute e quelle con peso molecolare minore

(30)

I materiali di cui sono costituite generalmente le membrane sintetiche utilizzate negli studi in vitro sono: cellulosa, nylon, cellophane, teflon, polipropilene e polietilene, polivinilidene fluoruro, silicone, PES (polieteresulfone).

Il flusso attraverso la membrana dipende dalla natura chimica della membrana e dal tipo di sostanza da filtrare ed i parametri di cui si tiene conto in questo tipo di processo sono la velocità di flusso, il gradiente di concentrazione ai due lati della membrana, la temperatura, le dimensioni e la solubilità del permeante.

Gli studi vengono eseguiti montando le membrane sintetiche in celle di diffusione: a contatto con la membrana viene posta la formulazione da testare da una parte e una fase che simula i fluidi fisiologici dall’altra; così si instaura un flusso di farmaco dalla fase donatrice alla fase ricevente.

Questo tipo di studio permette di individuare l’influenza della formulazione sulla diffusione del farmaco attraverso una membrana, è particolarmente interessante nello studio delle forme farmaceutiche a rilascio modificato.

Recentemente ci si avvale sempre di più dell’uso di tessuti ricostituiti per lo studio del trasporto e del metabolismo dei farmaci attraverso barriere biologiche specifiche.

Per utilizzare questa tecnica nello studio del trasporto buccale devono essere creati più strati differenziati di cellule e la composizione lipidica della barriera deve essere controllata accuratamente per ricreare al meglio le caratteristiche dell’epitelio buccale.

Le cellule vengono fatte crescere su un supporto permeabile, un filtro in policarbonato o nitrocellulosa, alloggiato in un pozzetto contenente un mezzo di crescita.

(31)

Figura 6. Sezione schematica di un sistema di coltura cellulare per gli studi di permeabilità

Esistono sostanzialmente due metodi di crescita delle cellule sugli appositi supporti: le colture “submerged” cresciute su un supporto permeabile in cui viene aggiunto il mezzo di crescita sia nel compartimento basolaterale che apicale, e le colture “air-medium” cresciute e/o utilizzate su un supporto permeabile in contatto con il mezzo di crescita solo nel compartimento basolaterale [3].

I sistemi di coltura di tessuti buccali possono essere ottenuti da tessuti sezionati che vengono fatti crescere in colture primarie e poi sottocoltivati, oppure da cellule che vengono dissociate enzimaticamente e cresciute in coltura primaria.

Tavakoli-Saberi ed Audus [3] isolarono l’epitelio buccale della guancia del criceto e lo fecero crescere in coltura primaria su dischi di policarbonato prerivestiti con collagene e fibronectina di coda di ratto. Furono effettuati studi di diffusione per determinare le caratteristiche di

(32)

primarie dell’epitelio della guancia del criceto avevano proprietà biochimiche simili a quello dell’epitelio sezionato dal quale esse derivavano.

Rupniak ed al. [3] isolarono, come modello in vitro di epitelio buccale umano, una coltura di cellule squamose derivanti da metastasi di un nodulo del collo di un carcinoma buccale umano, TR146. Queste cellule sono state molto impiegate dal gruppo danese di Rassing per valutare la permeabilità di varie sostanze e l’effetto di diversi promotori sulla permeazione buccale.

Le colture cellulari sembrano avere numerosi vantaggi rispetto alle tecniche che prevedono l’uso di tessuti recisi da animali, tra i quali il rapido assestamento dei dati, il controllo del modello sperimentale e la possibilità di utilizzare tessuti umani piuttosto che animali.

7. b. MODELLI EX VIVO

Gli studi ex vivo esaminano il trasporto del farmaco attraverso la mucosa buccale utilizzando tessuti recisi animali presi come modello. L’animale viene sacrificato immediatamente prima dell’inizio dell’esperimento, viene prelevata chirurgicamente la mucosa buccale insieme al tessuto connettivo, che successivamente viene rimosso con molta cura per isolare la porzione mucosale.

Il problema più importante che riguarda lo studio della permeazione con tessuti animali nei modelli ex vivo è la vitalità e l’integrità del tessuto prelevato. [4]

In uno studio di Nicolazzo ed al. [9] è stata analizzata la permeabilità della mucosa buccale di maiale in diverse condizioni sperimentali: tessuto epiteliale fresco, tessuto sottoposto a congelamento e scongelamento, mucosa intatta o danneggiata intenzionalmente.

(33)

I risultati dello studio hanno dimostrato che il flusso attraverso l’epitelio non varia nel tessuto congelato rispetto a quello fresco, anche se la valutazione istologica evidenzia segni di morte cellulare nel tessuto sottoposto a processo di congelamento e scongelamento.

Attraverso il tessuto danneggiato intenzionalmente si osserva un incremento nel trasporto di un farmaco idrofilo (caffeina), ma nessuna variazione nel trasporto di una sostanza lipofila (estradiolo), rispetto al tessuto integro.

7. c. MODELLI IN VIVO

Uno dei primi modelli di studio della permeazione buccale in vivo è il test di Beckett e Triggs [4] che valuta la cinetica di assorbimento dei farmaci direttamente nell’uomo, somministrando dei campioni a volontari e calcolando la quantità di farmaco scomparsa dalla cavità orale.

In questo modo si determina la quantità di farmaco assorbita sulla base di quello che resta all’interno della cavità orale, ma questo metodo presenta diversi inconvenienti che comprendono la diluizione salivare del farmaco, la deglutizione accidentale di una parte del campione sottoposto ad analisi e l’impossibilità di posizionare il farmaco in un sito specifico all’interno della bocca (buccale, sublinguale o gengivale).

Sono state apportate delle modifiche a questo test per evitare la diluizione salivare e la deglutizione accidentale, ma per il problema della localizzazione l’unica soluzione è l’uso di sistemi mucoadesivi che permettono di mantenere la formulazione in situ più a lungo.

In questi test i parametri farmacocinetici come la biodisponibilità possono essere calcolate valutando le concentrazioni plasmatiche di farmaco nel tempo.

(34)

Altri test in vivo si effettuano su animali da laboratorio; Yamahara ha effettuato gli esperimenti di permeazione applicando una piccola camera di diffusione al labbro superiore del cane, previamente anestetizzato. In questo esperimento viene determinata sia la quantità di farmaco rimasta nel compartimento donatore della cella, sia la quantità di farmaco assorbita calcolando la concentrazione plasmatica ad intervalli di tempo regolari [4].

7. d. SELEZIONE DELLE SPECIE ANIMALI

Un’attenzione particolare va riservata alla scelta delle specie animali per gli esperimenti sia ex vivo che in vivo a causa delle diverse caratteristiche di permeazione ed assorbimento della mucosa dell’animale utilizzato.

Per gli studi di permeazione in vivo vengono usati comunemente piccoli animali, come topi e criceti. Questa scelta però limita l’utilizzo dei dati ottenuti perché questi animali hanno un epitelio buccale totalmente cheratinizzato, diversamente da quello umano, che in parte è cheratinizzato, in parte no.

I conigli sono gli unici animali da laboratorio che hanno una mucosa non cheratinizzata simile a quella umana e sono stati ampiamente utilizzati nei modelli sperimentali. Tuttavia l’uso della mucosa orale dei conigli è limitato negli studi ex vivo perché ai margini il tessuto è cheratinizzato e l’area disponibile per l’assorbimento è ridotta.

Negli esperimenti condotti su animali è stata anche ampiamente usata la mucosa buccale di cane, di scimmia e di maiale.

È difficile creare dei modelli che consentano praticamente di effettuare esperimenti sulle scimmie, mentre i cani sono più facili da

(35)

gestire e meno costosi rispetto alle scimmie, e la loro mucosa buccale non è cheratinizzata, come quella umana.

Anche i maiali hanno una mucosa orale non cheratinizzata e i loro costi di gestione e mantenimento li rendono una valida alternativa per lo studio della permeazione dei farmaci.

In effetti la mucosa orale suina è quella che assomiglia di più a quella umana per struttura e composizione rispetto a quella degli altri animali.

Per gli studi in vivo però i maiali non sono indicati perché crescono troppo velocemente e diventano difficili da maneggiare, è più facile effettuare questo tipo di studio sui cani.

La mucosa buccale di maiale tuttavia è frequentemente utilizzata per gli studi ex vivo, per i vantaggi dovuti alla somiglianza con la mucosa umana e per la disponibilità ed il basso costo del tessuto suino. [4]

Figura

Figura 1.  Cavità  orale
Figura 2. Stratificazione del tessuto mucoso orale
Tabella I: caratteristiche dell’epitelio della cavità orale
Tabella II: caratteristiche delle diverse zone della mucosa orale
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Il protocollo della Toscana dice chiaramente: “La somministrazione di un farmaco può essere erogata da parte di personale adulto non sanitario nei casi in cui

• I sottoscritti provvederanno a rinnovare la documentazione al variare della posologia e ad ogni passaggio scolastico/trasferimento, nonché a comunicare tempestivamente e a

Scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di I Grado Viale della Resistenza - 87050 ROVITO (CS).. A tutti i docenti A tutti i genitori All’Albo e al

Scopo: garantire l’approvvigionamento, la tenuta e la corretta somministrazione dei farmaci prescritti dal medico, nel rispetto della personalizzazione di ogni intervento. Il medico

somministrare farmaci a condizione che tale somministrazione non debba richiedere il possesso di cognizioni di tipo sanitario, né l’esercizio di discrezionalità tecnica!. • La

 Autorizza espressamente il personale scolastico alla somministrazione in orario scolastico del farmaco indicato dal medico curante sollevando la Scuola da ogni

• affetti da patologia cronica la cui terapia necessita la somministrazione di farmaci in orari non differibili da quelli scolastici e non richieda l'esercizio

Come previsto dal Piano di Formazione d’Istituto e dalla Formazione sulla salute e Sicurezza nei luoghi di Lavoro, è stato organizzato un incontro di 3 ore di Formazione,