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Breve nota sui motivi di appello - A margine dell'ordinanza della Cassazione n. 246/2016 | Fondazione Nazionale di Ricerca dei Commercialisti

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BREVE NOTA SUI MOTIVI DI APPELLO (A margine dell’ordinanza 246/2016)

di Mario Cicala

Presidente Sezione Tributaria Corte Suprema di Cassazione

Componente Comitato Scientifico Fondazione Nazionale dei Commercialisti

Accade talvolta che un provvedimento dal contenuto piuttosto banale e ripetitivo venga recepito come una novità di qualche rilievo.

È quel che è successo con l’ordinanza della sesta sezione civile n. 246 depositata il 16 gennaio 2016 ed il fatto di esserne stato l’estensore mi legittima ad una ammissione, in prima persona: “potevo impiegare qualche parola in più con vantaggio della chiarezza”.

Mi sono limitato a scrivere:

3. Il ricorso appare fondato.

Invero è pacifico che l’atto di appello regolato dall’art. 53 del D.Lgs. 546/1992 può consistere nella mera riproposizione delle contestazioni sollevate in primo grado e respinte della CTP.

In questi termini è l’ordinanza della Corte n. 14908 del 1° luglio 2014 secondo cui nel processo tributario, la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado - in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere - assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dall’art. 53 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza.

Nel caso di specie la difesa del contribuente ha poi articolatamente riprodotto il contenuto iniziale del ricorso originario, attribuendo così la necessaria specificità al gravame in cassazione.

Invero l’art. 53 del D.Lgs. 546/1992 puntualizza che l’atto di appello deve contenere (a pena di inammissibilità) i “motivi specifici dell’impugnazione”. Deve cioè chiedere un dispositivo

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diverso da quello di primo grado e indicare i motivi specifici di tale riforma. Di conseguenza (art. 56) “le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, che non sono specificamente riproposte in appello, s’intendono rinunciate”.

Dunque anche chi in primo grado ha vinto, ma ha visto respingere una parte delle sue argomentazioni deve riproporle “specificamente” in appello (Cass. civ., sez. trib., 10-08-2010, n. 18559). A seconda delle circostanze con appello incidentale (in caso di argomentazioni esplicitamente o implicitamente respinte) ovvero con una semplice memoria (in caso di argomentazioni non esaminate perché assorbite; ma nel dubbio è preferibile ricorrere all’appello incidentale (quod abundat non vitiat).

Occorre che avanti al giudice d’appello siano ripresentate le tesi non accolte della commissione provinciale, e non è sufficiente la generica dizione “ci si richiama al ricorso introduttivo, alla memoria ed alle difese svolte nella trattazione del giudizio di 1 grado, da intendersi qui integralmente trascritte”,

L’atto che contiene solo una frase di questo tipo è inidoneo a raggiungere lo scopo, e dunque inammissibile (Cass., sez. trib., 27-11-2015, n. 24267).

L’art. 53 e l’art. 56 non richiedono invece che i motivi appello (o di appello incidentale) siano

“nuovi” o comunque prospettati in forma diversa rispetto a quanto esposto in primo grado, che può essere sostanzialmente ripetuto (a meno che nel corso del giudizio sia entrata in discussione una questione nuova, ad esempio la applicabilità di un condono)

Certo il buon difensore cercherà anche di convincere il giudice d’appello confutando la motivazione della sentenza non gradita, adeguando le sue argomentazioni a quelle del giudice di primo grado. Ma nel processo tributario non è un obbligo.

Come emerge anche dal confronto con l’analoga disposizione del codice di procedura civile secondo cui “la motivazione dell’appello deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l’indicazione delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata” (art. 342 cpc). Ancora più incisivo è quanto richiesto in riferimento al ricorso per cassazione che - ove investa la ricostruzione dei fatti - deve contenere la denuncia dell’“omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”; e dunque si deve indicare un fatto, dimostrare che esso è decisivo per il giudizio, che è stato portato all’attenzione del giudice che invece non lo ha esaminato (art. 360 n. 5 c.p.c.).

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Perciò nel processo tributario, ove l’amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dall’art. 53 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere «i motivi specifici dell’impugnazione» e non già

«nuovi motivi», atteso il carattere devolutivo pieno dell’appello, che è un mezzo di impugnazione non limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass. civ., sez. trib., 29-02-2012, n.

3064).

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