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Polvere secca di insulina da inalare per il trattamento del diabete mellito(6)

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Academic year: 2021

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Polvere secca di insulina da inalare per il trattamento del diabete

mellito

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Il diabete mellito (DM) attualmente affligge circa 20.8 milioni di persone (circa il 7% della popolazione statunitense) con una incidenza mondiale stimata nel 2000 in 366 milioni di persone. Ci si aspetta che l’incidenza raddoppi entro il 2030 sia negli Stati Uniti che a livello mondiali. Il DM è la quinta causa di morte negli USA ed è associata con un’eccessiva morbilità a causa delle malattie a livello microvascolare (ad esempio: retinopatia, nefropatia) ed a livello macrovascolare (ad esempio: disturbi cardiovascolare, amputazione degli arti inferiori). Il DM di tipo 2 raccoglie circa il 95% dei pazienti affetti da DM, molti dei quali richiedono la somministrazione di insulina per raggiungere gli obiettivi dei livelli di glicemia. Nonostante i molti passi avanti nel controllo sia del DM di tipo 1 che del DM di tipo 2, i valori medi dell’emoglobina glicosilata (HbA1c) nei pazienti affetti da DM sono aumenti da

7.7% a 7.9% negli ultimi anni del secolo scorso. Nonostante i benefici dello stretto controllo della glicemia mostrato nel caposaldo Diabetes Control and Complication Trial (DCCT, Esperimento controllo del diabete e complicazioni) ed il United Kingdom Prospective Diabetes Study (UKPDS, Studio inglese delle prospettive del diabete) nei pazienti affetti da DM sia di tipo 1 che di tipo 2, rispettivamente, molti pazienti affetti da DM non raggiungono gli obiettivi dei livelli di glicemia. La richiesta di insulina è apparente nel DM di tipo 1; ad ogni modo, ci sono dei pazienti con DM di tipo 2 che potrebbero avere dei benefici dal migliore controllo glicemico offerto dall’insulina e che potrebbero non aver avuto la prescrizione dell’insulina o aver paura di farsi l’iniezione. Metodi alternativi di somministrazione di insulina potrebbero aumentare il numero di pazienti che ricavano i benefici dall’insulina così come mostrato dagli studi DCCT e UKPDS.

Questo articolo esamina la farmacologia clinica, l’efficacia comparata, la tollerabilità, le interazioni tra farmaci, le controindicazioni e le precauzioni, il dosaggio e la via di somministrazione, la disponibilità, l’accumulo ed il costo di una nuova formulazione di polvere secca di insulina (IDPI) per uso inalatorio.

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Metodi

Ricerche originali ed articoli di revisione pubblicati in inglese sono stati cercati su MEDLINE (1966-luglio 2006) e su Web of Science (1995-luglio 2006). Le chiavi di ricerca usate sono state insulina inalatoria, insulina umana inalatoria, polvere inalatoria originata

da rDNA, polvere secca di insulina per uso inalatorio e IDPI. Le bibliografie degli articoli

individuati sono state consultate, come sono state selezionate le informazioni provenienti dal pacchetto proveniente da IDPI. Tutti gli studi comparativi sull’efficacia pubblicati erano inclusi nella recensione.

Meccanismo d’azione

Il meccanismo d’azione della IDPI è lo stesso degli altri prodotti contenenti insulina. L’azione primaria dell’insulina è quella di ripristinare il normale metabolismo del glucosio attraverso la promozione dell’assorbimento del glucosio da parte del muscolo e del tessuto adiposo e l’inibizione del metabolismo del grasso e delle proteine. Inoltre, l’insulina riduce specificamente i livelli plasmatici di glucosio attraverso la riduzione della produzione epatica di glucosio e la sintesi attraverso l’inibizione della gluconeogenesi e della glicogenolisi.

Farmacologia

Lo studio sull’insulina per uso inalatorio iniziò nei primi del 1920, anche se l’interesse è aumentato negli anni ’70 quando Wingley1 et al descrissero l’effetto ipoglicemizzante nei conigli attraverso distribuzione di insulina umana (RHI) attraverso la via inalatoria con un nebulizzatore. A seguito di questo studio iniziale, l’effetto ipoglicemmizzante fu osservato in 3 volontari sani e 4 pazienti affetti da DM quando l’insulina porcina-bovina fu distribuita mediante una miscela nebulizzata. La ricerca sull’insulina per uso inalatorio è ormai intensa, con diverse formulazioni per uso inalatorio che utilizzano aerosol liquidi o polveri secche che si stanno dimostrando promettenti. I prodotti più vicini alla commercializzazione sono le formulazioni ad azione rapida per il controllo del glucosio proveniente dal pasto, e la ricerca per formulazione di insulina ad uso inalatorio ad azione protratta sono in atto.

Diversi fattori rendono i polmoni un ottimo sito per l’assorbimento di farmaci, compresa la loro elevata superficie, membrane altamente permeabili e ricca irrorazione sanguigna. La dimensione particellare ottimale per la deposizione alveolare è compresa tra 1.5 e 2.5 m,

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F.W.WIGLEY,J.H.LONDONO AND S.H.WOOD et al., Insulin across respiratory mucosae by aerosol delivery, Diabetes 20 (1971), pp. 552–556.

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particelle più grandi si depongono nella regione tracheobronchiale, mentre particelle più piccole vengono espirate. L’assorbimento dell’insulina inalata avviene attraverso la transcitosi nel flusso sanguigno del capillare alveolare. Nell’epitelio alveolare, miliardi di vescicole trasportano l’insulina attraverso le membrane. Queste vescicole contenenti l’insulina rilasciano il proprio contenuto nel flusso sanguigno del capillare alveolare per l’assorbimento. Il 6-10% circa dell’insulina inalata viene assorbita attraverso la mucosa respiratoria nella circolazione sistemica, trattenere il respiro non presenta effetti sulla biodisponibilità.

Farmacocinetica

La IDPI è una formulazione a polvere secca di insulina umana (circa il 60%),

mannitolo, glicina, citrato di sodio e idrossido di sodio. In confronto alle formulazioni liquide, le formulazioni a polvere secca possono distribuire dosi più alte per singola somministrazione (puff), sono stabili a temperatura ambiente e sono resistenti alla crescita microbica.

L’insorgenza dell’azione della IDPI riflette il rilascio prandiale fisiologico dell’insulina. Heinemann2 et al hanno usato la tecnica euglycemic glucose clamp (una tecnica per la valutazione dell’effetto dell’insulina sulle concentrazioni ematiche di glucosio ed insulina) per comparare l’insulina per uso inalatorio (distribuita attraverso un aerosol di particelle solide di insulina) con SC RHI, e insulina IV in 11 uomini sani e non fumatori. L’insorgenza dell’azione (ad esempio, il mezzo effetto massimale [half-maximal effect]) dell’insulina inalata risultava significativamente più rapido rispetto alla SC RHI (rispettivamente 31 minuti contro 54; P<0.001). Il massimo effetto metabolico (il tempo per la velocità massima di infusione di glucosio richiesto per mantenere la glicemia costante) è stato raggiunto in 108 minuti con IDPI, in confronto ai 147 minuti con la SC RHI (P<0.001). Le massime concentrazioni plasmatiche di insulina sono state raggiunte in 24 minuti con IDPI ed in 106 minuti con insulina SC. Uno studio più recente ha usato la tecnica euglycemic glucose clamp per confrontare la IDPI con l’insulina SC lispro e SC RHI in 17 uomini sani non fumatori. L’insorgenza dell’azione della IDPI fu significativamente più rapida rispetto a quella della RHI (rispettivamente 32 vs 48 minuti; P<0.001) o dell’insulina SC lispro (41 minuti, P<0.05). Il tempo del massimo effetto era comparabile tra IDPI ed insulina SC lispro (rispettivamente 143 e 137 minuti) ma era significativamente maggiore per RHI rispetto alla IDPI (193 minuti; P<0.01). La durata d’azione di circa 6 ore è stata riportata per IDPI, paragonabile a quella

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L.HEINEMANN,T.TRAUT AND T.HEISE, Time-action profile of inhaled insulin, Diabet Med 14 (1997), pp. 63–

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della SC RHI (P<0.001, sia per IDPI che per RHI vs infusione basale di insulina IV). Uno studio farmacocinetico di Rave3 et al ha trovato che l’insulina per uso inalatorio ha una durata significativamente più lunga rispetto all’insulina lispro (rispettivamente 387 vs 313 minuti; P<0.01) Questa durata d’azione è più lunga di quella riportata per le analoghe insuline ad azione rapida, come l’insulina lispro. Questi risultati farmacocinetici indicano che IDPI presenta un profilo che favorisce l’insulina prandiale, dato dalla sua rapida insorgenza d’azione rispetto alla iniezione di SC e l’azione viene mantenuta fino a 6 ore.

Per un agente inalatorio che fornisca un controllo ottimale della glicemia, è importante che la risposta farmacocinetica dopo l’inalazione sia riproducibile. Gelfand4

et al hanno condotto uno studio a 4 vie, randomizzato-sequence crossover su 16 pazienti che non avessero assunto insulina in precedenza (insulin-naive), questi hanno ricevuto 2 inalazioni di IDPI e 2 iniezioni di SC RHI. I pazienti hanno consumato 5 pasti standardizzati (Sustacal), prima senza terapia e successivamente con il trattamento crossover. I livelli di glucosio postprandiale e la AUC a vari tempi sono stati misurati in tutti i gruppi. Non ci furono differenze statisticamente significative tra i soggetti tra le due sessioni nelle quali l’insulina fu somministrata attraverso la stessa via. A dosi paragonabili, la riproducibilità della farmacocinetica della IDPI era equivalente a quella della SC RHI in questi pazienti insulin-naive.

Mudaliar5 et al hanno riportato risultati simili in 20 (10 uomini e 10 donne) pazienti anziani ed obesi con DM di tipo 2 ai quali sono stati dati 2 dosi da 4 mg di IDPI e 2 iniezioni di 12 unità di SC RHI in sequenze crossover e randomizzate. Dopo un digiuno notturno, i soggetti hanno ricevuto 1 delle 4 dosi. I livelli del glucosio plasmatico sono stati misurati sia in assenza di insulina che a digiuno all’inizio e dopo 2 e 6 ore dalla somministrazione dell’insulina. Ci fu una piccola variabilità tra i soggetti di farmacocinetica o di farmacodinamica dopo una dose di glucosio.

3

K.RAVE,S.BOTT AND L.HEINEMANN et al., Time-action profile of inhaled insulin in comparison with

subcutaneously injected insulin lispro and regular human insulin, Diabetes Care 28 (2005), pp. 1077–1082.

4

GELFAND RA,,S.L.SCHWARTZ AND M.HORTON et al., Pharmacological reproducibility of inhaled human

insulin dosed pre meal in patients with type 2 diabetes mellitus, Diabetologia 43 (Suppl 1) (2000), p. A202.

5

MUDALIAR,R.R.HENRY AND D.FRYBURG et al., Within-subject variability of inhaled insulin (Exubera) versus

sub cutaneous regular insulin in elderly obese patients with type 2 diabetes mellitus, Diabetologia 46 (Suppl 2)

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Studi comparativi dell’efficacia

L’efficacia clinica della IDPI è stata osservata in numerosi studi nei quali è stata comparata con l’insulina iniettabile e/o agenti ipoglicemizzanti orali. Tutti gli studi erano open label, come la maggior parte degli studi sull’insulina, generalmente a causa delle difficoltà a compiere uno studio a doppio cieco e le necessità che questo progetto potrebbero dare ai pazienti. Anche se gli studi furono open label, i loro risultati primari furono generalmente dei cambiamenti in HbA1c o nel livelli di glucosio nel plasma, parametri

oggettivi che non sono verosimilmente influenzati dalla consapevolezza dei pazienti sulla forma del dosaggio.

Quasi tutti gli studi sulla IDPI hanno incluso pazienti con valori di HbA1c <12% e livelli di

peptide-C a digiuno >0.2 pmol/mL i quali erano disposti a compiere un automonitoraggio dei glucosio ematico (SMBG). Nella maggior parte degli studi, i pazienti erano esclusi nel caso avessero fumato nei 6 mesi precedenti; fossero affetti da asma, altre malattie respiratorie, o con sospette anormalità orofaringee o polmonari sia anatomiche che funzionali; soffrissero di malattie cardiovascolari, cerebrovascolari, epatiche, renali o di altri sistemi/organi maggiori (altre rispetto al DM); avessero una storia di dipendenza da alcol e droghe; avessero avuto esperienza di ≥2 eventi grave ipoglicemia che avessero richiesto assistenza nell’anno precedente all’iscrizione; avessero avuto un ricovero ospedaliero o una visita d’emergenza a causa di uno scarso controllo del DM nei 6 mesi precedenti allo studio; stessero ricevendo corticosteroidi per via sistemica o altri farmaci che potrebbero influire sul controllo della glicemia; stessero ricevendo una terapia di insulina mediante una pompa oppure a regime iniettabile composta da ≥4 somministrazioni giornaliere; stessero ricevendo dosi totali di insulina >150 U/d; o fossero in stato di gravidanza, in allattamento o stessero pianificando una gravidanza. La maggior parte degli studi hanno avuto una durata compresa tra le 12 e le 24 settimane, un tempo sufficientemente lungo per osservare un effetto sul glucosio ematico e sulla HbA1c, ma non lungo abbastanza per creare un’efficacia a lungo termine o un impatto

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Diabete di tipo 1

Un certo numero di studi hanno riportato che i valori di HbA1c venivano mantenuti

quando la IDPI veniva sostituita con una SC RHI prima del pasto nei pazienti adulti con DM di tipo 1 (Tabella 1). Gli studi sul DM di tipo 1 hanno coinvolto pazienti con un’età ≥ a 11 anni; dati limitati sono disponibili per la popolazione pediatrica. I risultati riassunti nella tabella 1 rappresentano solo i pazienti adulti di questi studi, mentre la seguente discussione include sia pazienti adulti che quelli adolescenti.

Tabella 16

Uno studio open label randomizzato di 12 settimane ha valutato la IDPI in 72 pazienti affetti da DM di tipo 1 provenienti da 10 centri degli USA. I pazienti idonei avevano un’età compresa tra 18 e 55 anni, erano sottoposti ad un regime stabile di 2 o 3 iniezioni di insulina giornaliere nei 2 mesi precedenti, aveva un valore di HbA1c prima della randomizzazione

compreso tra 7.0% e 11.9% e livelli di peptide-C a digiuno ≤0.2 pmol/mL, con un peso corporeo compreso tra l’80% ed il 130% rispetto al peso forma (tabelle del Metropolitan Life Insurance).

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I pazienti hanno ricevuto una dose di IDPI prima del pasto in aggiunta ad una insulina SC Ultralente prima di coricarsi (n=35) oppure hanno continuato il loro regime consueto di 2 o 3 iniezioni giornaliere, generalmente di RHI e sospensione di insulina in isopropano (insulina “neutral protamine Hagerdorn” [NPH]) (n=37). La dose di insulina è stata aggiustata settimanalmente, alla necessità, in entrambi i gruppi per raggiungere l’obiettivo di concentrazioni di glucosio postprandiale comprese tra 100 e 160 mg/dL (5.56-8.89 mmol/L). Lo scopo primario dell’analisi intent-to-treat7

fu la misurazione della HbA1c a 12 settimane. I

valori di HbA1c diminuirono dal 8.5% al punto di partenza al 7.9% in 12 settimane nel

gruppo trattato con IDPI e da 8.5% a 7.7% nel gruppo con il trattamento convenzionale. La differenza dei valori di HbA1c in 12 settimane non è significativamente differente tra i gruppi

(differenza media tra i due gruppi: 0.2%; 95% CI, -0.2 a 0.5). I cambiamenti nei livelli di glucosio plasmatici a digiuno e dopo il pasto non cambiano significativamente tra i due gruppi. Il cambiamento della soddisfazione complessiva del trattamento, valutata attraverso la compilazione di un questionario da parte del paziente, è stata significativamente maggiore nel gruppo trattato con IDPI rispetto al gruppo con la terapia convenzionale (cambiamento medio nel punteggio della soddisfazione totale, rispettivamente 35.1% vs 10.6%; P=0.01) [20,21]. La IDPI è stata valutata positivamente rispetto al trattamento convenzionale in riferimento alla facilità di somministrazione, comodità, convenienza, tempo richiesto per la somministrazione della dose, flessibilità dello schema da seguire per i pasti, e facilità di assumere l’insulina più volte al giorno (tutti, P<0.05); ad ogni modo, i pazienti che assumevano insulina SC hanno riportato minore coscienza nel portare via l’insulina da casa (P non riportata).

Uno studio di non inferiorità, randomizzato, open label di 24 settimane è stato condotto in 41 centri degli USA e Canada e ha confrontato la IDPI prima del pasto in aggiunta ad insulina SC Ultralente prima di coricarsi con un regime di 2-3 iniezioni di RHI e insulina NPH in 334 pazienti (range d’età, 11-64 anni) affetti da diabete di tipo 1. I pazienti idonei avevano un’età compresa tra 12 e 65 anni; aveva una durata del DM ≥1 anno; avevano seguito un regime di ≥2 iniezioni giornaliere di insulina per un periodo ≥2 mesi; erano soddisfatti con SMBG; ed avevano un valore di HbA1c di partenza compreso tra 6% e 11%, livello di peptide-C a digiuno ≥0.2 pmol/mL, ed indice di massa corporea ≤30 kg/m2

. Durante il periodo di 4 settimane di partenza i pazienti hanno seguito il regime convenzionale, che consiste in RHI ed insulina NPH prima della colazione, RHI prima di cena ed insulina NPH prima di cena o

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Sistema di analisi statistica che, nella valutazione di un farmaco, considera tutti i pazienti trattati, comprendendo anche quelli che hanno interrotto un trattamento per, ad esempio effetti collaterali e non solo quelli che hanno concluso lo studio.

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prima di andare a dormire. Dopo questo periodo, i pazienti sono stati randomizzati per ricevere IDPI prima del pasto in aggiunta a insulina Ultralente prima di andare a dormire (n=170) o 2-3 iniezioni giornaliere di RHI e di insulina NPH (n=164) per 24 settimane. La dose di insulina Ultralente usata nel ramo di studio con IDPI è stata determinata in base la controllo glicemico e la necessità pregressa del paziente di insulina NPH. Le dosi di IDPI e dell’insulina SC sono state aggiustate in base al raggiungimento dell’obiettivo della glicemia a digiuno e dopo il pasto compreso tra 80 e 140 mg/mL (4.44-7.78 mmol/L) e l’obiettivo della glicemia prima di andare a dormire compreso tra 100 e 160 mg/mL (5.56-8.89mmol/L). Lo scopo primario dello studio è stato la valutazione del cambiamento del HbA1c a 24

settimane, utilizzando un metodo di analisi modificata intent-to-treat ed una metodologia last-observation-carried-forward (ultima osservazione/valutazione portata a termine) per i valori di HbA1c a 24 settimane mancanti. L’analisi dell’efficacia comprende 312 pazienti, dei quali 303

hanno completato le 24 settimane di terapia. La IDPI ha dimostrato una non inferiorità rispetto al regime di insulina iniettabile. La media della HbA1c è diminuita da 8.1% a 7.7% nel

gruppo trattato con IDPI e da 8.1% a 7.9% nel gruppo con il trattamento convenzionale (la differenza media aggiustata: 0.16%; 95% CI, -0.01 a 0.32). La percentuale di pazienti che hanno raggiunto valori di HbA1c <7% è stato il 15.9% nei gruppo trattato con IDPI e 15.5%

nel gruppo con il trattamento convenzionale (odd ratio8 [OR] aggiustato: 0.92; 95% CI, 0.4 a 2.1). I livelli di glucosio plasmatici a digiuno diminuirono di una significativa entità nel gruppo trattato con IDPI rispetto al gruppo con trattamento convenzionale (differenza media aggiustata:-25.17mg/dL [-1.40 mmol/L]; 95%CI, -43.39 a –6.95) come fecero i livelli di glucosio plasmatici postprandiali (differenza media aggiustata: -30.28 mg/dL [-1.68 mmol/L]; 95% CI, -54.8 a –5.97). Il punteggio Overall Satisfaction Summury (riassunto della soddisfazione complessiva), composto da 12 punteggi appartenenti a sottoscale di soddisfazione tratte dal Diabetes Quality of Life and Treatment Satisfaction Questionaire (questionario della soddisfazione del trattamento e della qualità di vita per il diabete), è migliorato nel gruppo trattato con IDPI (P<0.001) ed è diminuito nel gruppo con trattamento convenzionale (P<0.05).

In un’analisi di questo studio che ha coinvolto solo 132 pazienti con un’età compresa tra 20 e 64 anni (l’età media era di 38.2 anni), la HbA1c risultò ridotta dal punto di partenza di

un’entità comparabile nei due gruppi, di uno 0.2% (da 7.9%) nel gruppo trattato con IDPI e di

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Misura epidemiologica tipica dello studio caso-controllo che definisce il grado di associazione fra un fattore di rischio ed una specifica malattia. Viene calcolato mediante la tabella di contigenza come rapporto tra gli odds di prevalenza del fattore di rischio tra i casi (malati o morti) con gli stessi odds osservati tra i controlli. E' utilizzato come stima del rischio relativo.

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uno 0.4% (da 8.0%) nel gruppo trattato con insulina SC. I livelli di glucosio nel plasma a digiuno si sono ridotti di un’entità maggiore nel gruppo trattato con ISPI (rispettivamente -32 vs –6 mg/dL [-1.5 vs –0.33 mmol/L]; la differenza nella media aggiustata è cambiata rispetto al punto di partenza: -27 mg/dL [-1.5 mmol/L]; 95% CI, -47 a –6), così come il livello di glucosio 2 ore dopo il pasto (rispettivamente –21 vs 14 mg/dL [-1.17 vs –0.78 mmol/L]; la differenza nella media aggiustata è cambiata rispetto al punto di partenza: -35 mg/dL [-1.94 mmol/L]; 95% CI, -61 a –8). Un valore di HbA1c <7% è stato raggiunto nel 16.9% dei

pazienti trattati con IDPI e nel 19.7% dei pazienti trattati con insulina SC.

Uno studio di non inferiorità, open label, randomizzato di 24 settimane è stato condotto in 40 centri degli USA e del Canada per confrontare i regimi insulinici intensivi comprendenti sia la IDPI che l’insulina SC in 328 pazienti (con età compresa tra 11 e 65 anni) con DM di tipo 1. I pazienti idonei avevano un’età compresa tra 12 e 65 anni; presentavano una durata del DM ≥1 anno; avevano seguito in regimi di ≥2 iniezioni di insulina giornaliere per una periodo ≥2 mesi; erano disposti a compiere SMBG; e avevano una valore di partenza di HbA1c compreso

tra 6% e 11%, livello di peptide-C plasmatici a digiuno ≥0.2 pmol/mL, ed un indice di massa corporea ≤30 kg/m2

. Durante il periodo iniziale di 4 settimane, tutti i pazienti hanno ricevuto il regime convenzionale, il quale consiste nel SC RHI prima del pasto in aggiunta all’insulina NPH due volte al giorno. Al completamento di questo periodo, i pazienti sono stati randomizzati per ricevere IDPI prima del pasto in aggiunta all’insulina NPH a mattino ed a sera (n=163) o per continuare il regime convenzionale di SC RHI prima del pasto in aggiunta all’insulina NPH due volte al giorno (n=165) per 6 mesi. Il primo punto di arrivo per la valutazione dell’efficacia è stato il cambiamento della HbA1c dalla partenza alla 24a settimana

in un’analisi modificata intent-to-treat utilizzando una metodologia last-observation-carried-forward in caso di mancanza di dati a 24 settimane.

La valutazione dell’efficacia ha compreso 318 pazienti, dei quali 306 hanno completato le 24 settimane di terapia. Il valore di HbA1c è diminuito da 8.0% a 7.7% nel gruppo trattato con

IDPI e da 7.9% a 7.8% nel gruppo trattato con insulina SC (la differenza nella media aggiustata è cambiata rispetto al punto di partenza: -16%; 95% CI, -0.34 a 0.01). I livelli di glucosio plasmatici a digiuno sono diminuiti di 35 mg/dL (1.94 mmol/L) nel gruppo trattato con IDPI ed aumentati di 4 mg/dL (0.22 mmol/L) nel gruppo trattato con insulina SC (la differenza nella media aggiustata è cambiata rispetto al punto di partenza: -39.53 mg/dL [-2.19 mmol/L]; 95% CI, -57.5 a -21.56).

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I livelli di glucosio plasmatico postprandiale sono diminuiti in entrambi i gruppi (rispettivamente –21 mg/dL [-1.17 mmol/L] e –14 mg/dL [0.78 mmol/L]). Un valore di HbA1c

<7% è stato raggiunto dal 23.3% dei pazienti trattati con IDPI e dal 22.0% dei pazienti trattati con insulina SC.

In un’analisi di questo studio che ha coinvolto 206 pazienti con un’età compresa tra 19 e 65 anni, la HbA1c si è ridotta di uno 0.3% (da 7.8%) nel gruppo trattato con IDPI e di uno 0.2%

(da 7.8%) nel gruppo trattato con insulina SC. I livelli di glucosio dopo 2 ore dal pasto erano praticamente immodificati in entrambi i gruppi. I livelli di glucosio nel plasma a digiuno risultavano ridotti di una grande entità nel gruppo trattato con IDPI rispetto a quello trattato con insulina SC (rispettivamente –23 mg/dL [-1.28 mmol/L] vs 13 mg/dL [0.72 mmol/L];differenze:-35mg/dL [-1.94 mmol/L]; 95% CI, -58 a –13) un valore di HbA1c <7% è

stato raggiunto nel 28.2% dei pazienti trattati con IDPI e nel 30.1% dei pazienti trattati con insulina SC.

In uno studio multicentrico, randomizzato, di 24 settimane disponibile solo come abstract di un meeting, la IDPI è stata confrontata con insulina SC in 226 pazienti (con età compresa tra 25 e 65 anni) con DM di tipo 1. I pazienti hanno ricevuto IDPI prima del pasto o SC RHI per 12 settimane insieme a iniezioni di NPH o insulina Ultralente una o due volte al giorno per 12 settimane. Per le 12 settimane successive, tutti i pazienti avevano ricevuto solo insulina SC. Entrambi i gruppi avevano una HbA1c di 7.5% al punto di partenza. A 12 settimane, i gruppi

trattati con IDPI e con insulina SC presentavano un valore di HbA1c rispettivamente di 7.1% e

7.0%.

In uno studio open label, randomizzato di 2 anni disponibile solo come abstract di un meeting, pazienti con DM di tipo 1 (con età compresa tra 18 e 65 anni) sono stati randomizzati per ricevere IDPI o insulina SC (n=291 per ogni gruppo). Lo scopo primario di questo studio riguardava la funzionalità polmonare, ad ogni modo, i livelli di HbA1c e di glucosio

plasmatico a digiuno rappresentavano scopi secondari. La HbA1c è aumentata da 7.4% a 7.5%

nel gruppo trattato con IDPI ed è diminuita da 7.5% a 7.3% nel gruppo trattato con insulina SC. I livelli di glucosio plasmatico sono diminuiti da 170.1 a 156.8 mg/dL (da 9.45 a 8.71 mmol/L) nei pazienti trattati con IDPI e sono aumentati da 166.9 a 173.5 mg/dL (da 9.27 a 9.64 mmol/L) nei pazienti trattati con insulina SC.

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Diabete di tipo 2

La IDPI è stata valutata in pazienti con DM di tipo 2 che non veniva adeguatamente controllato con la dieta e con l’esercizio fisico, in pazienti affetti da DM di tipo 2 che non veniva adeguatamente controllato con agenti antidiabetici orali e come alternativa con SC RHI in pazienti in cui il DM di tipo 2 veniva controllato con regimi di insulina iniettabile (Tabella II).

Uno studio open label, randomizzato di 12 settimane condotto in 40 centri degli USA ha confrontato la IDPI con rosiglitazone in 143 pazienti (con età compresa tra 28 e 80 anni) con DM di tipo 2 non adeguatamente controllato dalla dieta e dall’esercizio. I pazienti idonei avevano un’età compresa tra 30 e 80 anni, erano affetti da DM di tipo 2, avevano seguito un regime dietetico e di esercizio stabile (nessun trattamento farmacologico per il DM) per almeno due mesi precedenti la selezione, presentavano una HbA1c compresa tra 8% e 11%,

livello plasmatico di peptide-C ≥0.2 pmol/mL, ed indice di massa corporea ≤40 kg/m2;ed erano disposti a compiere SMBG. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere sia IDPI prima del pasto (n=75) che rosiglitazone 4 mg BID (n=68). La media di partenza della HbA1c

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Tabella 29

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Il primo scopo dello studio era la valutazione della percentuale dei pazienti che avessero raggiunto una HbA1c <8% alla fine dello studio nella popolazione modificata intent-to-treat,

usando la metodologia del last-observation-carried-forward. Anche se questo studio non ha raggiunto il suo scopo, a 12 settimane, una HbA1c <8 è stata raggiunta nell’82.7% dei pazienti

trattati con IDPI e dal 58.2% dei pazienti trattati con rosiglitazone (number needed to treat10 [NNT]=4.1; OR aggiustato =7.14; 95% CI, 2.48 a 20.58; P<0.001). Una HbA1c <7% è stata

raggiunta dal 44.0% dei pazienti del gruppo trattato con IDPI e dal 17.9% di quelli trattati con rosiglitazone (NNT=3.8; OR aggiustato =4.43; 95% CI, 1.94 a 10.12). Una HbA1c ≤6.5% è

stata raggiunta dal 28.0% dei pazienti del gruppo trattato con IDPI e dal 7.5% di quelli trattati con rosiglitazone (NNT=4.9; OR aggiustato =5.34; 95% CI, 1.83 a 15.57). La riduzione assoluta della HbA1c è stata del 2.3% nel gruppo trattato con IPDI e del 1.4% nel gruppo

trattato con rosiglitazone (differenza nella media aggiustata è cambiata dalla partenza: -0.89%; 95% CI, -1.23 a –0.55). I valori medi finali della HbA1c erano 7.2% nel gruppo trattato

con IDPI e 8.0% nel gruppo trattato con rosiglitazone. Le riduzioni del glucosio plasmatico a digiuno e due ore dopo il pasto non erano significativamente differenti tra i due gruppi.

La IDPI è stata valutata in uno studio open label, randomizzato, di 12 settimane condotto in 9 centri degli USA su 68 pazienti (con età compresa tra 35 e 65 anni) con DM di tipo 2 che non fosse adeguatamente controllato nonostante la terapia con sulfanilurea e/o metformina. I pazienti idonei avevano un’età compresa tra 35 e 65 anni, avevano un valore di HbA1c

compreso tra 8.1% e 11.9%, un livello di peptide-C a digiuno 0.2 pmol/mL, ed un peso corporeo compreso tra il 100% ed il 175% rispetto a quello ideale. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere IDPI in aggiunta al loro regime terapeutico precedente allo studio (n=32) oppure per continuare il proprio regime terapeutico precedente (n=36). La IDPI prima del pasto è stata somministrata come 1 o 2 inalazioni di una dose pari a 1 o 3 mg. Lo scopo primario dello studio era valutare il cambiamento della HbA1c dalla partenza a 12 settimane in

una popolazione intent-to-treat, usando la metodologia del last-observation-carried-forward. A 12 settimane, la HbA1c è diminuita da un valore di partenza del 9.8% a 7.5% nel gruppo

trattato con IDPI e dal 9.9% al 9.8% nel gruppo che aveva continuato la terapia precedente (differenza: -2.2%; 95% CI, -2.7 a –1.7; P<0.001). un valore di HbA1c <7% è stato raggiunto

dal 34.0% nei pazienti che avevano ricevuto la IDPI e da nessuno del gruppo che aveva continuato la sola terapia orale (NNT=2.9). In confronto al gruppo che aveva ricevuto la sola terapia orale, il gruppo trattato con IDPI aveva avuto un ulteriore riduzione 60.69 mg/dL (3.37

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È una misura epidemiologica usata per valutare l’efficacia dell’intervento terapeutico. Il NNT è il numero di pazienti che hanno bisogno di essere trattari per prevenire un ulteriore esito peggiore. È definito come l’inverso dell’Absolute risk reduction.

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mmol/L) dei livelli di glucosio a digiuno (P<0.001). I livelli di glucosio postprandiale erano aumentati di una minore entità nel gruppo trattato don IDPI rispetto al gruppo che aveva ricevuto la sola terapia orale (P=0.02).

Uno studio open label, randomizzato di 24 settimane condotto in Europa, Africa, Asia e Sud America ha valutato la IDPI in pazienti (con età media di 56.9 anni) con DM di tipo 2 che era scarsamente controllato dalla monoterapia con metformina. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere la IDPI prima del pasto (n=239) o gliburide (n=231) mentre continuavano la terapia con metformina. La media dei valori di HbA1c nei pazienti all’inizio era di 9.5%. La

randomizzazione era stratificata dalla HbA1c (bassa: 9.0-9.5%; alta: <9.5-12%). Dei 470

pazienti iscritti, 423 presentavano il criterio per l’analisi modificata intent-to-treat (ad esempio, completamento di un questionario basilare ed almeno un questionario di follow-up che includesse delle misurazioni sulla qualità di vita e sulla soddisfazione con il trattamento del diabete). I pazienti con un valore di partenza di HbA1c >9.5%, l’aggiunta della IDPI alla

terapia con metformina risultava maggiormente efficace rispetto all’aggiunta del gliburide (cambiamenti HbA1c: rispettivamente -2.9% vs –2.5%; P=0.01). in quelli con un valore di

HbA1c ≤9.5%, la riduzione della HbA1c non risultava essere significativamente differente tra i

due gruppi (1.5% e 1.6%).

Uno studio europeo open label randomizzato di 24 settimane ha coinvolto 423 pazienti con DM di tipo 2 che era scarsamente controllato con la monoterapia di sulfanilurea. I pazienti idonei avevano un’età compresa tra i 35 e gli 80 anni, un DM di tipo 2 diagnosticato da un periodo ≥6 mesi, una HbA1c compresa tra 8% e 12% mentre prendevano dosi massimali di

sola sulfanilurea per un periodo ≥2 mesi; presentare un livello di peptide-C a digiuno >2 pmol/L. La sulfanilurea utilizzata prima dello studio veniva continuata durante le 4 settimane iniziali e per tutta la durata dello studio. Dopo il primo periodo dello studio, i pazienti sono stati randomizzati per ricevere IDPI prima del pasto (n=222) oppure 1g BID di metformina (n=201) insieme al precedente regime con sulfanilurea. La randomizzazione era stratificata come nello studio descritto precedentemente. Come registrato una settimana prima della randomizzazione, i pazienti avevano un’età media di 60.9 anni ed una HbA1c media di 9.7%.

Lo scopo primario dello studio era valutare il cambiamento della HbA1c dalla partenza alla

settimana 24 nella popolazione modificata intent-to treat.

Alla 24° settimana, il valore della HbA1c era 7.6% nel gruppo trattato con IDPI e 7.8% nel

gruppo trattato con metformina (P=0.025). Nel gruppo con HbA1c >9.5% il valore della

HbA1c alla 24° settimana era di 7.8% con IDPI e 8.3% con metformina (P=0.01). La IDPI era

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gruppo con una HbA1c ≤9.5% ed un controllo glicemico non inferiore nel gruppo con HbA1c

>9.5%. Nel gruppo con la HbA1c maggiore, il cambiamento medio aggiustato rispetto alla

partenza era –2.2% con IDPI e –1.8% con metformina (differenza all’interno del gruppo: -0.38%; 95% CI, -0.63 a –0.14; P=0.002). Un valore di HbA1c <7% è stato raggiunto nel

25.2% dei pazienti trattati con IDPI e dal 23.0% di quelli trattati con metformina. Il cambiamento dei livelli di glucosio plasmatico a digiuno non era significativamente diverso tra i due gruppi. I livelli di glucosio due ore dopo il pasto erano molto ridotti nel gruppo trattato con IDPI (differenza del cambiamento medio aggiustato: -11.4 mmol/L [205.2 mg/dL]; 95% CI, -18.6 a –4.19).

I pazienti coinvolti in questi studi da 24 settimane erano idonei a continuare a ricevere IDPI per uno studio ulteriore per un totale di 2 anni. 158 pazienti che ricevono IDP e 146 ricevono un agente orale addizionale dello studio iniziale hanno completato il trattamento per un totale di 2 anni. Alla 104° settimana, la media del valore di HbA1c è diminuito da 9.6% alla partenza

a 7.7% con terapia di IDPI e da 9.6% a 8.1% con la terapia orale, ciò suggerisce che la terapia con IDPI a lungo termine ha la capacità di mantenere il controllo glicemico almeno tanto quanto gli agenti orali. La dose media di IDPI era di 13.8mg alla settimana 24 e 16.8mg alla settimana 104.

Uno studio open label, randomizzato di superiorità ha valutato l’associazione tra IDPI e regimi orali in pazienti affetti da DM di tipo 2 che non risultava adeguatamente controllato del regime preesistente. 309 pazienti sono stati coinvolti in 48 centri negli USA ed in Canada. I pazienti idonei avevano un’età compresa tra 35 e 80 anni, il DM era stato diagnosticato da un periodo ≥1 anno, usavano un regime orale stabile che includeva un secretagogo dell’insulina (una sulfanilurea o repaglinide) e un sensibilizzante all’insulina (un tiazolidindione o metformina), ed avevano un valore di HbA1c compreso tra 8% e 11%. I pazienti sono stati

randomizzati e trattati con monoterapia di IDPI prima del pasto (n=104), IDPI prima del pasto in combinazione con gli agenti orali preesistenti a dosi fissati per randomizzazione (n=103), oppure avevano continuato i soli agenti orali (n=99). La HbA1c di partenza era 9.3% nel

gruppo con monoterapia di IDPI, 9.2% nel gruppo con IDPI in associazione con la terapia orale e 9.3% nel gruppo con la sola terapia orale. Lo scopo principale dello studio era valutare il cambio della HbA1c dalla partenza a 12 settimane in una popolazione modificata

intent-to-treat, usando la metodologia last-observation-carried-forward.

Le riduzioni della HbA1c dalla partenza a 12 settimane erano di 1.4% nella monoterapia con

IDPI, 1.9% nel gruppo trattato con l’associazione di IDPI e terapia orale e 0.2% nel gruppo con la sola terapia orale. Entrambe la monoterapia con IDPI che la terapia combinata erano

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più efficaci rispetto alla sola terapia orale. La differenza di trattamento nella media aggiustata di HbA1c confrontata con la sola terapia orale era –1.67% per l’associazione IDPI+terapia

orale (95% CI, -1.9 a –1.44; P<0.001) e –1.18 per il gruppo con la monoterapia con IDPI (95% CI, -1.41 a –0.95; P<0.001). Un valore di HbA1c <8% è stato raggiunto nel 55.9% dei

pazienti trattati con la monoterapia con IDPI, nel 86.0% dei pazienti trattati con l’associazione tra IDPI e la terapia orale e nel 18.8% nei pazienti trattati con la sola terapia orale. Le proporzioni corrispondenti dei tre gruppi di trattamento che hanno raggiunto un valore di HbA1c <7 erano 16.7%, 32.0% e 1.0%; il 7.8%, il 12.2% e lo 0% hanno raggiunto un calore di

HbA1c ≤6.5%. La media dei livelli di glucosio plasmatico a digiuno sono diminuiti di

23mg/dL [1.28 mmol/L) nel gruppo trattato con la monoterapia di IDPI, 53 mg/dL [2.94 mmol/L) nel gruppo trattato con l’associazione tra IDPI e terapia orale, e 1 mg/dL (0.06 mmol/L) nel gruppo trattato con la sola terapia orale.

Come nel DM di tipo 1, molti studi hanno trovato che la IDPI è almeno tanto efficace quanto i regimi di insulina iniettabile nei pazienti affetti da DM di tipo 2. Uno studio di non inferiorità, open label, randomizzato di 24 settimane è stato condotto in 39 centri degli USA e del Canada su 299 pazienti (con età compresa tra 23 e 80 anni) con DM di tipo 2. I pazienti idonei avevano un’età compresa tra 35 e 80 anni; usavano un regime stabile di insulina SC che consisteva in 2-3 iniezioni giornaliere per un periodo ≥2 mesi prima dell’inizio dello studio; non stavano utilizzando un agente antidiabetico orale; e avevano un valore di HbA1c prima

della selezione e della randomizzazione compreso tra 6% e 11%, livelli di peptide-C a digiuno >0.2pmnol/mL, ed indice di massa corporea ≤35 mg/kg2

. Dopo un periodo iniziale di 4 settimane lead-in-phase durante il quale tutti i pazienti hanno ricevuto un regime di SC di 2 dosi giornaliere di una miscela di insulina NPH e RHI, i pazienti sono stati randomizzati per ricevere una terapia di 24 settimane con sia IDPI prima del pasto che insulina SC Ultralente prima di andare a dormire (n=149) o iniezioni due volte al giorno di una miscela di insulina NPH e RHI (n=150). Lo scopo primario dello studio era la valutazione del cambio di HbA1c

dalla partenza a 24 settimane in una popolazione modificata intent-to-treat, usando la metodologia last-observation-carried-forward per i dati mancanti a 24 settimane.

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La riduzione della HbA1c dalla partenza alla 24° settimana non era significativamente

differente tra i due gruppi, diminuiva da 8.1% a 7.4% nel gruppo con IDPI e da 8.2 a 7.6% nel gruppo con il regime iniettabile (differenza del trattamento aggiustata: -0.07%, 95% CI, -0.32 a 0.17). Un valore di HbA1c <7% è stato raggiunto nel 46.9% del gruppo di pazienti trattati

con IDPI in confronto con il 31.7% dei pazienti del gruppo trattati con insulina iniettabile (OR aggiustato =2.27; 95% CI, 1.24 a 4.11; differenza assoluta: 15.2%; NNT=6.6). Un valore di HbA1c <6.5% è stato raggiunto dal 28.7% dei pazienti trattati con IDPI e dal 17.2% di quelli

trattati con insulina iniettabile (NNT=8.7). I livelli di glucosio plasmatico a digiuno si sono ridotti di un’entità maggiore nel gruppo con IDPI rispetto a quello con la sola insulina iniettabile (differenza media aggiustata: -15.9 mg/mL [0.88 mmol/L]; 95% CI, -26.6 a –5.2). La riduzione dei livelli di glucosio plasmatico postprandiale non erano significativamente diversi tra i due gruppi. L’aumento del peso corporeo è stato più grande nel gruppo trattato con insulina SC rispetto a quello trattato con IDPI (rispettivamente 1.3 vs 0.1 kg; differenza aggiustata: -1.29 kg; 95% CI, -1.98 a 0.59). La soddisfazione del trattamento (Diabetes Quality of Life and Treatment Satisfaction Questionnaire) era più grande nel gruppo trattato con IDPI: il punteggio medio della soddisfazione complessiva è aumentato nel gruppo con IDPI (P<0.001) ed è leggermente peggiorato nel gruppo trattato con insulina iniettabile (P non fornita).

Uno studio randomizzato open label di 12 settimane è stato condotto in 9 centri negli USA su pazienti (con un’età media di 51.1 anni) con DM di tipo 2 che utilizzavano un regime insulinico stabile. I pazienti idonei avevano un’età compresa tra 35 e 65 anni, pesavano tra il 100% ed il 175% del peso corporeo ideale (tabelle della Metropolitan Life Insurance), avevano un regime insulinico stabile composto da 2-3 iniezioni giornaliere di insulina per un periodo ≥1 mese, avevano un valore di HbA1c compreso tra 7% e 11.9% ed avevano una

concentrazione del peptide-C a digiuno ≥0.2 pmol/mL. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere la IDPI prima del pasto in aggiunta ad insulina Ultralente prima di andare a dormire (n=26) o hanno continuato il regime di insulina SC precedente allo studio (n=25). Lo scopo principale dello studio era la valutazione del cambiamento della HbA1c rispetto all’inizio. La

media della HbA1c è diminuita dall’inizio di uno 0.7% nel gruppo con IDPI ( da 8.7% a 8.0%)

e di uno 0.8% nel gruppo con insulina iniettabile (da 7.9% a 7.1%). La riduzione media della HbA1c era di 0.7% in entrambi i regimi (aggiustata 95% CI per differenza: -0.2 a 0.6). Il

miglioramento medio complessivo del punteggio della soddisfazione (Patient Satisfaction with Insulin Therapy Questionnaire) era del 31% con IDP, in confronto al 13% del regime con iniezioni (P<0.05).

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Nell’estensione ad un anno di uno studio, i pazienti dallo studio precedente e quelli di uno studio simile di 12 settimane per la somministrazione di IDPI in pazienti con DM di tipo 1 sono stati fatti scegliere fra la terapia con IDPI e con insulina SC. Dei 60 pazienti che hanno ricevuto IDPI nei due studi da 12 settimane, 51 (85.0%) hanno scelto di continuare la IDPI, 8 (13.3%) hanno scelto di cambiare all’insulina SC e 1 (1.7%) ha deciso di non continuare lo studio. Dei 61 pazienti che avevano ricevuto insulina SC nello studio precedente, 13 (21.3%) hanno scelto di continuare l’insulina SC, 46 (75.4%) hanno scelto di cambiare a IDPI e 2 (3.3%) hanno scelto di non continuare lo studio. In tutto l’intervallo complessivo dello studio (12 settimane dello studio originale e l’estensione dello studio9 i valori di HbA1c si sono

ridotti dall’inizio di un 0.78% in quelli che avevano ricevuti IDPI, di uno 0.72% in quelli che hanno cambiato da insulina SC a IDPI, di un 1.06% in quelli che hanno sempre ricevuto insulina SC e di uno 0.37%in quelli che hanno cambiato da IDPI ad insulina SC. I punteggi sulla soddisfazione e sulla facilità d’uso (Patient Satisfaction with Insulin Therapy Questionnaire) hanno indicato un grande miglioramento con IDPI (P<0.01).

I risultati di uno studio open label randomizzato di 2 anni che confronta la IDPI (n=319) e l’insulina SC (n=316) nei pazienti (con un’età compresa tra 35 e 75 anni) con DM di tipo 2 sono stati riportati nell’abstract di un meeting. Lo scopo principale era la valutazione della funzione polmonare. Ad ogni modo, nel corso dello svolgimento dello studio, la HbA1c è

migliorata da 7.7% a 7.3% nel gruppo trattato con IDPI e da 7.8% a 7.3% nel gruppo trattato con insulina SC. I livelli del glucosio plasmatico a digiuno si erano ridotti da 151.2 a 135.6 mg/dL (da 8.4 a 7.5 mmol/L) nel gruppo trattato con IDPI e da 148.2 a 147.1 mg/dL (da 8.23 a 8.17 mmol/L) nel gruppo trattato con insulina SC.

L’abstract di un meeting ha riportato un’esperienza fino a 4 anni con IDPI di un’altra estensione di uno studio open label. Un totale di 204 pazienti sono entrati nell’estensione dello studio da 3 studi randomizzati che hanno selezionato pazienti affetti da Dm di tipo 1, pazienti affetti da DM di tipo 2 trattati con insulina o pazienti con DM di tipo 2 non controllato con agenti orali; 159 pazienti hanno scelto di continuare la terapia con IDPI o hanno cambiato dal trattamento comparabile. 89 pazienti hanno completato almeno 4 anni di terapia con IDPI con il mantenimento dei valori di HbA1c. La media della HbA1c era 8.2%

dopo 4 anni di IDPI, in confronto alla media di 8.7% riscontrata all’inizio della terapia con IDPI.

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Studio sulla preferenza del paziente

In uno studio sulla preferenza del paziente in merito alla terapia insulinica, 779

pazienti (età compresa tra 35 e 80 anni) con DM di tipo 2 ed una HbA1c >8% (il 77% aveva

una HbA1c >10%) nonostante l’uso di una terapia antidiabetica orale sono stati randomizzati

per ricevere informazioni riguardanti i rischi ed i benefici delle terapie approvate, inclusi gli agenti orali e l’insulina SC (n=388), o informazioni sulle terapie approvate con aggiunta delle IDPI (n=391). In un consulto paziente-medico che si è tenuto dopo il ricevimento di queste informazioni, ai pazienti fu chiesto di prendere una decisione teorica riguardante la propria futura terapia per il DM. Un trattamento che includesse l’insulina fu scelto dal 43.2% dei pazienti nel gruppo che aveva ricevuto le informazioni sulla IDPI, in confronto con il 15.5% di quelli che avevano rivetto informazioni solo sulle terapie standard. La disponibilità della formulazione dell’insulina inalabile potrebbe aumentare la preferenza per la terapia insulinica ne pazienti con DM di tipo 2 non adeguatamente controllato.

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Interazioni tra farmaci

I dati sulle interazioni tra farmaci per la IDPI sono al momento carenti. Le

informazioni sulla prescrizione riportano i risultati di uno studio su soggetti non affetti da DM che hanno avuto asma lieve (n=36) o moderata (n=31) e a cui era stata somministrato albuterolo 30 minuti prima della IDPI (dose non fornita). C’era un incremento medio nella AUC e Cmax della IDPI tra il 25% ed il 50% quando l’albuterolo veniva somministrato prima

della IDPI rispetto alla sola somministrazione di IDPI. Anche se il tempo ideale della IDPI DOSING in relazione alla somministrazione di broncodilatatori o altri prodotti inalati non è stata stabilita, il glucosio plasmatico dovrebbe essere attentamente monitorato, con l’aggiustamento della dose di IDPI al bisogno, quando IDPI e broncodilatatori o altri prodotti inalatori sono usati contemporaneamente.

Anche se non sono stati identificati articoli pubblicati sulla contemporanea somministrazione di IDPI con specifici farmaci orali, è clinicamente ben stabilito che un numero di farmaci ( ad esempio, corticosteroidi) e altre sostanze (ad esempio alcol) possono aumentare o ridurre i livelli del glucosio nel sangue, mascherare segni e sintomi dell’ipoglicemia, e/o alterare l’effetto ipoglicemizzante dell’insulina. La contemporanea somministrazione di insulina, compresa la IDPI , con farmaci che influenzano il metabolismo del glucosio possono richiedere un attento monitoraggio del glucosio nel sangue e l’aggiustamento della dose di insulina.

Effetti indesiderati

Negli studi sull’efficacia e sulla tollerabilità di IDPI in test di fase III sia nel DMdi tipo 1 che di tipo 2, sono stati riscontrati effetti indesiderati detti come non-respiratori.

Effetti indesiderati non-respiratori

Come con ogni prodotto insulinico, il più comune effetto avverso non-respiratorio legato alla IDPI riportato in fase III era l’ipoglicemia (tabella III).

L’ipoglicemia è definita sia come il sintomo caratteristico senza la misurazione del glucosio con pronta risoluzione con l’assunzione di cibo, glucagone SC o glucosio IV; una concentrazione di glucosio plasmatica <60 mg/dL (<3.3 mmol/L) con sintomi caratteristici; o una concentrazione di glucosio nel sangue <50 mg/dL (<2.8 mmol/L) con o senza sintomi.

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Tabella 311

L’ipoglicemia grave è definita come l’incapacità dei pazienti di trattarsi da soli, sintomi neurologici (perdita di memoria, confusione, comportamento irrazionale, difficoltà a stare sveglio inusuale, convulsioni, perdita di coscienza) ed una concentrazione di glucosio plasmatica <50 mg/dL (<2.8 mmol/L) o, se non è stata misurata l glicemia, con inversione delle manifestazioni cliniche mediante la somministrazione di carboidrati per via orale, glucagone SC o glucosio IV.

Due studi di fase III, di 24 settimane, open label, a gruppi paralleli (parallel-group), randomizzati e multicentrici hanno valutato l’uso di IDPI in 334 e 328 soggetti affetti da DM di tipo 2. Il primo studio ha confrontato la IDPI prima del pasto in aggiunta all’insulina SC Ultralente prima di andare a dormire con un regime di una miscela di insulina SC RHI e NPH prima della colazione, insulina SC RHI prima di cena e insulina SC NPH a cena o prima di dormire. Il secondo studio ha confrontato l’uso di IDPI prima del pasto in aggiunta a insulina SC NPH due volte al giorno con l’uso di insulina SC RHI prima del pasto in aggiunta all’insulina SC RHI due volte al giorno. Nel primo studio l’ipoglicemia (riportato come

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frequenza grezza dell’evento) è avvenuta con una frequenza di 9.3 episodi per soggetto al mese con IDPI e 9.9 episodi per soggetto al mese con la sola insulina SC (risk ratio [RR]: 0.94%; 95% CI, 0.91 a 0.97); le frequenze di grave ipoglicemia erano di 5.5 episodi per 100 soggetti al mese con IDPI e di 4.7 episodi per 100 soggetti al mese con la sola insulina SC (RR: 1.16; 95% CI, 0.76 a 1.76). Nel secondo studio la frequenza grezza dell’ipoglicemia è stata di 8.6 episodi per soggetto al mese con IDPI e di 9.0 episodi per soggetto al mese con la sola insulina SC (RR: 0.96; 95% CI, 0.93 a 0.99); la frequenza di ipoglicemia grave è stata di 6.6 episodi per 100 soggetti al mese con IDPI e di 3.5 episodi per 100 soggetti al mese (RR: 2.00; 95% CI, 1.28 a 3.12). I risultati di questi test indicano una frequenza ed incidenza comparabile dell’ipoglicemia con IDPI e con SC RHI in pazienti con DM di tipo 1.

Due studi di fase III, di 24 settimane, open label, a gruppi paralleli (parallel-group), randomizzati e multicentrici hanno valutato l’uso di IDPI in 145 e 307 soggetti affetti da DM di tipo 2. Uno studio ha comparato l’associazione di IDPI o rosiglitazone ad una dieta ed esercizio, e l’altro ha confrontato la monoterapia con IDPI, la IDPI in associazione con un regime stabile di 2 agenti ipogligemizzanti orali, e la terapia con due agenti orali da soli. Il primo studio ha trovato più episodi ipoglicemici nel gruppo con IDPI che in quello del rosiglitazone (0.7 vs 0.1 episodi per soggetto per mese; RR: 14.72; 95% CI, 7.51 a 28.83); non sono stati riportati casi di ipoglicemia grave. Nel secondo studio, le frequenze dell’ipoglicemia sono state 1.3 episodi per soggetti per mese per la monoterapia con IDPI (RR: 24, 95% CI, 14 a 42) ed 1.7 episodi per soggetto per mese per l’associazione della IDPI con due agenti orali ipoglicemizzanti (RR: 32; 95% CI, 19 a 54), in confronto al 0.1 episodi per soggetto per mese per la terapia con i due agenti orali. Un episodio di ipoglicemia grave è stato riportato nel gruppo con la monoterapia con IDPI, e 2 nel gruppo che riceveva i soli agenti orali.

Due esperimenti comparativi di Fase III, a gruppi paralleli (parallel-group), open label, randomizzato, multicentrico di 24 settimane ha valutato l’uso della IDPI in 423 e 298 pazienti con DM di tipo 2. Il primo studio ha confrontato l’associazione di IDPI o metformina ad un regime terapeutico stabile di sulfanilurea. Le frequenze dell’ipoglicemia sono state di 0.3 episodi per soggetto al mese per la IDPI e 0.2 episodi per soggetto al mese per la metformina (RR: 1.86; 95% CI, 1.56 a 2.22). Ci sono stati 3 episodi di ipoglicemia grave nel gruppo trattato con IDPI e nessun episodio nel gruppo trattato con metformina. Il secondo esperimento ha confrontato la IDPI prima del pasto in aggiunta all’insulina SC Ultralente prima di dormire con la terapia convenzionale di insulina SC che consiste in due iniezioni giornaliere di una miscela di insulia NPH+RHI. La frequenza grezza dell’ipoglicemia era di

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1.4 episodi per soggetto al mese nel gruppo con IDPI e di 1.6 episodi per soggetto al mese nel gruppo con insulina SC (RR: 0.89; 95% CI, 0.82 a 0.97). Ci sono stati 4 episodi di ipoglicemia grave nel gruppo con IDPI (0.5 episodi per 100 soggetti al mese) ed 1 episodio di ipoglicemia grave nel gruppo con insulina SC (0.1 episodi per 100 soggetti al mese).

Negli esperimenti di fase3 in pazienti con DM di tipo 2, le frequenze e l’incidenza dell’ipoglicemia erano comparabili tra la IDPI e la SC RHI. In pazienti con DM di tipo 2 non adeguatamente controllato, l’addizione di IDPI era associata con una più alta frequenza dell’ipoglicemia in confronto con l’addizione di un secondo agente orale (dati di confronto non forniti).

Altri effetti avversi non-respiratori riportato nei pazienti trattati con IDPI durante gli esperimenti di fase 2 e 3 sono stati dolore toracico non specifico (4.7% IDPI vs 3.2% delle terapie comparate) e secchezza delle fauci (rispettivamente 2.4% vs 0.8%).

Conclusioni

IDPI è la prima polvere secca di insulina da inalare per il trattamento del Diabete Mellito. I risultati clinici sostengono l’efficacia dell’uso di IDPI insieme all’uso dell’insulina ad azione prolungata per i pazienti con diabete di tipo 1; per i pazienti con diabete di tipo 2 i risultati clinici sostengono l’efficacia dell’uso di IDPI combinato con i farmaci orali, o insulina ad azione prolungata.

Gli eventi avversi più comuni associati all’uso di IDPI sono l’ipoglicemia e la tosse. IDPI provvede un altro modo per la somministrazione di insulina prima dei pasti, ed è un ottimo trattamento per i pazienti che vogliono evitare l’inconveniente dell’insulina iniettabile.

Riferimenti

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