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Trasmissione del calore

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Academic year: 2021

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14

Capitolo 3

Trasmissione del calore

La trasmissione del calore può essere definita come il trasferimento di energia tra due sistemi (o tra un sistema e l’ambiente) che si trovano a temperature diverse e si verifica spontaneamente sempre dal sistema a temperatura più alta verso quello a temperatura più bassa. Il calore si trasferisce attraverso tre diverse modalità: per conduzione, per con-venzione e per irraggiamento.

3.1

Conduzione

Con il termine conduzione si intende la trasmissione di calore che avviene in un mezzo solido, liquido o gassoso dalle regioni a più alta temperatura verso quelle con temperatura minore per contatto molecolare diretto. Il principio alla base della conduzione è diverso a seconda della struttura fisica del corpo: se la conduzione termica avviene nei gas è dovuta alla diffusione atomica e molecolare, se invece avviene nei liquidi e nei solidi è causata dalla propagazione di onde elastiche; nei materiali metallici il fenomeno è principalmente dovuto alla diffusione degli elettroni liberi dato che è trascurabile il contributo dell'oscillazione ela-stica del reticolo cristallino.

Nei solidi opachi, la conduzione è la sola modalità con cui il calore può propagarsi; essa è anche importante nei fluidi, ma nei mezzi non solidi è normalmente associata alla conve-zione ed in alcuni casi anche all’irraggiamento.

La quantità di calore che si propaga per conduzione tra due regioni di un corpo dipen-de dalla geometria e dalle caratteristiche dipen-del corpo, così come dalla differenza di temperatu-ra ttemperatu-ra le due regioni del corpo. Il fenomeno della conduzione è regolato dalla legge di Fou-rier:

(2)

15

 = −  ∇T

(3.1)

dove

q

 è il flusso termico, λ la conducibilità termica e ∇ il gradiente di temperatura. Quan-do il flusso termico è costante è possibile integrare l’equazione 2.1 ottenenQuan-do, nel caso di parete piana:

cond

= 





 (3.2)

dove cond è la potenza termica scambiata per conduzione, A l’area della parete, L lo spesso-re della paspesso-rete, T1 e T2 le temperature a cavallo della parete stessa.

3.1.1

Il concetto di resistenza termica

La precedente equazione 3.2 per la conduzione termica attraverso una parete piana può essere riscritta nella forma seguente:

cond

=







parete (3.3)

dove



parete

=





(3.4)

è la resistenza termica della parete nella conduzione di calore o semplicemente la resistenza conduttiva della parete. Si osservi che la resistenza termica di un mezzo dipende dalla geo-metria e dalle caratteristiche termiche di quel mezzo.

L’equazione precedente per il flusso termico è analoga alla relazione per l’intensità di corrente elettrica:

 =







− 



el (3.5)

In analogia con il caso elettrico, per pareti formate da più strati di materiali di proprie-tà diverse è possibile applicare le leggi sulle reti:



TOT

= 



+ 



+ … +

" (3.6)

=







− 



(3)

16 Per alcuni problemi potrebbe essere utile fare riferimento ad un’altra grandezza, la re-sistenza termica specifica, cioè la rere-sistenza termica riferita ad una superficie di area unita-ria:

# =





(3.8)

3.1.2

Esempio

Nel caso del presente lavoro si può confrontare la resistenza termica specifica del vetro dei finestrini spesso 3 mm con un coefficiente di conduzione di 0.93 W/m K con quella della restante parte dell’autoveicolo pensato composto da:

• uno strato di rivestimento in tessuto di 3 mm ( λ tessuto = 0.7 W/m K);

• uno strato di aria di 4 mm di spessore ( λ aria = 0.0242 W/m K);

• uno strato di lamiera in alluminio spessa 3 mm ( λ alluminio = 237 W/m K).

Utilizzando la relazione 3.8 nel caso dei finestrini si ottiene: # =  = 0.003 m

0.93 Wm K= 0.0032 K W invece per il secondo caso:

#TOT = λtessuto /0112/3+ aria λaria+ alluminio λalluminio = 5 0.003 0.7 +0.0242 +0.004 0.003247 8W = 0.1696K W K

Si può osservare che nel seconda situazione si ha un valore di resistenza 52 volte supe-riore e quindi il flusso di calore attraverso la lamiera, sebbene costruita con un materiale conduttore, sarà trascurabile rispetto a quello attraverso i finestrini.

3.2

Convezione

La convezione è il trasferimento di energia tra una superficie solida e il fluido adiacen-te in movimento ed implica gli effetti combinati di conduzione e trasporto di massa. Se la su-perficie solida è ad una temperatura più alta di quella del fluido, il calore passa dapprima per conduzione dal solido alle particelle di fluido prossime alla parete; l’energia così trasmessa aumenta l’energia interna del fluido ed è portata via dal moto del fluido stesso. Quando le

(4)

17 particelle fluide riscaldate raggiungono una regione a temperatura minore, nuovamente del calore viene trasmesso per conduzione dalle particelle più calde a quelle più fredde.

La convezione è detta forzata quando il fluido è forzato a muoversi da un fattore e-sterno, come un ventilatore o una pompa. Al contrario si parla di convezione naturale se il moto del fluido è causato da forze ascensionali indotte da differenze di densità generate dal-le differenze di temperatura eventualmente presenti nel fluido. Nel presente lavoro la con-vezione libera è stata del tutto trascurata.

Il modulo del flusso termico scambiato per convenzione si può esprimere con la legge di Newton:

|

conv

| = ℎ|

>

?

|

(3.9)

dove h è il coefficiente di convenzione, TS la temperatura della superficie e T∞ la temperatura

del flusso indisturbato. Il coefficiente di convezione h, però, non è una proprietà del fluido ma è una grandezza che dipende da tutte le variabili che influenzano la convezione.

Quando il fluido viene fatto scorrere su una superficie solida le particelle fluide a con-tatto con la superficie aderiscono ad essa e quindi acquisiscono una velocità relativa nulla ri-spetto alla superficie stessa. Questo fenomeno fa sì che lo scambio termico dalla superficie solida alle particelle fluide ad essa adiacente avvenga per conduzione pura, per cui il flusso termico è:



conv

= 

cond

= − @

A

ABC

DEF (3.10)

Uguagliando le equazioni 3.9 e 3.10 si ottiene la relazione che permette di calcolare il valore del coefficiente di convezione, nota la distribuzione di temperatura nel fluido:

ℎ =

−

Gluido

@A

ABC

DEF

H

?

(3.11)

In generale il coefficiente di convezione varia nella direzione del flusso per cui spesso si fa ri-ferimento al coefficiente di convezione medio determinato mediando opportunamente, sull’intera superficie di scambio, i coefficienti di convezione locali.

E’ pratica comune raggruppare le variabili da cui dipende il fenomeno in numeri adi-mensionali. Adimensionalizzando il coefficiente di convezione h si ottiene il numero di Nus-selt:

(5)

18

IJ =

ℎK



(3.12)

dove λ è la conducibilità termica del fluido e δ è la lunghezza caratteristica. Risulta intuitivo che per velocità nulle del flusso si ha un numero di Nusselt uguale a 1 e per velocità crescenti si ha un numero di Nusselt crescente.

3.2.1

Lo strato limite di velocità

Nel 1904 lo scienziato tedesco Ludwing Prandtl introdusse il concetto di strato limite. Egli ipotizzò che, per flussi caratterizzati da elevati numeri di Reynolds (Re), gli effetti viscosi fossero importanti nelle regioni del campo in prossimità dei contorni solidi. In altre parole, Prandtl fece l’ipotesi che per certe configurazioni del campo o, se si vuole, della forma dei corpi in moto dentro un fluido, questo si comportasse sostanzialmente come un fluido non viscoso salvo che in uno strato sottile, di spessore tendente a zero all’aumentare del Re, po-sto nelle immediate vicinanze delle pareti dei corpi. Quepo-sto strato venne chiamato da Prandtl strato limite. Infatti si può dimostrare che il flusso all’esterno dello strato limite è ir-rotazionale (o meglio a vorticità infinitesima) e che l’equazioni di Navier – Stokes per un flui-do viscoso in un flusso irrotazionale sono formalmente identiche a quelle per un fluiflui-do non viscoso.1) Lo spessore dello strato limite δ viene definito convenzionalmente come la distan-za dalla superficie alla quale u=0.99u. La figura 3.1 mostra lo strato limite di una lastra pia-na ad incidenza nulla.

Figura 3.1– Sviluppo dello strato limite su una lastra piana ad incidenza nulla

1)

(6)

19 Assumendo il fluido newtoniano, gli sforzi viscosi sulla lastra saranno:

L

>

= M @

AJ

ABC

DEF

(3.13) dove µ è il coefficiente di viscosità dinamica del fluido che è una funzione della temperatura del fluido. Poiché la determinazione dello sforzo di taglio τS è complicata perché richiede la

conoscenza del profilo di velocità, il modo più pratico è quello di correlare τS a u∞ attraverso

il coefficiente di forza Cf:

L

>

= N

O

PJ

? 

2

(3.14)

Una volta noto il coefficiente di forza è facile valutare la forza d’attrito sull’intera su-perficie tramite la relazione:

Q

R

= N

O



PJ

? 

2

(3.15)

Bisogna tenere presente il fatto che, ad alti numeri di Reynolds, il flusso all’interno del-lo strato limite non rimane laminare lungo tutta la superficie di un corpo ma diventa turbo-lento ad certa distanza dal punto di ristagno anteriore (nel caso della lastra piana ad inci-denza nulla questo punto coincide con il bordo d’attacco). In realtà la transizione da moto laminare a moto turbolento non avviene in un punto preciso, ma in un certo spazio chiamato zona di transizione, in cui il flusso passa gradualmente da stato all’altro. La transizione è in-fluenzata da diversi fattori; i principali sono:

• la geometria;

• la rugosità superficiale della parete, che tende sempre ad anticipare la transizione; • il gradiente di pressione lungo la parete, ST

SU

, il quale tende ad anticipare la transizione

se positivo ed a ritardarla se negativo; • la temperatura.

Il flusso turbolento è caratterizzato da fluttuazioni aleatorie di velocità in tutte le dire-zioni che si sovrappongono alle velocità medie. Il flusso è quindi sempre non stazionario e tridimensionale. Inoltre l’intenso mescolamento del fluido, dovuto alle fluttuazioni, aumenta la trasmissione del calore poiché lo scambio di quantità di moto non avviene più solo al livel-lo microscopico delle molecole di fluido ma anche al livellivel-lo delle particelle fluide stesse.

(7)

20 Il flusso rimane laminare per numeri di Reynolds inferiori ad un valore critico, per la-stra piana tale valore è circa 500000.

3.2.2

Lo strato limite termico

Quando un fluido si muove su una superficie di un solido avente una temperatura di-versa si ha uno strato limite di temperatura per un fenomeno del tutto analogo a quello che si verifica per la velocità. Lo spessore dello strato limite di temperatura ad una certa distanza dal bordo d’attacco è definito come lo spessore in cui la differenza TTs è pari a

) (

99 .

0 T∞ −Ts . La potenza termica scambiata per convezione in un punto qualsiasi della

su-perficie è legata al gradiente di temperatura locale, la forma dello strato limite di temperatu-ra determina quindi lo scambio termico. I due sttemperatu-rati limite, però, si sviluppano simultanea-mente su una superficie e sono legati tra di loro (fig. 3.2). Gli spessori degli strati limite di ve-locità e di temperatura sono meglio descritti dal parametro adimensionale chiamato numero di Prandtl:

V# =

diffusività della quantità di moto

diffusività termica

=

Z =

Y

M[



T (3.16) Questo parametro è una proprietà del fluido e varia da 0.01 per i metalli liquidi a 100000 per oli pesanti.

Figura 3.2 – Spessore degli strati limite di velocità e temperatura per fluidi aventi Pr<1

u

T

T

s

δ

t

(8)

21

3.2.3

Il flusso su lastra piana

I coefficienti di attrito e di trasmissione del calore per una lastra piana si possono de-terminare teoricamente con una soluzione approssimata o numerica delle equazioni di con-servazione della massa, della quantità di moto e dell’energia, oppure sperimentalmente per mezzo di correlazioni empiriche. In entrambi i casi si ottiene che il numero di Nusselt medio è una funzione del numero di Reynolds e del numero di Prandtl:

IJ = \]^, V#` = C Re

cd

Pr

f (3.17)

dove C,m,n sono coefficienti che dipendono dal tipo di moto ed L è la lunghezza della lastra in direzione del moto.

Se le proprietà del fluido dipendono dalla temperatura e questa varia attraverso lo strato limite, si utilizza una temperatura di riferimento media attraverso lo strato limite, chiamata temperatura di film:

O

=

>

+

2

? (3.18)

I valori così calcolati per le proprietà del fluido si considerano costanti lungo l’intero flusso. Si indicheranno con il pedice x i coefficienti locali, i valori medi, invece, saranno calco-lati attraverso l’integrazione dei valori locali sull’intera superficie:

N

O

=

1

 g N

O,U h F

ij

(3.19)

ℎ =

1

 g ℎ

U

ij

h F (3.20) Flusso laminare

Per flusso laminare il coefficiente di forza locale ed il numero di Nusselt locale si e-sprimono rispettivamente:

N

O,U

=

0,664

k^

U

(9)

22 per cui integrando su L si ottiene:

N

O

=

1,328

k^

h

(3.21)

IJ =

ℎ

 = 0,664^

/

V#

/m

]V# ≥ 0,6`

(3.22) Ovviamente queste relazioni forniscono i coefficienti medi quando Re ≤ Recr.

Flusso turbolento

Invece, per quanto riguarda flussi turbolenti, il coefficiente di forza locale ed il numero di Nusselt locale sono rispettivamente:

N

O,U

=

0,0592

^

U/q

]^

rs

≤ ^ ≤ ^

cut off

`

IJ

U

=

 = 0,0296^

U

j

Uu/q

V#

/m

5

^

rs

0,6 ≤ V# ≤ 60 8

≤ ^ ≤ ^

cut off

dalle quali si ottengono per integrazione:

N

O

=

0,074

^

h/q

]^

rs

≤ ^ ≤ ^

cut off

`

(3.23)

IJ =

ℎ

 = 0,037^

hu/q

V#

/m

5

^

rs

≤ ^ ≤ ^

cut off

0,6 ≤ V# ≤ 60 8

(3.24)

Tali relazioni danno i coefficienti medi di attrito e di scambio termico quando il flusso risulta turbolento sull’intera lastra o quando la zona di flusso laminare sulla lastra è molto piccola rispetto a quella turbolenta (cioè xcr ≪ L ).

Flusso combinato laminare e turbolento

Nei casi in cui il flusso laminare non può essere trascurato cioè xcr è dello stesso

or-dine di L si ha:

N

O

=

0,074

^

h/q

1742

^

h

]^

rs

≤ ^ ≤ ^

cut off

`

(3.25)

IJ =

ℎ

 = ]0,037^

huq

− 871`V#

/m

5

^

rs

≤ ^ ≤ ^

cut off

0,6 ≤ V# ≤ 60 8

(3.26)

(10)

23

3.2.4

Esempio

Attraverso l’analogia della lastra piana è possibile calcolare il coefficiente di convezione medio sui finestrini dell’automobile. La lunghezza di riferimento (il passo) è di 2.95m; l’auto si muove alle velocità di 60, 90 e 120 km/h corrispondenti a 16.66, 25 e 33.33 m/s; le proprietà dell’aria sono:

• λ = 0,0242 W/m K; • Pr = 0,72;

• µ = 1,7894 · 10-5 kg/m s.

Ipotizzando che il flusso che investe l’auto sia interamente turbolento ed utilizzando la relazione 3.24 con i tre numeri di Reynolds relativi ai tre valori di velocità considerati si ot-tengono i tre coefficienti di convezioni: 35, 50 e 70 W/m2 K.

3.3

Irraggiamento

Nell'irraggiamento la trasmissione di energia avviene attraverso l'emissione e l'assor-bimento di radiazione elettromagnetica. La trasmissione di calore per irraggiamento non ri-chiede né il contatto tra i sistemi sedi del fenomeno né la presenza di un mezzo interposto tra essi, poiché le onde elettromagnetiche si propagano anche nel vuoto e la loro velocità di propagazione è pari a quella della luce nel mezzo. La velocità della luce attraverso il mezzo in cui si propaga è legata alla velocità della luce nel vuoto,c0, dalla relazione:

[ =

[

w

F con

[

F

= 2,998 ∙ 10

y

m/s

(3.27) dove n è l’indice di rifrazione del mezzo. Dalla definizione, l’indice di rifrazione del vuoto è n≡1. Per molti gas l’indice di rifrazione è molto vicino all’unità, per esempio, l’aria a tempe-ratura ambiente ha un indice di rifrazione n=1,00029 su tutto lo spettro visibile.

Le onde elettromagnetiche, come tutte le onde, trasportano energia e sono caratte-rizzate dalla lunghezza d’onda λ e dalla frequenza ν, proprietà legate tra di loro dalla relazio-ne:

 =

Y

[

(3.28)

Come proposto da Max Planck nel 1900, la radiazione elettromagnetica può essere

(11)

24 quanti, ciascuno caratterizzato da una frequenza ed una energia:

^ = ℎY =

ℎ[



(3.29)

dove h=6,625·10-34 J·s è la costante di Planck. Essendo h e c costanti, dall’equazione 3.29 si vede che l’energia associata ad un fotone è inversamente proporzionale alla sua lunghezza d’onda.

Le onde elettromagnetiche, sebbene abbiano tutte la stessa natura, differiscono nel lo-ro comportamento al variare della lunghezza d’onda. Nella realtà le onde elettlo-romagnetiche occupano un esteso campo che va dai raggi cosmici (10-10 μm) alle onde elettriche di poten-za (1010 μm), passando per i raggi gamma, i raggi X la radiazione ultravioletta, la luce visibi-le, la radiazione infrarossa, le microonde e le onde radio. Di particolare interesse per il se-guente lavoro sono la radiazione infrarossa e la luce visibile, fasce contigue che si estendono rispettivamente tra 100-0.76 μm e 0.76-0.4 μm (fig. 3.3).

Figura 3.3 – Spettro della radiazione elettromagnetica

Un corpo a temperatura superiore allo zero assoluto emette radiazioni in tutte le dire-zioni in vasto campo di lunghezze d’onda. Poiché l’energia radiante emessa da una superficie ad una data lunghezza d’onda dipende dal materiale del corpo, dalla condizione e tempera-tura superficiale, corpi diversi alla stessa temperatempera-tura possono emettere quantità differenti

(12)

25 di radiazione. Per questo motivo, si definisce un corpo ideale, chiamato corpo nero, che ser-ve come riferimento nel confronto delle proprietà radiatiser-ve delle superfici reali.

Un corpo nero è un perfetto emettitore ed assorbitore di radiazione elettromagnetica poiché emette la massima radiazione per ogni temperatura e lunghezza d’onda ed assorbe tutta la radiazione incidente indipendentemente da direzione e lunghezza d’onda.

3.3.1

Potere emissivo

Il flusso termico radiante emesso da una superficie viene chiamato potere emissivo. Si fa inoltre la distinzione tra potere emissivo totale (E) e potere emissivo monocromatico (Eλ),

cioè ad una determinata lunghezza d’onda. Dalla definizione, è chiaro che queste due gran-dezze sono legate insieme dalla seguente relazione:

{] ` = g {

| ?

F

] , `i

(3.30) Il potere emissivo totale del corpo nero è stato determinato sperimentalmente da Ste-fan ed è espresso dalla relazione:

{

"

= }

u (3.31)

dove σ = 5,67·10-8 W/(m2K4) è la costante di Stefan – Boltzmann e T la temperatura assoluta della superficie. L’equazione 3.31 è stata poi verificata teoricamente da Boltzmann ed è nota come legge di Stefan – Boltzmann.

Invece, il potere emissivo monocromatico del corpo nero è dato dalla legge della di-stribuzione di Planck:

{

"|

] , ` =

N





q

~exp ~N



 € − 1€

(3.32)

dove N = 2ℎ[F = 3,742 W·µm4/m2, N = ℎ[F/‚ = 1,439 µm·K, T la temperatura assoluta della superficie, λ la lunghezza d’onda della radiazione emessa e k = 1,3805·10-23 J/K è la co-stante di Boltzmann. Se l’irraggiamento avviene in un mezzo, C1 deve essere sostituito con

C1/n2 con n indice di rifrazione del mezzo.

Considerando l’andamento del potere emissivo monocromatico del corpo nero in fun-zione della lunghezza d’onda per alcune temperature (fig. 3.4), si può notare che:

• la radiazione emessa è una funzione continua della lunghezza d’onda che, a temperatu-ra fissata, presenta un massimo;

(13)

26 • fissata la lunghezza d’onda, la radiazione emessa aumenta sempre all’aumentare della

temperatura;

• all’aumentare della temperatura le curve diventano più ripide e si spostano a sinistra nella zona delle lunghezze d’onda più corte, per cui a temperature più elevate, una fra-zione maggiore di radiafra-zione è emessa a lunghezze d’onda più corte;

• la radiazione emessa dal sole ipotizzato come un corpo nero alla temperatura di 5762 K raggiunge il suo picco proprio nella zona visibile, in perfetta sintonia con la capacità degli occhi umani.

Figura 3.4 – Potere emissivo monocromatico del corpo nero

10-2 10-1 100 101 102 103 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 λ [µm] E n λ [ W /( m 2 µ m )] 300 K 800 K 2000 K 5800 K

(14)

27

3.3.2

Intensità di radiazione

Finora si è considerata soltanto l’energia radiante che complessivamente lascia una superficie, cioè il potere emissivo. Questo concetto non è comunque sufficiente per un’analisi dello scambio termico quando si deve considerare la radiazione che passa in una certa direzione ed è intercettata da un altro corpo. Per questo motivo, nello studio dell’irraggiamento, si utilizza contemporaneamente un’altra grandezza, l’intensità di radia-zione, definita come il flusso termico radiante per unità di angolo solido e per unità di super-ficie normale ai raggi. Anche in questo caso si fa la distinzione tra intensità totale (I) ed in-tensità monocromatica (Iλ), che sono collegate nel modo seguente:

]#, ƒ` = g 

|

]#, ƒ, `i

?

F

(3.33) dove # è il vettore posizione del punto considerato, ƒ il versore direzione del raggio e λ la lunghezza d’onda. Mentre il potere emissivo dipende solo dalla posizione e dalla lunghezza d’onda, l’intensità della radiazione dipende pure dal versore direzione del raggio. Il potere emissivo può essere ricavato dall’intensità integrando quest’ultima su tutte le direzioni u-scenti dalla superficie:

{]#` = g ]#, ƒ`w ∙ ƒ

(3.34)

Una volta nota l’intensità, è anche possibile risalire al flusso termico radiante totale sulla superficie utilizzando l’equazione seguente:

 ∙ w = g g 

|

]ƒ`w ∙ ƒ i…i

? F

(3.35) dove w è il versore normale alla superficie, Ω è l’angolo solido e  il flusso termico.

3.3.3

Le proprietà radiative

La radiazione termica è considerata un fenomeno superficiale per la maggior parte dei materiali opachi come i metalli, il legno, i mattoni ecc., per i quali si parla di proprietà radia-tive superficiali. Per alcuni materiali semitrasparenti come il vetro e l’acqua, che consentono alla radiazione visibile di penetrare per spessori notevoli prima di essere completamente as-sorbita, la radiazione non può essere considerata un fenomeno superficiale perché l’intero volume del materiale interagisce con essa. Si noti, d’altra parte, che l’acqua o il vetro risulta-no opachi alla radiazione infrarossa. Poiché i materiali si comportarisulta-no in modo diverso a

(15)

se-28 conda della radiazione che incide su di essi, la dipendenza della lunghezza d’onda delle pro-prietà risulta importante.

L’emissività

Si definisce emissività di una superficie il rapporto tra la radiazione emessa dalla ficie e la radiazione emessa dal corpo nero alla stessa temperatura. L’emissività di una super-ficie si indica con il simbolo ε e varia tra zero ed 1 (0 ≤ ε ≤ 1) ed è una misura di quanto una superficie reale approssima un corpo nero, per il quale ε=1. L’emissività di una superficie reale non è costante ma varia con la temperatura della superficie stessa, con la lunghezza d’onda e con la direzione della radiazione emessa. Si possono quindi definire diverse emissi-vità a seconda degli effetti considerati.

L’ emissività monocromatica direzionale è definita come:

†

|‡

] , , ƒ` =



|

] , , ƒ`



"|

] , `

(3.36) dove l’apice serve per distinguerla dal valore dell’emissività emisferica (cioè mediata su tutte le direzioni) ed il pedice λ per distinguerla dal valore dell’emissività totale (cioè mediata su tutte le lunghezze d’onda).

L’emissività monocromatica emisferica è invece definita come il rapporto tra il potere emissivo monocratico della superficie considerata e quello del corpo nero:

†

|

] , ` =

{

{

|

] , `

"|

] , `

(3.37)

Nel caso di superficie diffondente, cioè di una superficie le cui proprietà risultano indi-pendenti dalla direzione, si trova che †|] , ` = †|‡] , `.

Infine si definisce l’emissività totale emisferica come l’emissività media su tutte le dire-zioni e per tutte le lunghezze d’onda e si esprime con la relazione:

†] ` =

{

{] `

"

] `

(3.38)

Se l’emissività è costante su tutte le lunghezze d’onda si ha che †] ` = †|] `. Una su-perficie che presenta una tale proprietà viene chiamata susu-perficie grigia. Se una susu-perficie, oltre ad essere grigia, è anche diffondente si ha un ulteriore semplificazione: † = †| = †|‡.

(16)

29 Assorbimento, riflessione e trasmissione

Tutti i corpi emettono radiazione in relazione alla loro emissività. Perciò ogni corpo viene costantemente bombardato dalla radiazione che arriva da tutte le direzioni. La radia-zione incidente su una superficie per unità di area e per unità di tempo viene chiamata irra-diazione e si indica con G. Quando la rairra-diazione colpisce una superficie parte di essa viene assorbita, parte riflessa e la restante, se c’è, viene trasmessa (fig. 3.5).

Figura 3.5 – Assorbimento, riflessione e trasmissione della radiazione incidente da parte di un materiale semitrasparente

Si definiranno quindi i rispettivi coefficienti con:

Z =

radiazione assorbita

radiazione incidente =

Š

Š

‹HH (3.39)

P =

radiazione incidente =

radiazione riGlessa

Š

Š

sŒO (3.40)

L =

radiazione trasmessa

radiazione incidente =

Š

Š

s (3.41) Per il primo principio della termodinamica la somma della radiazione assorbita, riflessa e tra-smessa deve essere uguale alla radiazione incidente, Š‹HH+ ŠsŒO+ Šs = Š. Dividendo cia-scun membro di questa equazione per G si ottiene:

Z + P + L = 1

(3.42) Radiazione incidente G Radiazione riflessa ρG Radiazione assorbita αG Radiazione trasmessa τG Materiale semitrasparente

(17)

30 Per superfici opache, essendo τ = 0, si ha:

Z + P = 0

(3.43)

Questa relazione è importante perché permette di determinare entrambi i coefficienti per una superficie opaca misurando dolo uno di essi.

I coefficienti di assorbimento, riflessione e trasmissione dipendono, così come l’emissività, dalla direzione dalla quale proviene la radiazione e dalla lunghezza d’onda della stessa. Come per l’emissività si possono definire le quantità totali emisferiche e monocroma-tiche. Il coefficiente di assorbimento non risulta, contrariamente a quello di emissione, di-pendente dalla temperatura del corpo ma da quella della sorgente (cioè dalla lunghezza d’onda della radiazione). Ad esempio per il tetto in cemento di un edificio è circa 0.6 per la radiazione solare (5762 K) e 0.9 per radiazioni provenienti dagli edifici circostanti (sorgenti a 300 K nell’infrarosso).

3.3.4

La legge di Kirchhoff

La legge di Kirchhoff afferma che l’emissività totale emisferica di una superficie alla temperatura T è uguale al coefficiente di assorbimento totale emisferico per radiazione pro-veniente da un corpo nero alla stessa temperatura:

†] ` = Z] `

(3.44)

Si noti che tale relazione vale se la temperatura della superficie è uguale alla temperatura della sorgente di radiazione e non può essere utilizzata quando esiste una differenza di tem-peratura (superiore al centinaio di gradi) tra la superficie e la sorgente.

3.3.5

L’effetto serra

Come si è visto precedentemente, le proprietà radiative come l’emissività ed il coeffi-ciente di assorbimento di tutti i materiali non sono costanti per tutte le lunghezze d’onda della radiazione considerata. Nel caso di un’automobile soggetta a radiazione solare diretta questo fenomeno porta ad avere in abitacolo una temperatura più alta rispetto all’aria e-sterna, perché l’auto si comporta come una gabbia di calore. Un tale comportamento si spiega osservando l’andamento della curva del coefficiente di trasmissione monocromatico del vetro, che somiglia ad una U rovesciata, come mostrato in figura 3.6.

(18)

Figura 3.6 – Coefficiente di trasmissione monocromatico del vetro a temperatura

Si noti come il vetro, con gli spessori che ha nella pratica, trasmetta il 90% di radiazione nel visibile e risulti particolarmente opaco

ne infrarossa dello spettro elettromagnetico (circa λ > 3 µ trasparente nel campo di lunghezze d’onda 0.3

il 90% della radiazione solare. Poiché a temperatura ambiente tutta la radiazione emessa dalle superfici cade nella regione infra

solare di entrare nell’abitacolo ma impedisce alla radiazione infrarossa di uscire. Il risultato è un aumento della temperatura interna legato all’aume

Questo fenomeno di riscaldamento, dovuto alle caratteristiche non grigie del vetro (o di plastiche trasparenti), è noto con il nome di

tutto nelle serre.

3.3.6

L’equazione della trasmissione per irraggiamento (RTE)

L’equazione della trasmissione per irraggiamento (RTE) si ricava dal bilancio energetico su un piccolo fascio di raggi che incidono su un mezzo (fig.

sorbente e dispersivo, si ottiene:

i]#, ƒ`

iƒ + ]Ž + }

H

`

dove:

• # = vettore posizione; • ƒ = vettore direzione;

Coefficiente di trasmissione monocromatico del vetro a temperatura

Si noti come il vetro, con gli spessori che ha nella pratica, trasmetta il 90% di radiazione nel visibile e risulti particolarmente opaco (cioè non trasparente) alla radiazione nella regi ne infrarossa dello spettro elettromagnetico (circa λ > 3 µm). Il vetro ha quindi una finestra trasparente nel campo di lunghezze d’onda 0.3 µm < λ < 3 µm nel quale viene emesso oltre il 90% della radiazione solare. Poiché a temperatura ambiente tutta la radiazione emessa le superfici cade nella regione infrarossa, si verifica che il vetro permette alla radiazione solare di entrare nell’abitacolo ma impedisce alla radiazione infrarossa di uscire. Il risultato è un aumento della temperatura interna legato all’aumento di energia contenuta nell’auto.

eno di riscaldamento, dovuto alle caratteristiche non grigie del vetro (o di plastiche trasparenti), è noto con il nome di effetto serra, perché viene sfruttato sopra

L’equazione della trasmissione per irraggiamento (RTE)

lla trasmissione per irraggiamento (RTE) si ricava dal bilancio energetico su un piccolo fascio di raggi che incidono su un mezzo (fig. 3.7). Se il mezzo è emittente, a sorbente e dispersivo, si ottiene:

` ]#, ƒ` = Žw



}

u

 +

4 g ]#, ƒ

}

H ‡

`

F

]

31

Coefficiente di trasmissione monocromatico del vetro a temperatura ambiente

Si noti come il vetro, con gli spessori che ha nella pratica, trasmetta il 90% di radiazione (cioè non trasparente) alla radiazione nella

regio-Il vetro ha quindi una finestra µm < λ < 3 µm nel quale viene emesso oltre il 90% della radiazione solare. Poiché a temperatura ambiente tutta la radiazione emessa rossa, si verifica che il vetro permette alla radiazione solare di entrare nell’abitacolo ma impedisce alla radiazione infrarossa di uscire. Il risultato è

nto di energia contenuta nell’auto. eno di riscaldamento, dovuto alle caratteristiche non grigie del vetro (o

, perché viene sfruttato

soprat-L’equazione della trasmissione per irraggiamento (RTE)

lla trasmissione per irraggiamento (RTE) si ricava dal bilancio energetico .7). Se il mezzo è emittente,

(19)

32 • ƒ‡ = vettore direzione di dispersione (scattering);

• s = lunghezza della traiettoria; • a = coefficiente di assorbimento; • n = indice di rifrazione;

• σs = coefficiente di scattering;

• σ = costante di Stefan – Boltzmann; • I = intensità di radiazione;

• T = temperatura locale;

• Φ = funzione di fase di scattering; • Ω = angolo solido.

Figura

Figura 3.1– Sviluppo dello strato limite su una lastra piana ad incidenza nulla
Figura 3.2 – Spessore degli strati limite di velocità e temperatura per fluidi aventi Pr&lt;1
Figura 3.3 – Spettro della radiazione elettromagnetica
Figura 3.4 – Potere emissivo monocromatico del corpo nero
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