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Capitolo 1 Scenario attuale nel mondo degli aerei

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Academic year: 2021

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Capitolo 1

Scenario attuale nel mondo degli aerei

In questo capitolo cominceremo un percorso che passo dopo passo ci porterà verso i nostri obiettivi. Parleremo di attualità, di quanto accade nel mondo nei nostri giorni e di quanto un settore come quello aeronautico subisca particolarmente gli effetti dei repentini cambiamenti dettati da tecnologia, evoluzione sociale e culturale. Parleremo più nel dettaglio proprio del mondo delle compagnie aeree, degli aeroporti e degli sviluppi che entrambi stanno conoscendo a partire dall’avvento delle low-cost companies fino ad arrivare a trattare il modo in cui le società di gestione aeroportuale riescono a mantenersi in precario equilibrio nonostante le pesanti crisi mondiali.

1.1 L’aumento dei costi di gestione

Guerre, accordi e organizzazioni internazionali, e tanti altri elementi nello scenario mondiale sono caratterizzati da un particolare elemento: il petrolio.

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Spesso più conosciuto come oro nero proprio per l’importanza che riveste nella società moderna, il petrolio è da decenni al centro di ogni dibattito sulla scena mondiale. Basti pensare al numero di auto presenti nel mondo, per non parlare delle miriadi di lampadine che illuminano le nostre case e le nostre strade. Insomma di qualunque cosa si parli la parola dominante è “energia”. E ad oggi, nonostante le frenetiche ricerche svolte da enti pubblici e privati non si è ancora riusciti a sostituire, se non in piccola parte, questa fonte energetica.

Ma il petrolio non è una risorsa inesauribile, bensì proprio l’opposto. Basti pensare agli inviti proposti negli ultimi anni dai diversi governi verso il risparmio energetico, sia per quanto riguarda quello domestico che quello legato ai mezzi di trasporto. Come dimenticare per esempio gli enormi disagi causati dal black-out del 2003, che in una sola notte ha provocato danni economici insostenibili bloccando addirittura il lavoro di intere fabbriche.

È naturale allora che in un contesto attuale nel quale il prezzo del petrolio oscilla con una velocità impressionante, purtroppo tendendo sempre al rialzo, accade spesso che le compagnie aeree siano costrette a rivedere anche all’interno di uno stesso esercizio le previsioni di redditività.

Ci si trova allora di fronte a situazioni in cui se il prezzo al barile si trova ad una certa cifra si prevede un pareggio di bilancio mentre nel caso in cui il prezzo salga anche solo di tre dollari ci si trovi di fronte ad una forte perdita. Tutto ciò ovviamente ferme restando tutte le altre voci di bilancio, nonché le tratte attive e il numero di passeggeri. Alcune compagnie hanno addirittura coperto con delle polizze assicurative tali oscillazioni, ma dato l’elevatissimo numero di rialzi nemmeno questa potrebbe rivelarsi una efficace tutela del rischio.

Tra l’altro la maggior parte delle compagnie di bandiera, soprattutto europee, dispongono di flotte piuttosto datate, con aerei a volte più grandi del necessario e costruiti con tecnologie ormai obsolete. Di conseguenza i consumi

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sono piuttosto elevati, il che non fa che peggiorare la condizione economica delle società stesse. Insomma si sta vivendo in un periodo in cui le compagnie aeree tradizionali devono far fronte ad una profonda crisi, dovuta in parte alla crisi dell’intero settore ed in parte alla staticità dell’assetto interno alle aziende.

Ma se il problema legato al prezzo del greggio farà valere i suoi effetti soprattutto tra qualche anno, quando le conseguenze saranno più concrete, ci sono altri fattori a causare la forte instabilità che l’intero mondo dell’aeronautica sta attraversando. Pensiamo per esempio all’11 Settembre, data storica per tutto il mondo, ma che soprattutto per l’aviazione civile rappresenterà sempre un punto di svolta. E purtroppo questo per diversi motivi, a partire dall’ovvia considerazione legata al timore che improvvisamente ha colpito gran parte della popolazione mondiale. Da quel giorno, infatti, i cittadini si sentono più vulnerabili che mai, soprattutto in una circostanza, come quella del viaggio aereo, in cui non si è padroni del proprio destino.

Il mondo dei trasporti, in particolare quello aereo ha conosciuto così una delle più grandi crisi della sua storia. Questo non è però dovuto soltanto alla mancanza di fiducia da parte dei cittadini, ma anche dall’impressionante aumento dei costi che questo meccanismo ha comportato, e tuttora comporta. Sia per le società di gestione aeroportuale che per le compagnie aeree sono aumentati notevolmente i costi per la sicurezza sia negli aeroporti che in cielo. Ora ci sono dei rigidi protocolli di sicurezza da rispettare che sono piuttosto onerosi per chi li deve mettere in atto. Il mercato più colpito dalla crisi è senza dubbio quello composto dalle rotte che collegano Europa e America Settentrionale, fermo restando che l’intero sistema mondiale ha subito un forte calo.

Purtroppo però quasi in contemporanea con gli avvenimenti dell’11 Settembre in Asia è sorto il problema della SARS, un virus che ha causato numerosi decessi in oriente e che stava prendendo piede anche in occidente,

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giungendo ovviamente tramite l’unico vero mezzo possibile, quello aereo appunto. Le misure di sicurezza hanno così subito un’altra variazione al rialzo, perché per un lungo periodo tutti i viaggiatori provenienti dalle località più a rischio venivano sottoposti, ancor prima di uscire dall’aerostazione, a delle analisi accurate e per questo molto costose. Chiaramente anche a bordo degli aerei le misure di sicurezza sono state rafforzate. Sono tutte procedure rese obbligatorie dalle circostanze ma che evidentemente non portano degli ulteriori guadagni per nessuno, non producendo dunque del reddito in maniera diretta. In questo caso il mercato particolarmente colpito è stato quello che fornisce collegamenti con l’oriente, ma ovviamente anche qua le misure cautelari hanno coinvolto il trasporto aereo in genere.

1.2 La crisi delle compagnie aeree

Alcuni degli aspetti visti fino ad ora mettono nella stessa posizione compagnie aeree e società di gestione aeroportuale, come per esempio le conseguenze dell’11 Settembre, che hanno travolto in blocco tutto il mondo aeroportuale. Altri elementi però, primo tra tutti il problema del carburante, agiscono direttamente sulla capacità di reddito delle compagnie aeree e solo indirettamente su quella delle società di gestione aeroportuale.

A tal proposito è bene porre un accento sulla differenza che corre tra aeroporto e società di gestione aeroportuale, termini spesso erroneamente utilizzati con la stessa accezione. L’aeroporto è infatti semplicemente la struttura fisica, l’insieme di strumenti utilizzati dalle persone e dai mezzi per poter svolgere regolarmente principalmente il trasporto aereo, anche se vedremo più avanti come in tempi recenti si siano verificati numerosi cambiamenti sotto questo punto di vista. La proprietà di una struttura di tale

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importanza strategica e sociale non può ovviamente essere affidata a soggetti privati, i quali potrebbero utilizzarla troppo liberamente per i propri scopi, rischiando di limitare la natura del trasporto aereo quale servizio pubblico. Lo stato, dal canto suo, non può occuparsi direttamente del controllo di tutti i singoli aeroporti se non affidandone la gestione, con dei contratti pluriennali, a delle società, comunque direttamente controllate dalle istituzioni pubbliche, gestite però con uno stile manageriale più vicino a quello di una azienda privata. Questo chiaramente tutela ulteriormente le società di gestione aeroportuale rispetto alle compagnie aeree, in quanto sono meno esposte ai rischi economici del mercato e sono più facilmente soggette a sovvenzioni da parte dello stato in caso di necessità od ampliamento delle strutture aeroportuali.

Gli elementi citati rappresentano comunque solo una piccola parte dei motivi che hanno portato ad oggi delle gravi crisi economiche nella quale sono venute a trovarsi (e in qualche caso tuttora si trovano) alcune tra le più prestigiose compagnie aeree mondiali. Anche in Italia abbiamo vissuto da vicino questo tipo di esperienza prima con l’Alitalia, compagnia di bandiera nazionale, e ora con la Volare, la prima low-cost company italiana, che attraversa un momento difficile, sia economico che giudiziario.

È emblematico come due compagnie estremamente differenti tra loro sotto tanti punti di vista stiano affrontando un momento così difficile praticamente in contemporanea. Nel seguito cercheremo di identificare i motivi di queste gravi crisi, partendo ovviamente dalla descrizione di cosa caratterizzi il sistema tradizionale delle compagnie IATA e quello delle compagnie a basso costo, per arrivare in seguito a confrontare le due strategie aziendali.

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1.2.1 Il modello tradizionale

Per poter capire al meglio quali siano i tratti distintivi delle strategie di una compagnia a basso costo è bene spiegare prima quale sia l’organizzazione tradizionale delle compagnie aeree, soprattutto legata alla gestione delle tratte percorse. Solitamente infatti, le maggiori compagnie, quelle con un bacino d’utenza più elevato, soprattutto in relazione al numero di aeroporti serviti, gestiscono il proprio sistema di rotte come se fosse una vera e propria rete, fatta di grossi nodi nei quali confluiscono diversi rami. Per poter creare una struttura in grado di soddisfare qualsiasi (o quasi) esigenza di coincidenze orarie da parte dei passeggeri viene fatto in modo che il traffico confluisca tutto in questi grandi nodi, che prendono il nome di Hub. Si tratta di aeroporti che hanno delle strutture immense, capaci di ospitare un numero davvero elevato di voli e di persone. Quest’ultima è una caratteristica fondamentale, resa necessaria dal fatto che il traffico di passeggeri verso gli hub ( e proveniente dagli aeroporti satellite, chiamati Spokes) viene diviso solitamente in poche fasce giornaliere, per poter poi essere instradato verso le più disparate destinazioni, facendo si che il passeggero trovi con più facilità l’immediata coincidenza per la destinazione da esso desiderata. Accade quindi che nell’arco di un’ora atterrino un elevatissimo numero di aerei, riempiendo velocemente l’aerostazione di persone, ma che gli stessi passeggeri prendano nel giro di poco tempo l’aereo per proseguire la propria rotta, svuotando nuovamente l’aerostazione.

Il sistema appena descritto, seppur radicato nelle strategie delle più importanti compagnie al mondo, comporta un livello di costi troppo elevato in questo momento di forte crisi che ha investito l’intera economia mondiale. Il primo aspetto è legato proprio al meccanismo di hub e spokes, in quanto è evidente che vi sia un dispendio di risorse (economiche in primo luogo)

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superiore a quello necessario nel caso in cui ci fosse una tratta in grado di portare direttamente a destinazione.

Se per esempio un passeggero dovesse partire da Pechino per arrivare a Pisa probabilmente dovrebbe passare da Francoforte, poi da Malpensa e infine giungerebbe a destinazione, dovendo transitare quindi da quello che potremmo definire un hub continentale, e poi per uno nazionale dato che potrebbe non esistere una tratta diretta nemmeno da Francoforte per Pisa.

L’impiego di risorse non è legato soltanto a quello che può essere il maggior costo per il carburante dovuto al percorso reso più lungo dallo scalo nell’hub perché ci sono altre voci che per il passeggero possono passare quasi inosservate ma che incidono in modo pesante sull’economia dei vettori. Una tra queste è quella relativa alla gestione dei bagagli, in quanto nell’esempio visto sopra il passeggero destinato a Pisa consegnerà il proprio bagaglio all’aeroporto di Pechino e ne riprenderà possesso soltanto a destinazione finale. È indubbia la comodità nel non dover effettuare il check-in più volte e di poter ignorare il proprio bagaglio fino al termine del viaggio.

1.2.2 Il modello low-cost

Il modello finora presentato, oltre che ben rodato nel corso degli anni, rappresenta una struttura anche piuttosto resistente ed efficace, ma ovviamente non abbastanza efficace di fronte ad una crisi economica generale. Tutti i problemi di cui abbiamo parlato in precedenza potrebbero essere affrontati singolarmente e probabilmente superati con successo, se non si fossero presentati tutti contemporaneamente, il che mette in particolare evidenza i punti deboli di un sistema, come già detto, molto costoso.

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Nello stesso momento in cui i grandi colossi mondiali sono costretti a fare i conti ogni anno con una perdita d’esercizio sempre più imponente, hanno visto la luce le prime low-cost companies, dei vettori, come dice il nome stesso, caratterizzati dal tentativo di tenere i costi al più basso livello possibile. E dato che abbiamo parlato dell’onerosità del sistema tradizionale di Hub e Spokes, la prima caratteristica fondamentale che differenzia le compagnie a basso costo (da ora in poi lcc) da quelle tradizionali riguarda proprio l’organizzazione delle rotte. I vettori di nuova generazione si avvalgono infatti di un modello di tipo

origine/destinazione, non dispondendo dunque dell’appoggio dei grandi hub.

Questo comporta una serie di semplificazioni nell’attività delle compagnie aeree, partendo dal fatto che non si devono in alcun modo preoccupare delle coincidenze orarie per le varie destinazioni, in quanto sarà compito del passeggero occuparsi della gestione del proprio viaggio. Per origine/destinazione (in seguito o/d), si intende il fatto che ogni tratta sarà gestita dalla compagnia isolatamente.

Supponendo dunque che la stessa rotta (Pechino-Pisa) presa come esempio in precedenza venga percorsa con una ipotetica lcc il passeggero dovrebbe innanzitutto garantirsi un buon margine di tempo tra l’arrivo dell’aereo in una destinazione e la partenza per la destinazione successiva, dato che non essendo intesa come coincidenza il secondo aereo non ha alcun rapporto temporale con il primo. È da considerare anche il caso inverso, nel quale cioè il passeggero fosse costretto a passare anche diverse ore nell’aeroporto di passaggio nell’attesa della partenza. L’ultima difficoltà che il passeggero sarebbe costretto ad affrontare è legata alla gestione del proprio bagaglio, in quanto le lcc, in virtù dell’obiettivo principale di abbattere i costi, lasciano al passeggero stesso il compito di recuperare il proprio bagaglio ad ogni destinazione intermedia ed eventualmente restituirlo al check-in nel caso in cui il proprio viaggio non fosse ancora terminato.

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Visto in questo modo l’avvento delle lcc potrebbe quasi apparire immotivato, dati i minori servizi offerti ai passeggeri rispetto alle compagnie tradizionali. In realtà l’abbattimento dei costi è orientato soprattutto ad offrire ai clienti un prezzo estremamente ridotto in confronto alle tariffe ordinarie, comportando un pericolo di rilievo per i vettori tradizionali. Inoltre dato che per il momento il mercato intercontinentale è appannaggio delle compagnie di bandiera l’esempio fatto in precedenza risulta essere fuori luogo per il mondo lcc. Infatti, dato che attualmente questi vettori operano principalmente in ambito continentale è molto più semplice per il passeggero organizzare il proprio viaggio, trovando con molta più probabilità una tratta diretta dall’origine alla destinazione finale. I vettori a basso costo sono tra le altre cose gli unici o quasi (anche se non tutti) che negli ultimi anni hanno registrato degli utili in bilancio, comportando inevitabilmente un tasso di nascita di nuove aziende piuttosto elevato, accompagnato inesorabilmente da uno stesso livello di fallimenti, dovuti soprattutto alla continua lotta sui prezzi, che porta le compagnie a non riuscire a coprire con i ricavi ridotti al minimo i costi di gestione, nonostante questi siano contenuti oltre i limiti.

Il repentino sviluppo di questa categoria di aziende ha portato anche delle enormi conseguenze che si sono riversate sugli aeroporti. Infatti un’altra importantissima voce di costo in bilancio per le compagnie è quella dei servizi di handling per passeggeri, merci e servizi che devono pagare all’aeroporto. A tal proposito approfondiremo il discorso nel prossimo paragrafo ma intanto basti pensare al fatto che alcuni dei servizi a terra che in passato rientravano tra le competenze della c.a. ora sono a pieno carico e responsabilità delle società di gestione aeroportuale.

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1.2.3 Il caso Alitalia

Nell’affrontare la trattazione delle compagnie Iata (associazione che riunisce la maggior parte delle compagnie aeree tradizionali), non è assolutamente possibile prescindere da una delle crisi societarie che stanno sconvolgendo l’economia italiana: il caso Alitalia. La compagnia di bandiera sta affrontando una dura crisi economica da diversi anni, per non parlare di decenni dato che è da circa quindici anni che non viene concluso un esercizio registrando un utile. Negli ultimi anni si sono verificati numerosi disagi causati soprattutto dai continui scioperi del personale motivati dal mancato rinnovo del contratto scaduto già da tempo. Con gli scioperi è iniziato anche un periodo molto difficile per la società che ancora non ha visto una conclusione e che in questo periodo vede le altre c.a. europee schierarsi per la maggior parte contro l’attuale situazione, che vede l’Alitalia oggetto di diversi interventi economici, per i quali si sospetta un intervento statale, attualmente discutibile secondo gli accordi internazionali.

Le uniche compagnie che al momento sono a favore dell’azienda italiana sono KLM e AirFrance, che insieme ad essa dovrebbero andare a formare un gruppo in grado di ovviare ai numerosi problemi menzionati nei precedenti paragrafi. Ma questo non sarebbe l’unico gruppo nascente sulla scena europea (nonché mondiale). Infatti questa è una soluzione che in molti stanno vagliando in quanto potrebbe portare diversi vantaggi per l’economia delle diverse società. Il sistema in questione consentirebbe agli interessati di unire le forze per realizzare economie di scala e allo stesso tempo di concentrarsi ognuno nel mercato che più gli compete, soprattutto in termini territoriali. Ecco allora che nel gruppo Alitalia/AirFrance/KLM il mercato italiano resterebbe sotto controllo della c.a. italiana. Altri vantaggi potrebbero derivare dalla riprogrammazione delle rotte, soprattutto intercontinentali, da effettuare

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possibilmente con degli A/M di nuova generazione, che comportino quindi dei costi gestionali ridotti, proprio perché l’obiettivo primo è quello dell’abbattimento dei costi in modo da poter contrastare il successo delle lcc. Sempre per quanto riguarda gli A/M è importante riuscire a sfruttare il più possibile le risorse in modo da poter assorbire i costi fissi derivanti dalla gestione ordinaria dei mezzi stessi. Di non poco conto per le eventuali alleanze che stanno nascendo sono i rapporti con gli aeroporti, principalmente per quanto riguarda il ruolo che questi ultimi giocano nelle route-map delle compagnie nel hub e spokes.

1.3 Aeroporti regionali e low-cost

Le compagnie low-cost, se pur soggette agli stessi problemi cui vanno incontro le compagnie Iata (rincaro del petrolio e crisi post-11 settembre), stanno vivendo un momento per certi versi differente. La differenza sta nel fatto che queste continuano a registrare un incremento impressionante di traffico annuale. Chiaramente si parla dei più grandi e oramai affermati vettori dato l’elevatissimo tasso di fallimenti nel mercato. A tal proposito Ryanair prevede per i prossimi anni un ulteriore incremento del traffico accompagnato da una parallela diminuzione delle tariffe e da un incremento della flotta, resi possibili dall’ottima liquidità a disposizione.

In precedenza abbiamo accennato a quello che è il ruolo degli aeroporti e della differenza tra hub e spokes. Purtroppo attualmente le società di gestione degli aeroporti italiani che si avvalevano del potere derivato dall’appoggio del principale vettore nazionale, in particolar modo Roma e Milano si trovano in una posizione di secondo piano rispetto a quelle che gestiscono altri aeroporti internazionali in virtù della forte crisi abbattutasi su Alitalia, che va ad

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accentuare un divario, inteso come volume di traffico passeggeri, già piuttosto ampio, dato il bacino d’utenza notevolmente più ristretto. Questo comporta una serie di conseguenze a partire dal fatto che vedono decrescere il proprio potere contrattuale nei confronti delle compagnie aeree, le quali non possono contare più quindi sulla capillare presenza del vettore italiano, utile negli scambi nazionali e internazionali. In seconda battuta questo interviene in un certo senso a danno delle società di gestione degli aeroporti regionali e secondari italiani in quanto i due più grandi aeroporti italiani, in particolar modo Malpensa, saranno costretti a favorire l’ingresso delle lcc togliendo agli altri aeroporti buona fetta del mercato low-cost.

Gli aeroporti regionali hanno però dalla loro parte un elemento che ha fatto discutere parecchio negli ultimi tempi a partire dal caso Ryanair-Charleroi. Si tratta di un caso sul quale è stata svolta un’indagine da parte della Commissione Europea per analizzare i rapporti tra le due parti. Le accuse riguardano delle sovvenzioni che la società che gestisce l’aeroporto di Charleroi (Bruxelles) e la regione Vallonia avrebbero offerto in favore del vettore per potenziare lo sviluppo del traffico passeggeri in partenza e in arrivo verso l’aeroporto stesso.

La commissione, dopo aver analizzato a fondo gli elementi ha identificato una parziale presenza di aiuti di stato. Il vettore dovrà restituire 4 milioni di euro ai finanziatori in quanto non rispettano le norme in merito ai finanziamenti pubblici, oltre al rispetto delle norme di mercato che prevedono che alcune forme di sovvenzione (vedi aiuti sui servizi a terra, incentivi per aumento traffico passeggeri, etc.) debbano essere concesse indistintamente a tutti i vettori che operano nell’aeroporto. Questi 4 milioni di euro sono comunque solo una piccola parte delle sovvenzioni concesse, in quanto altre forme di sostegno sono state ritenute legittime dalla commissione, la quale ha ritenuto che potessero essere giustificate come spese per incentivare lo

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sviluppo del territorio e il miglior impiego delle risorse sfruttate non a pieno regime, sia per quanto riguarda le infrastrutture presenti nell’aerostazione che per il mancato totale riempimento degli a/m durante i singoli viaggi. Infatti la decisione da parte della regione Vallonia e della società di gestione aeroportuale è scaturita in un momento in cui non si registravano sufficienti volumi di traffico per poter coprire gli enormi costi di gestione, composti per gran parte da una componente fissa. Il tutto veniva aggravato oltremodo dalla crisi nel settore del turismo che ne derivava e che colpiva l’intera regione.

Le sovvenzioni offerte superavano di gran lunga i limiti consentiti perché per livelli inferiori di investimento nessuna compagnia avrebbe mai accettato di rischiare apertamente creando numerose rotte da e per quell’aeroporto. Nel momento in cui Ryanair ha creduto in questa possibilità nel giro di poco tempo il volume di traffico passeggeri è aumentato notevolmente e quando altre compagnie aeree avrebbero voluto intervenire sul mercato ricevendo lo stesso trattamento agevolato non era chiaramente possibile, comportando in questo modo le accuse che hanno portato il caso fino al tavolo della Commissione Europea.

Da quanto sopradescritto è evidente l’incentivo che la commissione intende dare allo sviluppo delle lcc concedendo, se pur limitatamente, la possibilità di un rapporto contrattuale duraturo tra un ente a partecipazione pubblica come una società di gestione aeroportuale (o una regione fisica) ed un vettore aereo. Il caso Ryanair-Charleroi ha comunque dato il via ad una serie di polemiche fratturando ancor di più quelli che sono i delicati rapporti tra compagnie low-cost e Iata, nonché tra le società di gestione di aeroporti regionali e di hub internazionali. Infatti questi avvenimenti non fanno che avvicinare tra loro le compagnie di nuova generazione e le dirigenze degli aeroporti regionali. Questa collaborazione non è affatto casuale in virtù del fatto che la deregolamentazione del mercato ha portato con se anche degli enormi difetti

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tra i quali per esempio spicca la possibilità per un vettore di annullare una rotta, e quindi cancellare un servizio per i passeggeri, anche con pochissimi giorni di preavviso tramite il semplice invio di un fax, arrecando dei disagi a dir poco disastrosi soprattutto in quegli aeroporti in cui non si può far affidamento su volumi di traffico molto elevati. Ecco quindi perché le compagnie a basso costo sono disposte a venire incontro in questo senso alle esigenze manifestate negli aeroporti minori, stipulando accordi pluriennali che garantiscano ad ambo le parti un flusso continuo di traffico passeggeri.

I vettori in questione hanno addirittura accusato la Commissione Europea di essere in qualche modo influenzata dallo strapotere di alcuni vettori tradizionali europei, che per tanti anni avevano operato in un regime che poco si discostava dal monopolio. In seguito alla sentenza i responsabili degli aeroporti regionali hanno creato un forum internazionale (FARE), per il quale è stata proposta la presidenza dell’Amministratore delegato della società di gestione dell’aeroporto “Galileo Galilei” di Pisa (in seguito Sat), in modo da poter far valere in maniera più decisa i propri diritti. Il timore generale è che la sentenza della Commissione possa in qualche modo intaccare i rapporti tra le compagnie aeree e i membri del forum, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione stessa.

La battaglia commerciale tra le due tipologie di vettori, tra loro così dissimili per struttura, per qualità e struttura dei costi del servizio non ha per ora intenzione di terminare con vincitori e vinti. Infatti i vettori tradizionali grazie alle numerose alleanze che stanno nascendo cercano di creare i presupposti per un rilancio sul mercato. Osservando le strategie di entrambi si può notare che pare quasi che si stiano avvicinando tra loro verso una soluzione centrale. Infatti qualcuno sostiene che le compagnie tradizionali non si caratterizzino per una elevata qualità del servizio quanto piuttosto per un elevatissimo livello dei costi, come già detto anche in precedenza a proposito

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dell’organizzazione in Hub e Spokes, in quanto alcuni tipi di spesa potrebbero essere ridotti. Il loro obiettivo ad oggi è allora proprio quello di identificare quali siano le voci di costo più influenti e quelle su cui sia possibile effettuare dei tagli. D’altra parte qualcun’altro accusa i vettori a basso costo di non essere in grado di offrire un prodotto competitivo su tutti i fronti e che sia quindi in grado di soddisfare le esigenze di tutte le fasce di clientela, dato che contrariamente a quanto spesso si pensa il vettore low-cost non è orientato solo alle classi di reddito minori. Le compagnie stanno lavorando per riempire questo gap qualitativo, in parte cercando di offrire un maggior numero di servizi a bordo e in parte espandendo quella che è la propria rete di traffico aggiungendo addirittura delle rotte intercontinentali, fermo restando sempre e comunque quello che è uno degli obiettivi principali, cioè l’abbattimento dei costi, riuscendo a mantenerli sotto una determinata soglia prestabilita.

1.4 Fonti di ricavo aeroportuale

Abbiamo finora parlato del rapporto che lega le società di gestione degli aeroporti regionali e le compagnie a basso costo che in essi vedono terreno fertile su cui costruire un impero. In questo senso però non va dimenticata la situazione molto delicata nella quale spesso e volentieri vengo a trovarsi le lcc, che nel mercato accusano purtroppo un tasso di fallimento piuttosto elevato. Le aziende in questione portano con sé negli aeroporti in cui operano delle caratteristiche peculiari che le differenziano dalle compagnie tradizionali anche per quanto riguarda la gestione dei passeggeri. Infatti alcuni vettori tra i quali Ryanair (il più grande in europa), nel tentativo di abbassare il più possibile l’onerosità dei costi di gestione ordinaria ne fa ricadere l’attribuzione sulla società di gestione dell’aeroporto in cui i servizi a terra vengono erogati. A tal

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proposito nel seguito del paragrafo andremo ad analizzare la natura di alcuni costi per verificarne l’incidenza e la responsabilità.

In primo luogo è necessario fare una distinzione netta tra le diverse fonti di ricavo per le società di gestione aeroportuale. Essi infatti si distinguono in due grandi gruppi: aviation e non-aviation. I primi derivano dalla diretta gestione dell’attività aeronautica mentre i secondi provengono da attività che hanno un rapporto non immediatamente diretto con essa, in particolare si tratta soprattutto di attività commerciali interne all’aerostazione.

I ricavi aviation negli ultimi anni sono stati oggetto di lunghi dibattiti e soprattutto dell’accoglimento di delibere comunitarie in merito al livello tariffario applicabile nei confronti dei vettori. Una direttiva di recente attuazione prevede la possibilità per le società di gestione aeroportuale di praticare delle tariffe proporzionate al servizio offerto, con la possibilità per passeggeri e compagnie di trovarsi a pagare solo ed esclusivamente per ciò di cui si usufruisce.

In questa categoria spiccano senz’ombra di dubbio le tariffe di handling, nelle quali rientrano tutti quei costi sostenuti nell’aeroporto per i servizi prestati agli aeromobili, ai passeggeri ed alle merci. Si tratta di una gamma di servizi molto ampia che può essere identificata in tre gruppi, appunto in base al soggetto/oggetto destinatario. Per quanto riguarda gli aeromobili si tratta di costi per il rifornimento di carburante, servizi di “hangaraggio”, controlli tecnici, trasmissione messaggi operativi, etc. I passeggeri invece beneficiano di servizi quali il check-in, il servizio bagagli, informazioni visive sugli orari dei voli, nonché aiuti di ogni genere per le persone bisognose (vedi invalidi e bambini). La ricezione e spedizione merci prevede infine un accurato servizio di magazzino, confezionamento, carico/scarico.

I servizi sopra elencati possono essere forniti dalla società di gestione dell’aeroporto, dalle stesse compagnie aeree incaricate del trasporto oppure in

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alcuni casi da agenzie esterne. Come detto in precedenza una peculiarità dei vettori a basso costo è proprio quella di cercare di tagliare le spese andando inevitabilmente ad intaccare la fornitura di tali servizi. Infatti è prassi comune che vengano delegate agli aeroporti alcune funzioni tradizionalmente a carico delle compagnie. Per esempio gli aeromobili di alcune lcc dopo l’atterraggio vengono parcheggiati proprio sotto l’aerostazione in modo da non dover usufruire dei servizi di trasporto passeggeri da e per l’aereo.

A questo punto potrebbe essere naturale porsi una semplice domanda: se la presenza di vettori a basso costo porta per la società di gestione dell’aeroporto limitati (se non nulli) guadagni per quale motivo esse sono sempre più incentivate all’apertura di nuove rotte low-cost? La risposta viene fornita dalla categoria dei ricavi non-aviation, cioè non direttamente legati all’attività aeronautica. Tra questi di fondamentale importanza sono quelli derivanti dalla gestione delle attività commerciali interne all’aerostazione che essendo spesso affidate in subconcessione a terzi fruttano, in base al contratto, una percentuale sul fatturato ottenuto nell’esercizio. Chiaramente tra esse rientrano anche attività di catering, di svago e servizi che vanno dall’ufficio postale allo sportello bancario, passando per le agenzie di viaggio ma senza assolutamente dimenticare gli autonoleggi, una fonte importantissima di guadagno per le società di gestione aeroportuale. Di notevole rilevanza economica sono infine gli introiti derivanti dalla gestione dei parcheggi e da quella della pubblicità, per il quale gli aeroporti sono dotati di spazi sempre piuttosto ampi. Insomma, tornando alla domanda iniziale, la risposta è che gli aeroporti si profilano sempre più come dei grandi centri commerciali, con tutti i servizi desiderabili e con la particolarità derivata dall’attrattività del trasporto aereo, nel senso che la maggior parte degli acquirenti sono praticamente costretti ad attendere il proprio volo all’interno dell’aerostazione per un periodo che varia dai 60 ai 180 minuti (in alcuni casi il tempo è anche superiore). Questa ultima ipotesi è

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giustificata dal fatto che è stato rilevato statisticamente (ed è anche di facile intuizione), che oltre il 70% dei clienti dei negozi sono passeggeri in partenza. Ecco allora che è in questo contesto che interviene l’attività aeronautica, in quanto abbiamo detto che gli introiti per la società di gestione dell’aeroporto dipendono dal volume di affari dei singoli subconcessionari. È quindi interesse nonché compito della società cercare di aumentare al massimo il volume di traffico dei passeggeri in arrivo e soprattutto in partenza, in modo da aumentare i guadagni nonché il proprio potere contrattuale nei confronti delle singole attività presenti nell’aerostazione.

Tutto questo discorso diventa fondamentale per chi gestisce un aeroporto regionale, in quanto non potendo contare sull’appoggio di grosse compagnie aeree che ne sfruttino le potenzialità come hub (o addirittura mega-hub) sono costretti ad operare in un ambiente leggermente più instabile e a cercare di stabilire delle partnership più o meno durature con i vettori che in un determinato periodo siano in grado di attrarre un elevato numero di passeggeri. E attualmente sul mercato sono le lcc a farla da padrona, sia come tasso di crescita percentuale che come disponibilità ad aumentare le proprie rotte verso nuove destinazioni da e per gli aeroporti regionali.

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