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1. GESTIONE DEI RIFIUTI DA COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE

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1.

GESTIONE DEI RIFIUTI DA COSTRUZIONE E

DEMOLIZIONE

1.1 Considerazioni generali

Il riuso dei prodotti di scarto da attività di costruzione e demolizione è uno dei temi di maggior interesse degli ultimi anni, con motivazioni sia di natura economica sia di salvaguardia ambientale che ha riguardato anche il settore delle costruzioni stradali.

Le società occidentali hanno sempre più incentivato, nei loro processi di sviluppo, l’utilizzo di risorse naturali per la produzione di beni e prodotti in quanto, da una parte si pensava di poter disporre di una riserva illimitata di materie prime e dall’altra che la natura e le qualità dei rifiuti derivanti dalle attività di costruzione e demolizione non rappresentassero un effettivo problema di smaltimento.

Il risultato di quest’atteggiamento è stato un prelievo di risorse naturali superiore alla capacità di rinnovamento ed una produzione di rifiuti maggiore rispetto alle capacità di un loro assorbimento da parte dell’ambiente, rendendolo, di fatto, oggi non più sostenibile.

Infatti:

• la domanda di aggregati ha generato forti impatti sul territorio causati da un’attività estrattiva difficilmente pianificabile e regolabile;

• il notevole quantitativo di rifiuti provenienti dal settore edile ha generato una domanda di impianti di smaltimento difficile da soddisfare e che, inoltre, ha comportato il frequente abbandono in discariche abusive distribuite nelle aree periferiche degli agglomerati urbani;

• l’utilizzo della discarica deve, anche per questa tipologia di rifiuti, essere considerato come soluzione estrema, privilegiando tutte le azioni possibili per recuperare risorse da una adeguata gestione dei rifiuti.

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Emerge chiaramente l’importanza di sviluppare e approfondire la strada del riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D).

Al riciclaggio di questo tipo di rifiuto,nel quale alcuni materiali come quelli usati in questa trattazione sono classificabili come risorse non rinnovabili, vengono riconosciuti vantaggi sia di natura di salvaguardia ambientale sia di natura economica. Dal punto di vista ambientale, la possibilità di conservare risorse non rinnovabili diminuendo cioè la richiesta di materiali di origine naturale riducendo, nel contempo, i danni ambientali connessi alla minimizzazione delle quantità di materiale da conferire in discarica. Dal punto di vista economico la sostituzione, anche parziale, degli aggregati naturali i cui costi sono sempre più elevati, diviene sempre più economicamente vantaggiosa; ciò è anche rafforzato dal fatto che tramite sperimentazioni, sia in laboratorio sia in sito, è possibile valutare le qualità di tali materiali ai fini del loro vantaggioso impiego in diversi settori delle costruzioni civili e, in particolare, in quello delle costruzioni di infrastrutture viarie.

A seguito ciò sono sorti numerosi impianti di trattamento dei rifiuti C&D dotati di ottimo grado tecnico ed in grado di fornire materiali di ottima qualità a costi relativamente contenuti (Figura 1.1).

Figura 1.1: Impianto di riciclaggio INERT.ECO

La situazione italiana, tuttavia, registra un certo ritardo nel riciclaggio e nella diffusione dell’utilizzo su larga scala di tali prodotti, rispetto ad altri Paesi europei, come indicato nella Tabella 1.1 [1].

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Tabella 1.1: Produzione rifiuti C&D nei Paesi europei e relative percentuali di riciclaggio e conferimento in discarica

Stato membro Produzione di C&D (migliaia di tonnellate) % materiale riciclato % materiale conferito in discarica o inceneritore. Germania 59 17 83 Gran Bretagna 30 45 55 Francia 24 15 85 ITALIA 20 9 91 Spagna 13 < 5 > 95 Olanda 11 90 10 Belgio 7 87 13 Austria 5 41 59 Portogallo 3 < 5 > 95 Danimarca 3 81 19 Grecia 2 < 5 > 95 Svezia 2 21 75 Finlandia 1 45 55 Irlanda 1 < 5 >95 Lussemburgo - - - TOTALE 180 28 72

I motivi di questo ritardo possono essere ritrovati in una serie di ostacoli che si oppongono ad una diffusione delle tecniche di riciclaggio tra cui permane la lentezza delle Amministrazioni a recepire le innovazioni tecniche ed a modificare quei capitolati, nei quali, si preferisce fare riferimento all’impiego esclusivo di materie prime naturali.

Allo scopo di superare le resistenze culturali ed i vincoli formali, appare opportuno integrare la normativa tecnica esistente mediante la definizione di specifici criteri di accettabilità di tali materiali, cosi da meglio, e più efficacemente, informare progettisti, stazioni appaltanti e direttori dei lavori, sulle reali caratteristiche prestazionali dei materiali in questione.

L’opportunità di quanto sopra è rafforzata dal fatto che nei prossimi decenni si assisterà, come previsto da diversi Autori, ad un aumento sempre crescente di produzione di rifiuti C&D dovuto essenzialmente dallo scadere della vita utile di vari manufatti attualmente in esercizio.

Tali rifiuti infatti, derivano da diverse attività quali la costruzione, l’ampliamento, la riparazione, la ristrutturazione, la manutenzione e la demolizione di edifici, di opere civili o di infrastrutture viarie. Essi sono prevalentemente costituiti da materiali inerti classificabili come rifiuti speciali non pericolosi anche se, in parte molto minoritaria, possono contenere frazioni di materiali organici e/o pericolosi, quali, cromo, cadmio, zinco, piombo, mercurio e PCB.

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La loro composizione risulta molto variabile, sia per la diversa origine, sia in funzione di fattori quali le tipologie e le tecniche costruttive locali, il clima, l’attività economica e lo sviluppo tecnologico del territorio, nonché le materie prime e i materiali da costruzione ivi disponibili.

Diversi studi condotti a livello europeo hanno evidenziato notevoli differenze compositive fra i vari Stati, che riflettono le relative diverse tipologie costruttive. A tal proposito, in figura 1.2, sono riportate le composizioni dei rifiuti da C&D rilevate in alcune Nazioni europee e negli U.S.A. nel 1993 [2].

Figura 1.2: Composizione quantitativa rifiuti da C&D in alcuni Stati d’Europa ed in U.S.A

Si possono però individuare alcune “componenti tipiche” che, sebbene in percentuali diverse, compongono tutti i rifiuti da C&D, come indicato in Tabella 1.2.

Nonostante la composizione percentuale dei rifiuti da C&D sia variabile in funzione di molti fattori, la problematica del loro trattamento deve, invece, rispondere sempre a gli stessi requisiti. In linea generale, la tecnologia di un impianto efficiente e che segua i dettati della vigente normativa, deve essere in grado di suddividere il materiale in ingresso in tre grandi flussi:

• il materiale lapideo nuovamente utilizzabile;

• la frazione leggera (carta, plastica, legno, impurezze, etc.); • la frazione metallica.

Sul mercato esistono due tipologie di impianti, fissi e mobili, ognuno in grado di

ITALIA Laterizi 50 Altri 2 Rocce naturali 10 Metalli 3 Conglomerati bituminosi 5 Calcestruzzi 30 GERMANIA Legno 7 Altri 2 Rocce naturale 2 Plastiche 4 Laterizi 45 Calcestruzzi 40 U.S.A Calcestruzzi 77 Laterizi 4,5 Metalli; 3,2 Plastiche 0,3 Altri 4 Legno 11 DANIMARCA Calcestruzzi 83 Legno 12,5 Plastiche 0,4 Altri 1,6 Metalli 2,5

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rispondere a diverse esigenze. In particolare gli impianti fissi sono in grado di fornire un prodotto di qualità migliore rispetto a quelli mobili dato che su di loro è possibile impiegare delle tecnologie più complete.

In Italia la gran parte degli impianti fissi attualmente in esercizio utilizzano una tecnologia di trattamento denominata R.O.S.E. (Recupero Omogeneizzato Scarti Edilizi). Tale tecnologia, nata a livello sperimentale in Italia sulla fine degli anni ’80, ha subito modifiche e miglioramenti in funzione delle esperienze gestionali e costruttive condotte negli anni successivi su tali rifiuti, giungendo ad un impianto in grado di produrre materiali di elevata qualità con modesti impatti sull’ambiente.

Tabella 1.2: Componenti tipiche dei rifiuti da C&D

Terreno e materiale roccioso Ghiaia e materiale da riempimento Calcestruzzo

Conglomerati bituminosi Mattoni, piastrelle, tegole Legno

Intonaco, pannelli in gesso e altre finiture interne Plastiche

Metalli Vetro

Elementi architettonici

Rifiuti vari (imballaggi, carta, cartoni, contenitori, etc.)

1.2 Inquadramento normativo in Italia

A partire dalla metà degli anni ’70 la Comunità Europea ha avviato un programma finalizzato alla gestione dei rifiuti.

All’interno di tale politica generale, il problema dei rifiuti da costruzione e demolizione assume, nel 1992, una certa rilevanza tanto da includere gli scarti del processo edilizio tra i flussi di rifiuti considerati prioritari (in quanto importanti per quantità prodotte, per la loro rilevanza ambientale e per loro caratteristiche che ne rendono pecuniaria la gestione).

In tutti gli stati membri si giunse alla consapevolezza che lo smaltimento in discarica ai livelli attuali è una scelta difficilmente sostenibile per il futuro e quindi si cercò di limitarlo attraverso l’adozione di opportuni strumenti politici ed economici.

Allo scopo di elaborare una strategia che portasse ad uno strumento normativo per la gestione di tali rifiuti, fu istituito uno specifico gruppo di lavoro, il Contruction and

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Demolition Waste Project Group, composto da rappresentanti degli Stati membri, delle associazioni di settore e da esperti. Il risultato di tale studio fu la realizzazione di due documenti, il documento di “Informazione” e quello di “Raccomandazioni” che, pur non avendo alcun valore legislativo, rappresentano un valido supporto tecnico-conoscitivo utile alla stesura di una normativa che regolamenti in maniera idonea il settore dei rifiuti da costruzione e demolizione.

In Italia la strategia comunitaria è stata seguita attraverso la legge quadro D.Lvo. 22/97 [3] nota come Decreto Ronchi che regola la messa in discarica, il trattamento ed il riciclaggio dei rifiuti.

Il decreto introduce nuovi criteri di classificazione in relazione alle caratteristiche di pericolosità delle differenti tipologie di rifiuti, distinguendoli tra rifiuti pericolosi e non pericolosi. Cosi facendo si tiene conto del “ciclo di vita” dei rifiuti, inteso come fase di produzione, trattamento, messa in discarica ed eventuale riuso, e non solo della loro natura.

Inoltre il decreto prevede nella gestione dei rifiuti italiana le seguenti priorità: • prevenzione;

• recupero; • smaltimento.

In pratica il D.lg. 22/97 prevede che, ai fini di una corretta gestione dei rifiuti, oltre a adottare iniziative dirette a favorire, in via prioritaria, la prevenzione e la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti, sia favorita la riduzione e lo smaltimento dei rifiuti attraverso il reimpiego, il riciclaggio e altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti. Per tale scopo viene prevista una apposita procedura autorizzativa semplificata da applicarsi alle attività di recupero individuate da apposite norme tecniche generali da adottarsi.

Sulle basi di ciò è stato emanato il Decreto Ministeriale del 5 febbraio 1998 [4] contenente le norme tecniche specificatamente dedicate alle attività di recupero dei rifiuti non pericolosi tra cui, al punto 7.1, ritroviamo i rifiuti provenienti da demolizione, costruzione e simili. Questo D.M. inoltre, stabilisce la possibilità di destinare i suddetti materiali ad attività di trattamento per la produzione di materie prime secondarie da impiegare in opere d’ingegneria civile a condizione che gli stessi vengano inseriti nei progetti e nei Capitolati Speciali d’Appalto delle Amministrazioni Pubbliche e che rispondano a determinate caratteristiche merceologiche e ambientali.

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In tale quadro, ad esempio, la Regione Toscana ha affrontato la problematica della gestione dei rifiuti inerti non pericolosi provenienti dall’edilizia, nell’ambito della propria normativa e pianificazione in materia.

La L.R. 18 maggio 1998, n. 25 [5], sviluppando le disposizioni contenute nel Decreto Ronchi circa le misure e le azioni da adottare per attivare l’espansione e l’incentivazione ai mercati del recupero, ha indicato che nei capitolati per appalti pubblici d’opere, di forniture e di servizi, siano inserite specifiche condizioni per favorire l’uso di residui recuperabili. Questo in accordo secondo quanto contenuto nel Piano Regionale dove, per la realizzazione opere pubbliche o di interesse, finanziate in tutto o in parte dalla Regione, si prevedeva un congruo impiego di sostanze provenienti dal riciclaggio di rifiuti inerti non pericolosi.

In attuazione dei principi sopra visti la Regione Toscana ha approvato, con la delibera n.265 del 28 luglio 1998 [6], le seguenti direttive, che devono essere obbligatoriamente contenute nei bandi di gara per l’affidamento dei lavori:

a) le offerte dei concorrenti devono prevedere l’impiego di una percentuale minima di materiali di recupero (materiali da costruzione e demolizione), pari al 15% dei materiali da costruzione o da riempimento da utilizzare;

b) l’utilizzo di tali materiali, in misura superiore alla suddetta percentuale minima, costituisce uno dei parametri per l’individuazione dell’offerta più vantaggiosa; c) a parità di altre condizioni si deve preferire l’offerta che proponga la più alta

percentuale di impiego dei suddetti materiali.

Il 3 novembre del 1998 fu poi emanata la Legge regionale n. 78 [7]. Questa ha una valenza politica enorme perché, tra le altre cose, all’articolo 2 mette sullo stesso piano, per la prima volta anche dal punto di vista normativo-pianificatorio, i materiali di cava convenzionali con i materiali provenienti da altre attività suscettibili di riutilizzo, facendoli entrare a pieno titolo nella programmazione territoriale. L’importanza di tale impostazione sta nel fatto che segna l’inizio dell’attuazione di tutti quei processi di sviluppo sostenibile che nel resto d’Europa sono gia in essere, affrontando la riduzione dell’impatto ambientale attraverso l’efficienza della produzione cioè cominciando a ragionare dalle fonti di approvvigionamento.

In seguito la Legge nazionale n. 448 del 28 dicembre 2001 [8], all’articolo 52, prevede che, con decreto ministeriale, siano stabilite le metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato col fine di consentire alle regioni di adottare le

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disposizioni necessarie a garantire che il 30% del fabbisogno annuale di manufatti e beni siano realizzati con materiale riciclato.

In base ad essa venne emanato il Decreto Ministeriale 8 maggio 2003 n. 203 [9] nel quale vengono indicati come destinatari gli Enti pubblici e tutte le Società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione di servizi. Per essi il decreto, oltre a ribadire l’obbligo, in ciascun anno solare e per ciascuna categoria di prodotto, a coprire almeno il trenta percento del fabbisogno di manufatti e beni siano realizzati con materiale riciclato, introduce le seguenti definizioni:

• materiale riciclato, un materiale che sia realizzato utilizzando rifiuti derivanti dal post-consumo, nei limiti in peso imposti dalle tecnologie impiegate per la loro produzione;

• categoria di prodotto, tipologie di manufatti e beni ottenuti con prevalenza di materiale riciclato.

L’elenco dei materiali riciclati e delle categorie di prodotto ammissibili per un loro impiego e/o realizzazione, è contenuto in un Repertorio del riciclaggio (RR) tenuto e reso pubblico a cura dell’Osservatorio nazionale dei rifiuti (ONR). L’iscrizione a tale elenco è subordinata alla presentazione di apposita domanda composta un elaborato tecnico e da una relazione tecnica di progetto. Questa ultima deve contenere una descrizione della destinazione d’uso e dell’aggregato riciclato impiegato con tutte le sue caratteristiche compositive, prestazionali e di rispondenza agli standard richiesti, nonché le varie norme nazionali e comunitarie a cui è soggetto il prodotto con le relative certificazioni ed una perizia giurata che documenti la percentuale di rifiuti derivanti dal post-consumo presenti nell’aggregato riciclato.

La circolare n. 5205 del 15/07/2005 [10] del Ministro dell’Ambiente esplica le direttive contenute nel D.M. n. 203 al settore edile, stradale e ambientale. Essa indica come materiali riciclati quelli derivanti dalla demolizione e manutenzione, anche parziale, di opere edili e infrastrutturali, e stabilisce le varie categorie di prodotto realizzabili, indicando, per ognuna di esse, le caratteristiche prestazionali e compositive che i materiali riciclati devono avere per essere considerati idonei a tale impiego.

Figura

Figura 1.1: Impianto di riciclaggio INERT.ECO
Tabella 1.1: Produzione rifiuti C&amp;D nei Paesi europei e relative percentuali di riciclaggio e conferimento                            in discarica
Figura 1.2: Composizione quantitativa rifiuti da C&amp;D in alcuni Stati d’Europa ed in U.S.A
Tabella 1.2: Componenti tipiche dei rifiuti da C&amp;D

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