3 I bitumi
3.1 Produzione
Da molto tempo il più comune legante utilizzato nel mondo per la ricopertura del manto stradale è il bitume. Questo è prodotto sottoponendo petroli (crude oils) selezionati ad una distillazione atmosferica seguita da una distillazione sottovuoto. Il residuo della distillazione sottovuoto è il bitume di base prodotto dal processo di raffinazione.
Alcuni tipi di petroli consentono di ottenere tutti i tipi di bitumi adatti alla pavimentazione stradale semplicemente variando la temperatura e/o la pressione della distillazione sottovuoto. Il residuo del sottovuoto viene estratto tipicamente attorno ai 350°C e viene portato per lo stoccaggio ad una temperatura attorno ai 190°C. Quando il bitume non può essere prodotto con questo metodo è necessario seguire altri procedimenti.
Si valuta che esistano oltre millecinquecento tipi di petrolio; di questi meno di cento sono adatti per la produzione di bitume. Le ragioni per questa riduzione sono :
Il contenuto di bitume nel petrolio è molto variabile,
Certi petroli non sono adatti alla produzione di bitume a causa della natura basica del crudo.
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Vittorio (Sicilia)
Safaniya (Arabia S.) Iranian Light (Iran) Gippsland (Australia )
gas e benzina kerosene gas oil vacuum distillate bitume Figura 3‐1. composizione di vari petroli La figura 3‐1 mostra la distribuzione relativa di varie frazioni ottenibili da diversi greggi. Tra i petroli estremamente leggeri c’è il Gippsland (Australia) che contiene una frazione di bitume inferiore all’uno per cento. Dall’altra parte possiamo citare il petrolio siciliano che è estremamente pesante e contiene oltre il 90% di bitume. Volendo ottenere dal petrolio anche altre frazioni non si potranno utilizzare greggi così “estremi”. I petroli vengono normalmente scelti con un contenuto in bitume tra il 15 e il 60 % in peso. Su questa base, i greggi più qualificati per la produzione di bitume sono quelli classificati tra medi e pesanti.
Come esempio di greggi inappropriati per la produzione di bitume ricordiamo tutti i petroli “far est” (Indonesia e Australia), che contengono molte cere. Le cere non possono essere totalmente eliminate dal bitume
rispetto al bitume finale. Il prodotto risultante è di scarsa qualità con poca adesione all’aggregato.
Sebbene il residuo del sottovuoto possa essere usato direttamente come bitume, con alcuni tipi petrolio è necessario fare ulteriori processi. Le due ragioni principali sono:
Il primo motivo è che il residuo è troppo pesante e visto che non è possibile ottenere durante la distillazione temperature equivalenti superiori ai 570°C (si avrebbero fenomeni degradativi) non è realizzabile la separazione del bitume adatto ad un utilizzo pratico. La temperatura equivalente è la temperatura che bisognerebbe utilizzare nella distillazione atmosferica per avere lo stesso effetto che si ha nella distillazione sottovuoto ad una temperatura inferiore.
Il secondo motivo è che per ragioni di processo il residuo è troppo poco viscoso o con una temperatura di rammollimento troppo bassa quindi questo non è utilizzabile come bitume.
In questi casi si procede ad insufflare aria nel residuo del sottovuoto; questa operazione è attuata in modo continuo o discontinuo in colonne alte tipicamente 12 m e circa 3,7 m di diametro. Nel processo continuo il residuo del sottovuoto viene riscaldato in scambiatori ad una temperatura tra i 160‐180 °C e successivamente entra nella colonna “insufflante”. L’aria è introdotta dal basso della colonna attraverso degli ugelli, le reazioni chimiche che si sviluppano generano calore e portano la temperatura interna tra i 200°C e i 260°C. I prodotti vengono estratti dalla base della colonna e passano attraverso degli scambiatori che pre‐riscaldano il residuo del sottovuoto che alimentano la torre ed escono a 180 – 200 °C.
Essendo le reazioni fortemente esotermiche, è necessario iniettare vapore e acqua liquida all’interno della torre al livello del bitume per fermare la risalita della temperatura per evitare di perdere il controllo sul reattore [1]. I gas prodotti escono dalla testa della colonna che separato dai liquidi trascinati passa ad uno inceneritore. Il processo è in principio abbastanza semplice ma deve essere condotto sotto condizioni attentamente controllate.
Figura 3‐2 schema di produzione del bitume
Il bitume non è un sottoprodotto dell’industria petrolifera. La selezione di appropriati greggi per la produzione di bitume è
estremamente importante se deve essere prodotto in economicità e deve rispettare delle specifiche ben precise.
Natura chimica
I bitumi sono una complessa miscela di molti composti di alto peso molecolare, tipicamente compreso tra 500 e 50000 uma. A causa della sua complessità, una completa analisi quantitativa è praticamente impossibile. La separazione mediante estrazioni selettive condotte con diversi solventi e le tecniche cromatografiche hanno consentito di classificare i costituenti dei bitumi in quattro grandi gruppi chimici:
Asfalteni: questi sono solidi amorfi, di colore marrone/nero, ad alto peso molecolare generalmente compreso tra i 1000 e i 50ʹ000 uma. Precipitano dal bitume usando un solvente paraffinico come il n‐eptano. Gli asfalteni di solito ammontano al 5‐25% in peso del bitume.
Resine: prodotti solidi o semi‐solidi, di colore bruno, solubili in eptano. Hanno capacità fortemente adesiva e hanno una natura altamente polare. Il loro peso molecolare è compreso tra 900 e 1300 uma. Ammontano al 5‐ 50% in peso del bitume.
Oli Aromatici: sono liquidi viscosi, di colore bruno, con peso molecolare tipicamente di 500–900 uma. Sono presenti tra il 50 e il 60% in peso del bitume.
Oli saturi: solidi o liquidi viscosi, solitamente chiari, con peso molecolare tra 500 e 800 uma. Questa frazione è presente tra 1 e il 25% in peso del bitume.
Le resine, aromatici e i saturi sono spesso designati come frazione ‘maltenica’. Figura 3‐3 schema di frazionamento del bitume
Queste quattro miscele sono considerate come costituenti del bitume in un sistema colloidale nel quale gli asfalteni sono presenti come micelle disperse nei malteni a basso peso molecolare. Le micelle asfalteniche sarebbero stabilizzate da una guaina di composti in prevalenza appartenenti alla frazione resinosa. Gli asfalteni sono dispersi in un mezzo costituito dalla frazione satura e aromatica.
Vanno ricordati altri due tipi di composti che non sono stati elencati fra i costituenti: i carbeni ed i carboidi. Questi composti non sono solitamente presenti nel prodotto della distillazione e si formano in eventuali trattamenti termici del bitume [2]. Per definizione infatti il bitume è completamente solubile in solfuro di carbonio, che viene invece utilizzato per separare questi due prodotti.
Per produrre un bitume più ‘duro’ (con indice di penetrazione più basso) si deve togliere la parte più volatile dal bitume composta dalla frazione satura e aromatica. Questo viene fatto incrementando la temperatura e/o il grado di vuoto all’interno della colonna di distillazione. Un bitume duro ha un più alto contenuto in asfalteni rispetto a uno di grado più “morbido” anche se originati dallo stesso greggio. Nel processo di ossidazione con aria la componente paraffinica non si modifica sensibilmente essendo praticamente inerte; le frazioni resinose e aromatiche reagiscono invece con l’ossigeno formando asfalteni. Si ottiene quindi, rispetto al bitume iniziale, un prodotto con un maggior contenuto di asfalteni e circa la stessa quantità di partenza di frazione satura. Un bitume insufflato ha un contenuto più alto di asfalteni rispetto a un bitume con lo stesso grado di penetrazione prodotto attraverso la distillazione sottovuoto partendo dallo stesso greggio.
Figura 3‐5 natura colloidale del bitume
A temperatura ambiente il bitume è veramente stabile specialmente quando è in bulk. Però quando è esposto all’atmosfera in forma di film esso perde l’iniziale morbidezza trasformandosi gradualmente in una
sostanza fragile. Il meccanismo è complesso stante la complessa natura del bitume. Il processo è difficile da studiare nelle reali condizioni stradali perché il traffico stradale con il gocciolio di lubrificante, gasolio e cere provenienti dalle gomme contaminano l’asfalto. Comunque lo studio sotto condizioni controllate in laboratorio ha mostrato che l’ossidazione da parte dell’ossigeno atmosferico, esaltata dalla radiazione solare, è la principale causa di degrado; si hanno gli stessi cambiamenti nella composizione chimica che si hanno ad alta temperatura.
La normale temperatura di stoccaggio del bitume è fra 130°C e 180°C ed è abbastanza stabile e può essere immagazzinato per un lungo periodo senza significativi cambiamenti nella composizione. Questo è dovuto al fatto che ossigeno non può entrare all’interno del serbatoio di stoccaggio. Comunque se il bitume è pompato dal serbatoio e viene spruzzato all’interno del serbatoio si ha un incremento della durezza ed è dovuto al fatto che si ha una miscelazione con l’ossigeno presente nel serbatoio ed una conseguente ossidazione.
Durante la miscelazione, stoccaggio, trasporto e posa dell’asfalto, sottili strati di bitume vengono esposti ad alta temperatura all’ossigeno atmosferico. Sotto queste condizioni si verificano significativi cambiamenti chimici che danno importanti cambiamenti fisici. Come nella produzione di bitume attraverso ossidazione con aria, le reazione chimiche principali che avvengono sono ossidazione, condensazione e polimerizzazione. Di conseguenza, il cambiamento in composizione è sostanzialmente una riduzione della frazione aromatica ed un incremento delle frazioni resinose e asfalteniche. La frazione satura (paraffinica) resta
sostanzialmente stabile grazie alla relativa bassa reattività chimica. Queste modificazioni si traducono in un incremento del peso molecolare medio cui corrisponde una maggior durezza del bitume. L’analisi di un bitume recuperato da un asfalto compattato con pochi vuoti d’aria mostra che ci sono relativamente pochi cambiamenti nella composizione chimica dovuti all’ossidazione. Tuttavia, con una miscela permeabile (asfalti porosi), il bitume indurisce ed infragilisce arrivando alla rottura soprattutto sotto stress termici e/o meccanici dovuti al traffico e alle condizioni ambientali.
3.2 Proprietà fisiche
Le principali caratteristiche rilevanti per le prestazioni come legante stradale di un bitume sono quelle reologiche e la sua resistenza meccanica.
La resistenza meccanica di un bitume è importante a bassa temperatura quando irrigidisce progressivamente ed eventualmente fino alla fragilità. Nello stato fragile, il carico di rottura è dell’ordine di 5MPa, il quale è basso se confrontato ad altri materiali usati nell’ingegneria come l’acciaio (circa 500MPa) o il cemento (circa 20MPa). La temperatura alla quale il bitume diventa fragile è imposta dalle sue caratteristiche reologiche, principalmente dal suo grado di durezza[1].
Il comportamento di un bitume può essere descritto mediante prove che hanno essenzialmente carattere empirico, che servono prevalentemente a definire parametri di accettazione, e mediante prove che hanno un fondamento più scientifico. I parametri più utilizzati sono:
Indice di penetrazione: si valuta la consistenza del bitume misurando la profondità alla quale arriva un ago standard (ma arbitrario) che penetra in un campione sotto uno specifico carico (normalmente 100 g) ad una
determinata temperatura (25 °C) per un determinato tempo (5 s). Chiaramente, più è alto l’indice di penetrazione più il bitume è “ morbido”.
Figura 3‐4 Test di penetrazione
Bitumi a basso indice di penetrazione sono solitamente ricercati nei climi caldi per evitare il rammollimento nei mesi estivi. Viceversa bitumi ad alto indice di penetrazione vengono utilizzati nei climi freddi per evitare l’eccessiva fragilità che ne deriva alle basse temperature nei mesi invernali.
Punto di rammollimento: è la temperatura alla quale un disco di bitume non riesce più a sostenere una pallina di metallo di dimensioni standard. Il punto di rammollimento è approssimativamente la temperatura alla quale un bitume non modificato ha una viscosità di circa 1200 Pa∙s [3]. Questa prova è nota come “palla e anello”.
Figura 3‐5 Punto di rammollimento ( palla e anello )
Punto di rottura Fraass: è una misura della fragilità, espressa come la temperatura a cui si creano fratture in un film sottile di bitume posizionato su una lastra sottile di metallo quando la lamina è simultaneamente raffreddata e piegata sotto specifiche condizioni. Il punto di rottura Fraass è approssimativamente la temperatura alla quale un bitume non modificato non resiste ad una sollecitazione flessionale superiore a 100 MPa per un tempo di 11 s [1].
Duttilità : misura l’allungamento massimo di un provino di bitume ad una specifica velocità e temperatura. Questo test misura la adesività e l’elasticità del bitume. La capacità a aderire è la più importante visto che il bitume è utilizzato come legante tra rocce, sabbia e filler per fare l’asfalto.
Densità: si misura utilizzando il picnometro è utile soprattutto a fini fiscali; per legge il bitume deve avere a 70 °C una densità pari o superiore a 0,952 kg/l.
Punto di infiammabilità dei vapori: indica se un bitume è stato inquinato con prodotti leggeri per aumentarne la stabilità. Si determina riscaldando il bitume e osservando la temperatura di accensione dei vapori.
3.3 L’uso stradale
L’impiego principale dei bitumi è quello stradale. Addizionando il bitume a materiale solido di varia pezzatura si ottengono i “conglomerati bituminosi”; questi, opportunamente stesi in uno o più strati (fino a tre) di vario spessore e composizione, vanno a costituire le tipiche pavimentazioni stradali [5].
Figura 3‐6 Schema tipico per la pavimentazione stradaleavime
Generalmente la struttura portante della pavimentazione è costituita da materiale lapideo per il quale il bitume ha funzione di legante. I vari strati sono costituiti da materiale di pezzatura grossolana e disomogenea
negli strati di base e più regolare e fine negli strati d’usura. Di solito tra uno strato e l’atro viene messo uno strato d’attacco composto da una sottile emulsione bituminosa.
Lo strato d’usura spesso è lavorato superficialmente per aumentare la ruvidità superficiale in modo da aumentare l’attrito tra il pneumatico e la strada.
Figura 3‐8 sollecitazioni sul manto stradale
Nella figura 3‐8 sono raffigurati i carichi a cui è sottoposto il manto stradale sotto l’azione del traffico; è evidente la sua complessità e comprende effetti di trazione e compressione.
Lo strato più sollecitato e quindi più soggetto al deterioramento è quello d’usura, non solo a causa del traffico ma anche perché è sottoposto alle condizioni ambientali. L’irraggiamento solare, la pioggia e l’ossidazione dovuta all’aria sono le principali cause di deterioramento.
I fenomeni più frequenti osservati sono:
• Deformazione permanente con formazione di ormaie (ormailamento o rutting) che sono manifestazioni di traffico intenso gli sforzi di taglio che si generano al di sotto del battistrada di uno pneumatico si distribuiscono attraverso il
fondo stradale provocando a lungo andare delle deformazioni permanenti dalla tipica forma di solco.
Figura 3‐7 meccanismo di formazione delle ormaie
Rottura a fatica con fessurazione in direzione longitudinale(fatigue cracking). Uno stadio avanzato di questo fenomeno genera crepe in tutte le direzioni (alligator crackig) che degenera ulteriormente fino alla formazione di buche (pothole).
Le fessurazioni dovute alle basse temperature in direzione trasversale rispetto al traffico (low temperature cracking) dovute al ritiro termico.