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APPUNTI DI MATEMATICA LE EQUAZIONI DI SECONDO GRADO

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(1)

LE EQUAZIONI DI SECONDO GRADO

• I radicali

• Le equazioni di secondo grado

ALESSANDRO BOCCONI

(2)

1 I radicali 2

1.1 Introduzione . . . 2

1.2 Definizione di radicale . . . 2

1.2.1 Le condizioni di esistenza dei radicali . . . 5

1.3 I radicali aritmetici . . . 6

1.4 Le due propriet`a fondamentali dei radicali . . . 6

1.5 La propriet`a invariantiva . . . 7

1.6 Semplificazione dei radicali . . . 8

1.7 Prodotto e quoziente di radicali . . . 10

1.8 Il portare fuori dal segno di radice . . . 11

1.9 Addizione e sottrazione fra radicali . . . 13

1.10 Domande . . . 14

1.11 Esercizi . . . 15

2 Le equazioni di secondo grado 19 2.1 Le equazioni di secondo grado . . . 19

2.2 Casi Particolari . . . 20

2.2.1 Equazioni di secondo grado pure . . . 20

2.2.2 Equazioni di secondo grado spurie . . . 21

2.2.3 Equazioni di secondo grado monomie . . . 22

2.3 Il caso generale . . . 22

2.4 La formula ridotta . . . 25

2.5 Relazione fra coefficienti e soluzioni di un’equazione di secondo grado . . . 26

2.6 Scomposizione di un trinomio di secondo grado tramite le equazioni . . . 29

2.7 Problemi risolubili tramite equazioni di secondo grado . . . 30

2.8 Domande . . . 32

2.9 Esercizi . . . 33

2.10 Problemi . . . 35

1

(3)

I radicali

1.1 Introduzione

Molto spesso in matematica e nelle sue applicazioni capita di dover risolvere il seguente problema:

assegnato un numero, determinare quel numero che, elevato ad una certa potenza, sia uguale al numero assegnato. Sono problemi di questo tipo quelli illustrati nei seguenti

Esempi

. Determinare quel numero che elevato alla seconda dia come risultato 9.

. Determinare quel numero che elevato alla terza dia come risultato 125.

. Determinare quel numero che elevato alla quarta dia come risultato −16.

e cos`ı via.

 I problemi precedenti si risolvono tramite un procedimento chiamato di “estrazione di radice”. Pi`u in generale risulta estremamente utile saper effettuare determinate operazioni con le radici (che d’ora in avanti chiameremo radicali), ed `e questo lo scopo del presente capitolo.

1.2 Definizione di radicale

Col simbolo

n

a

si intende un generico radicale in cui n `e l’indice del radicale e a `e l’argomento del radicale (detto anche radicando).

Quindi ad esempio

4

27

`

e un radicale di indice 4 e di radicando 27; mentre

3

x + y

`

e un radicale di indice 3 e di radicando x + y.

Osservazione. L’indice del radicale deve essere un numero naturale maggiore di zero, mentre il radicando pu`o essere qualunque numero reale.

(4)

Quindi ha perfettamente senso il radicale:

p4

2, 718 mentre non ha senso il radicale:

3,7√ 20

 A questo punto, tramite un’espressione, diamo la seguente:

Definizione di radicale.

n

a = b ⇔ bn= a

che si legge: la radice ennesima (cio`e di indice n) di a `e quel numero b che elevato all’esponente n ha come risultato a.

 Chiariamo con alcuni esempi:

. √2

25 = 5 perch´e 52 = 25

Notiamo come questo esempio deriva dal caso generale della definizione sostituendo a n il numero 2, ad a il numero 25 e a b il numero 5.

. √3

8 = 2 perch´e 23 = 8 (n = 3, a = 8 e b = 2).

. √

16, 81 = 4, 1 perch´e 4, 12 = 16, 41 (n = 2, a = 16, 81 e b = 4, 1).

. √4

15 = 1, 9679896712 . . . perch´e (1, 9679896712 . . .)4 = 15 (n = 4, a = 15 e b = 1, 9679896712 . . .).

. √7

1 = 1 perch´e 17 = 1 (n = 7, a = 1 e b = 1).

. √5

0 = 0 perch´e 05 = 0 (n = 5, a = 0 e b = 0).

 Osservazione. Guardando il primo degli esempi appena affrontati potremmo fare un’obiezione importante: 5 non `e l’unico numero che elevato alla seconda `e uguale a 25, infatti sappiamo che anche −5 elevato alla seconda `e 25 (ricordiamoci che un numero negativo elevato ad esponente pari ha risultato positivo). Si pone quindi il problema che, se l’indice `e pari, uno stesso radicale fornirebbe 2 risultati diversi e questo non `e accettabile in matematica. Per evitare questa situazione

`

e stata adottata la seguente:

Convenzione. La radice di un numero positivo `e sempre un numero positivo.

Grazie a tale convenzione possiamo affermare che √2

9 = 3 e non −3 sebbene valga che anche (−3)2 = 9; √4

16 = 2 e non −2 sebbene valga che anche (−2)4 = 16 e cos`ı via.



(5)

Osservazione. Se l’indice della radice `e 1, dalla definizione risulta che:

1

a = b ⇔ b1= a

ma noi sappiamo che b1 = b, quindi la formula appena scritta pu`o essere letta come: la radice di indice 1 di a `e quel numero b che `e uguale ad a. Quindi risulta che:

1

a = a

 Osservazione. Dal penultimo esempio ricaviamo facilmente che

n

1 = 1

per qualunque valore di n; mentre dall’ultimo esempio risulta che

n

0 = 0 per qualunque valore di n.

 Convenzione. Dal momento che la radice di indice 2 (la “famosa” radice quadrata) `e quella usata pi`u frequentemente, `e stata adottata la convenzione che se l’indice non `e specificato `e sottinteso che l’indice del radicale sia 2.

Esempi: √

100 equivale a √2 100;√

28 equivale a √2

28 e cos`ı via.

 Abbiamo osservato in precedenza che a pu`o essere qualunque numero reale e quindi anche negativo.

Consideriamo allora un radicale di indice pari e di radicando negativo, come ad esempio:

√−9

dalla definizione di radicale sappiamo che il risultato `e quel numero che, elevato alla seconda, `e uguale a −9. Ma noi sappiamo che un numero elevato alla seconda non pu`o essere negativo e quindi non pu`o esistere la radice quadrata di −9, o di qualunque altro numero negativo. Pi`u in generale possiamo affermare che un numero elevato ad esponente pari non `e mai negativo. Vale quindi la seguente:

Regola dei radicali di indice pari e radicando negativo. Non esiste la radice di indice pari di un numero negativo.

 Consideriamo adesso un radicale di indice dispari e di radicando negativo, come ad esempio:

3

−27

sempre dalla definizione di radicale sappiamo che il risultato `e quel numero che, elevato alla terza,

`

e uguale a −27. In questo caso un numero elevato alla terza `e negativo se la base `e negativa. In particolare risulta che:

3

−27 = −3 perch`e (−3)3= −27

Pi`u in generale sappiamo che un numero negativo elevato ad esponente dispari `e negativo. Vale quindi la seguente:

Regola dei radicali di indice dispari e radicando negativo. La radice di indice dispari di un numero negativo esiste ed `e un numero negativo.



(6)

1.2.1 Le condizioni di esistenza dei radicali

Abbiamo appena constatato che non esiste un radicale di indice pari e radicando negativo. Un problema interessante risulta allora quello di determinare le condizioni di esistenza (abbreviato C.E.) di un radicale. Premettiamo la seguente:

Definizione di condizione di esistenza di un radicale di indice pari. Le condizioni di esistenza di un radicale sono l’insieme dei valori che pu`o assumere la parte letterale affinch´e il radicando sia non negativo.

 Esempi

. Determinare le C.E. del seguente radicale: √4 x − 5.

L’indice del radicale `e pari quindi il radicando deve essere non negativo (cio`e maggiore o uguale a zero). Le C.E. si trovano risolvendo:

x − 5 ≥ 0 → x ≥ 5 quindi le C.E. risultano:

C.E. = {x ∈ R|x ≥ 5}

. Determinare le C.E. del seguente radicale: √ 8 − 3a.

L’indice del radicale `e pari (sappiamo gi`a che quando non `e specificato l’indice `e sottinteso che sia 2). Le C.E. si trovano risolvendo:

8 − 3a ≥ 0 → −3a ≥ −8 → a ≤ −8

−3 → a ≤ 8 3 quindi le C.E. risultano:

C.E. = {a ∈ R|a ≤ 8 3} . Determinare le C.E. del seguente radicale: √5

7x + 23.

L’indice del radicale `e dispari quindi il radicando pu`o essere sia positivo che negativo che zero e quindi tutti i valori di x fanno parte delle C.E.; risulta allora:

C.E. = {x ∈ R}

. Determinare le C.E. del seguente radicale: 5 q7x+23

2x−6.

L’indice del radicale `e dispari quindi il radicando pu`o essere sia positivo che negativo che zero. In questo caso per`o il radicando `e una frazione algebrica il cui denominatore deve essere diverso (e non maggiore!!) da zero. Quindi per determinare le C.E. risolviamo:

2x − 6 = 0 → 2x = 6 → x = 6

2 → x = 3 risulta allora:

C.E. = {x ∈ R|x 6= 3}



(7)

1.3 I radicali aritmetici

Definizione di radicale aritmetico. Per radicale aritmetico si intende un radicale il cui radi- cando `e non negativo e, nel caso il radicando sia un prodotto di fattori, tutti questi fattori sono non negativi.

Osservazione. Si consideri il radicale √ a · b

per essere un radicale aritmetico non solo deve essere non negativo il radicando (cio`e il prodotto a · b) ma sia a che b devono essere non negativi.

 Nel resto del capitolo tratteremo solo di radicali aritmetici.

1.4 Le due propriet` a fondamentali dei radicali

Prima propriet`a fondamentale dei radicali. Vale che:

(√n

a)n= a

 Seconda propriet`a fondamentale dei radicali. Vale che:

n

an= a

 Esempi

. Determinare (√4 a)4

Applicando la prima propriet`a fondamentale si ottiene (√4

a)4 = a . Determinare p(x + y)3 3

Applicando la seconda propriet`a fondamentale si ottiene p(x + y)3 3 = x + y . Determinare p3

x3+ y3

L’esempio `e simile al precedente, ma in questo caso non si pu`o applicare nessuna propriet`a fonda- mentale perch`e x3+ y3 non `e il cubo di nessun binomio!

. Determinare √6 6

Anche in questo caso non si pu`o applicare nessuna propriet`a fondamentale perch`e il radicando deve avere l’esponente uguale all’indice della radice e non, come in questo caso, al radicando stesso.

. Determinare √5 32

In apparenza, non avendo il radicando nessun esponente (e quindi sottointeso esponente 1) non si pu`o applicare nessuna propriet`a fondamentale. Per`o, scomponendo 32 si ottiene 32 = 25 e quindi il radicale diventa:

5

32 = 5

√ 25 = 2



(8)

1.5 La propriet` a invariantiva

Propriet`a invariantiva dei radicali. Moltiplicando l’indice della radice ed esponente del radi- cando per uno stesso numero si ottiene un radicale equivalente.

Esempi

. Il radicale 5

a2 `e equivalente a 15

a6: infatti il secondo radicale `e ottenuto dal primo moltipli- cando sia l’indice del radicale sia l’esponente del radicando per il numero 3.

. Il radicale √3

x + y `e equivalente a p(x + y)6 2: infatti il secondo radicale `e ottenuto dal primo moltiplicando sia l’indice del radicale sia l’esponente del radicando per il numero 2.

. Il radicale√3

4 `e equivalente a√9

64: infatti il secondo radicale `e ottenuto dal primo moltiplicando sia l’indice del radicale sia l’esponente del radicando per il numero 3 (ricordiamo che 64 = 43).

 La propriet`a invariantiva risulta estremamente utile per ridurre pi`u radicali allo stesso indice.

Metodo per la riduzione di pi`u radicali allo stesso indice.

1. Si considerano gli indici dei radicali e se ne determina il loro minimo comune multiplo.

2. Si riscrivono i radicali con, al posto del loro indice originale, il minimo comune multiplo precedentemente determinato.

3. Per ciascun radicale si divide il mcm con l’indice originale. Si moltiplica l’esponente del radicando per il risultato di tale divisione.

Esempi

. Ridurre allo stesso indice i seguenti radicali:

3

x + y; 6

x3; √9 5

Gli indici sono 3; 6 e 9 e quindi il minimo comune multiplo `e 18. I radicali dovranno avere tutti indice 18.

Si divide il minimo comune multiplo per l’indice originale del radicale e si moltiplica l’esponente del radicando per il risultato di tale divisione. Quindi per il primo radicale:

18 : 3 = 6; l’esponente di x + y `e 1 quindi moltiplichiamo 1 · 6 = 6 e il radicando diventa (x + y)6. Per il secondo radicale:

18 : 6 = 3; l’esponente di x3 `e 3 quindi moltiplichiamo 3 · 3 = 9 e il radicando diventa x9. Per il terzo radicale:

18 : 9 = 2; l’esponente di 5 `e 1 quindi moltiplichiamo 2 · 1 = 2 e il radicando diventa 52 cio`e 25.

Riassumendo i radicali ridotti allo stesso indice sono:

18p

(x + y)6; 18

x9; 18√ 25 . Ridurre allo stesso indice i seguenti radicali:

rx + 2 3 ; 6

√ x5

(9)

Gli indici sono 2 e 6 quindi il minimo comune multiplo `e 6. I radicali dovranno avere tutti indice 6.

Si divide il minimo comune multiplo per l’indice originale del radicale e si moltiplica l’esponente del radicando per il risultato di tale divisione. Quindi per il primo radicale:

6 : 2 = 3; l’esponente di x+23 `e 1 quindi moltiplichiamo 1 · 3 = 3 e il radicando diventa (x+23 )3 che preferiamo scrivere come (x+2)27 3.

Per il secondo radicale l’indice rimane uguale e quindi rimane uguale anche il radicando.

Riassumendo i radicali ridotti allo stesso indice sono:

6

r(x + 2)3 27 ; 6

√ x5

 Osservazione. Il lettore attento avr`a trovato una somiglianza fra l’applicazione della propriet`a invariantiva per portare due radicali allo stesso indice e la somma di frazioni. Vediamolo col seguente esempio:

. Portare i seguenti radicali allo stesso indice: √4

x5; √6 x7.

• Si determina il mcm fra 4 e 6 che `e 12. Tale numero sar`a l’indice comune dei 2 radicali

• Si divide 12 per 4 (che `e l’indice del primo radicale), ottenendo 3. Si moltiplica l’esponente del primo radicando (5) per 3 ottenendo 15. Il primo radicale diventa quindi: 12

x15

• Si divide 12 per 6 (che `e l’indice del secondo radicale), ottenendo 2. Si moltiplica l’esponente del secondo radicando (7) per 2 ottenendo 14. Il secondo radicale diventa quindi: 12

x14 Consideriamo adesso la seguente somma di frazioni: 54 +76

• Si determina il mcm fra 4 e 6 che `e 12. Tale numero sar`a il denominatore della somma delle 2 frazioni

• Si divide 12 per 4 (che `e il denominatore della prima frazione), ottenendo 3. Si moltiplica il numeratore della prima frazione (5) per 3 ottenendo 15. La prima frazione diventa quindi:

15 12

• Si divide 12 per 6 (che `e il denominatore della seconda frazione), ottenendo 2. Si moltiplica il numeratore della seconda frazione (7) per 2 ottenendo 14. La seconda frazione diventa quindi: 1412

• Possiamo adesso effettuare la somma che `e 15+1412 = 2912

Appare quindi evidente l’analogia dei 2 procedimenti dove l’indice del radicale corrisponde al denominatore della frazione e l’esponente del radicando corrisponde al numeratore.



1.6 Semplificazione dei radicali

Teorema. Se l’esponente del radicando e l’indice del radicale hanno un divisore comune, dividendo sia l’esponente che l’indice per tale divisore si ottiene un radicale equivalente. Tale operazione si chiama semplificazione di un radicale.



(10)

Osservazione. In un certo senso si pu`o dire che la semplificazione `e l’inverso dell’applicare la propriet`a invariantiva, infatti se abbiamo il radicale √5

a3 e lo vogliamo trasformare in un radicale equivalente di indice, ad esempio, 15 applicando la propriet`a invariantiva otteniamo:

5

a3 = 15

√ a9 Ma il radicale 15

a9, in accordo con il teorema, pu`o essere semplificato dividendo sia l’indice che l’esponente per 3, tornando quindi a essere 5

a3 che `e il radicale di partenza.

 Esempi

. Semplificare il radicale √6 x4

L’indice del radicale `e 6 e l’esponente del radicando `e 4. Sono entrambi divisibili per 2, quindi in base al teorema risulta che:

6

x4 = 3

√ x2 . Semplificare il radicale: 8

qx4 y6

Quando parliamo di esponente del radicando intendiamo l’esponente di una potenza in cui la base

`

e tutto il radicando. `E quindi sbagliato dire che l’esponente del radicando `e 4 perch´e il numeratore ha esponente 4 oppure che `e 6 perch´e il denominatore ha esponente 6. Per le propriet`a delle potenze possiamo affermare che:

x4

y6 =x2 y3

2

a questo punto osserviamo che tutta la frazione `e elevata alla seconda e quindi possiamo semplificare il 2 con l’indice 8 della radice:

8

s x4 y6 = 8

s

x2 y3

2

= 4 s

x2 y3

in pratica quindi bisogna determinare un divisore comune a tutti i fattori del radicando e all’indice e dividere tutto per tale divisore.

. Semplificare il seguente radicale: p4 xy6

L’indice del radicale `e 4, l’esponente del fattore x `e 1 e l’esponente del fattore y `e 6. L’unico divisore comune `e 1 e quindi il radicale non pu`o essere semplificato.

. Semplificare il seguente radicale: p4

x2+ y2

In questo caso x e y non sono fattori (`e una addizione) e quindi il radicando va visto come una potenza di base x2+ y2 e esponente 1. Il radicale non `e quindi semplificabile.

. Semplificare il seguente radicale: p(x + y)4 2

Anche se il radicale appare simile al precedente in questo caso l’esponente 2 `e riferito a tutto il radicando e quindi pu`o essere semplificato. Si ottiene quindi:

p4

(x + y)2=√ x + y . Semplificare il seguente radicale: p4

x2y2

In questo caso x2 e y2 sono fattori. Possiamo quindi semplificare:

p4

x2y2 =√ xy . Semplificare il seguente radicale: √4

16

(11)

In apparenza l’esponente del radicando `e 1 e quindi il radicale non risulta semplificabile. Se scomponiamo il numero 16 si ottiene per`o 16 = 24 e quindi il radicale `e semplificabile e si ottiene:

4

16 = 4

√ 24 = 1

√ 2 = 2 . Semplificare il seguente radicale: √8

225

In apparenza l’esponente del radicando `e 1 e quindi il radicale non risulta semplificabile. Se scom- poniamo il numero 225 si ottiene per`o 225 = 32 · 52 e quindi il radicale `e semplificabile e si ottiene:

4

225 = 4

32· 52 =√

3 · 5 =√ 15 . Semplificare il seguente radicale: √6

x2+ 2x + 1

In apparenza l’esponente del radicando `e 1 e quindi il radicale non risulta semplificabile. Se pro- viamo a scomporre il polinomio x2+ 2x + 1 si ottiene x2+ 2x + 1 = (x + 1)2 e quindi il radicale `e semplificabile e si ottiene:

p6

x2+ 2x + 1 = p6

(x + 1)2 =√3 x + 1



1.7 Prodotto e quoziente di radicali

E estremamente semplice determinare il prodotto o il quoziente fra due radicali grazie al seguente:` Teorema. Il prodotto (quoziente) fra due radicali aventi lo stesso indice `e un radicale che ha lo stesso indice e come radicando il prodotto (quoziente) dei radicandi.

 Quindi per eseguire un prodotto (quoziente) fra 2 radicali, basta portarli allo stesso indice tramite la propriet`a invariantiva e poi fare il prodotto (quoziente) fra i radicandi.

Esempi

. Eseguire la moltiplicazione: q3

3x (x+y)2 ·q2

x+y x3

Il minimo comune multiplo fra i 2 indici `e 6: bisogna quindi trasformare, tramite la propriet`a invariantiva, entrambi i radicali in radicali equivalenti aventi indice 6. Il primo radicale ha indice 3, quindi dato che 6 : 3 = 2 ottiene:

3

s 3x

(x + y)2 = 6 s

h 3x (x + y)2

i2

= 6 s

9x2 (x + y)4 Il secondo radicale ha indice 2, quindi dato che 6 : 2 = 3 ottiene:

2

r(x + y) x3 = 6

r

h(x + y) x3

i3

= 6

r(x + y)3 x9 quindi il prodotto iniziale diventa:

6

s 9x2 (x + y)4 · 6

r(x + y)3 x9

(12)

Per il teorema si ottiene che:

6

s 9x2 (x + y)4 · 6

r(x + y)3 x9 = 6

s 9 6x2

(x + y)6 4 ·(x + y)6 3 x6 97 = 6

s 9 x7(x + y) che conclude l’esercizio.

. Eseguire la divisione: 10q

27 (x+y)3 :q

3 x+y

Il minimo comune multiplo fra i 2 indici `e 10: bisogna quindi trasformare, tramite la propriet`a invariantiva, entrambi i radicali in radicali equivalenti aventi indice 10. Il primo radicale ha gi`a indice 10 e rimane quindi invariato, mentre il secondo radicale ha indice 2, quindi dato che 10 : 2 = 5 ottiene:

s 3

(x + y) = 10 rh 3

x + y i5

= 10 s

35 (x + y)5 quindi il quoziente iniziale diventa:

10

s 27

(x + y)3 : 10 s

35 (x + y)5 Per il teorema si ottiene che:

10

s 27

(x + y)3 : 10 s

35

(x + y)5 = 10 s

27

(x + y)3 : 35

(x + y)5 = 10 s

27

(x + y)3 ·(x + y)5 35 e dato che 27 = 33 si ottiene:

10

s 633

6(x + y)3 ·(x + y)6 52 36 52 = 10

r(x + y)2 9 che conclude l’esercizio.

1.8 Il portare fuori dal segno di radice

Premettiamo che con l’espressione 2√3

a intendiamo che il fattore 2, fuori dalla radice, moltiplica il radicale√3

a, oppure con l’espressione a25

ab si intende che il fattore a2, fuori dalla radice, moltiplica il radicale √5

ab.

Detto questo lo scopo del presente paragrafo `e quello di “trasportare”, se possibile, dei fattori che costituiscono il radicando fuori dal segno di radice. Per vedere come consideriamo il seguente:

Esempio

. Portare fuori dal segno di radice nel radicale √4 a9

Tramite le propriet`a delle potenze possiamo scrivere il radicando a9 come a4 · a4 · a. Quindi il radicale diventa:

4

a9 = 4

a4· a4· a

Ma da quanto abbiamo visto nel paragrafo 1.7, letto da destra a sinistra vale che:

4

a4· a4· a = 4

√ a4· 4

√ a4·√4

a per la seconda propriet`a fondamentale:

4

a4· 4

√ a4·√4

a = a · a ·√4

a = a24 a

Il fattore a `e stato portato fuori dal segno di radice come richiesto dall’esercizio.



(13)

Il procedimento appena effettuato `e abbastanza laborioso ma ha il pregio di spiegare i vari passaggi del portare fuori dal segno di radice. Pi`u veloce `e senz’altro il seguente:

Metodo per portare un fattore fuori dal segno di radice. Per portare un fattore fuori dal segno di radice si effettua la divisione fra l’esponente del fattore stesso e l’indice del radicale. Il risultato di tale divisione `e l’esponente del fattore “portato fuori” mentre il resto della divisione `e l’esponente del fattore “rimasto dentro” il radicale.

Applichiamo questo metodo all’esempio appena visto: 4

a9. Si effettua la divisione fra l’esponente del radicando (9) e l’indice del radicale (4). Il risultato `e 2 con resto 1. Quindi il fattore a portato fuori dalla parentesi ha esponente 2 mentre il fattore a rimasto dentro ha esponente 1. Cio`e a24

a in accordo col risultato trovato col precedente procedimento.

 Osservazione. Dal metodo precedente risulta che se un fattore ha esponente minore dell’indice del radicale non pu`o essere portato fuori dal segno di radice.

 Esempi

. Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale 3

√ a6b2c11

Dall’osservazione precedente risulta che b avendo esponente minore dell’indice del radicale non pu`o essere portato fuori. Vediamo a6: si divide l’esponente (6) per l’indice della radice (3) e si ottiene 2 con resto 0. Quindi a fuori dalla radice avr`a esponente 2 mentre nella radice avr`a esponente 0 (e quindi non verr`a scritto perch´e qualunque potenza di esponente 0 `e 1 e quindi `e inutile scriverla).

c ha esponente 11, quindi dato che 11 : 3 = 3 con resto 1, c fuori dalla radice avr`a esponente 3 e dentro 1. In conclusione

3

a6b2c11= a2c3 3

√ b2c . Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale √

32a

Dall’osservazione precedente risulta che a avendo esponente minore dell’indice del radicale non pu`o essere portato fuori. Anche 32 ha esponente 1 e quindi minore dell’indice, ma come ben sappiamo 32 = 25 e quindi il radicale diventa √

25a. Dato che 5 : 2 = 2 con resto 1, 2 fuori dalla radice avr`a esponente 2 e dentro 1. In conclusione

32a = 22

2a = 4√ 2a



. Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale 3 q16a5

b4

16 = 24 quindi 4 : 3 = 1 con resto 1 e il fattore 2 fuori dalla radice avr`a esponente 1 e anche nella radice avr`a esponente 1. a ha esponente 5, quindi dato che 5 : 3 = 1 con resto 2, a fuori dalla radice avr`a esponente 1 e dentro 2. b `e al denominatore dentro la radice e quindi anche portato fuori sar`a al denominatore. b ha esponente 4, quindi 4 : 3 = 1 con resto 1 da cui b fuori dalla radice avr`a esponente 1 e anche nella radice avr`a esponente 1. Concludendo:

3

r16a5 b4 = 2a

b

3

r2a2 b . Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale √3

24

(14)

24 = 23· 3 quindi il fattore 2 pu`o essere portato fuori dalla radice, e fuori avr`a esponente 1 mentre dentro, dovendo avere esponente 0 non verr`a scritto. 3 avendo esponente minore dell’indice non pu`o essere portato fuori. Concludendo:

3

24 = 2√3 3 . Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale p

x5+ y4

In questo caso siamo di fronte ad un’addizione e il radicando va visto come un fattore unico (cio`e x5+ y4) avente esponente 1. Quindi non pu`o essere portato fuori.

. Portare fuori dal segno di radice nel seguente radicale p(x + y)3 5

In questo caso l’unico fattore, x + y ha esponente 5 e quindi pu`o essere portato fuori, ottenendo p3

(x + y)5= (x + y)p3

(x + y)2



1.9 Addizione e sottrazione fra radicali

Definizione di radicali simili. Due radicali si dicono simili se hanno lo stesso indice e lo stesso radicando.

Esempi . √3

a + b e √3

a2+ b non sono simili perch`e hanno lo stesso indice ma radicando diverso.

. √4

a2+ b e √3

a2+ b non sono simili perch`e hanno uguale radicando ma indice diverso.

. √3

a + b e 5√3

a + b sono simili perch`e hanno lo stesso indice e lo stesso radicando.

 Teorema. Due radicali si possono sommare fra loro se e solo se sono simili.

Esempio

. Effettuare la seguente addizione fra radicali:

√ 9 +√

16

questi 2 radicali non sono simili e, per il teorema, sappiamo che non possono essere sommati. Infatti

se si scrivesse: √

9 +√

16 =√ 25

(abbiamo scritto 25 perch´e `e la somma fra 9 e 16) commetteremmo un grave errore. Infatti noi

sappiamo che: √

9 = 3;

16 = 4;

√ 25 = 5

quindi se la somma fosse giusta dovrebbe verificarsi che 3 + 4 = 5 che `e ovviamente falso.

 Il lettore si sar`a ricordato che la parola simili era stata usata anche per i monomi e anche per i monomi, come per i radicali, vale che possono essere addizionati o sottratti se e solo se sono simili.

L’addizione e la sottrazione dei radicali si effettua in maniera uguale all’addizione e sottrazione dei monomi. Si veda per questo il seguente:

(15)

Esempio

. Si determini la seguente somma: a −32a + 25a I tre monomi sono simili e possono essere sommati:

a − 32a +35a = (1 − 32 +35)a = 10−15+610 a = 101a

Analogamente si procede per una somma di radicali come la seguente: √3

x −323

x +253 x I tre radicali sono simili e possono essere sommati:

3

x −323

x +353

x = (1 −32 +35)√3

x = 10−15+6103

x = 1013 x

 Esempi

. Si risolva la seguente espressione di radicali:√ a + 3√

b − 7√ b + 4√

a

Questi radicali non sono tutti simili, ma lo sono il primo con il quarto e il secondo con il terzo per cui:

√a + 3√ b − 7√

b + 4√

a = (1 + 4)√

a + (3 − 7)√ b = 5√

a − 4√ b . Si determini la seguente somma di radicali: √3

2 +√3 16

In apparenza i 2 radicali non sono simili, ma sappiamo che 16 = 24 e quindi il fattore 2 pu`o essere portato fuori dalla radice. Quindi:

3

2 +√3

16 =√3 2 + 3

24 =√3

2 + 2√3

2 = 3√3 2

Da questo esempio, e anche dai precedenti degli altri paragrafi, possiamo affermare che se un radicale ha un numero come radicando, conviene sempre scomporre tale numero per vedere se il radicale `e semplificabile, o se possiamo portare fuori un fattore.

. Si risolva la seguente espressione di radicali:√ 12 +√

75 −√ 27

In apparenza questi radicali non sono simili, ma, seguendo il consiglio dell’ultimo esempio, scom- poniamo i 3 radicandi:

12 = 22· 3; 75 = 3 · 52; 27 = 33 quindi

√12 +√ 75 −√

27 =√

22· 3 +√

3 · 52−√ 33 portando fuori otteniamo:

22· 3 +√

3 · 52−√

33 = 2√ 3 + 5√

3 − 3√

3 = 4√ 3



1.10 Domande

Parafrafo 1.2

1. L’indice del radicale pu`o essere decimale?

2. L’indice del radicale pu`o essere negativo?

3. Il radicando pu`o essere decimale?

(16)

4. Dai la definizione di radicale 5. Perch´e √

9 = 3 e non −3?

6. Quanto vale √1 a?

7. Quanto vale √n 1?

8. Quanto vale √n 0?

9. Esiste la radice di indice pari di un numero negativo?

10. Esiste la radice di indice dispari di un numero negativo?

11. Cosa sono le condizioni di esistenza di un radicale?

Parafrafo 1.3

12. Cos’`e un radicale aritmetico?

Parafrafo 1.4

13. Cosa stabilisce la prima propriet`a fondamentale.

14. Cosa stabilisce la seconda propriet`a fondamentale.

Parafrafo 1.5

15. Enuncia la propriet`a invariantiva dei radicali 16. Come si pu`o ridurre pi`u radicali allo stesso indice?

17. A cosa “assomiglia” il metodo per ridurre pi`u radicali allo stesso indice?

Parafrafo 1.6

18. Cosa afferma il teorema della semplificazione di un radicale 19. Di quale propriet`a `e l’inverso la semplificazione?

Parafrafo 1.7

20. Come si effettua il prodotto fra 2 radicali aventi lo stesso indice?

21. Come si effettua il prodotto fra 2 radicali aventi indice diverso?

Parafrafo 1.8

22. Si pu`o portare fuori dal segno di radice un fattore avente esponente minore dell’indice?

Parafrafo 1.9

23. Quando 2 radicali si dicono simili?

24. Quando 2 radicali si possono sommare o sottrarre?

1.11 Esercizi

Parafrafo 1.2

Determinare le condizioni di esistenza dei seguenti radicali 1. √4

5 − x; √

8x + 4; √3 8x − 4

(17)

2. √8

30x + 2; 7 q8x+4

x−2; √6 x 3. √8

3 − 30x + 2; 7 q8x+4

x ; √5 x Parafrafo 1.4

Determina i seguenti radicali:

4. 3

√ x3;



5

x + y

5

;

√ 72 5. 

3

a2b3

; p4

x4y4; √ 72· b2 6.

√6

a + x4

6

;

√

x − 34y

2

; √

64 Parafrafo 1.5

Completa le seguenti uguaglianze:

7.√ 3 = √6

. . .; √4 7 = √8

. . .; √3 a = ...

√ a4 8. √5

10 = 15

. . .; √3 1 = 30

. . .; √

a3= ...√ a9 9. √4

0 = 16

. . .; √9 2 = 27

. . .; √3

a4 = ...√ a4 10.√

a + b = √6

. . .; √4

a − 2b =√8

. . .; √3

a + b = ...p(a + b)4 Porta allo stesso indice i seguenti radicali:

11.√ 3; √4

7; √8 a 12. 3

√ a2; 6

a5; √9 a 13. 12

2; 6

√ 72; 3

√ a5 14. 10

32; √5

x + 2; 10√ 20 15. √6

2a2b3; √3

a2b; 12√ a + 3b3 16. √5

x + 3; 10

x3; 15

√ a7 17.q

x y;

q2x 7; √4

x 18.√

x + 3y; 4 qx+1

2 ; √8 x − 10 19.q

x+3y x−3y; √4

7; √4 8x Parafrafo 1.6

Semplifica i seguenti radicali 20. √6

53; 12

a4; √9 36 21. 10

32; 12

8a3; 10 qx2

y4

22. p9

x3y9; 22

a11; √

x2+ 4x + 4 23. p6

x8+ 2x7y + x6y2; 9 q27

a6; √4 400

(18)

24. 6

216a6; 12

a6b8; 20√ 36 Parafrafo 1.7

Esegui le seguenti operazioni fra radicali 25. √3

20 · 3 q3

2;

qx+y x−y ·

q(x−y)2 x+y ;

qx3 5 ·√3

5 26.√

50 ·√ 2;

q10 xy ·

qx2 5 ;

q9 5·

q5 9

27. √3

a2b5 :√

ab2; q

x+y x−y :

q(x+y)2 10 ;

q128 5 :

q8 5

28. 3 q

2 +52 ·q3

16 9; pa

b ·√4

ab; √4 a3·√6

a5 29. 3

q20 a : 5

q20 a; q4

x+y x−y ·√

1;

qx3 5 ·√3

0 30. 4

√ a3 : 8

√ a2; 5

qx+y x−y : 10

q(x−y)2 x+y ;

qx3 y :q3 x

y

Esegui le seguenti espressioni 31. √3

5 · 3 q3

2 :√3 5 32. 3

qa+b a−b : 6

qa+b 4 · 3

qa−b 2

33. √3 2 ·√4

2 ·√6 2 · 12

2 34. 3

qa+b a : 3

qa−b b : 6

qb2(a+b) a2(a−b)

35. √4 56 :√

2 : √4 7 36. 6

q4x−4y 9x : 3

q2x−2y 3x :p6 x

2

37.

qab 6 ·√

42 · 3 q24b

49

38. √6

3x3·q3

10 x : 3

q5 x

Parafrafo 1.8

Porta fuori, quando possibile, i fattori dal segno di radice 39. √

a5b; √5

a4b5c7; 3 qx4y2

z5

40. √

32; √3 81;

q9a2 8

41. pa5(a − 1)3; √3

a13bc6; √ 450 42. p

18x2y; 5

64a4b5; 3 qx6y3

z9

43.

q b 100; p

x2+ 2xy + y2; 3 q125

z5

44. √4

a5b + a4c; √

9a + 9b − 9c; 3

qx4y2−x4 y5

(19)

Parafrafo 1.9

Effettua le seguenti espressioni contenenti addizioni e sottrazioni fra radicali 45. √3

7 + 2√3

7; 5√ a − 7√

a; −3√5

10 −√5 10 46. 123

7 − 2√3

7; 54

a −72

a; −385

10 −185 10 47. 3√3

7 −72

a +253 7 + 5√

a − 7√ a 48. √3

7 +√3

56; 5√

4a − 7√

a; −3√ 32 −√

2 49. √3

108 − 2√3

32 +133 600 50.√

50 +12

72 +13

75 − 3√ 2 +√

12 51.√

20 +23

45 +25

125 +27√ 245 52. √5

64 +√ 8 +√3

16 +√4 32 53. √7

128 + 2√6

64 + 3√5

32 + 4√4

16 + 5√3 8 + 6√

4 + 7√1 2 54.

q8 9 +

q27 4 +

q32 25+

q24 49

(20)

Le equazioni di secondo grado

2.1 Le equazioni di secondo grado

Abbiamo gi`a affrontato le equazioni di primo grado e conosciamo la tecnica per risolverle: dopo aver tolto parentesi e denominatori, si portano tutti i monomi contenenti l’incognita (la x) al primo termine cio`e a sinistra dell’uguale, e tutti i monomi che non la contengono (e quindi i numeri senza parte letterale) al secondo termine cio`e a destra dell’uguale. Alla fine ci riduciamo alla forma:

ax = b

dove a e b sono dei numeri. A questo punto, dividendo per a (ammesso che a sia diverso da zero) si ottiene la soluzione x = ab.

Per essere un equazione di primo grado, ovviamente, non devono essere presenti monomi con parte letterale di grado maggiore di 1.

Analogamente un equazione `e di secondo grado se il grado massimo dei monomi `e 2. Dal momento che l’unica lettera presente `e l’incognita x, questo significa che ci saranno monomi aventi come parte letterale x2, che ci possono essere monomi con parte letterale x e monomi senza parte letterale.

Giungiamo quindi alla:

Definizione di forma normale di un’equazione di secondo grado. Un’equazione di secondo grado `e in forma normale se si presenta nella forma:

ax2+ bx + c = 0 dove a, b e c sono dei numeri.

Esempi

. L’equazione

2x2− 3x + 7 = 0

`

e in forma normale con a = 2, b = −3 e c = 7.

. L’equazione

3x2+ x − 4 = 3x + 5

`

e di secondo grado ma non `e in forma normale perch´e al secondo termine non c’`e zero. Si pu`o comunque facilmente portare a forma normale portando i monomi al secondo termine a sinistra dell’uguale:

3x2+ x − 4 = 3x + 5 → 3x2+ x − 4 − 3x − 5 = 0 → 3x2− 2x − 9 = 0 abbiamo portato l’equazione in forma normale con a = 3, b = −2 e c = −9

(21)

2.2 Casi Particolari

2.2.1 Equazioni di secondo grado pure

Consideriamo adesso il caso particolare in cui b = 0. Dalla forma normale scompare quindi il secondo termine e rimane:

ax2+ c = 0 Un’equazione di secondo grado di questo tipo si dice pura.

Per risolvere questo tipo di equazioni si procede nel seguente modo: si porta c al secondo termine cambiandogli il segno:

ax2+ c = 0 → ax2 = −c dividiamo entrambi i termini per a:

ax2= −c →6 a x2 6 a = −c

a → x2= −c a

a questo punto conosciamo x2, ma a noi interessa trovare x, cio`e vogliamo determinare quel numero che elevato alla seconda `e uguale a −ac.

Dobbiamo quindi dividere 2 casi:

• se −ac `e minore di zero non esiste nessun numero che elevato alla seconda sia uguale a un numero negativo e quindi, in questo caso, l’equazione non ha soluzioni.

• se −ac `e positivo allora esistono 2 numeri, uno opposto dell’altro, che elevati alla seconda sono uguali a −ca. Tali numeri si trovano estraendo la radice quadrata di −ca. Quindi le 2 soluzioni sono x = +pc

a e x = −pc

a. In modo pi`u sintetico possiamo scrivere x = ±pc

a.

Osservazione Nel primo caso, dal momento che l’equazione non ha soluzioni si dice che l’insieme delle soluzioni `e vuoto e si scrive S = ∅; mentre nel secondo caso si scrive

S = {x ∈ R|x = −pc

a, x = +pc

a}

 Esempi

. Risolvere l’equazione 2x2− 72 = 0

Si tratta di un’equazione di secondo grado pura con a = 2 e c = −72. Risolviamola:

2x2− 72 = 0 → 2x2= 72 →6 2

6 2x2 = 67236

6 2 → x2 = 36 36 `e un numero positivo e si pu`o quindi estrarre la radice quadrata ottenendo:

x = ±√

36 → x = ±6 quindi la soluzione `e S = {x ∈ R|x = −6, x = 6}

. Risolvere l’equazione 3x2+ 12 = 0

Si tratta di un’equazione di secondo grado pura con a = 3 e c = 12. Risolviamola:

3x2+ 12 = 0 → 3x2= −12 →6 3

6 3x2 = −6124

6 3 → x2 = −4

(22)

-4 `e un numero negativo quindi non esistono soluzioni e si scrive S = ∅ . Risolvere l’equazione 2x2− 50 = −4

L’equazione non `e in forma normale. Portiamola quindi in tale forma:

2x2− 50 = −4 → 2x2− 50 + 4 = 0 → 2x2− 46 = 0

Si tratta di un’equazione di secondo grado pura con a = 2 e c = −46. Risolviamola:

2x2− 46 = 0 → 2x2= 46 →6 2

6 2x2 = 64623

6 2 → x2 = 23 23 `e un numero positivo e si pu`o quindi estrarre la radice quadrata ottenendo:

x = ±√ 23 quindi la soluzione `e S = {x ∈ R|x = −√

23, x = +√ 23}

 In conclusione possiamo affermare che un’equazione di secondo grado pura o ha 2 soluzioni o non ne ha nessuna.

2.2.2 Equazioni di secondo grado spurie

Affrontiamo adesso il caso in cui c = 0 e quindi l’equazione di secondo grado si presenta nella forma:

ax2+ bx = 0

Osserviamo che i 2 monomi hanno in comune x che pu`o quindi essere messo a fattor comune ottenendo:

x(ax + b) = 0

Sappiamo gi`a che il prodotto di 2 fattori `e zero se e soltanto se uno dei due fattori `e zero. Quindi affinch´e l’equazione sia verificata deve verificarsi che:

x = 0 oppure ax + b = 0

abbiamo quindi trasformato un’equazione di secondo grado in 2 equazioni di primo grado di cui una, x = 0, `e gi`a risolta e l’altra ha soluzione:

ax + b = 0 → ax = −b →6 a

6 ax = −b

a → x = −b a quindi S = {x ∈ R|x = 0, x = −ba}.

Possiamo quindi concludere che un’equazione spuria ha sempre due soluzioni di cui una `e sempre x = 0.

Esempio

. Risolvere la seguente equazione: 3x2+ 11x = 0

Si tratta di un’equazione spuria con a = 3 e b = 11. Raccogliamo la x e otteniamo:

x(3x + 11) = 0 pertanto una soluzione `e x = 0 e l’altra si ottiene risolvendo:

3x + 11 = 0 → 3x = −11 →6 3

6 3x = −11

3 → x = −11 3 quindi otteniamo S = {x ∈ R|x = 0, x = −113}

(23)

2.2.3 Equazioni di secondo grado monomie

Quando si verifica che b = 0 e c = 0, siamo di fronte ad un’equazione monomia che si presenta sotto la forma:

ax2 = 0 dividiamo entrambi i termini per a:

6 a 6 ax2 = 0

a → x2 = 0

quindi la soluzione `e data da quel numero che elevato alla seconda `e uguale a zero. Ma l’unico numero che elevato alla seconda `e zero, `e lo zero stesso. Quindi abbiamo che S = {x ∈ R|x = 0}.

Possiamo quindi concludere che un’equazione monomia ha un’unica soluzione che `e sempre x = 0.

Esempio

. Risolvere −5x2 = 0

`

e un’equazione monomia pertanto l’unica soluzione `e x = 0 quindi S = {x ∈ R|x = 0}.



2.3 Il caso generale

Veniamo adesso al caso generale quello in cui a, b e c sono tutti diversi da zero e quindi l’equazione si presenta nella forma:

ax2+ bx + c = 0

Per arrivare alla formula generale sono necessari alcuni passaggi che sfruttano i principi di equiva- lenza validi per tutte le equazioni. Inizialmente moltiplichiamo ambo i termini per 4a:

4a · (ax2+ bx + c) = 4a · 0 → 4a2x2+ 4abx + 4ac = 0 Aggiungiamo b2 sia al primo che al secondo termine:

4a2x2+ 4abx + 4ac + b2= b2 Portiamo il monomio 4ac a destra dell’uguale cambiandogli il segno:

4a2x2+ 4abx + b2 = b2− 4ac

E notiamo che al primo termine abbiamo il quadrato del binomio 2ax + b, quindi:

(2ax + b)2= b2− 4ac

Un quadrato `e una quantit`a che non `e mai negativa, quindi, affinch´e l’equazione abbia soluzioni deve essere non negativa anche l’espressione b2− 4ac. Per motivi che vedremo in seguito indichiamo con la lettera greca 4 (delta) la quantit`a b2− 4ac. Cio`e:

4 = b2− 4ac Abbiamo quindi 3 casi possibili:

• se 4 < 0 l’eguaglianza non `e mai verificata e quindi l’equazione non ha soluzioni (`e impossi- bile) e si indica S = ∅.

(24)

• se 4 = 0 l’eguaglianza diventa

(2ax + b)2 = 0

ma noi sappiamo che una potenza `e zero se e soltanto se `e zero la base, quindi:

(2ax + b)2 = 0 → 2ax + b = 0 → 2ax = −b → 62a

62ax = − b

2a → x = − b 2a quindi l’equazione ha un’unica soluzione S = {x ∈ R|x = −2ab }

• se 4 > 0 allora per ricavarsi 2ax + b bisogna estrarre la radice come abbiamo fatto per le equazioni pure; quindi:

(2ax + b)2= 4 → 2ax + b = ±p4 portiamo allora b al secondo termine e dividiamo per 2a ottenendo:

2ax + b = ±p4 → 2ax = −b ± p4 → x = −b ±√ 4 2a

Quindi l’equazione ha 2 soluzioni che si ottengono facendo precedere la radice una volta dal segno meno e l’altra dal segno pi`u.

L’ultima formula che abbiamo trovato, che per la sua importanza riscriviamo di seguito, `e chiamata formula risolutiva per le equazioni di secondo grado.

x = −b ±√ 4 2a

Definizione di discriminante. La quantit`a b2 − 4ac che abbiamo indicato con la lettera greca 4 prende il nome di discriminante. Il motivo di questo nome deriva dal fatto che “discrimina” il numero di soluzioni di un’equazione. Infatti:

• se 4 < 0 l’equazione non ha soluzioni

• se 4 = 0 l’equazione ha un’unica soluzione x = −2ab

• se 4 > 0 l’equazione ha 2 soluzioni che si determinano mediante la formula risolutiva delle equazioni di secondo grado.

 Osservazione. Come vedremo in seguito e in future applicazioni spesso `e conveniente interpretare il caso 4 = 0 non come un’equazione che ha un’unica soluzione ma che ha 2 soluzioni uguali fra loro.

 Convenzione Spesso il discriminante `e chiamato pi`u semplicemente delta.

 Esempi

. Risolvere l’equazione 2x2− 3x + 9 = 0

(25)

Osserviamo innanzitutto che l’equazione di secondo grado `e in forma normale ed `e completa. I valori dei parametri sono a = 2, b = −3 e c = 9. Calcoliamoci il discriminante:

4 = b2− 4ac = (−3)2− 4 · 2 · 9 = 9 − 72 = −63

Il discriminante `e negativo e quindi l’equazione non ha soluzioni e si scrive: S = ∅ . Risolvere l’equazione x2− 7x + 10 = 0

Osserviamo innanzitutto che l’equazione di secondo grado `e in forma normale ed `e completa. I valori dei parametri sono a = 1, b = −7 e c = 10. Calcoliamoci il discriminante:

4 = b2− 4ac = (−7)2− 4 · 1 · 10 = 49 − 40 = 9

Il discriminante `e positivo e quindi l’equazione ha 2 soluzioni che si determinano tramite la formula risolutiva:

x = −b ±√ 4

2a = 7 ±√ 9

2 · 1 = 7 ± 3

2 → x = 7 − 3

2 = 2, x =7 + 3 2 = 5 peranto S = {x ∈ R|x = 2, x = 5}

. Risolvere l’equazione x2+ 10x + 8 = 4x − 1

Osserviamo innanzitutto che l’equazione di secondo grado non `e in forma normale. Portiamola in tale forma:

x2+ 10x + 8 = 4x − 1 → x2+ 10x + 8 − 4x + 1 = 0 → x2+ 6x + 9 = 0

L’equazione `e completa e i valori dei parametri sono a = 1, b = 6 e c = 9. Calcoliamoci il discriminante:

4 = b2− 4ac = (6)2− 4 · 1 · 9 = 36 − 36 = 0 Il discriminante `e zero e quindi l’equazione ha un’unica soluzione che `e

x = − b

2a = − 6

2 · 1 = −3 peranto S = {x ∈ R|x = −3}

 Osservazione importantissima. In queso paragrafo e nel precedente, abbiamo visto che a se- conda del tipo di equazione esiste una tecnica diversa per determinare le soluzioni. Questo pu`o rendere difficile ricordare, a seconda dei casi, quale tecnica applicare. Fermo restando che le tec- niche indicate sono le pi`u efficaci nei vari casi, la formula risolutiva pu`o essere usata per risolvere qualunque tipo di equazione di secondo grado. In altre parole, se ad esempio dobbiamo risolvere un’equazione spuria, usare la formula risolutiva non `e la strada pi`u veloce ma porta comunque al risultato giusto.

 Verifichiamo quanto appena detto applicando la formula risolutiva a tutti gli esempi del precedente paragrafo:

Esempi

. Risolvere l’equazione 2x2− 72 = 0

(26)

E un’equazione di secondo grado con a = 2, b = 0 e c = −72. Calcoliamo il discriminante:` 4 = b2− 4ac = 02− 4 · 2 · (−72) = −8 · (−72) = 576

Il discriminante `e maggiore di zero, ci aspettiamo quindi 2 soluzioni che determiniamo tramite la formula risolutiva:

x = −b ±√ 4

2a = 0 ±√ 576

2 · 2 = ±24

4 → x = −24

4 = −6, x = 24 4 = 6

peranto S = {x ∈ R|x = −6, x = 6}. Si confronti tale soluzione con quella del medesimo esempio del paragrafo 2.2.

. Risolvere la seguente equazione: 3x2+ 11x = 0

E un’equazione di secondo grado con a = 3, b = 11 e c = 0. Calcoliamo il discriminante:` 4 = b2− 4ac = 112− 4 · 3 · 0 = 121

Il discriminante `e maggiore di zero, ci aspettiamo quindi 2 soluzioni che determiniamo tramite la formula risolutiva:

x = −b ±√ 4

2a = −11 ±√ 121

2 · 3 = −11 ± 11

6 → x =−22

6 = −11

3 , x = 0 6 = 0

peranto S = {x ∈ R|x = −113, x = 0}. Si confronti tale soluzione con quella del medesimo esempio del paragrafo 2.2.

. Risolvere l’equazione x2+ 10x + 8 = 4x − 1 Portata in forma normale l’equazione diventa:

x2+ 6x + 9 = 0

L’equazione `e completa e i valori dei parametri sono a = 1, b = 6 e c = 9. Calcoliamoci il discriminante:

4 = b2− 4ac = (6)2− 4 · 1 · 9 = 36 − 36 = 0

Il discriminante `e zero e quindi l’equazione ha un’unica soluzione. Applichiamo la formula risolutiva:

x = −b ±√ 4

2a = −6 ±√ 0 2 · 1 = −6

2 = −3

peranto S = {x ∈ R|x = −3} che `e lo stesso risultato ottenuto precedentemente.



2.4 La formula ridotta

Nel caso che il coefficiente b sia un numero pari, esiste una formula, detta formula ridotta, che proviene dalla formula risolutiva delle equazioni di secondo grado. Il vantaggio di tale formula, rispetto a quella risolutiva, sta nel fatto che permette di trovare le soluzioni tramite calcoli pi`u semplici.

Ricaviamoci allora tale formula che, come gi`a detto, funziona solo se b `e un numero pari. Essendo un numero pari esiste un altro numero, chiamiamolo β (lettera greca che si legge beta), uguale alla met`a di b. Quindi b = 2β.

(27)

Scriviamo allora la formula risolutiva con 2β al posto di b. Il discriminante diventa:

4 = (2β)2− 4ac = 4β2− 4ac = 4(β2− ac) e la formula risolutiva:

x = −2β ±√ 4

2a = −2β ±p4(β2− ac)

2a =

possiamo portare il 4 fuori dalla radice e raccogliere il 2:

= −2β ± 2p

β2− ac

2a =6 2 (−β ±p

β2− ac)

6 2 a = −β ±p

β2− ac a

la formula ridotta `e quindi:

x = −β ±p

β2− ac a

Osservazione Per la formula ridotta non serve calcolarsi il discriminante (cio`e b2 − 4ac) ma `e sufficientamente calcolare la quantit`a β2 − ac (indicata con l’espressione 44 perch`e equivale al discriminante diviso 4)

Esempio

. Risolvere l’equazione x2+ 8x − 33 = 0 b = 8 quindi β = 4 quindi:

4

4 = β2− ac = 16 − 1 · (−33) = 49 applichiamo la ridotta:

x = −β ±p

β2− ac

a = −4 ±√

49

1 = −4 ± 7 → x = −11; x = +3 quindi S = {x ∈ R|x = −11, x = 3}

Risolviamo adesso lo stesso esercizio con la formula tradizionale:

4 = b2− 4ac = 82− 4 · 1 · (−33) = 64 + 132 = 196 applichiamo la formula risolutiva

x = −b ±√ 4

2a = −8 ±√ 196

2 = −8 ± 14

2 → x = −8 − 14

2 = −62211

6 2 = −11; x = −8 + 14 2 =6 63

6 2 = +3 quindi si trovano le stesse soluzioni ma con calcoli pi`u difficili.



2.5 Relazione fra coefficienti e soluzioni di un’equazione di secon- do grado

Come prevedibile esiste una relazione fra le soluzioni (chiamate anche radici) di un’equazione di secondo grado e i coefficienti dell’equazione stessa. Consideriamo tre casi a seconda che il 4 sia maggiore, minore o uguale a zero.

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